Estate calda a Whiskey Bay (eLit): eLit
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Anteprima del libro
Estate calda a Whiskey Bay (eLit) - Suzannah Davis
successivo.
1
«Mi sbaglio o da queste parti sono diventati tutti pazzi?»
Con un sospiro, Ciel lasciò l'ultima edizione del Whiskey Bay Press sul grembo della madre e si accomodò nella sdraio accanto a lei.
«Non c'è da stupirsi che la gente faccia cose strane quando il caldo d'agosto è così insopportabile» commentò Marie Landry con una risata. «Specialmente a Whiskey Bay.»
Sebbene fossero le otto di sera, i raggi del sole bruciante della Louisiana filtravano ancora tra i rami delle querce che offrivano un po' di ombra ristoratrice nel giardino di casa. Ciel ravviò i riccioli rossi che le arrivavano alle spalle e bevve un sorso del tè freddo che era sul tavolo.
«Cose strane?» chiese Ciel avvicinando il bicchiere fresco alla fronte e sospirando di nuovo. «Sally Jessup, ieri notte, ha chiamato la polizia tre volte credendo che ci fossero dei ladri sul tetto con delle torce e l'ottantaduenne Adelaide Posner è stata fermata mentre guidava a una velocità pazzesca.»
Marie ascoltava la figlia con aria divertita, mentre si concedeva il meritato riposo dopo una lunga giornata trascorsa a lavorare nella segreteria della parrocchia.
Gli abitanti di Whiskey Bay erano attaccati tenacemente alle proprie tradizioni e al proprio modo di vita e gli eccentrici della città erano motivo d'orgoglio, almeno la maggior parte delle volte.
«Adelaide mi ha spiegato che voleva solo vedere quale velocità riuscisse a raggiungere la sua vecchia DeSoto» spiegò Marie.
«E Lincoln Dobbs? Cosa lo ha spinto a spogliarsi e a prendere il sole in cima all'edificio della banca?»
«Lo stesso motivo che ha spinto Nap Conly a guidare la sua nuova Ford proprio dentro la piscina del giudice Taylor.»
«Stai scherzando?»
«Tua zia Tee-Ta ha chiamato appena dieci minuti fa per dirmelo.»
Ciel sorrise. La CNN era niente rispetto all'organizzatissima rete di informazioni di amici e parenti e quello non poteva che essere un bene per una reporter. I quotidiani si occupavano delle notizie nazionali e internazionali, ma il Press aveva il compito di raccontare quello che accadeva in città.
Purtroppo negli ultimi tempi il signor Crenshaw, il proprietario del giornale, aveva cercato ogni scusa per chiudere i battenti del Press a causa degli scarsi guadagni. La parlantina di Ciel e i drastici tagli alle spese lo avevano trattenuto, ma fino a quando? Lei avrebbe presto dovuto mettersi a cercare un altro lavoro e, in una città con appena duemila anime e poche opportunità, non sarebbe stato facile.
«Be', una storia sull'incidente di Nap è certamente molto più interessante dei barbosi discorsi del nostro illustre sindaco» commentò Ciel con aria divertita.
Marie sbuffò. «Quell'ignorante! Emile Nabors è più interessato a difendere la propria poltrona che allo sviluppo della nostra città. Saprei fare molto meglio di lui anche se fossi legata e bendata!»
«Hai ragione. C'è qualcos'altro d'interessante che dovrei sapere?»
«Tee-Ta ha visto un tipo strano in città. Aveva un'aria taciturna, ma era così bello che attirava su di sé gli sguardi estasiati di tutte le ragazze. E, visto che tu e Izzy non state più insieme, ho pensato che...»
«Mamma!» la avvertì Ciel.
«Stavo solo riferendo quello che ha detto tua zia. Non ti arrabbiare. Vuoi cenare, adesso?» domandò infine, cambiando discorso.
Ciel scosse la testa. «Oltre a questo caldo infernale, l'aria condizionata della mia auto si è rotta di nuovo. Comunque ho consegnato tutte le copie del giornale all'ufficio postale ed è tutto sotto controllo... almeno fino alla prossima settimana.»
«Quel Roy Crenshaw ti fa lavorare sodo, ma chère» affermò Marie con aria di disapprovazione. «Non è giusto che tratti il suo redattore capo in questo modo!»
«Vista l'aria che tira ultimamente, non mi sembra il momento per polemizzare» borbottò Ciel pensierosa. «Dov'è Kyle?»
Kyle, il fratello minore di Ciel, aveva dodici anni, un'età in cui è facile mettersi nei guai e la sorella sperava che non venisse contagiato dalla generale follia estiva.
Marie scrollò le spalle e si alzò in piedi. «Lui e Tony sono in giro da qualche parte. Sai, i ragazzi in estate non hanno un momento di pace. Nuotare, pescare, Dio solo sa cos'altro... Perché non rimani qui al fresco mentre io ti preparo un altro po' di tè freddo?»
Quando la madre fu entrata in cucina, Ciel si allungò comodamente sulla sdraio cercando di rilassarsi, ma ben presto arrivarono Kyle e la sua onnipresente ombra, il cugino di undici anni, Tony Pearson.
«Ciel, devi venire a vedere!» Con gli occhi sbarrati, ansimante e con i lunghi capelli castani al vento, Kyle Landry si precipitò verso la sorella. «È una cosa stranissima!»
«Sì, devi venire a vedere!» fece eco Tony, l'inseparabile cugino. «Andiamo!»
Ciel sbuffò. «Non adesso, ragazzi. La città è piena di svitati e io non sono dell'umore giusto per discutere di filosofia intergalattica con due cadetti dello spazio.»
«Nella proprietà di zio Étienne sta avvenendo qualcosa di strano» insistette Kyle. «È tutto sbarrato e noi abbiamo dovuto saltare la recinzione... Sei o non sei una reporter?»
«Cosa vi ha spaventato tanto da farvi diventare bianchi come due fantasmi?» chiese Ciel cercando di capire come mai i due ragazzini fossero così agitati, nervosi, quasi in preda al panico. «Avete detto che i cancelli erano sbarrati?»
«Con una catena» spiegò Tony concitato.
«È strano. A zio Étienne non ha mai dato fastidio che la gente entrasse nella sua proprietà.»
Era strano che la proprietà di Étienne Ballard, che confinava con quella della famiglia Landry, fosse chiusa, perché era sempre stata aperta a tutti e aveva continuato a esserlo anche dopo che l'anziano proprietario si era trasferito nella casa di riposo della città.
Però i ragazzi potevano avere ragione: il fatto che quella terra fosse isolata e circondata da un fitto bosco, avrebbe potuto indurre qualche malintenzionato a nascondersi lì per svolgere indisturbato le proprie attività illegali. Ciel si figurò subito pericolosi gangster con armi automatiche o subdoli contrabbandieri di droga. C'era ancora in lei una parte che sentiva la mancanza di avventure stimolanti e rimpiangeva di aver abbandonato il lavoro ad Atlanta come reporter investigativa.
Comunque, se stava succedendo qualcosa di strano nella tenuta dello zio Étienne, lei aveva il dovere di indagare. «Forse è meglio dare un'occhiata.»
Pochi attimi dopo, Ciel si stava avventurando nel sentiero attraverso il bosco fitto e oscuro trascinata da due ragazzi sovreccitati. «Se è uno dei vostri soliti scherzi...» li minacciò lei mentre le fronde le colpivano le gambe e le zanzare le ronzavano nelle orecchie.
«No, giuro. Devi...»
«... vedere» continuò Ciel rassegnata quando giunsero sulle rive del fiume che scorreva accanto alla vecchia casa dello zio Étienne.
Dall'abitazione non veniva alcuna luce e gli alberi che la circondavano le conferivano un'aria sinistra e desolata. Sullo stretto vialetto c'era un furgoncino parcheggiato. Dietro alla casa un lungo pontile si spingeva fino a dove l'acqua era profonda.
Ciel cercò di non perdere la calma. Sapeva che i due ragazzi avevano un'immaginazione fervida. «Okay. Che cosa devo vedere?»
Tony andò avanti e li condusse fino a un prato con l'erba molto alta da dove potevano vedere il retro della casa. «Qui dietro, ma sta' attenta. È grande, grande come...»
«... Frankenstein» continuò Kyle.
«Oh, mi fate venire i brividi» mormorò Ciel.
«Aspetta di vedere... Shh!» Kyle si aggrappò al braccio della sorella e lei trasalì.
«Cosa?»
«Era qui, te lo giuro. Devi crederci, Ciel» gemette Tony.
«Andiamo a vedere da vicino. Quel mostro deve pur aver lasciato qualche traccia» mormorò Kyle avvicinandosi alla casa.
«Kyle! Torna qui!» gli ordinò Ciel indignata.
Stava per raggiungerlo, quando lui gridò e cadde a terra.
«Kyle!»
Messi da parte tutti i propositi di non farsi vedere, Ciel, seguita da Tony, raggiunse il fratello che era ancora per terra e si stringeva uno stinco con aria spaventata.
«Mi ha morso, Ciel! Mi ha morso!» urlò Kyle.
«Cosa? Un serpente?» Ciel, preoccupatissima, si inginocchiò accanto al fratello. «Fammi vedere» gli disse cercando di capire cosa fosse successo.
Il ragazzo alzò lo sguardo e spalancò gli occhi terrorizzato. «Attenti! Dietro di voi!»
Tony urlò e si aggrappò al collo di Ciel mentre Kyle quasi le stritolò una mano. Cercando di girarsi, lei perse l'equilibrio e tutti e tre fecero un capitombolo per terra, terrorizzati da un fantasma bianco con gli occhi fuori dalle orbite che era apparso all'improvviso nell'oscurità.
Il fantasma si tirò su i polsini del camice bianco e si tolse gli occhiali da entomologo. «Cosa diavolo sta succedendo qui?»
Jack Cooper guardò con aria minacciosa il groviglio di braccia, gambe e riccioli rossi che gli si presentava davanti. Possibile che non riuscisse a trovare la calma di cui aveva bisogno nemmeno in quella landa dimenticata dalla civiltà?
«Non rimanga lì impalato!» gridò Ciel. «Mio fratello è stato morso da un serpente!»
Jack cercò di aiutare quegli intrusi a districarsi e si accorse che si trattava di una donna e di due ragazzini. «Dov'è la ferita? Hai visto il serpente? Era velenoso o no? Quanto tempo fa sei stato morso?»
«Non lo so, è appena successo. Kyle, fammi vedere» intervenne Ciel.
Jack prese in braccio il ragazzo e lo portò in casa. «Entriamo, qui è troppo buio per vedere qualcosa. Attenti al filo con la corrente.»
«Ha bisogno di un dottore, di un'ambulanza. C'è un telefono? Tony, vieni» disse lei seguendolo ansiosamente. «Che filo elettrico?» chiese poi senza capire.
«Signore, aspetti un minuto...» cercò di dire Kyle.
«Sta' calmo, ragazzo» lo rassicurò l'uomo accendendo la luce con un gomito e deponendolo sopra il tavolo della cucina rustica.
Le mensole erano piene di fiale e provette, mentre su una scrivania c'era un computer circondato da scatole, fogli e libri vari.
«Dove ti ha morso?» gli domandò cominciando a esaminargli la gamba.
«Da nessuna parte. Cioè, voglio dire che...» cercò di spiegare il ragazzo rosso in volto.
«Fammi vedere» insistette Jack.
«Tolga le mani da mio fratello» sibilò Ciel facendolo spostare, sebbene non gli arrivasse nemmeno alla spalla. Pur essendo esile e delicata, era agitata abbastanza da trovare la forza per far spostare quell'uomo alto e ben piazzato. «Ci penso io» affermò, lasciando una scia di profumo così dolce e femminile da provocare in lui una sensazione strana.