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Il principe azzurro esiste e fa il camionista
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E-book145 pagine2 ore

Il principe azzurro esiste e fa il camionista

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Info su questo ebook

Avete mai incontrato il principe azzurro? Beh l’autrice sì, nella persona di un camionista e nei molteplici personaggi maschili che si dipanano lungo la trama di questo racconto, a tratti esilarante. Tanti gli uomini descritti con dovizia di particolari e senza pietà, dando spazio anche agli aspetti più intimi ed erotici delle vicende narrate. Un racconto che si legge tutto d’un fiato. O magari lentamente, ma solo per la voglia di non terminarlo troppo presto.
LinguaItaliano
Data di uscita15 gen 2018
ISBN9788899906566
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    Anteprima del libro

    Il principe azzurro esiste e fa il camionista - Manuela Potiti

    Andrè

    Capitolo 1

    La prima cotta

    Correva l’anno 1985 ed io frequentavo la IV ginnasio al Liceo Classico Niccolò Machiavelli di Lucca. Avevo 15 anni appena compiuti.

    Ricordo che all’epoca – al contrario di quanto si possa comunemente pensare per una liceale – mi interessava poco lo studio mentre aspettavo con entusiasmo il sabato pomeriggio per uscire con l’Angelica – una ragazzona bionda non particolarmente bella e di famiglia benestante dall’animo buono. Una amicizia che avevo gelosamente conservato dalle scuole medie ed elementari.

    Ero all’epoca abbastanza invidiata dai compagni del ginnasio che, essendo meno dotati d’ingegno o memoria o semplicemente più sgobboni di me, passavano invece tutto il fine settimana sui libri. Ma l’invidia allora mi scivolava addosso essendo io a quei tempi una ragazza abbastanza forte e sicura di me. Una delle prime per successo nella normale amministrazione della vita senza essere con ciò particolarmente competitiva se non forse per l’aspetto fisico. Ed ero comunque anche abbastanza brava a scuola. Senza che – a dire il vero – ci mettessi un particolare impegno.

    Poi dimagrendo e curando maggiormente il mio aspetto avevo scoperto nell’estate precedente il bello di piacere ai maschi. Cosa che non mi era riuscita alla scuola media, dove ero un po’ il brutto anatroccolo o la mosca bianca della classe per la mia capacità di studiare su cui avevo deciso di puntare e che invece mi riusciva assai bene. Fu anche per questo che scelsi di fare il Liceo alle scuole superiori.

    Ma di certo trovai che l’esperienza dei ragazzi e del vivere anche fuori dalla scuola fosse molto più piacevole e interessante. E questo mi aveva dato una certa vitalità che forse alle scuole medie non avevo essendo un po’ moscia e bruttina, rifiutata dal cosiddetto sesso forte.

    Mi ero peraltro sottoposta, quell’estate, alla famosa dieta della dottoressa Mirone: una losca figura che prometteva di farti perdere dieci chili in due mesi con le sue tisane a base di erbe che andavano a sostituire i pasti principali. E ti credo! Così nonostante gli abbassamenti di pressione e i quasi svenimenti dovuti alla dieta ero riuscita anche grazie alla connivenza di mia nonna a rimettermi in forma mantenendomi in salute (per via credo della mia giovane età) ed a perdere quei chili di troppo che tanto mi ingombravano. Riacquistai insomma il famoso punto vita.

    Avevo poi anche iniziato a togliere con la ceretta quella brutta peluria che mi si formava sopra la bocca: i famosi baffetti. E mi facevo dei bei bagni di sole che donavano particolarmente alla mia pelle olivastra di origine siciliana quando non anche turca. Insomma, stavo fiorendo o sbocciando e con ciò prendeva forma anche la possibilità di mettermi con un ragazzo, il che mi attraeva moltissimo.

    Stavo muovendo i primi passi fuori dal grembo materno. E mio padre se ne rendeva conto. Avendo assunto la funzione del moderatore sia sull’abbigliamento che sugli orari delle mie uscite.

    Così lui ci accompagnava in macchina nelle nostre scorribande e ci veniva a riprendere quando io e l’Angelica si andava sul Fillungo – il corso principale della città e ritrovo dei lucchesi nel fine settimana – sperando fondamentalmente di rimorchiare e che qualche ragazzo carino si accorgesse di noi e ci chiedesse di metterci con lui.

    Lei era tendenzialmente più sfortunata di me con gli uomini e forse anche per questo la reputavo una buona compagnia. Sì, insomma, non mi faceva tanta concorrenza.

    Il vestito che preferivo per quelle uscite nella stagione invernale era un completo di spessa lana nera con una gonna aderente a coste larghe lunga fino al polpaccio ed una maglia nera stampata a grosse rose di colore fucsia. Portavo scarpe lucide nere allacciate simili alle parigine ed uno spolverino nero. Vestivo un pò dark pur non essendolo. Nel complesso stavo diventando una ragazza carina e acquisivo sempre di più la consapevolezza di poter piacere ai ragazzi il che mi rendeva più spavalda. Di giorno in giorno.

    Fu durante una di queste scorribande che conobbi Luca, tramite comuni amici. Un bel ragazzo di 17 anni con gli occhi azzurri chiarissimi ed i capelli neri che aveva un carattere più maturo della sua età. Infatti, aveva già smesso gli studi per lavorare come corriere. Cosa che nella mia testa, anche grazie alla mia famiglia che aveva appoggiato completamente la mia decisione di volere studiare, non era allora contemplata. Mentre forse lui mi vedeva già in casa tra i fornelli con un bebè.

    Ma tornando a Luca… a quella età si usava ancora chiedere ti vuoi mettere con me?, occorreva una sorta di dichiarazione che teneramente sanciva l’inizio di una storia. E così arrivò anche per me la prima emozionante domanda. Non stavo nella pelle. Dissi di sì, ovviamente, lui era carino ed io non aspettavo altro. Non c’era un motivo per non accettare. Oltretutto avevo passato tutta l’estate ad esercitarmi ed a leggere sui vari giornaletti per ragazzine tipo Cioè su come si dava un primo bacio alla francese.

    Fu il mio primo bacio e il mio primo ragazzo, che emozione! Ci scambiammo il primo bacio un sabato pomeriggio, di ritorno da una passeggiata dentro le Mura, con le bocche premute l’una sull’altra e le lingue che si cercavano mescolandosi alla saliva in un segreto piacere.

    Fu per lui un vero e proprio fidanzamento, mi reputava una ragazza seria e con la testa sulle spalle – questa era oltretutto la nomea delle ragazze del Liceo Classico – e mi volle persino presentare a suo padre ed a sua madre. Forse per me era troppo.

    Infatti, io non detti a quella storia l’importanza che meritava, incapace forse di afferrare allora l’importanza misteriosa del sentimento di amore tra un uomo e una donna essendo in quel momento piuttosto immatura e concentrata sul mio personale svago.

    Quando dopo poche settimane lo lasciai più per noia che per un reale motivo, mi fece chiamare da una amica comune chiedendomi se ci fosse la possibilità di tornare insieme ma io risposi semplicemente che non mi andava. Anzi, fui scioccamente lusingata da quella telefonata.

    Mi presi, in certo senso, gioco di lui e dei suoi sentimenti e la superficialità con la quale affrontai la questione certamente lo ferì. Quando a distanza di tempo lo ritrovai in sella ad una moto di grossa cilindrata apparendomi per questo come un figo pazzesco, fu lui a dirmi che non voleva più saperne. Credo che avesse rivisto la sua opinione su di me. Agii, in effetti, con molta leggerezza.

    Devo dire che a distanza di anni mi manca un poco quel primitivo sentimento di amore. Una canzone direbbe quel piccolo grande amore.

    Capitolo 2

    Il prof.

    Parlo qui del mio primo professore della IV ginnasio di nome Salvo: è stata per me una figura importante, io ed i miei compagni passavamo molto tempo in classe con lui dato che era il professore delle materie basilari: italiano, storia, geografia, latino e greco. Salvo era una persona particolare, aveva sui quaranta anni veniva dalla Sicilia e vestiva in maniera distinta, era un uomo pulito e di cuore. Ricordo che portava sempre lo stesso tipo di vestito grigio color canna di fucile: giacca pantaloni e camicia ben stirati, credo che avesse un guardaroba di vestiti tutti uguali. Credo anche che avesse delle difficoltà di relazione, anche se con noi ragazzi non lo ha mai dimostrato, ed anzi era un bravo professore molto severo ma preparato che ci ha formati bene per gli anni scolastici successivi. Credo che avesse messo a punto delle tecniche logico-matematiche per darci i voti in modo che poco o niente fosse lasciato alla sua discrezionalità, il che poteva anche suonare strano perché lui secondo me era più una persona di cuore che di testa. Per esempio, in geografia dovevamo conoscere tutte le capitali dei Continenti che studiavamo e questo valeva un certo punteggio che bilanciando le interrogazioni, mi salvò dall’essere rimandata proprio in quella materia che era l’unica dove non avrei altrimenti raggiunto la sufficienza. Ci interrogava anche settimanalmente sulle parole più difficili dell’alfabeto e se non le sapevamo ci puniva dandoci dei compiti a casa. Per fortuna c’era un nostro compagno che le sapeva tutte. Penso che Salvo ci volesse bene, anche se non sempre riusciva a dimostrarlo. Aveva dei modi molto diretti, anche a volte bruschi, mai maligni. Non ci sapeva fare molto con le persone, soprattutto quando si trattava di materia sentimentale. Non per questo risultava, però, anaffettivo o distaccato. Tutt’altro. Un paio di ragazze ne erano segretamente innamorate, non era un brutto uomo. Una mia compagna ricordo, in particolare, viveva il suo innamoramento platonicamente.

    Credo che lui avesse difficoltà di relazione anche con i colleghi, di fatti non rimaneva nella stessa scuola per più di un anno scolastico. Penso, adesso, che avesse una sofferenza interna molto forte per via della sua particolarità e forse ingenuità. Finito il liceo ne perdemmo le tracce, furono poi alcuni miei compagni a dirmi che se ne era parlato in televisione perché era scomparso. Si seppe, poi, che aveva affittato una villetta sul mare e che si era suicidato. I familiari dissero che lo aveva fatto dopo aver scoperto di essere malato di cuore, ma io non ci ho mai creduto. L’unica sua gioia eravamo noi ragazzi: non ancora impregnati dell’invidia e della malignità più tipica degli adulti. A me lui pareva agnello tra i lupi.

    Posso solo immaginare la tristezza profonda che deve avere provato per giungere ad un gesto simile, ho conosciuto altre persone che lo hanno fatto ed in tutte ho notato questo isolamento dal resto del mondo, questa profonda solitudine quasi senza scampo. Un gesto terribile da non emulare e di fronte al quale bisogna avere la forza di chiedere aiuto. Sempre.

    Capitolo 3

    Il giovane leader

    Si chiamava Diego, era un bel ragazzo di 22 anni, snello e slanciato. Io ne avevo 15 di anni e frequentavo la V ginnasio. Lui era iscritto all’Università alla facoltà di ingegneria ed aveva sia la moto che una macchina e questo mi piaceva molto, nella mia testa di quindicenne significava: autonomia.

    Quindi con Diego avevo fatto strike. Oltretutto era uno dei leader del movimento studentesco della mia città che aveva sede nella Torre Guinigi: un movimento para-anarchico di sinistra. È lì che lo vidi per la prima volta. Lui

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