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Chiunque può sbagliare
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E-book180 pagine1 ora

Chiunque può sbagliare

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Info su questo ebook

Nel sud a Cagliari si tesse una ragnatela di efferati eventi apparentemente slegati. Giovanna, giovane studentessa, viene uccisa lasciando un vuoto incolmabile nel cuore dei suoi genitori. Molti gli indizi e complicati incastri rendono difficile la comprensione dell’omicidio agli inquirenti. Vicini nevrotici, spaccio di droga nella scuola, rapine in banca… Quale sarà la pista da scegliere in un simile intreccio di fili quasi invisibili? La tenacia e una concomitanza di altri crimini renderà possibile sbrogliare la matassa…

Emiliano Olla è nato il 6 settembre del 1987 a Cagliari. Vive da sempre a Sinnai, una località a pochi chilometri dalla città. Ha lavorato in tanti settori diversi, in gran parte a contatto col pubblico. Gli piace stare in compagnia ed imparare sempre di più. Ha frequentato per diversi anni la scuola di teatro del suo paese. Da quell’esperienza ha avuto l’ispirazione per scrivere il suo primo manoscritto; un giorno un compagno ha proposto al gruppo di mettere in scena un giallo. Nel giro di pochi giorni ha iniziato a buttare giù una prima bozza di quello che alcuni anni dopo è diventato l’attuale romanzo.
LinguaItaliano
Data di uscita30 apr 2022
ISBN9788830663121
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    Anteprima del libro

    Chiunque può sbagliare - Emiliano Olla

    Nuove Voci

    Prefazione di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima

    (Trad. Ginevra Bompiani).

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.

    Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov.

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    1

    Vita da ragazzi

    Dopo un lungo e faticoso anno la 3a A delle migliori scuole medie di Cagliari assistette, finalmente, ad una delle ultime lezioni prima dell’esame finale. Secondo l’orario abituale c’era la professoressa Pinna, insegnante di storia. Aveva 55 anni e si distinse, nel corso della sua carriera lavorativa, per essere riuscita, con diverse note, punizioni e sospensioni, a debellare il fenomeno del bullismo, troppo comune tra i giovani. Ogni volta che accadeva qualcosa di sospetto in tal senso lei diventava molto severa coi colpevoli e paziente con le vittime. Questo comportamento le procurava parecchie antipatie, ma alcuni studenti, col tempo, iniziarono ad ammirarla fino a considerarla un angelo. Diventò un esempio da seguire per tanti altri insegnanti, ma solo in pochi riuscirono a mettere in pratica, come lei, tutto il regolamento degno di una scuola. In quel periodo l’unico vero problema era il risultato delle pagelle. Dopo l’appello consegnò ai ragazzi un modulo contenente una serie di domande a cui rispondere come simulazione d’esame, raccomandando a tutti di far finta di essere agli orali e scrivere tutto quello che si riteneva di sapere. Dopo un’ora e mezza si sarebbe eseguita una correzione collettiva.

    Durante gli ultimi tre anni scolastici si formarono diversi gruppi di amici. Tra questi si distinse in particolar modo un trio formato da Laura Cadau, Giovanna Atzeni e Claudio Salis. Erano tutti e tre ragazzi che avevano avuto un’ottima educazione e che non amavano mettersi nei pasticci. Laura aveva un’altezza media. Purtroppo, come ammetteva lei stessa, era leggermente sovrappeso, ma troppo golosa e pigra per affrontare una seria dieta. Era apprezzata da alcuni ed invidiata da molti altri perché riusciva a dare sempre risultati molto buoni, frutto delle numerose ore dedicate a studiare. I suoi amici dicevano che lei era la più brava della classe mentre chi mostrava una certa invidia, anche per poca voglia di studiare, spesso la definiva semplicemente una secchiona. Giovanna era una ragazza molto tranquilla con tutti. A volte la sua pacatezza lasciava gli altri allibiti. Era magra e fissata con i cibi dietetici. Ma se avesse parlato con gli amici del suo peso avrebbe sempre sostenuto di essere fin troppo grassa. Claudio era molto alto e muscoloso. Si notava ad occhio nudo che frequentava una palestra di body building. Dichiarava sempre di essere onorato di uscire spesso con delle ragazze come Laura e Giovanna perché sia lui che le amiche si sentivano perfettamente a loro agio, come se si andasse in giro tra soli amici o sole amiche. Se qualcuno avesse chiesto il perché di questa scelta avrebbe affermato molto tranquillamente:

    «È un’esperienza da provare di continuo. Io che lo faccio credo che non mi pentirò facilmente. Rinforza corpo ed anima. Solo così ho cominciato a sentirmi bene con una ragazza esattamente come se fossi con un ragazzo».

    Alle otto e quarantacinque tutti cominciarono la prova. L’insegnante iniziò, come sempre, a controllare la classe, passando anche tra i banchi per fare in modo che nessuno copiasse. Disse anche:

    «Sarà inutile sbirciare tra i libri o tra le risposte dei compagni di classe. Quella di oggi è solo una prova d’esame. L’ho detto anche prima. Converrà sbagliare adesso, piuttosto che scrivere bene tutto oggi e fare delle figuracce davanti alla commissione a fine mese».

    Laura iniziò a scrivere le risposte senza alcun problema. Claudio, suo compagno di banco, anche se aveva studiato voleva cercare conferme, ma non riuscì a copiare perché erano nel banco di fronte alla cattedra. Quella, però, era solo paura di fare errori. Si trattava della sua materia preferita. Gli altri, anche se con qualche difficoltà in più, provarono a completare le risposte. Quasi alla fine del tempo a disposizione Giovanna si mise le mani in testa e per la disperazione pianse. Venne di conseguenza interpellata gentilmente dalla professoressa:

    «Atzeni, perché piangi?».

    E lei, dispiaciuta:

    «Non conosco alcune risposte ed anche la parte del compito completata sicuramente ha delle imperfezioni».

    Si avvicinò alla cattedra su richiesta e la professoressa, sapendo che non tutti avevano eseguito sempre tutte le sue richieste disse:

    «Avevo consigliato a tutta la classe di studiare costantemente. Questo significa che, come pensavo, non sei stata ubbidiente».

    Continuò a piangere:

    «Lo so, ho provato a studiare, ma siamo pieni di compiti e non riesco mai a dedicare le ore necessarie».

    Provò a tranquillizzarla:

    «Questi giorni avrai sicuramente più tempo. Dedicalo soprattutto alle materie dove pecchi di più. Non voglio vederti davanti ad insegnanti sconosciuti con le lacrime».

    Dopo una veloce correzione delle verifiche la sua risultò, infatti, una delle poche con un risultato insufficiente. Prima del suono della campanella ci fu l’ultimo intervento dell’insegnante che, avendo ripreso in pieno il suo ruolo, consigliò a tutti:

    «Continuate a studiare. Questa è la mia ultima lezione. Ciò che ho suggerito alla vostra compagna vale anche per ognuno di voi. Comunque buona fortuna a tutti».

    Nelle ore successive ci fu la lezione di educazione fisica e Claudio iniziò a consolare Giovanna, assai demoralizzata a causa del compito andato male. Tra i due c’era già parecchio affiatamento, ma nessuna relazione. I giorni dell’esame vero e proprio la tensione era palpabile. Infatti tra i gruppi di amici ci si incoraggiava più che mai con frasi, abbracci e baci. Dal Buona fortuna di alcuni si saltava ai baci anche in bocca di altri due tra i quali cominciava a nascere una vera e propria storia d’amore. Addirittura, in qualche caso, erano anche i compagni tra cui non erano nati rapporti di amicizia a sostenersi a vicenda.

    Dopo l’inferno scolastico, nonostante qualche inconveniente, nella 3a A vennero tutti ammessi alle scuole superiori. Durante l’estate successiva, andando nella stessa spiaggia, Laura, Giovanna e Claudio continuarono a mantenere i contatti anche con altri tre amici: Giulio Cocco, Barbara Tidu e Sara Puddu, ormai ammessi alla 5a superiore. Si conobbero in passato tramite conoscenze comuni dei loro genitori. Anche questi avevano ricevuto un’educazione abbastanza rigida. Non erano ragazzi che andavano a cercare guai. Giulio si distinse nella sua classe per essere un tipo con tutte le carte in regola per attirare l’attenzione delle ragazze oggetto dei suoi desideri. Il suo buon carattere lo agevolava ulteriormente. Quando era nelle scuole medie andava in giro spesso con i suoi compagni di classe, ma presto capì che uscire con delle ragazze, oltre a dare più frutti, per lui era anche più piacevole. Barbara era particolarmente bassa, ma la sua simpatia rendeva le serate in sua compagnia come se fossero eventi irripetibili.

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