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Antologia del 1° Concorso Letterario "Sergio Atzeni"
Antologia del 1° Concorso Letterario "Sergio Atzeni"
Antologia del 1° Concorso Letterario "Sergio Atzeni"
E-book86 pagine51 minuti

Antologia del 1° Concorso Letterario "Sergio Atzeni"

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Info su questo ebook

Antologia della prima edizione del Concorso Letterario "Sergio Atzeni", organizzato dalla Biblioteca Comunale di Capoterra.

Nora Alba

Maria Antonietta Angioi

Francesco Balistrieri

Chiara Caloro

Chiara Dessì

Emanuele Incani

Fleanna Lai

Angela Loi

Stefano Loi

Maria Chiara Marras

Giovanni Battista Mulas

Alessandro Mura

Daniela Puddu

Matteo Scintu

Valentina Serci

Andrea Spina

Sara Vacca

Daniela Vargiu

LinguaItaliano
Data di uscita6 nov 2016
ISBN9788899685294
Antologia del 1° Concorso Letterario "Sergio Atzeni"

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    Anteprima del libro

    Antologia del 1° Concorso Letterario "Sergio Atzeni" - AA.VV.

    "

    Nora Alba

    Ricordi di un’insegnante

    Era il 1971 e il mio primo incarico come insegnante mi venne dato a Capoterra. Il direttore Laconi, vedendomi tanto giovane, mi disse di non scoraggiarmi di fronte a una classe quinta maschile di ripetenti scalmanati e di mantenere la disciplina facendoli lavorare molto. Non fu facile ma nemmeno troppo difficile per una che era abituata a inquadrare una schiera di fratelli minori. Il problema cominciava quando al mattino si formava la classe e si doveva entrare a scuola. Il loro tentativo era quello di entrare come un’armata Brancaleone, soprattutto se volevano mostrare alla giovane supplente ciò di cui erano capaci. Era una sfida.

    Se lei capisce chi siamo sarà uno spasso per tutto il tempo che rimarrà qui. Erano urla, schiamazzi, incitazioni all’arrembaggio come se si dovesse conquistare la scuola e poi l’aula dove sognavano di essere padroni.

    Questa sorta di rivolta quotidiana era capeggiata da sei o sette che riuscivano a coinvolgerne altrettanti, poi c’erano i piccoli bravi ragazzi che seguivano senza convinzione, qualcuno anche con timore e disappunto. Arrivati in classe, seguendo il consiglio del direttore, davo subito da fare qualcosa di impegnativo. Di solito un tema era ciò che avrebbe indotto i più a stare calmi e pian piano anche gli altri avrebbero seguito non senza interruzioni o battute.

    Era comunque una situazione più gestibile che mi dava modo, talvolta di spiegare come dovevano procedere per lo svolgimento, altre volte di indurli alla concentrazione e al silenzio che sarebbero serviti a far bene e a finire prima per godere meglio della ricreazione. Proprio questa costituiva un altro problema per la disciplina. Era come un carico energetico capace nuovamente di scatenarli. E non si trattava del panino, che neppure tutti avevano, anzi quelli più grandi sembrava che non avessero nemmeno bisogno della merenda, si nutrivano unicamente di divertimento per le sottili violenze inflitte ai compagni. Se poi c’era la supplente giovane e carina avevano tutto l’interesse a mostrarsi forti e indomiti e il vago gusto di metterla in difficoltà. Poi tutto tornava a una relativa normalità. Non posso dimenticare di quella volta che uno studente stringeva per il collo un altro fino ad avere gli occhi di fuori e dovetti intervenire mentre qualcuno chiamava il bidello che mi aiutò a liberare il mal capitato. O di quell’altra volta in cui un ragazzo alla ricreazione tirò fuori una bottiglietta piena di vino nero e un altro aveva in mano un coltello a serramanico. Per entrambi erano cose normali, che male c’era ad avere un coltello che poteva servire o a bere un po’ di vino alla ricreazione? E io dovevo cercare di spiegare che a scuola certe cose non si possono fare e che tante altre non si possono fare neanche fuori. Di alcuni di loro seppi che avevano situazioni familiari davvero difficili. Io non ricordo più né i loro nomi né i loro volti ma ho presente solo tanta difficoltà, tanta rabbia, tanta forza impotente che non poteva essere scaricata né per vendetta né per giustizia, né per costruire quel futuro a cui avrebbero avuto diritto. Spero che qualcuno di loro ce l’abbia fatta.

    Io stavo poco in una classe poi avevo un periodo d’interruzione in cui potevo dedicarmi alla mia bambina di pochi mesi, fino a quando mi richiamavano per un’altra supplenza. Un’altra volta mi era stata assegnata una seconda elementare femminile: un gioiello di classe. Bambine piccole e educate. Di una in particolare non ricordo tanto la fisionomia quanto l’affetto e l’ammirazione che aveva per me. Avevo accordato loro il permesso di chiamarmi per nome e si era instaurato un clima molto familiare e rispettoso. Ho lavorato molto bene in quella classe. Lì era davvero possibile insegnare e vedere che tutto veniva recepito. La bimba che ricordo per gli occhi scuri e vivaci, per le guance colorite era molto intelligente e intraprendente, mi scriveva letterine con disegni colorati. Un giorno all’ingresso di scuola era accompagnata dalla mamma e vedendomi non resse alla gioia e mi disse Ciao chiamandomi per nome. La madre le mollò un ceffone dicendole: "Aicci si saluda sa maistra?". La poverina rimase sconcertata e piena di vergogna per la figura che aveva fatto davanti a me.

    Povera cara, se la mamma avesse saputo quanto rispetto

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