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Al di là del buio: racconti
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Al di là del buio: racconti
E-book95 pagine1 ora

Al di là del buio: racconti

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Info su questo ebook

Brian Andres Ramirez Mosquera nasce in Colombia, a San Tiago De Cali, nel 1990. Nasce e cresce in una famiglia umile e dalle risorse finanziarie piuttosto modeste, ma nonostante questo può vantare lo stesso un’infanzia felice e molto serena. Questo, però,  fino al dicembre del ’97. Brian infatti è vittima di un terribile incidente con un’arma da fuoco, a seguito del quale  perde la vista. Iniziare tutto daccapo e rialzarsi con Dio e con la fronte in alto, questo è l’imperativo del piccolo Brian e della sua famiglia che gli è stata sempre vicino. A dieci anni si trasferisce in Italia e, nonostante le difficoltà iniziali di ambientamento e tutte le problematiche che possono sorgere dall’apprendimento di una lingua nuova, Brian riesce a concludere gli studi e a laurearsi con ottimi risultati. Adesso scrive libri, realizza sculture in ceramica e insegna la scrittura braille ai ciechi e ai vedenti nelle scuole. I suo motto è: chi molla oggi non vedrà le fortune del domani.
LinguaItaliano
Data di uscita16 mar 2023
ISBN9789995794811
Al di là del buio: racconti

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    Anteprima del libro

    Al di là del buio - Bryan Ramirez

    Tre storie che raccontano delle difficoltà del mondo impervio della disabilità.

    Tre protagonisti e le mura erette in difesa dalle problematiche della cecità.

    Tre esperienze che fanno comprendere quanto possa essere straordinario un uomo quando decide di emergere dalle turbolenze che il destino ha riservato per lui, spesso fin dalla nascita.

    Tre esempi che ci dimostrano che in questo mondo nulla è perduto se si trova la forza ed il coraggio...

    Bryan Ramirez

    Al di là del buio

    Published by Infinity Books Ltd, Malta

    www.infinitybooksmalta.com

    First Edition: March, 2020

    All rights reserved

    Copyright © 2020 Bryan Ramirez and Infinity Books

    ISBN: 978-99957-948-1-1

    Al di là del buio

    No part of this book can be reproduced

    without the publisher’s prior written consent.

    L ’autore

    Brian Andres Ramirez Mosquera nasce in Colombia, a San Tiago De Cali, nel 1990. Nasce e cresce in una famiglia umile e dalle risorse finanziarie piuttosto modeste, ma nonostante questo può vantare lo stesso un’infanzia felice e molto serena. Questo, però,  fino al dicembre del ’97. Brian infatti è vittima di un terribile incidente con un’arma da fuoco, a seguito del quale  perde la vista. Iniziare tutto daccapo e rialzarsi con Dio e con la fronte in alto, questo è l’imperativo del piccolo Brian e della sua famiglia che gli è stata sempre vicino. A dieci anni si trasferisce in Italia e, nonostante le difficoltà iniziali di ambientamento e tutte le problematiche che possono sorgere dall’apprendimento di una lingua nuova, Brian riesce a concludere gli studi e a laurearsi con ottimi risultati. Adesso scrive libri, realizza sculture in ceramica e insegna la scrittura braille ai ciechi e ai vedenti nelle scuole. I suo motto è: chi molla oggi non vedrà le fortune del domani.

    Papà

    In molti penseranno che si tratti di una storia di fantasia, oppure del vaneggiamento isterico di un mentecatto; quel che nessuno sa è che il racconto riportato di seguito affonda le proprie radici in quella che è la realtà di un fatto veramente avvenuto.

    I turbolenti anni ’80 finalmente volgevano al termine e la gente, speranzosa, vedeva l’inizio del decennio subentrante con uno sguardo positivo. Al conflitto civile non si era potuto dare ancora un punto conclusivo, ma quantomeno il capo del fronte ribelle era stato eliminato, e questo faceva sperare bene. Tergiversare tuttavia sulle dispute politiche e discutere sulle ragioni del conflitto non sono questioni che mi competono. Il fine di questa storia è quello di portare alla luce le sofferenze della povera gente innocente, specie del bambino le cui gesta sono tali da persuadermi a presentarlo come il protagonista del mio racconto.

    Come tutte le mattine, Diego, assieme ai due fratellini: Ismael, di quattro anni, e Miguel, di sette, si alzava alle cinque e mezza del mattino per andare a scuola. Non che la scuola fosse tanto lontana, in automobile o con qualunque altro mezzo di trasporto, avrebbero potuto coprire la distanza in poco meno di dieci minuti, ma in quel caso la strada accidentata e l’attraversamento in canoa del torrente, chiamato dai campecinos del posto el caño, risultavano essere ostacoli che richiedevano una certa profusione di energie fisiche non indifferenti. La loro umile dimora, infatti, si manteneva in precario equilibrio al limitar di una spoglia campagna. L’abitazione più prossima la si scorgeva a trecento metri di distanza più a valle, e non perché davvero la si vedeva. Si sapeva che laggiù si teneva in piedi un’altra casa, grazie ai pennacchi di fumo che ogni mattina salivano dal patio dove la signora Amparo trafficava con i fornelli, nel disperato tentativo di finire in tempo il pranzo per il marito, che sarebbe stato di ritorno all’una del pomeriggio; marito che spesso e volentieri le ricordava chi era che comandava a casa loro, elargendole abbondanti dosi di cazzotti e ogni genere di violenza fisica e morale. Peccato che al di là dei propri confini domestici venisse sempre considerato prossimo all’indigenza, e in una terra flagellata dalla miseria come quella, era tutto dire.

    Pertanto, ogni mattina, Diego e i due fratellini erano costretti a fare colazione molto presto, a caricarsi sulle spalle le pesanti borse di tela, piene zeppe di libri e quaderni, e incamminarsi lungo il ripido pendio che li avrebbe condotti alla riva del fiume situato quasi ai piedi della montagna.

    Per prima cosa, Diego avrebbe lasciato i due fratellini, uno all’asilo, l’altro alla scuola elementare giù in paese, dopodiché avrebbe ripercorso la strada a ritroso, fino al negozio di frutta di Don Pedro. Avrebbe quindi imboccato la strada a sinistra, raggiunto il campo sportivo del paese, che consisteva in un vasto perimetro rettangolare di terra battuta dove i più grandi giocavano a calcio e i più piccoli rischiavano il collo in trabiccoli che i più temerari osavano chiamare scivoli e altalene, infine, si sarebbe dovuto inerpicare per lo stretto sentiero che si snodava subito dopo la cantina della signora Mercedes. Breve tratta che il più delle volte si rivelava un punto difficile da superare. Per via del figlio della signora Mercedes, un ragazzotto muscoloso dalla pellaccia dura e scura come quella di un coccodrillo, con quel non so che di spavaldo, reso coraggioso dalla sicurezza che gli infondeva lo stare all’interno del branco, e che si divertiva a tormentarlo. Non che Diego fosse la povera vittima indifesa, innocuo agnellino preda di un eccesso di impetuosità adolescenziale; difatti il costante atteggiamento d’intimidatoria sopraffazione non poteva di certo definirsi unilaterale.

    Il buon vecchio Diego, insieme a quell’altro stinco di santo di Carlos Montero Sarria, della cui compagnia non poteva fare a meno, era solito lanciare sassi a tutti coloro che macchiavano la propria fedina penale con il terribile reato che loro tanto amavano definire: interazione col nemico. Tant’è che i giovanotti che osavano gravitare intorno alla cantina della signora Mercedes, dovevano ben guardarsi dai pericoli che all’improvviso piombavano dal cielo, se non volevano rincasare col capo cosparso di fango, sangue e bernoccoli. Tutto questo, o perlomeno la prima parte del tragitto, Diego se lo sarebbe potuto risparmiare solo se il padre, il signor Mendoza, che tra le altre cose era un impiegato della scuola statale dove studiava Miguel, non si rifiutasse di accompagnarli. Diceva che facendo in quel modo venivano su come veri uomini. La verità tuttavia si nascondeva, e non particolarmente bene, dietro la porta del numero 26-01 di calle 33D, dove ogni mattina la vedova Maria Cruz Montoya Mejia provava disperatamente a superare il dolore per il marito scomparso da poco più di un anno in compagnia del signor Mendoza. I sempre più frequenti gemiti e ansimi che si levavano da dietro la tendina bianca dell’unica finestra della casa numero 26-01 di calle 33D, rappresentavano la personalissima maniera della vedova di manifestare il proprio cordoglio. <> dicevano i vicini più maliziosi e ficcanaso, e poi si sganasciavano dalle risate,  per un momento dimenticando, chissà quanto inconsciamente, che un signor Mendoza o una signora Montoya, questo a seconda dei propri gusti, li aspettavano dietro a qualche porta del paese.

    Riprendiamo, però, il filo del nostro racconto.

    Un pomeriggio, Carlos si era dovuto trascinare barcollante fino a casa con Diego sulle spalle semisvenuto. A ritorno da scuola, i nemici giurati avevano preso Diego alla sprovvista. Gli avevano teso un’imboscata, lo avevano circondato e lo avevano scaraventato a terra, suonandolo come un tamburo. Solo il tempestivo arrivo di Carlos, con altri due compagni di classe, avevano impedito che i bulletti spedissero dritto all’altro mondo il povero Diego.

    Nubi basse e sparse si avvicinavano da est,

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