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I fili della primavera
I fili della primavera
I fili della primavera
E-book178 pagine2 ore

I fili della primavera

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Info su questo ebook

Due uomini provenienti da mondi diversi potranno mai incontrarsi a metà strada? Una romantica storia nel cuore della Cornovaglia.

Malachi Booth è un super modello. È abituato a viaggiare per il mondo, ad andare a letto con chiunque gli piaccia e a guardare i soldi che guadagna. L’ultimo posto in cui si aspetta di trovarsi è una fattoria malandata in Cornovaglia, ma un brutto attacco di bronchite lo costringe lì. L’unica ricompensa per questo stato di cose sconfortante è che l’allevatore è davvero bello, anche se è la persona più scontrosa che lui abbia mai incontrato.
La fattoria di Cadan Landry appartiene alla sua famiglia da centinaia di anni ma questo non rende facile far tornare i conti. Di conseguenza, Cadan si potrebbe definire scontroso. La maggior parte degli uomini considererebbe un super modello che crolla ai propri piedi, vestito con il paio di slip più succinti mai stati creati, un segno di buona fortuna. Cadan invece è infastidito dal fatto che il giovane sta occupando spazio nel suo allevamento di mucche.
Questi due uomini vengono da mondi diversi, potranno mai incontrarsi a metà strada?
Dall’autrice bestseller Lily Morton arriva un breve romanzo su modelli sarcastici, pregiudizi e sul trovare casa in uno dei posti più improbabili.
LinguaItaliano
Data di uscita6 apr 2023
ISBN9791220705370
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    Anteprima del libro

    I fili della primavera - Lily Morton

    1

    MALACHI

    Il taxi rallenta mentre risaliamo una collina. «L’ingresso della fattoria è quassù,» mormora il tassista. O almeno, penso sia ciò che dice. La sua voce è piuttosto roca, quindi potrebbe benissimo aver detto: Questo è il punto del Paese in cui seppellirò il tuo corpo.

    Opto per il lato positivo e sospiro. «Grazie a Dio siamo arrivati. Avrei avuto meno difficoltà a trovare l’ingresso della stalla di Gesù bambino.» Guardo il cancello arrugginito e il vecchio cartello di legno sbiadito che annuncia che abbiamo raggiunto la High Top Farm. «Penso che la stalla fosse più lussuosa. Anche se Gesù ha ricevuto incenso e mirra. Cos’è la mirra di preciso? Sembra un regalo piuttosto inutile.»

    «Scusi?»

    Faccio un gesto con la mano. «Non si scusi. Non può fare nulla per i tumulti e i guai della mia vita.»

    Rallenta e mi lancia un’occhiata da sopra la spalla, leggermente disorientato. Alzo un sopracciglio e il tassista torna a guardare in avanti, ma non prima di mormorare qualcosa che sembra un: Maledetti ragazzini dalla testa vuota.

    Rimbalziamo su un sentiero pieno di buche e l’auto si riempie di un intenso odore di limone, che proviene dai cespugli che costeggiano strada. Altri scossoni e il mio respiro diventa affannoso e inizio a tossire. Tossire. E tossire ancora di più.

    «Sta bene?» chiede il tassista, con ovvia riluttanza.

    Faccio un gesto con la mano. «Sto bene,» riesco a rispondere prima di scoppiare in un altro attacco di tosse. È grassa e profonda e mi fa male al petto, quindi è difficile anche respirare. Appena riesco a smettere di tossire inizia a farmi male la testa e bevo un veloce sorso d’acqua, cercando di riprendere il controllo di me stesso.

    L’auto si ferma. «Spero non abbia niente di serio,» osserva il tassista.

    «Cerco di non essere mai serio,» lo informo. «Mi fa venire l’orticaria.» Alzo le spalle. «Se potesse evitarmi questo servizio fotografico, comunque, mi accontenterei dell’ebola.» L’uomo impallidisce e io scuoto la testa. «Non ho l’ebola,» lo rassicuro. «Ho avuto la bronchite, anche se l’ebola mi avrebbe fatto buttar giù questi ultimi chili, così almeno Andrei sarebbe felice.»

    «Prego?»

    Annuisco. «Lo so. Ha ragione. Non sarebbe felice neanche se il mondo fosse pieno di twink liberi e lui fosse l’ultimo paparino rimasto.» Faccio di nuovo spallucce. «È una tale diva, anche se fa delle belle foto.» Mi soffermo a riflettere. «Anche se non se ne può fare una mia brutta. È impossibile.»

    «Oh, lei è un modello,» dice il tassista con un tono sollevato di comprensione.

    Inarco un sopracciglio. «Cosa pensava che facessi?»

    Alza le spalle. «Il pazzo in fuga,» risponde disinvolto, e qualcosa nel suo gesto mi fa ridere. Il che, per sfortuna, mi fa ricominciare a tossire. Siamo di fronte a una grande vecchia casa, esco e faccio un cenno al tassista per indicargli che prenderò i soldi per la corsa, proprio mentre mi appoggio contro il metallo caldo dell’auto. Questa volta ci vuole di più per smettere di tossire e, quando alla fine ci riesco, la testa mi martella come se dovesse esplodere da un momento all’altro e mi fa male la gola ogni volta che deglutisco.

    Mi guardo intorno, con il respiro affannato. Siamo in un grande cortile dominato da una fattoria in pietra e delimitato da vecchi fienili. Ci sono macchine parcheggiate dappertutto e sento già l’odore di disperazione e di attività convulsa che sembra permeare ogni millimetro del set del servizio fotografico.

    «Malachi!» Arriva un grido dalla fattoria e quando alzo lo sguardo vedo Bobby, l’assistente di Andrei, venire verso di me. «Dove cazzo sei stato?» sibila mentre barcolla sui suoi stivali alti. Quasi si storce la caviglia in una buca. «Maledetto posto,» mormora mentre si avvicina.

    «Somiglia un po’ a qualcosa tipo Un lupo mannaro americano a Londra,» dico con voce roca. «Molto rustico. Non uscire dal sentiero, qualsiasi cosa tu faccia.»

    «È una dannata minaccia. Mi si è già impigliato due volte il cardigan di Donna Karan.»

    «È una tragedia,» osservo con freddezza, poi faccio un gesto con la mano verso l’auto in modo regale. «Paghi tu il signore, Bobs?»

    Lui scava nella borsa per cercare la carta di credito aziendale. «Hai preso un taxi dalla stazione?»

    «No,» rispondo con disinvoltura. «Da Londra.»

    Mi lascio alle spalle il suo frignare scioccato e mi guardo intorno.

    Il cortile sembra un po’ malandato e procedo con cautela tra le buche verso la porta di ingresso, dove sento battere il ritmo martellante di musica Trance. È il tipico suono della mia gente ed è già alto qui fuori, cazzo, e sarà la mia immaginazione ma sono sicuro che le finestre stiano vibrando.

    Mentre mi avvicino alla casa, un uomo esce da uno dei grandi fabbricati. Trasporta una scatola e si dirige verso la vecchia Range Rover malandata, con il motore che gira al minimo. Quando mi vede si ferma.

    «Sei con quella cazzo di combriccola rumorosa?» chiede brusco. La sua voce è profonda e intensa, con una calda pronuncia della Cornovaglia.

    Sbatto le palpebre. Non per il tono brusco, ma per lui. Non mi sembra affatto un allevatore. È alto, spalle larghe e con una testa piena di capelli castano-biondo spettinati. Le lunghe gambe sono valorizzate da un paio di jeans molto sbiaditi, e ha la barba corta perfettamente curata. Alla fine, la sua domanda arriva in ritardo al mio cervello, così come la rozzezza del tono. Raddrizzo la schiena.

    «Dipende: sei a favore della follia e della musica Trance o no?»

    «No,» risponde in modo conciso a denti stretti. «E neanche le galline.»

    «Ascoltano musica? Non riesco a immaginare che genere possa piacergli.»

    Mi fissa. «Musica Trance è una denominazione molto fuorviante, a mio parere. Non c’è niente di ipnotico in quella merda, sembra salire dal terreno e uscire dalle finestre solo per spaventare le galline. Risolvi il problema,» mi ordina, avvicinandosi a grandi falcate all’auto in attesa.

    Distolgo l’attenzione dal modo in cui contrae i muscoli delle braccia e dalle vene che le attraversano. «Oh, lo farò subito, signore,» rispondo sarcastico. Annuisce come se la mia replica fosse obbediente piuttosto che ironica. Inoltre, non mi rivolge nemmeno un altro sguardo, come se mi avesse scaricato, così socchiudo gli occhi.

    Nessuno mi scarica, e mi rivolgono sempre un secondo sguardo. È un dato di fatto. Come il cielo è azzurro e a me piace la biancheria Andrew Christian.

    Metto una mano sul fianco, facendolo sporgere di lato, per mostrate il mio corpo al meglio. «Vuoi che faccia qualcos’altro?» sussurro. «È ovvio che sono a tua completa disposizione.»

    C’è una leggera mordacità che non riesco a evitare nelle ultime parole e, perlomeno, fa in modo che lui torni a guardarmi ma, invece di essere affascinato, sembra solo annoiato e seccato. Senza dire una parola, fa un cenno con la testa ed entra in auto.

    La polvere che si alza al suo passaggio mi fa venire un altro accesso di tosse. Quando mi riprendo, sono in piedi che guardo la macchina sporca. «Coglione,» dico a voce alta e con rimprovero, poi giro i tacchi e mi dirigo verso l’entrata della fattoria.

    Quando attraverso la porta d’ingresso, mi fermo per far sì che gli occhi si adattino alla luce fioca, dopo esser stati fuori sotto quella splendente del sole primaverile. Come la maggior parte delle fattorie della Cornovaglia è costruita in modo solido, con soffitti bassi e travi. Sembro molto competente, ma in realtà sono informazioni che ho acquisito guardando Poldark.

    Non per un qualche interesse storico. Non potrebbe interessarmi meno di quella stronzata. Lo guardo solo per Aidan Turner e per il modo in cui si toglie la camicia ogni volta che deve immergersi nudo. Sono in Cornovaglia da mezz’ora e penso che Aidan debba essere molto resistente perché, anche se splende il sole, fa ancora un freddo del cazzo e nessun compenso sarebbe abbastanza per farmi immergere anche solo un’unghia in mare, in questo periodo dell’anno.

    Seguo il suono delle voci chiassose che fanno a gara con il volume della musica, che di sicuro mi sta facendo sanguinare le orecchie, supero una porta e mi ritrovo in una stanza lunga e bassa con un pavimento lastricato in pietra e grandi finestre che si affacciano sui campi. È illuminata come durante un’eruzione solare e piena di profumi di colonia e lacca per capelli. Su una parete sono allineati appendiabiti e lungo un’altra sono state sistemate postazioni mobili per il trucco.

    Esito sulla soglia abbastanza a lungo da far sì che Bobby mi si avvicini. «Accidenti, è la cifra più alta che abbia mai pagato per un taxi,» dice. «Andrei scatenerà le bestie feroci.»

    «Spero non inseguano le galline traumatizzate,» osservo, annoiato.

    Bobby sbatte le ciglia e mi guarda con attenzione, come se valutasse la mia salute mentale. «Beh, no di sicuro. Evviva! Salviamo le galline,» commenta lento, scandendo le parole.

    Sospiro. «Un tizio là fuori sembrava molto incazzato per il rumore e per l’impatto che sta avendo sulla salute mentale delle galline.»

    «Oooh,» dice sovraeccitato all’estremo. «Era alto con i capelli castano-biondo e la barba? Assolutamente stupendo?»

    «Non direi stupendo. Preferisco la parola coglione.»

    Saltella sui piedi alcune volte, le guance che gli si arrossano. «È il signor Landry, il proprietario. È entrato e ha urlato che Andrei, parcheggiando così la sua Mercedes, stava bloccando un cancello. Era così arrabbiato, e ha questa voce davvero profonda e fredda.» Trema felice. «Così sexy,» dice con riverenza.

    «Ora capisco perché continui a dire che con i tuoi ragazzi non funziona,» osservo. «È chiaro che scegli solo coglioni.»

    Mi guarda dalla testa ai piedi. «Beh, è un problema che tu non avrai mai. Nelle tue relazioni sei tu il bastardo, no?»

    Sorrido. «È vero, e devo dire che funziona molto meglio se sei quello che se ne va. E smetti di usare la parola relazione, Bobby. Lo sai che mi fa venire l’orticaria.»

    Ride. «Spero di no, tesoruccio. Non c’è modo di nascondere l’orticaria con i tuoi outfit di oggi.»

    «Oh, merda.» Gemo. «Che cazzo devo indossare, questa volta? Dimmi che è una tuta da sci completa che si adatta al tempo.»

    Ride. «Macché. Gli slip più succinti che io abbia mai visto e un grosso cappotto.»

    Scuoto la testa con disapprovazione. «Beh, sarà allettante per l’uomo di strada. Sai, quelli che vedi camminando per Clapham High Street in cappotto militare e tanga. Il sabato non ci si può muovere a causa loro. Non so davvero perché gli stilisti e i fotografi pensino che questo tipo di merda funzioni.»

    «Andrei è un genio.»

    «Andrei è una testa di cazzo,» lo correggo. «Ma capisco perché non lo illumini al riguardo.»

    «Lo lascio a te,» ribatte Bobby in tono pacato. «Voi due avete un bel canale di comunicazione, così aperto. No?»

    «È stato proprio il mio canale aperto a causare il problema,» dico, mentre mi incammino verso il punto in cui mi chiama la truccatrice. «Andrei voleva entrare e io ho chiuso l’ingresso e ci ho messo le guardie.»

    Mi guarda dubbioso. «Vuoi dire che ha cercato di scoparti?»

    Sorrido senza volere. «Basta, Bobs. Ho già parlato troppo.»

    «Non farlo,» mi suggerisce. «Mi causa un bel mal di testa, davvero.»

    Mandy, la truccatrice, mi afferra una mano e mi costringe a sedermi sulla sedia di fronte a un grande specchio. «Dove diavolo sei stato?» sibila.

    «Per strada,» rispondo, facendo un gesto regale con la mano. «Questa sorta di perfezione ha bisogno di tempo, sai.»

    «Come pure il post-sbornia,» mi suggerisce. Mi tira indietro i capelli, li raccoglie in uno chignon alto che ferma con uno degli elastici che tiene al polso. Poi fa un passo indietro e mi osserva accigliata. «All’inferno, Malachi, sei stato a sbronzarti per tre giorni?»

    Guardo il mio viso allo specchio. «Di sicuro è ciò che sembra,» ribatto. «Ho un aspetto orribile, accidenti.»

    Mandy mi fissa. «Di solito ne saresti un po’ più preoccupato.»

    Alzo le spalle. «Sistemerai tutto tu. Di solito lo fai.»

    Sembra dubbiosa. «MAC non è stato inventato per avere a che fare con una catastrofe di questo livello. Guardati le guance. Sei di un rosso acceso.»

    Sospiro e mi appoggio con delicatezza alle sue mani, amando la sensazione delle dita fredde sul viso caldo. Sembrano quasi accarezzarmi con tenerezza, cosa ridicola perché sono l’ultima persona che Mandy coccolerebbe. Sono l’ultima persona che chiunque coccolerebbe.

    «Non mi sento molto bene,» dico lentamente, sentendo il biascichio nella mia voce. Sentir chiamare il mio nome mi fa scattare in piedi. «Merda!»

    Mandy scuote la testa. «Penso proprio di sì. Malachi, hai un aspetto orribile. Devo dire ad Andrei che non puoi fare le foto visto che stai così?»

    Il suo tono trasmette riluttanza, cosa che in parte è dovuta al dover dire no ad Andrei, ma soprattutto perché cerca di essere gentile con qualcuno che in realtà non le piace. Non cerco di essere benvoluto nel mio lavoro. Solo di successo.

    In realtà sono stato maleducato solo con poche persone, e facevano tutti parte degli alti ranghi del mondo della moda. Tuttavia, in qualche modo, la mia cattiva reputazione è cresciuta negli anni ed è stata impreziosita in modo così esagerato che ora la gente si aspetta che io vada su tutte le furie al minimo cambiamento del vento.

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