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Allucinazioni
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E-book229 pagine3 ore

Allucinazioni

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Info su questo ebook

Una raccolta di cinque racconti di atmosfera horror, dove persone normali vivono esperienze fuori dal comune e la loro realtà smette di essere oggettiva.

-Incubus hotel: Una coppia di fidanzati decide di passare l'anniversario nello stesso hotel in cui si sono incontrati anni fa, approfittando della riapertura del posto. La notte, per il ragazzo, non passerà tranquilla e sarà costretto ad affrontare un evento passato (avvenuto in quell'hotel), attraverso un'esperienza che romperà ogni barriera tra realtà e sogno.

-Gli orchi: una normalissima guerra in un mondo medioevale-fantasy. Uomini contro orchi. Bene contro male. Ma la realtà è ben diversa...e qualcuno non vuole vederla.

-Mi senti?:Un piccolo esperimento narrativo. Una breve storia fatta di dialoghi e brevi sequenze descrittive. Un caso di omicidio. La vittima è un uomo anziano. E' morto nel suo letto. Tutto era iniziato con una strana telefonata nel bel mezzo della notte. Una sola frase: "Mi senti?".

-Persecuzione:fare il vigile non è sempre un lavoro semplice, se lo vuoi fare bene. Discuti con tanta gente, senti tante scuse, subisci tante minacce. E se qualcuno decidesse di passare dalle minacce ai fatti? La vita del protagonista viene sconvolta quando un uomo che lo aveva minacciato inizia ad entrare sempre di più nella sua vita. Diventa suo vicino, frequenta sua moglie come collega di lavoro,lo trova in casa come ospite a cena... Nel frattempo, un assassino seriale, conosciuto per l'abitudine di perseguitare le sue vittime prima di ucciderle, sembra aver spostato la sua area di azione, includendo la cittadina dove abita il protagonista. E' solo un caso?

-Due mondi:un uomo qualunque si sveglia scoprendo di essere in un vicolo, in mezzo a spazzatura ed immondizia. Non ha i suoi vestiti addosso, ma logori e sporchi stracci. Non ricorda come ci sia arrivato in quel luogo. Il suo ultimo ricordo è di lui che si corica nel suo letto, insieme a sua moglie. Quel che sta vivendo adesso,però, non sembra la sua vita, il suo mondo, la sua realtà.
LinguaItaliano
Data di uscita18 feb 2015
ISBN9786050358407
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    Anteprima del libro

    Allucinazioni - Daniele Conventi

    Ringraziamenti

    ​Prima di iniziare...

    Questo libro è la mia prima raccolta di storie brevi e vi ho inserito solo storie legate da un unico concetto in comune. Ogni storia è stata scritta in momenti e con idee diverse. Probabilmente ciò si rifletterà in uno stile variabile nei ritmi e nei modi. Vi posso assicurare, però, che ogni storia è stata sottoposta a critica esterna ed a revisione di altre persone.

    Ho scritto ogni storia basandomi su piccoli concetti ed idee, e mi sono impegnato a farne il miglior prodotto di cui sia capace controllando, correggendo e rileggendo più volte ogni storia. Spero che vi godiate le storie e che vi piacciano.

    Un'ultima cosa, prima di lasciarvi andare: vorrei ringraziare tutte le persone che mi hanno supportato e tutti quelli che mi hanno aiutato nel processo di produzione di questo libro. Vorrei inoltre ringraziare voi che avete deciso di spendere i vostri soldi per questo mio primo libro, che avete deciso di darmi fiducia e rischiare (e spero non ve ne pentiate).

    Buona lettura

    Daniele Conventi

    INCUBUS HOTEL

    1

    Un marciapiede. Sono per terra. Il mio ultimo respiro sa di acqua salmastra. Il mio ultimo cielo viene coperto da un sacco nero.

    UN GIORNO PRIMA

    Mi trovo allo Sworden, come viene soprannominato questo pseudo irish-pub che affaccia in un vicolo sconosciuto ai più. Il locale non è poi così male. Dietro al bancone sono esposte un buon numero di bottiglie ( perlopiù semipiene ) di varie marche di rhum, liquori, birre e varie altre bevande alcoliche più o meno forti. Tutti i mobili sono poco rifiniti, senza fronzoli, fatti di uno spesso strato di legno di un colore giallastro, scuro nei numerosi punti in cui si vedono, chiare e nette, le venature. Ogni pezzo è ben pulito e lucido. L'atmosfera è calda, rustica.

    Il locale, al mio arrivo, è semivuoto. Il corridoio è percorso solo da quei pochi clienti che di tanto in tanto vanno in bagno o, più spesso, escono a fumare. Sulle panche, disposte lungo il lato destro, non ci sono che pochi clienti e le loro birre.

    Rivolgendo un cenno di saluto al proprietario gli chiedo se è disponibile il secondo locale. L'uomo è intento ad asciugare dei grossi boccali da birra da un litro e risponde al saluto con un cenno della testa. Mi guarda indeciso da dietro i suoi occhiali da vista, si massaggia un attimo la barba poi mi risponde che è aperto.

    Percorro per intero il corridoio del primo locale fino a raggiungere l'entrata della cucina e la porta che da sul giardino interno.

    Grande a sufficienza per contenere almeno una trentina di persone, nel giardino non ci sono mai stati più di tre tavoli da cinque, posti sotto un grande gazebo bianco di plastica e contornati da piante in vasi di cemento. Imponendosi come unico punto di vero colore in quel quadrato di strada rinchiuso tra le mura, poggiata al muro del secondo interno una rossa cabina telefonica vecchio stile spicca nel grigio urbano e nelle macchie di verde scuro delle foglie delle piante da vaso.

    Quella cabina mi ha sempre colpito. Mi sembra così estranea al contesto, come se avesse in se un significato particolare nel suo aspetto così british. Col tempo, poi, è diventata uno dei nodi dei miei ricordi. Mi fa venire in mente una delle prime sere con la mia ragazza, quando ai tempi non immaginavo potesse regalarmi sei anni così speciali. Ricordo che per non so quale motivo entrai nella cabina facendo finta di trasformarmi in superman. Una cosa sciocca, quasi infantile, ma lei non smise di riderci su per ore.

    Supero il giardino senza troppi indugi e prendo posto nel secondo locale. Arredato nello stesso stile del primo, è visibilmente più grande e spazioso, ma, nei martedì di metà Gennaio come questo( ma anche in tutti i giorni che non siano sabato, domenica od estivi ) decisamente più freddo.

    Non c'è nessuno tranne me e sembra che qui i riscaldamenti siano accesi da poco, ma non mi importa. Mi stringo nella giacca da moto. Resto solo il tempo di bermi la mia birra e di vedere arrivare Lucia.

    Quando lei arriva la televisione, posta ad una angolo del locale, è sintonizzata su MTV e trasmette un video di Shakira, ma dagli altoparlanti esce a volume sostenuto una canzone di Freddie Mercuri ( Mr bad guy, credo ). Poggio la mia 33cl per metà vuota sul robusto tavolo pieno di incisioni ( per la maggior parte dediche... forse ne lascerò una anch'io ) e mi avvio ad aiutarla. La porta non è scorrevole, una parte del pavimento è rialzato e la fa strusciare rendendo difficoltoso aprirla, ma quando arrivo, di scatto, si sblocca sciogliendo ogni resistenza. Lucia si ritrova in un istante catapultata all'interno, mentre con gambe e braccia è ancora intenta a spingere, e mi travolge. Oscillo pericolosamente all'indietro attutendo la spinta, ma riesco a rimanere in piedi evitando ad entrambi di ritrovarci a terra come sacchi di patate.

    << Servirebbe un po’ d'olio >> fa lei mentre si riassesta riprendendo il precario equilibrio sui suoi tacchi.

    << Lo faremo presente >> le sorrido << ma bisogna ammettere che è un bel modo di provarci con me, signorina. La mia fidanzata è gelosa lo sa? >>. Forse il sarcasmo non è il migliore dei complimenti, ma non trovo altro modo per farle capire quanto stasera sembra diversa. Magnifica e diversa. << Che fine hai fatto fare ai tuoi vestiti da maschiaccio? >>

    << Perchè? >> mi chiede lei << così non ti piaccio? >> e mettendosi in posa fa mostra di un completo composto da un monospalla a righe nere e rosa carne che mi da quasi l'illusione che lei sia nuda, coperta solo da quelle strisce nere luccicanti di brillantini e dalla farfalla/spilla nera che ha appoggiata sull'unica spalla coperta( quella destra ). La mini gonna fa pandan con l'abito tanto da sembrare il suo termine e segna il confine tra il coperto e lo scoperto dando risalto alle gambe praticamente nude, avvolte in un paio di semplici calze nere trasparenti. Le punte degli stivali in pelle strusciano, insieme ai bassi tacchi, sul pavimento mentre lei azzarda a ruotare per farmi cadere l'occhio su ogni dettaglio e su ogni curva messa in luce dall'insieme della composizione.

    Non posso sottrarmi dal guardarla. Non mi riesce di far finta che non stia bene in abiti più... femminili e che la vedo più sexy ed elegante che mai. Non mi trattengo dal sussurrare un << uaoh! >> stupito. Lei lo sente e sembra soddisfatta.

    Mi ridò un contegno quando mi chiede di nuovo un parere, abbozzo un sorriso << devo proprio ritrattare la mia domanda... sorella gemella di Lucia, che fine hai fatto fare alla mia ragazza? >>

    Lucia fa finta di accigliarsi, mi sferra un leggero pugno su una spalla ( in cui sento comunque tutti i suoi cinque anni di box ) << se vuoi sfottere ed essere credibile, prima asciugati la saliva. Sembri un cane in calore >> e ridacchiando si dirige all'unico tavolo su cui è poggiata una birra. Ancheggia vistosamente sapendo del mio sguardo posato su di lei e sulle sue curve, come a sottolineare il suo commento.

    La seguo con un breve scatto per raggiungerla << Ora che abbiamo finito la nostra schermaglia quotidiana... ti sei fatta male prima? >>.

    Senza preavviso si gira di scatto verso di me, mi abbraccia e mi stampa un bacio in bocca. Sento il sapore del suo rossetto, il tintinnio dei suoi orecchini di perle ( non sapevo neanche ne avesse un paio ), l'odore di frutti di bosco che emanano i suoi lunghi capelli castani legati in una coda. Rimaniamo così, a baciarci, per quello che mi sembra un'ora. Un'ora condensata in un breve minuto di vita vera.

    Quando ci stacchiamo lei mi guarda con fare sornione << Ora è tutto a posto >>.

    È tutto il giorno che non la vedo. Ognuno ha i suoi impegni. Lei lavora come meccanico nell'officina di suo zio. È specializzata nelle moto e ne ha in garage almeno un paio( in effetti le due ruote sono uno dei nostri punti in comune ). Entrambi abbiamo famiglie alle spalle che possono coprire ogni nostra spesa senza problemi, ma lei si vuole rendere indipendente il prima possibile. Io non ho tutta questa fretta. Preferisco sfruttare i soldi di famiglia per laurearmi... e divertirmi.

    Le chiedo se vuole qualcosa. Mi risponde che le basta un aperitivo con qualche snack da stuzzicare. Deve mantenersi leggera per la serata, la nostra serata, che ha voluto organizzare chiedendomi di non intromettermi e di non fare domande. È una settimana che mi tiene sulle spine.

    << Hai deciso di dirmi qualcosa su ciò che faremo stasera o pensi di scarrozzarmi in giro bendato? >>

    << Verrai bendato >> mi risponde << ma non di certo per farti scarrozzare in giro >> con tono malizioso. << Sei sceso con la moto? >>

    << Dovevo venire con la macchina? >> chiedo sempre più incuriosito.

    << No, hai fatto bene. Non mi sarei sentita sicura a lasciare la mia Cristine incustodita >>.

    Cristine, la sua moto preferita, è una YZF R-6 blu e bianca a cui lei, dopo la prima corsa sulla sua sella, ha deciso di darle il nome della più veloce cavalla che aveva visto in un ranch, durante un viaggio in Texas. Una volta mi ha raccontato che il padrone di quella fattoria le aveva permesso di cavalcare la cavalla. Lei riuscì a rimanere sulla sella per poco più di cinque minuti mentre Cristine sfrecciava per la prateria recintata. Mi ha confessato che non ha mai provato un dolore simile a quello di quel giorno, quando cadde mentre era in corsa, ma non lo ha mai detto ai suoi. Quando sua madre, preoccupatissima, le si era affiancata in lacrime, lei ( così mi ha detto ) aveva sfoggiato uno dei suoi migliori sorrisi. Il resto di quel giorno lo trascorse in ospedale, per accertamenti. Aveva 12 anni e da quel momento si innamorò dei cavalli e della velocità. Ma andare in giro per la città in sella ad uno di quegli splendidi animali e farli correre a briglia sciolta non è facile( nè quasi mai possibile ), quindi decise di passare dagli equini alle moto ( con la collaborazione e la felicità di suo zio ). << Ed è stata la scelta migliore che potessi fare >> mi ha detto un giorno << sono più veloci e decisamente più personalizzabili >>.

    << Allora...dove si va? >> tento di insistere.

    << Lo saprai a tempo debito. A te basta sapere che mi devi stare dietro e che sarai occupato fino a dopodomani mattina >>.

    << Per questo non c'è problema. Ho tutto il tempo del mondo e poi... lo sai... adoro starti dietro >> faccio un mezzo sorriso malizioso accentuando ogni sfumatura dell'ultima parola.

    << Maiale >> mi risponde secca ridendo.

    << Ma ti piaccio così... >>.

    << Adoro il maiale >>.

    Ci scambiamo il secondo bacio della serata, poi vado ad ordinarle l'aperitivo. Un crodino all'arancia con qualche ciotola di patatine, noccioline e stuzzichini vari, come al solito.

    Passiamo giusto quindici minuti ancora dentro il pub. Lei beve il suo analcolico, io finisco la mia birra approfittando di tanto in tanto delle noccioline e delle patatine. Pago il tutto ed usciamo.

    Per un attimo rimpiango il fresco del pub quando mi scontro con il vento gelido dell'esterno. Tiro su la zip del giubbotto e mi lascio riscaldare dalla sua imbottitura. << Ma come diavolo fai? >>.

    << Cosa? >> mi risponde Lucia incurante del freddo.

    Le guardo le gambe che sembrano così scoperte ed esposte al vento da farmi rabbrividire << Non hai freddo con le calze? >>.

    Lei sembra ricordarsi di come è vestita, abbassa lo sguardo sulle calze, poi ritorna su di me << Non ci credevo neanch'io ma sono più calde di quanto sembri... anche se comunque un paio di jeans mi avrebbero scaldata di più. Non sembra ma ho la pelle d'oca >>.

    << Per me sei masochista... >> aggiungo con una lieve sfumatura di sorpresa.

    Lei mi fa la linguaccia << sei tu che sei deboluccio... >> e ci dirigiamo a passo rapido verso la piazza del comune.

    2

    La piazza non è molto distante. Già dal vicolo la si vede senza problemi e non ci mettiamo più di due minuti a raggiungerla. Non ricordo esattamente come si chiami, ma basta dire la piazza del comune o al comune per intendersi fra gli amici. Nonostante sia virtualmente al centro della città, non è uno dei punti più affollati dalle persone( salvo quando c'è un concerto ). È di passaggio. Da qui si accede alla parte più antica della città ( meta turistica per eccellenza, sopratutto per chi vuole avere ampia scelta di locali in cui sbronzarsi a suon di cocktail ), al porto ed alla passeggiata ( zona decisamente più ambita dalle coppiette e per i gruppi di amici che non hanno niente di meglio da fare ).

    Cristine è parcheggiata affianco al monumento ai caduti, una statua in bronzo( credo ) posta al centro della piazza. La mia F4 nera è davanti al comune, appoggiata un attimo sui posti privati della giunta comunale. Nessuna multa, fortunatamente.

    I parcheggi sono pieni e di tanto in tanto continuano ad arrivare nuove macchine in cerca di posto. Accendo il motore e mi affianco a Lucia facendo lo slalom tra gli avvoltoi con le ruote e quelli che, per far prima, hanno deciso di fermarsi in doppia fila. Lei si sta ancora preparando a partire. Apre il cofanetto porta oggetti, installato dietro il sedile, e con disinvoltura tira fuori un giubbotto simile al mio e se lo infila.

    << Per un momento ho pensato che ti eri portata dietro tutta la tuta >>.

    << Ci avevo pensato... >> fa lei mentre monta sulla moto << ... ma poi questo stupido vestito mi ha tolto più tempo di quello che pensavo e me ne sono scordata >>.

    << Immagino la faccia di tua madre quando ti ha visto frugare tra i suoi vestiti e non tra quelli di tuo padre >>.

    Mi guarda quasi spazientita e sbuffa << non avevamo detto basta alle battute? >> poi si infila il casco e chiude la visiera. Cristine si fa sentire. Il suo verso è potente, sembra quasi voglia mettersi al centro dell'attenzione. Lucia tira l'acceleratore più volte facendo cantare la sua moto. Con la mia diventa un duetto. Poi partiamo.

    Ci mettiamo cinque minuti al massimo ad uscire dall'area urbana. I motori sono al minimo, ma dall'espressione di alcuni passanti sembra sia sufficiente a farci andare fin troppo veloci. Arrivati alla zona di campagna perdiamo ogni freno.

    Le strade sono deserte se non per qualche rara macchina che ogni tanto spunta, quasi come se si sentisse in obbligo di esserci. Intorno a noi i palazzi sono scomparsi. I dintorni si riempono di boschi e di ville dalle diverse dimensione e fogge. I lampioni si fanno più radi e spesso solo i nostri fari ci fanno luce. Poi le ville scompaiono e solo gli alberi ci fanno da contorno. Rimangono i pini e l'asfalto della strada.

    Lucia è davanti a me e mi distacca di qualche metro. La sua moto è in costante accelerazione e lentamente il motore fa sentire la forza di tutti i suoi cavalli. Io le sto dietro mantenendo la breve distanza che ci separa. Non guardo neanche a quanto stiamo andando, non mi interessa. Il mondo mi sfreccia intorno e le uniche costanti che ho sono lei, la sua moto ed il cielo.

    I miei fari illuminano in parte la strada, divenuta un nastro grigio sotto di me, in parte Lucia quasi a volerle mettere in evidenza quella sua gonna che ora si gonfia col vento sollevandosi leggermente. Conoscendola, immagino lo avesse previsto. Non è la prima volta che lo fa. Vuole farsi desiderare( altro che si è dimenticata ).

    Distolgo gli occhi da lei e mi concentro sulla strada e su dove va la sua moto. Il rombo dei motori copre ogni suono e per la prima volta da quando è arrivata la sera, mi accorgo che oggi non c'è la luna. Forse è coperta dalle nuvole, forse è giorno di luna nuova, non lo so. È solo una delle cose in comune che questa sera ha con quella di sei anni fa, nel giorno del nostro incontro. Niente stelle, niente luna, tutto nero.

    3

    Non so per quanto tempo abbiamo corso, per quanto il mondo si è sciolto di fronte ai nostri occhi. Mi è sembrato poco e questo mi basta. Lucia ha semplicemente iniziato, lentamente, a rallentare. Ed io con lei.

    Il mondo ha ripreso poco a poco la sua forma, il paesaggio si è fatto più solido, il vento più debole, i suoni più lievi. Una fitta pineta il cui tetto di fronde supera la nostra altezza di molte volte, nessun lampione in vista per parecchi metri, sotto le ruote non più asfalto, ma una stretta strada di terra battuta. Lucia rallenta di nuovo,va a passo d'uomo. Cristine sembra ammutolirsi come se fosse offesa, forse vorrebbe continuare a correre. Lei svolta a sinistra e per un attimo scompare, nascosta dietro un muro di alberi troppo in ordine per essere nati spontaneamente. Svolto anch'io ed un corridoio di tronchi ed arbusti guida il mio occhio fino a quello che, per un attimo, mi sembra

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