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Fated: Edizione italiana
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E-book319 pagine4 ore

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Info su questo ebook

Quando deve affrontare il male che sta minacciando Apollo Beach, Katrina Summer scende finalmente a patti con la sua natura incantata.
Durante la disperata ricerca del suo braccialetto, Katrina viene trascinata in un nuovo mondo di incanti mitologici che la vedrà in prima linea per sconfiggere un pericolo incombente. Mentre scopre nuove informazioni sulla sua stirpe e incontra discendenti di altre specie incantate, Katrina porta alla luce un inquietante segreto della famiglia Summer.
In quel caos, è determinata a mantenere una parvenza di normalità a tutti i costi. Accetta un lavoro all’Island Grille dove il barista dannatamente affascinante, Johnny Pierce, le renderà la vita ancora più difficile. Katrina cerca di destreggiarsi tra la sua innegabile e perpetua attrazione per Alec, i segreti che gli deve celare e un tradimento che non si sarebbe mai aspettata.
Morti misteriose, segni di inquinamento nella baia, la scoperta del vero amore e l’oscura storia che alimenta il movente del suo nemico sono gli elementi che danno vita a un’avventura del tutto nuova e spaventosa in cui Katrina scoprirà che essere un’Incantatrice comporta delle responsabilità per cui potrebbe valere la pena di uccidere.
LinguaItaliano
Data di uscita20 gen 2023
ISBN9791220704960
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    Anteprima del libro

    Fated - K.K. Allen

    1

    La brezza della baia fa svolazzare i miei capelli castani che ho raccolto in una coda e le ciocche mi colpiscono le guance. Stringo la presa sul manubrio della bicicletta e appoggio saldamente un piede a terra. Una macchina sta uscendo dal ponte a una corsia che porta all’Isola dei Summer e io sorrido al conducente, mentre svolta sulla strada principale.

    C’è qualcosa di mistico nell’edera che si arrampica sui muri del cancello e negli alti alberi ricoperti di kudzu davanti all’ingresso. Mistico. Questa singola parola sembra descrivere alla perfezione la mia vita che, da quando sono arrivata ad Apollo Beach, è cambiata completamente. Chi avrebbe mai detto che la ragazzina che si metteva sempre nei guai ovunque andasse non era maledetta, ma al contrario, Incantata?

    Un uomo in divisa esce dalla guardiola e mi saluta: «Buongiorno, Kat.»

    «Ehi, Herkle.» Dopo essere andata sull’isola un po’ di volte, adesso lo riconosco subito. «Che piacere rivederla.»

    Herkle, Herkie e Herk sono tutti diminutivi di Hercules, di cui è diretto discendente. Ho fatto due più due e Charlotte me l’ha confermato una sera della scorsa settimana, a cena. È uno di noi, un Incantatore, un discendente degli dei dell’antica Grecia. Trovo ancora assurdo pensare che sia tutto vero e che questa sia la mia nuova vita.

    «Ho sentito che hai ricevuto l’Incanto.» Il suo sorriso allegro e contagioso mi porta a sorridere a mia volta. «È stato a dir poco illuminante.»

    Lui sogghigna. «Ci siamo passati tutti. Stasera verrai all’evento degli Incantatori?»

    Gli lancio uno sguardo d’intesa. «Scherza? Charlotte mi sta addirittura preparando un vestito per l’occasione. Ci sarò.»

    Il traffico defluisce e io saluto Herkle con la mano. Mi do una spinta contro il marciapiede per ricominciare a pedalare e mi avvio lungo il tortuoso viale alberato. Mi sono trasferita qui da quasi due mesi e adesso, sono di nuovo alla ricerca di un lavoro. Dopo la prova fallimentare come cameriera all’Island Grille, ho deciso di tentare la fortuna e chiedere una seconda possibilità. Non è che io abbia i requisiti per molti altri lavori. Certo, potrei provare alla Biblioteca di Apollo Beach, ma dopo aver passato due intere settimane chiusa nella Residenza dei Summer a non fare altro che leggere il libro della legge del Solstizio, vorrei puntare a qualcosa di – oserei dire – divertente.

    Pedalo più veloce per compiere l’ultima curva che porta a quel quartiere pittoresco che ricorda le rovine e i monumenti dell’antica Grecia. Sono quasi arrivata, quando uno scoiattolo sbuca dai cespugli lanciandosi in mezzo alla strada proprio mentre un furgoncino bianco arriva a tutta velocità da dietro l’angolo.

    «No,» sussulto. Giro rapidamente il manubrio, mi scaglio contro il furgone e poi getto un piede a terra per fermarmi del tutto.

    Il furgone cerca di frenare, facendo stridere gli pneumatici, ma va ancora troppo veloce. Il mio battito accelera nelle vene, mentre penso a che cosa fare. Quando la incanalo con le mani, ci metto meno a usare la mia nuova magia, ma Charlotte mi sta insegnando come utilizzarla senza dare troppo nell’occhio. Questo mi sembra proprio il momento giusto per provarci.

    Chiudo gli occhi e stringo il manubrio della bicicletta, prima di dirigere verso il furgone tutta l’energia che riesco a raccogliere. Sento quell’esplosione di luce irradiarsi da ogni singolo poro della mia pelle. Dopo, un forte rumore di metallo come se il furgone si fosse schiantato contro un muro. Apro gli occhi e vedo lo scoiattolo scappare dentro un cespuglio dall’altra parte della strada.

    Tiro un sospiro di sollievo e mi volto verso il furgoncino. La griglia anteriore è piegata al centro e dal cofano esce del fumo. Cazzo. Sgrano gli occhi e stacco le mani dal manubrio, lasciando cadere la bicicletta sull’asfalto.

    La portiera del guidatore si spalanca ed esce Johnny Pierce con il suo solito sguardo gelido. Sbatte la portiera alle sue spalle e mi fissa con quei suoi minacciosi occhi azzurri. «Non ci credo. Che cazzo di problema hai, Kat?»

    Quando pronuncia il mio nome, sono colta da un brivido inaspettato. Dopo il nostro ultimo incontro, la scorsa settimana, non ero sicura che avremmo ancora avuto una conversazione. Era molto distaccato, molto arrabbiato. E adesso, mi fa ricordare il vero motivo per cui dovrei cercare un altro lavoro. Non dovrebbe essere difficile trovarlo, però c’è qualcosa nell’Island Grille che mi attira come una calamita. O forse, voglio solo dimostrare a Johnny che non può trattarmi così.

    «Terra chiama Kat. Ti ho chiesto perché ti sei buttata davanti a me come una pazza del cazzo.»

    Prendo un respiro profondo e d’istinto afferro la gemma che porto al collo. Dovrebbe calmarmi, ma quando si tratta di Johnny, penso che niente sia in grado di riuscirci. «Stavi andando troppo veloce. Non hai visto lo scoiattolo? Lo avresti sicuramente ucciso.»

    Johnny contrae la mascella. «No, non l’ho visto perché ero troppo impegnato a non investire te. La tua nonnina non ti ha detto di fare attenzione e non gettarti in mezzo alla strada? Qui c’è una sola corsia, dovresti stare più attenta.»

    Scoppio a ridere. «So badare a me stessa, ma grazie per il consiglio. E non chiamarla nonnina, sembri solo un idiota spocchioso. Il suo nome è Rose.»

    «La prossima volta fa’ attenzione,» dice lui, brontolando. «Non voglio avere sulla coscienza una bambina solo perché non sa leggere dei banali segnali stradali.»

    «Ho diciotto anni.»

    «Appunto, sei ancora piccola.»

    Lo guardo, cercando di ricordarmi quanti anni mi ha detto di avere. Sono sicura che abbia detto ventidue. «Non sei tanto più grande di me.» Se non fosse per la barba che gli ricopre guance e mento, penserei che abbiamo la stessa età.

    Scuoto la testa, divertita e mi chino per riprendere la bicicletta, ma quando la sua mano sfiora la mia, mi pietrifico. Sento l’energia scorrere dentro di me, le sue vibrazioni si diffondono nel mio corpo ed è come se mi portassero sopra le nuvole. È una strana sensazione da provare per qualcuno che vorrei detestare. Johnny afferra la barra centrale della bici e la solleva, come se non fosse affatto pesante e la rimette in strada.

    «Te la senti di pedalare?»

    Questa domanda mi spiazza un po’. Sembra quasi che gli importi, anche se la sua reazione è arrivata in ritardo. «Sto bene, ma perché, all’improvviso, fingi che ti interessi?»

    Lui scuote la testa. «Credimi, non è così. Cerco solo di evitare una denuncia.» Dopodiché, continuando a guardarmi, indica il furgone. «Mi basta già dover dire al capo che non ho più un furgone per il catering, finché non ripariamo questo.»

    Inclino la testa di lato e lo indico a mia volta. «Perché? Sembra a posto.»

    Confuso, Johnny fa una smorfia. «Eh? No, è…» Si interrompe mentre si volta e vede il cofano del furgone senza più un graffio. Si gira di nuovo verso di me. «Avrei giurato che…»

    Lo fisso con grandi occhi innocenti. Potrei averlo riparato mentre non stava guardando. «Che cosa avresti giurato?»

    Johnny scuote la testa e fa un passo indietro. «Niente. È tutto a posto.» Torna al furgone e gli gira intorno. «Sei sicura di non volere un passaggio da qualche parte? Non chiedo per cortesia, è solo che ho un po’ di tempo prima del prossimo impegno.»

    Mi batte forte il cuore. Siamo già a due risposte che si potrebbero definire quasi gentili nello stesso giorno. «No, io…» Sto per dirgli che stavo andando all’Island Grille per pregare Roy di darmi un’altra possibilità, ma cambio idea. Se glielo dicessi, i suoi modi da idiota impulsivo troverebbero il modo di frenarmi. «Sto andando in biblioteca.»

    Con una smorfia, mi fa capire che mi ritiene più strana di quanto pensasse inizialmente, poi apre la portiera, salta dentro il furgone e mette in moto. Quando lo sento partire, sto già pedalando.

    Con tutta la mia forza, pedalo il più velocemente possibile perché ho un disperato bisogno di liberare tutta l’energia repressa che l’incontro con Johnny Pierce sembra aver generato. Quel ragazzo è davvero impossibile, ma non mi lascerò sopraffare da lui come ho fatto in passato.

    Mentre mi allontano dal sentiero tortuoso e imbocco la strada principale che costeggia l’isola, osservo gli edifici d’ispirazione greca che si estendono sulla sua superficie. Questo quartiere ha tutto ciò che si può desiderare ed ecco perché, in giornate estive come oggi, gli abitanti di Apollo Beach si ritrovano qui.

    Al centro dell’isola c’è un’area ricreativa, con una pista di atletica, campi da basket, da calcio e da baseball. Un’enorme cascata si getta in un piccolo fiume che si snoda intorno a un’ansa nascosta per poi riversarsi in una grande piscina che affaccia sul mare.

    Quando vedo il bagnino della piscina principale, resto a bocca aperta. È nella sua postazione rialzata sull’acqua. Indossa un costume a pantaloncino arancione e ha un fischietto appeso al collo.

    Alec. Quando capisco che è lui, sono tentata di fare marcia indietro. Mentre gira la testa, i suoi capelli ramati risplendono al sole. Il torace muscoloso si muove sinuosamente, catturando i raggi solari. Anche nascosto dagli occhiali da sole, lo riconoscerei da chilometri di distanza.

    Solo al pensiero di com’è finita l’ultima volta che ci siamo visti, mi viene un nodo alla gola. È passata una settimana dalla tragica sera in cui per poco io e Iris non siamo morte. Ogni giorno mi tornano in mente le fiamme del falò e ogni notte, prima di addormentarmi, il ricordo del mio quasi annegamento mi perseguita. Per fortuna non ho più avuto incubi. Lo smeraldo mi protegge dai brutti sogni che ero solita fare prima di ricevere l’Incanto.

    Per tutta la settimana, evitare Alec è stato davvero difficile, ma non avrei potuto affrontarlo prima di essere riuscita a gestire tutte le informazioni che ho scoperto quella sera. Dovevo concentrarmi sulle mie nuove responsabilità da Solstizio. Non gli farei mai del male volontariamente, ma dopo aver visto con i miei occhi quello che sono in grado di fare – e non fare – con i miei poteri, mi spaventa di più ciò che non posso controllare: Erebo e i suoi Seguaci dell’Equinozio. Non potevo rischiare di mettere in pericolo nessun altro, quindi ho inventato scuse su scuse per non vederlo, finché Alec non ha smesso di chiamarmi.

    Mi sento pervasa dal senso di colpa, ma cerco di scrollarmelo di dosso e riprendo a pedalare verso la mia meta. Parcheggio di fronte all’Island Grille e salgo gli scalini due alla volta. Trisha è davanti all’ingresso, china su una lavagna intenta a scrivere qualcosa, ma credo che mi abbia sentita arrivare perché solleva la testa.

    Quando mi vede, i suoi occhi si illuminano. «Kat, ciao. Dove sei stata? Alec ha detto di aver provato a chiamarti.»

    Felice di rivederla, le sorrido. «Dopo quello che è successo, avevo bisogno di stare un po’ da sola, ma adesso, sono qui.» Porto le mani sui fianchi, assumendo una posa buffa.

    «Beh, tempismo perfetto, perché domani ci vedremo tutti per il compleanno di Alec.»

    Sento una morsa allo stomaco. «Domani è il suo compleanno?» Non ne avevo idea.

    «Sì, ma dopo l’incidente del falò, non è in vena di grandi festeggiamenti. Non sappiamo ancora cosa faremo, però sei invitata anche tu e non puoi rifiutare. Ce lo devi per essere sparita in quel modo.»

    Rido, un po’ imbarazzata. «Probabilmente hai ragione, Trisha, però non lo so. Chi altro ci sarà?»

    «Io, Alec, Brett e…» Il suo sguardo diventa più serio, facendomi agitare ancora di più. «Ava, ma dopo quello che è successo a Iris, è un po’ meno… Ava.»

    Scuoto la testa ridendo. «Ti farò sapere, allora.»

    Trisha sospira in segno di resa poi inclina la testa di lato. «Che cosa ci fai qui? Vuoi fare colazione?»

    Mi guardo intorno in cerca del proprietario. «Speravo di parlare con Roy per vedere se può darmi un’altra possibilità. Non credo che sull’isola ci sia un altro lavoro che mi interessi.»

    «Oh,» dice lei, facendo spallucce, «in questo caso, è facile. Roy mi ha incaricata di assumere il personale per l’estate, perché lui sarà molto impegnato e Johnny sa essere davvero antipatico. In più, Roy non vuole occuparsene. Quindi…» Sorride, porgendomi la mano. «Benvenuta nella squadra. Inizi tra due giorni.»

    Le stringo la mano, mentre un dolce sorriso compare sul mio viso. «Ammetto che mi terrorizzava l’idea di chiedervi una seconda opportunità. Se non avesse funzionato, avrei provato al porto.»

    Trisha scuote la testa con decisione. «Non pensare nemmeno di lavorare in quell’inquietante porto. È molto carino di giorno, ma starei alla larga da quel posto di sera. Ti troverai bene, qui. E non è di Roy che devi avere paura.»

    Faccio una smorfia, perché so già ciò che sta per dire e pronuncio con lei quelle due parole: «Di Johnny.»

    2

    Quando torno a casa, trovo Charlotte in camera mia, anzi, nella mia cabina armadio, per essere più precisi. È intenta a esaminare i miei vestiti a uno a uno.

    «Non sto curiosando,» dice lei prima di voltarsi con un grande sorriso incollato al viso.

    Mi siedo sul pouf al centro della cabina armadio grande quanto una camera da letto. Non l’ho ancora riempita e, viste le dimensioni, spero di non farlo mai. «E allora che cosa stai facendo? Non dirmi che Rose ti ha chiesto di portarmi di nuovo a fare shopping.»

    Mia nonna è estremamente generosa, tanto che mi fa sentire tremendamente a disagio, ma dubito che questa sensazione se ne andrà in fretta.

    Gli occhi di Charlotte si illuminano. «No, sciocchina. Voglio che il vestito che ti ho cucito ti faccia sentire ancora te stessa

    «Perché non posso semplicemente mettere qualcosa che ho già?» Charlotte deve aver trovato molto divertente l’ingenuità della mia risposta perché scoppia a ridere.

    «Vieni con me e lo capirai.» Prende l’abito verde smeraldo che ho indossato al mio Incanto, un foulard di chiffon con pois argentati, un paio di zeppe ed esce dalla cabina armadio.

    La seguo lungo il corridoio che porta all’altra ala della casa fino al suo laboratorio, in cui non ero mai entrata prima d’ora. Con stupore i miei occhi osservano ogni cosa. Sembra proprio che Charlotte adori confezionare abiti: rulli di stoffe di ogni colore e dimensione appesi al muro, contenitori trasparenti colmi di aghi e spilli, scatole con etichette scritte con i gessetti come forbici, bottoni, riviste e penne, schizzi realizzati su scampoli di stoffa che ricoprono le pareti. Charlotte ha davvero talento.

    Si avvicina al manichino al fondo della stanza e io la osservo affascinata, mentre gli appoggia la verde seta del mio vestito sulla testa, prima di voltarsi verso di me per esaminarmi. «Devo prenderti le misure.» Tamburella un dito sulle labbra un paio di volte, concentratissima. «Gira.» Fa un gesto circolare con le mani.

    Senza esitare, faccio ciò che mi ha chiesto.

    «Bene.» Sorride e torna a osservare il vestito che comincia a trasformarsi non appena lei agita una mano in aria.

    È come se stessi guardando una fantastica sinfonia prendere vita davanti a me, con Charlotte nei panni del direttore e la stoffa in quelli dell’orchestra. La seta verde si stringe sulla vita del manichino e un colpo di forbici volanti taglia il corpetto a forma di cuore. Un altro scampolo di chiffon si va a posizionare dolcemente sul tessuto e un’altra sforbiciata crea delle perfette arricciature verticali ogni due centimetri, dalla vita fino al fondo. L’abito non è ancora finito, ma è già stupendo.

    Osservo l’espressione sul viso di Charlotte, mentre la sua magia aumenta meravigliosamente con un’energia che ho il privilegio di vedere. La magia la rende davvero bellissima; è radiosa, mentre taglia il foulard in lunghe strisce che poi si vanno ad attaccare alla vita dell’abito creando un motivo diagonale. Infine, aggiunge dei decori brillanti.

    Poi, con un fluido movimento della mano, il vestito si solleva dal manichino e arriva tra le mie braccia. Charlotte mi guarda con grandi occhi pieni di speranza, mentre indica il suo capolavoro. «Ti piace?»

    All’inizio sono praticamente senza parole, ma riesco ad annuire. Mi sorprende ancora ciò che la nostra magia è in grado di fare, ma vedere qualcuno usare i propri poteri così liberamente è confortante. È una fonte di ispirazione.

    «Questo è l’abito più bello che io abbia mai visto.» La guardo. «Sei sicura che non sia troppo elegante per stasera?»

    «Per l’evento degli Incantatori e dei loro amici?» Fa un passo indietro, come se le avessi fatto una domanda sconvolgente. «Oh, no. Tutti saranno vestiti in modo impeccabile.»

    Adesso, sono curiosa. «Che tipo di evento è precisamente? Che cosa dovrei aspettarmi?»

    Il sorriso e gli occhi sono così brillanti da rivelare tutto il suo entusiasmo. «Beh,» inizia lei con cautela, come fa spesso per evitare di dare informazioni errate. «Una volta al mese la nostra comunità si riunisce, ma ogni tanto, invitiamo anche altri…»

    Charlotte si interrompe, non appena si accorge che Rose sta salendo le scale. Riesco a sentire il suo profumo alla lavanda ancora prima che entri nella stanza. È già pronta, con un abito blu di paillettes.

    «Oltre ai discendenti Incantati della nostra comunità, saranno presenti anche quelli di alcune comunità vicine,» dice mia nonna. «Purtroppo questo evento non sarà gioviale come al solito. Dopo la disastrosa festa del Quattro Luglio, tutti vogliono sapere di più sugli Equinozi e conoscere la minaccia che incombe sulla nostra città. I nostri amici ci vogliono aiutare.»

    Per quanto sia carino che ci vogliano dare una mano, sentendo nominare gli Equinozi, mi irrigidisco. «I nostri amici?»

    Rose osserva Charlotte e poi di nuovo me. «I Seguaci, ovviamente e gli altri discendenti.»

    So chi sono i Seguaci, lei e Charlotte mi hanno spiegato che si tratta di Normali che conoscono il nostro segreto, ma non posseggono poteri magici. La Legge dell’Incanto li obbliga a mantenere il riserbo assoluto, proprio come noi. Invece, non so a chi altro si stia riferendo. Mia nonna agita una mano in aria, come se non fosse importante. «Li conoscerai stasera.»

    Mentre il disagio si fa largo dentro di me, mi sfugge una risatina imbarazzata. Ho capito il motivo per cui Rose è stata cauta nel parlarmi della nostra magia, ma ormai sono stanca dei segreti. Dopo ciò che è successo alla festa di Alec, sono ancora infastidita dal fatto che mia nonna non mi avesse dato maggiori informazioni su Erebo e l’armata dell’Equinozio. «Sai, non ci dev’essere sempre una grande rivelazione per ogni segreto che custodisci. Puoi parlarmene, prepararmi e lasciare che vi aiuti.»

    Rose emette un lento respiro. «Sto facendo del mio meglio, Katrina,» dice con tono severo. «Non posso prepararti a tutto in una volta sola. Incontrerai tutti stasera e riceverai le informazioni, proprio come chiunque altro.»

    Dopodiché, si volta e mentre esce dalla stanza, mi torna in mente una cosa che mi aveva detto Charlotte appena arrivate alla Residenza dei Summer, così mi giro verso di lei. «Sbaglio o Rose ha usato le scale?»

    «Solo perché non mi piace farle, non significa che non posso usare le scale,» urla mia nonna da lontano.

    Divento rossa per l’imbarazzo. A volte dimentico di non essere l’unica a possedere dei sensi amplificati. Charlotte mi guarda con occhi rassicuranti e mi riaccompagna in camera mia.

    Questa sarà una lunga serata.

    3

    Charlotte ci porta in macchina all’evento degli Incantatori e degli amici. A giudicare dal nome e dai nostri abiti formali, mi aspetto quasi di andare a un gran ballo, cosa che in realtà non dovrebbe sorprendermi. Dopo aver visto ciò che hanno preparato lei e Rose per il mio diciottesimo compleanno, ho imparato a non sottovalutarle.

    Percorriamo la strada principale dell’Isola dei Summer poi svoltiamo in una strada che non conosco. Assomiglia alla lunga entrata tortuosa che porta all’isola, ma sul cartello stradale c’è scritto Vicolo Gaia. La Scuola di Gaia. Dev’essere in questa via, ma io non ho ancora mai visto il college che frequenterò il prossimo autunno. La mia ipotesi viene confermata quando, dopo circa due chilometri, tra le querce ricoperte di muschio appare una splendida struttura simile a un castello. Alte mura circondano la proprietà, dell’erba selvatica ne ricopre tutto il perimetro e dei belvedere arcuati lasciano intravedere solo il cielo blu alle sue spalle. Dietro il castello, sembra esserci un anfiteatro greco, con tribune cesellate da rocce e un palco circolare in terra battuta proprio al fondo della scalinata.

    Non appena scendiamo dalla macchina, Rose riceve una telefonata; lei si scusa dicendoci che ci raggiungerà quando avrà finito. Mentre io e Charlotte ci avviamo lungo il sentiero, riesco a sentirla mormorare a bassa voce.

    «Non è un buon momento.» Riconosco il tono conciso che riserva ai suoi cari, dato che lo ha usato con me e Charlotte così tante volte che ho perso il conto. «Sì, beh, sei tu che dovresti essere qui a condurre la riunione, non io. Dove sei?»

    Charlotte mi fa avanzare a forza e devo saltare per evitare il marciapiede. «Andiamo,» mi dice, quasi avesse fretta e non posso fare a meno di chiedermi se sappia con chi stia parlando Rose.

    Arriviamo davanti a uno spesso muro in pietra ricoperto di edera e, attraverso l’entrata ad arco, vedo un bellissimo giardino addobbato con decorazioni tropicali, statue greche e una fontana. Inizialmente, mi domando come mai Charlotte mi abbia portata in un giardino vuoto, poi la scena davanti a me si trasforma in qualcosa di diverso. Il paesaggio è lo stesso, ma adesso, c’è un mucchio di persone dai vestiti eleganti e sgargianti intente a fare conversazione.

    Resto a bocca aperta, mentre Charlotte ride per il mio stupore. «È un incantesimo di occultamento, Kat. Solo gli Invitati possono vedere ciò che succede ai nostri eventi. Serve a proteggerci, ovviamente. A tutti gli altri sembra che il giardino sia vuoto.»

    «Gli Invitati?» Anche se la parola si spiega da sola, sono curiosa di sentire la sua risposta.

    «La maggior parte delle persone presenti sono Incantatori, altri, invece, sono Seguaci. Quindi, in generale, diciamo gli Invitati.» Poi, mi dà un colpetto con il gomito. «Non è così complicato come sembra, ma comunque, è anche a questo che ti servirà frequentare la scuola.»

    Guardo di nuovo il castello e noto la scritta incisa sulla facciata. «Così è questa la Scuola di Gaia, eh?»

    Charlotte sorride. «Sì, ma non ti preoccupare, non è una scuola normale. Puoi andare e venire quando vuoi e non ci sono voti, solo attestati.» Si accorge della mia espressione perplessa. «Gli attestati sono come dei certificati che ti vengono rilasciati dopo aver imparato a padroneggiare i vari livelli del tuo potere.»

    «Ma non la frequentano anche i Normali, scusa?»

    «Oh, sì. Crediamo fermamente che i nostri mondi debbano essere connessi il più possibile e per introdurre la magia nel mondo reale, dobbiamo imparare a farlo avendo i Normali vicino a noi. Quindi andare a scuola con loro, con i Seguaci e con gli altri Incantatori, ci dà la perfetta occasione per farlo. È ovvio che alcuni dei tuoi corsi saranno diversi da quelli dei Normali, ma non tutti.» Mi prende sottobraccio. «Adesso andiamo, ne riparleremo più tardi.»

    Riusciamo a fare a malapena due passi, prima che un’esuberante Darla French si avvicini a noi, seguita dal marito, Darryl.

    «Katrina, che gioia rivederti!» Mi tira a sé per darmi un bacio sulla guancia.

    È molto cordiale, proprio come lo era stata al mio Incanto. L’ultima volta che li ho visti, Darla e Darryl avevano delle maschere, erano ricoperti di brillantini e indossavano quelli che credevo essere degli strani abiti. Questa volta, invece, sono molto più sofisticati: lei ha un lungo abito blu e una giacca di perline, che si abbinano perfettamente allo smoking del marito.

    Ricambio il suo sorriso, felice di vedere dei volti familiari tra la folla. «Salve, Darla.» Rido sommessamente. «Anche per me è un piacere rivederla.»

    In quel momento, un gruppetto di persone vicino alla fontana chiama Charlotte che si allontana da me.

    «Sono davvero contenta che tu possa finalmente partecipare ai nostri eventi,» dice Darla.

    Inclino timidamente la testa di lato. «Beh, conosce Rose. Pensava che non fossi ancora pronta per una riunione degli Incantatori.»

    Darla

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