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Seguendo la mia stella
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E-book479 pagine7 ore

Seguendo la mia stella

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Info su questo ebook

Tutto cambia un venerdì sera di agosto, quando in un bar affollato di Berlino incrocio due occhi verdi che sanno tanto di peccato. Lui è decisamente fuori dalla mia portata. Troppo attraente e sicuro di sé. Di certo quel tipo d’uomo che preferisce collezionare donne, invece che francobolli. Quella volta, però, decido di non scappare come faccio di solito. Gli concedo il pieno potere, ma solo per una notte.
Il giorno dopo, sparisco dalla sua vita, come se niente fosse stato.
Pensavo che sarebbe stato più facile. Avrei tanto voluto essere abbastanza forte da lasciarmi questo episodio alle spalle. Così sarei riuscita a non farmi più travolgere, quando Kiran riappare magicamente dal nulla. Questa volta, lui fa dannatamente sul serio, mentre io, senza neanche rendermene conto, inizio a giocare.
Al gioco Guardie e ladri.
LinguaItaliano
Data di uscita12 ago 2019
ISBN9788834159774
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    Anteprima del libro

    Seguendo la mia stella - Nina S. Patel

    Congreve

    Tara

    È da un’ora che mi sto preparando.

    Ho fatto la doccia strofinando per bene i miei capelli indomabili con l’aggiunta di una buona dose di balsamo. Ho spalmato per tutto il corpo una crema profumata allo zenzero. Poi ho indossato un vestitino celeste di seta accollato e lungo fino al ginocchio, che ho comprato qualche giorno fa in saldo.

    Ho sepolto il mio viso in una chioma voluminosa e ondeggiante grazie a una miracolosa piastra arricciacapelli con la quale, però, ho rischiato di procurarmi alle dita delle ustioni di primo grado. Mi sono truccata con cura mettendo un bel rossetto color ciliegia. Ho indossato dei sandaletti color sabbia e una borsa in coordinato. Ho concluso il restauro con il mio profumo di marca preferito.

    Mi guardo allo specchio un centinaio di volte. Temo che, se non la smetto in fretta, inizierà a parlare come lo specchio della regina di Biancaneve, mandandomi, però, al diavolo.

    Non so perché mi sto impegnando così tanto. Ho solo in programma di uscire con Vicky. E non con i reali d’Inghilterra!

    Alla fine, devo riconoscere di non essere per niente male. Anche un cieco si complimenterebbe con me per il mio ottimo aspetto. Così, afferro la mia borsa ed esco di casa.

    M’incammino per la metro. So che ci vorranno una trentina di minuti per arrivare al locale che Vicky ha scelto per questa serata tra amiche.

    Mentre sono seduta nel vagone poco affollato della metro, penso alla mia amicizia con lei e mi viene da sorridere. Ci siamo conosciute nello studentato in cui ho vissuto durante i miei studi. Quando non dovevo studiare o andare alle lezioni, passavo la maggior parte del tempo con lei. Spesso quando uscivamo insieme, ritornavo a casa da sola perché lei aveva rimorchiato qualche ragazzo e si era fermata a dormire da lui. Incredibile come riesca ad attaccare bottone con tanta facilità, a trovare nuovi amici ogni settimana e fare mille cose in una giornata senza mai essere stanca. Almeno questa è l’impressione che ho di lei.

    Siamo molto diverse io e lei, eppure ci completiamo.

    Nonostante la sua vita impegnata e le sue continue frequentazioni amorose, lei trova sempre un po’ di tempo per me. Ci confortiamo a vicenda nei momenti di difficoltà e lei è sempre l’unica persona disposta a tirarmi su di morale quando sono particolarmente depressa.

    Oggi, per esempio, è uno di quei giorni. Da domani, infatti, sono ufficialmente disoccupata.

    Vicky sapeva che non l’avrei presa particolarmente bene. Ecco perché ha tentato in tutti i modi di convincermi a uscire con lei. Non voleva che rimanessi a casa ad autocommiserarmi per colpa di questo licenziamento.

    Tecnicamente, non sono stata proprio licenziata.

    Avevo firmato un contratto della durata di un anno per fare l’assistente di progetto in una piccola azienda che si occupa di energie rinnovabili e il contratto alla fine non mi è stato rinnovato, a quanto pare, per mancanza di fondi.

    Mi piaceva molto il mio lavoro. Mi occupavo, infatti, di organizzare gli eventi cui l’azienda partecipava e poiché sono di madrelingua italiana, dovevo svolgere tutte le attività riguardanti il mercato italiano, come comunicare con i partner commerciali locali, creare brochure e fare traduzioni.

    Abito ormai a Berlino da otto anni, da quando cioè mi sono trasferita da un piccolo paese del sud dell’Italia per frequentare l’università. Con l’aiuto di una madre tedesca e grazie alla frequentazione del liceo linguistico, ho acquisito il bagaglio necessario per ambientarmi in questa città senza grandi problemi. Nonostante la separazione dai miei genitori e dal mio Paese natio, ho iniziato qui una nuova fase della mia vita, in cui ho aperto i miei orizzonti e ho intrapreso l’irta strada per la mia indipendenza.

    Prima di arrivare qui ero molto introversa e inesperta, ma poi col tempo mi sono adattata ai ritmi di una grande città e anche il mio carattere si è modellato.

    La grande metropoli, però, non mi ha di certo trasformata in una ballerina di lap dance! Sono piuttosto espansiva, ma sempre facendo attenzione a chi ho davanti. Mi fido generalmente della prima impressione. Se la persona che ho di fronte non mi trasmette delle energie positive, non perdo molto tempo ad approfondirne la conoscenza. Per questo motivo, ho pochissimi amici. A essere sinceri, l’unico mio grande punto di riferimento è Vicky. Di lei mi fido ciecamente e non potrei mai deluderla.

    Se di amici ne ho pochi, di uomini ce ne sono stati ancora di meno. Non riesco ancora a capire se è una questione di fortuna o sono io il problema. A complicare il tutto si aggiunge quella maledetta prima impressione, quella specie di cortina di ferro quasi impossibile da superare.

    Penso, però, che potrei far cadere la mia corazza protettiva solo con l’uomo giusto. So benissimo come lui dovrebbe essere. Dovrebbe affascinarmi con i gesti e con le parole. Me lo immagino così divertente e interessante che non potrei mai annoiarmi in sua presenza. Inoltre vorrei un uomo affidabile, con la testa sulle spalle e dedito alla famiglia. Mi sono sempre tenuta alla larga dagli uomini troppo fascinosi che vogliono solo portarti a letto per poi scaricarti il mattino seguente. Insomma, sono una brava ragazza che vuole una relazione salda e duratura, con lo scopo di formare un giorno una famiglia.

    Purtroppo i risultati nel raggiungere questo scopo sono stati finora molto scarsi. Ho avuto un paio di brevi relazioni fallite perché alla fine dei conti non eravamo compatibili. Si finiva per litigare sulle sciocchezze e non si trovava mai un punto d’incontro.

    Per non parlare del sesso! Non posso dire di aver provato mai niente di sensazionale. Tutto quello che ho letto fino ad ora nei romanzi rosa, tutte quelle descrizioni di baci appassionati e orgasmi extragalattici, tutti questi uomini bellissimi capaci di soddisfare ogni desiderio della propria amata, bè per me rimane ancora sulla carta.

    Non ci penso proprio, però, ad abbandonare le speranze. Se finora non c’è stato nessun uomo in grado di farmi raggiungere l’orgasmo, non vuol dire che debba arrendermi. Quell’uomo c’è di sicuro là fuori. Un uomo dolce e gentile, che mi saprà amare e che mi regalerà tanti stupendi orgasmi.

    Alla luce di tutto ciò, è chiaro il motivo per cui la perdita del mio lavoro è causa di grande tristezza da parte mia. Esso compensava il vuoto nella mia vita privata, mi dava la gioia e la spinta per andare avanti, mi faceva sentire soddisfatta e realizzata. Sapevo che il contratto sarebbe scaduto, ma ho sperato sempre in cuor mio, che mi sarebbe stato rinnovato. Ho lavorato duramente e con passione per dimostrare a tutti che volevo rimanere e che sarebbe stata una grande perdita per l’azienda lasciarmi andare.

    Adesso scopro che mi sono solo illusa.

    Tutta la mia fatica e la mia devozione non sono servite a niente.

    Ho passato ore e ore a parlare di questo con Vicky. Lei ha cercato, come sempre, di farmi vedere il lato positivo di questa faccenda. Magari troverò un nuovo lavoro dove potrò guadagnare di più e crescere professionalmente, conoscere nuovi colleghi ed espandere le mie conoscenze. La ricerca, però, finora non ha dato buoni frutti.

    Vicky mi ha fatto anche notare che per questo motivo ultimamente sono di umore sempre nero. Nell’ultima telefonata che abbiamo avuto mi ha detto - per non dire gridato - che ne ha le tasche piene e che è stufa di vedermi sempre in questo stato. Per questo, ha proposto di andare a divertirci e di mettere da parte per una sera tutte le mie preoccupazioni. So che lei vuole solo il mio bene e alla fine ho acconsentito. Adesso la considero persino un’ottima idea.

    Stasera ho proprio bisogno di divertirmi e di non pensare a niente. Non voglio pensare al fatto che da domani dovrò cercarmi un nuovo lavoro, altrimenti non potrò pagare l’affitto del mio appartamento. Non voglio pensare al fatto che non ho una relazione con un uomo da circa un anno e mezzo. Chiudermi in me stessa e piangermi addosso non è da me, perché iniziare proprio adesso?

    In effetti, era da una vita che non uscivo il venerdì sera. Di solito, preferisco piazzarmi davanti alla tv o leggere qualche romanzo finché non mi addormento. Il resto della settimana non lo trascorro poi così diversamente. Il sabato lo dedico in genere alle pulizie e alla spesa. La domenica incontro Vicky e qualche altro nostro amico, andiamo a un brunch o al cinema, mentre se fa troppo caldo, facciamo un picnic al lago e mangiamo tanto di quel gelato da star male. Vicky, che ovviamente esce quasi tutte le sere, cerca in tutti i modi di tirarmi fuori di casa, ma la verità è che non ne ho più voglia.

    Conosco ormai a memoria le serate con Vicky. Entri in un locale pieno di gente che fuma, nonostante sia vietato, e tracanna alcolici in quantità industriale. I ragazzi diventano più audaci dopo qualche bicchiere in più e alla fine finisco per chiacchierare con qualche idiota che mi racconta delle sue vacanze in Italia e della sua esperienza con gli italiani, pensando che questo possa creare una certa sintonia tra di noi e invece non fa che annoiarmi a morte.

    Questa sera ho accettato di uscire con Vicky, solo nel caso in cui io e lei ci fossimo incontrate in un locale diverso. Magari mi sbaglio, ma sembra che Vicky abbia cambiato ultimamente il suo atteggiamento nei confronti degli uomini. Devo riconoscere che da un po’ di tempo ha smesso di passare da un uomo a un altro alla velocità del vento. Non so se si è stufata o ha finalmente ascoltato i miei consigli. Infatti, le ho ripetuto fino alla nausea di rallentare con le sue attività serali, perché questo non le avrebbe fatto bene. Almeno adesso si sta limitando a delle frequentazioni fisse, cioè incontra ogni tanto lo stesso ragazzo, senza che ciò sfoci purtroppo in una relazione vera e propria.

    Nonostante le tante storie finite più o meno male, Vicky è, in realtà, un’inguaribile romantica. Lei crede ancora che là fuori, da qualche parte, ci sia il suo principe azzurro, che la verrà a prendere sul suo cavallo bianco. O forse, su questo influisce l’insistenza dei suoi genitori i quali tentano in tutti i modi di combinarle degli appuntamenti e non vedono l’ora di avere dei bei nipotini.

    Sono un po’ persa nei miei pensieri quando mi accorgo che sto quasi per arrivare a destinazione. Dopo aver appurato che manca una sola fermata, mi guardo intorno e noto che un paio di ragazzi seduti di fronte mi stanno fissando, chissà da quanto tempo. Faccio come sempre finta di niente. Penso sia normale considerando quanto ci ho messo a prepararmi. Molti mi hanno anche detto che quando mi trucco, sembro un po’ diversa. I miei occhi scuri appaiono più grandi e le mie labbra più piene.

    Insomma attribuisco tutte queste occhiate a una faccia ben truccata e a un vestito alla moda. Niente di più.

    Sono arrivata. Scendo dalla metro e devo camminare qualche minuto prima di arrivare al bar. Ci sono già stata un paio di volte. È un locale molto chic, stile american bar, con un enorme bancone centrale, intorno al quale sono sistemate delle sedie in pelle rossa, come il colore delle pareti. Il resto del locale è pieno di tavolini e divanetti neri, mentre c’è una luce diffusa gialla che parte dal bancone centrale per diminuire man mano che ci si allontana. Mi è sempre piaciuta quest’atmosfera calda e accogliente, un posto dove fare due chiacchiere e gustare dei meravigliosi cocktail.

    Il piano che Vicky mi aveva proposto era iniziare da lì per poi andare a mangiare in qualche ristorantino, tanto a Berlino ci sono una marea di locali aperti fino a tardissimo. In genere, si dovrebbe fare il contrario, cioè prima si va a cena e poi nei locali, ma a noi piace andare contro corrente. Tanto la notte è lunga.

    Appena entro, gioisco per la frescura proveniente dall’aria condizionata dopo il caldo impressionante della metro. Si sente una deliziosa musica jazz in sottofondo. Guardo l’orologio e noto di essere addirittura in anticipo. In genere Vicky è puntuale, quindi dovrebbe arrivare a momenti.

    Noto subito un paio di sedie rosse libere davanti al bancone e ne occupo una. Sedendomi, incrocio lo sguardo di un ragazzo biondo, vestito completamente di nero e intento a mescolare un cocktail. Il ragazzo mi saluta sorridendo e io gli ricambio il saluto. Prende un menu e me lo porge. Io gli dico subito che siamo in due, ma che nel frattempo posso già ordinare. Tanto io e Vicky abbiamo gli stessi gusti.

    Il menu è pieno zeppo di bevande di ogni genere e non ho molta voglia di leggerlo tutto. E poi non ci capisco molto di cocktail.

    Mi sento abbastanza audace da chiedere al barista biondo di consigliarmi. Il ragazzo, che, da come leggo dalla targhetta attaccata alla sua camicia, si chiama Sebastian, mi sorride di nuovo e m’indica sul menu un cocktail di nome Wild Kitchen , creato con del gin aromatizzato allo zenzero fatto in casa mescolato con altri sciroppi alla frutta. Mi sembra molto buono, così accetto subito il suo consiglio e ne ordino due.

    Adesso non mi resta che aspettare.

    Mi guardo intorno e vedo che, nonostante sia abbastanza presto, è strapieno di gente. Sia ai tavoli esterni che a quelli interni non c’è un posto libero, mentre almeno altri cinque membri dello staff sono in giro per il locale a servire ai tavoli o stanno dietro il bancone. Penso sia dovuto al tempo caldo e soleggiato che stiamo avendo ormai da qualche settimana in questo mese di agosto. La gente ha più voglia di uscire quando fa caldo e splende il sole. Alla fine, io e Vicky non siamo poi tanto anticonvenzionali. O forse sono io che mi sono tenuta lontana per troppo tempo dalla vita serale e notturna berlinese.

    Mi giro verso Sebastian che, a quanto pare, inizia a preparare i nostri cocktail e rimango affascinata dai suoi movimenti e da come taglia la frutta da mettere come decorazione o direttamente nella bevanda. In un battibaleno, i cocktail sono pronti e me li serve un Sebastian ancora sorridente.

    Lo ringrazio e lo assaggio con curiosità. È dolce e fruttato, l’alcol si percepisce appena. Insomma lo adoro. Mostro la mia faccia soddisfatta a Sebastian, il quale mi rivolge di nuovo uno dei suoi sorrisi, questa volta con un accento di orgoglio in più.

    Lui torna subito a preparare i suoi cocktail, mentre io guardo in direzione della porta per vedere se la mia amica è arrivata, ma di lei nemmeno l’ombra. Sistemo meglio il suo cocktail davanti alla sedia vuota e poi non so più che fare. Come spesso capita quando inizio ad annoiarmi, prendo il mio cellulare per dare un'occhiata su internet. Questa volta però vedo sul display una chiamata di Vicky. L’ho lasciato in borsa con la vibrazione e la chiamata mi è completamente sfuggita.

    Mentre la richiamo, mi viene da sbuffare e penso che debba essere sicuramente successo qualcosa che la costringerà a fare ritardo.

    Mi risponde quasi subito.

    «Vicky, dove sei?»

    «Tara, tesoro, non ti arrabbiare, è successo qualcosa!»

    Perché la gente si ostina a pronunciare quella frase "non ti arrabbiare " , sapendo che produce esattamente l’effetto contrario, cioè che ti fa arrabbiare ancora di più? Ed è quello che sta accadendo a me in questo momento.

    «Perché mi dovrei arrabbiare? Piuttosto mi sto preoccupando. Ti prego, non dirmi che sei stata investita di nuovo da un ciclista, perché stasera non ho la forza di entrare in un ospedale.»

    Vicky corre sempre come una forsennata da una parte all’altra della città senza quasi mai guardare la strada. Non c’è quindi da meravigliarsi se qualche mese fa ha avuto un piccolo incidente con un ciclista che le ha procurato una brutta storta al piede. Spero tanto che non le sia successo di nuovo qualcosa del genere. Mi tranquillizzo, però, quando la sento ridacchiare al telefono.

    «No, no. Niente del genere. Sai, stavo uscendo di casa quando mi ha chiamato Patrick…» E lascia la frase in sospeso, come se già con questo dovrei capire tutto, e invece non ci sto capendo niente.

    «Patrick, chi?»

    «Ma come chi? Il ragazzo che sto frequentando ultimamente. Te ne avrò parlato almeno una decina di volte, ma tu evidentemente non mi hai ascoltato!»

    Vicky mi parla di uomini in continuazione e io ho smesso ormai da un paio d’anni di sforzarmi di ricordare i loro nomi. Tanto è fatica sprecata.

    «Senti Vicky, di uomini nella tua vita ne sono entrati e usciti a bizzeffe e lo sai che non ho una grande memoria per i nomi.»

    Vicky rimane in silenzio per un momento. Sta riflettendo su quello che le ho appena detto, dandomi probabilmente ragione.

    «Bè, comunque, stasera è la sua ultima serata libera prima di partire per un lungo viaggio di lavoro e vuole vedermi.»

    Cosa? Adesso mi sto incazzando sul serio! Non posso credere a quello che mi sta accadendo. Ora inizio a capire quelli cui ho sentito dire l’espressione come un fulmine a ciel sereno. Bè, in questo momento ho la sensazione che un bel fulmine mi stia colpendo la testa facendomi tanto male!

    «Vuoi dirmi che mi stai mollando da sola in un bar per andare a farti una scopata?»

    Mi sa che l’ho detto con un tono di voce più alto del normale, perché un paio di persone si sono girate nella mia direzione, compreso Sebastian, che, nonostante tutto, mi sorride. Quel ragazzo deve avere un tic nervoso o è una di quelle persone che ride a comando perché altrimenti non trovo altre spiegazioni al suo sorridere continuo. Meno male che nessuno ha capito niente, perché questa conversazione si sta svolgendo in italiano.

    Ho anche notato di sfuggita che qualcuno ha occupato nel frattempo il posto vicino al mio. Costui ha fatto finta di non vedere il cocktail che ho sistemato proprio per non farci sedere nessuno. Allora è proprio destino che Vicky non ci debba venire oggi nel bar. In questo momento non troverebbe posto, cioè lo troverebbe solo se io aggredissi il mio vicino.

    «Adesso capirai perché ti ho detto prima di non arrabbiarti. Tara, non ci vediamo da settimane e mi chiama proprio stasera. Che posso farci io?»

    «Gli puoi dire che per questa sera non è possibile perché hai un impegno importante con la tua migliore amica. Cavolo! E non può chiamarti quando gli pare e pretendere che tu stia ai suoi ordini. È ridicolo!»

    «Lo so, hai ragione, ma è più forte di me. Mi dispiace, tesoro. Mi farò perdonare, te lo prometto.»

    «Come le promesse che mi hai fatto per questa sera? L’hai fatta proprio grossa stavolta, Vicky, non pensare che mi dimentichi facilmente di una cosa del genere. Non ti rivolgerò la parola per un bel po’ di tempo, mia cara!»

    «Lo so, mi dispiace…»

    Il suo tono di voce è triste e sembra sincera, ciò nonostante non provo compassione per lei. Adesso riesco solo a pensare che tutti i piani che mi ero fatta per la serata sono andati a monte e che per l’ennesima volta me ne dovrò tornare a casa da sola, ancor prima del solito.

    Sbuffo e rimango in silenzio per un momento. Sono a corto d’idee su come proseguire la serata senza deprimermi ancora di più.

    «E adesso che cavolo faccio?»

    «Potresti chiamare André e Melissa. Sarebbero ben contenti di uscire con te.»

    «Vuoi che esca da sola con una coppia? E poi non li posso chiamare così senza preavviso. Avranno sicuramente qualcos’altro da fare.»

    In realtà, non mi va di chiamarli. Per quanto mi siano simpatici, vederli insieme così felici e innamorati, mi deprimerebbe ancora di più. E poi non li ho mai incontrati da sola. Senza Vicky, ci sarebbero meno argomenti di cui parlare e mi annoierei a morte.

    «Hm…ti va se chiedo al mio coinquilino? Puoi aggregarti a lui e al suo gruppo di amici.»

    Non ci penso proprio! Frank, il coinquilino di Vicky, per quanto sia una persona interessante e acculturata, passa tutto il tempo a criticare l’aspetto e il comportamento di tutti, come se parlasse da chissà quale pulpito. Deve essere sicuramente una persona frustrata e insoddisfatta. Non c'è mai stato un grande feeling tra di noi. Rispetto il buon rapporto instaurato con Vicky, ma se ho la possibilità di scegliere, preferisco passarci il meno tempo possibile.

    «Meglio di no. Non voglio disturbarlo. E poi non siamo questi grandi amici!»

    Cavolo! Adesso mi rendo conto di quanto io sia complicata. Possibile che non riesco a farmi piacere nessuno? Finirò per diventare una zitella acida e alla fine, morirò sola e disperata, circondata da gatti!

    «Ok, come preferisci. Oh ecco! Senti, Tara, adesso devo proprio lasciarti. Ho sentito il citofono e deve essere lui.»

    «Ok! Buona serata». Lo dico in un tono da funerale. Chiudo la chiamata senza neanche aspettare che ricambi il mio saluto.

    Ripongo il telefono nella borsa e prendo subito il mio cocktail, sorseggiandone un altro po’ dalla cannuccia.

    Appoggio il mio bicchiere sul bancone e guardo in direzione dell’altro cocktail, quello che doveva essere di Vicky. Penso che dovrò scolarmi anche quello e che Sebastian sicuramente mi prenderà per pazza.

    Ancora sovrappensiero, giro la testa in quella direzione e mi trovo di fronte un paio di occhi verdi come il colore del mare al tramonto, che mi scrutano in profondità. Il portatore di quei due occhi da urlo mi rivolge il sorriso più bello che abbia mai visto in vita mia e mi dice in un perfetto italiano:

    «Questo in italiano significa, se non sbaglio, tirare un pacco!»

    Merda! Ha sentito tutto.

    Mi sento così sfigata.

    Adesso cosa gli rispondo?

    Kiran

    Lei sgrana i suoi occhi stupendi per la sorpresa.

    Si è resa conto adesso che avevo ascoltato e compreso per intero la conversazione telefonica con la sua amica. Capisco dalle espressioni del suo bellissimo volto che sta riflettendo sulla risposta da darmi. Tenendo conto di quello che ho sentito finora, potrei aspettarmi di tutto, come " Sì, ma non sono fatti suoi! o Mi lasci in pace, per favore! oppure Non è buona educazione sedersi a un posto già occupato o ancora Lei ha sempre l’abitudine di origliare le conversazioni degli altri?"

    Mai mi sarei aspettato una risposta come la sua.

    «No, questo in italiano significa scegliersi meglio le proprie amiche!»

    Mi viene da ridere. Mi ha sorpreso e non mi succede spesso che una donna sia in grado di farlo. Decido comunque di chiederle scusa per essermi intromesso.

    «Scusami, ho origliato!»

    «Bè, ho davvero gridato al telefono. Penso che quasi tutti qui dentro avrebbero capito quello che ho detto se avessero compreso la lingua.»

    L’ha detto in un tono desolato, come se si dispiacesse di qualcosa che però era inevitabile che accadesse.

    Oddio! Oltre a essere bellissima, è anche dolce.

    Sono fottuto!

    Ero seduto a uno dei tavoli con i divanetti dall’altra parte del bancone, chiacchierando con i miei amici Colin e Nick, quando l’ho vista entrare. La prima cosa che ho notato in lei sono stati i suoi capelli. Si presentano come un ammasso voluminoso color ebano che scende a onde fino a coprirle buona parte della schiena. Non ho mai visto capelli così spessi e corposi in una donna dalla carnagione chiara come la sua. Poi l’ho guardata in viso e lì mi sono perso. Ha due occhi scuri enormi incastonati in un viso ovale e delle labbra carnose da far paura.

    L'ho vista sedersi al bancone su una delle due sedie vuote e ho immaginato che stesse aspettando un’altra persona, magari il suo ragazzo. Ne ho avuto conferma quando ha mostrato due dita al ragazzo biondo del bar facendo l’ordinazione. L’ho osservata mentre si guardava in giro e ho sperato che intercettasse il mio sguardo, invece non l’ha fatto, guardando continuamente in direzione della porta.

    Quel bastardo fortunato doveva essere in ritardo!

    I miei pensieri hanno preso tutt’altra direzione nell’esatto momento in cui ho visto i due cocktail che le sono stati serviti: erano identici, dello stesso colore rosa chiaro, con la schiuma in superficie e della frutta decorativa. Nessun uomo che si possa definire tale ordinerebbe mai un cocktail del genere. Così ho pensato subito che quel secondo cocktail dovesse essere per un’amica.

    Bene! Forse avevo una possibilità.

    Dovevo tentare un approccio in qualche modo. Non potevo lasciarmi sfuggire quest’occasione.

    Ho deciso così che quel bastardo fortunato dovevo esserlo io quella sera.

    Ho interrotto i miei due amici, che stavano discutendo animatamente su questioni di lavoro e ho detto loro che dovevo andare in bagno, ma che passando avrei ordinato al bar altri tre cocktail. I due hanno acconsentito facendo cenno con la testa e sono tornati alla loro conversazione.

    Mentre mi alzavo, ho notato che la brunetta, oggetto finora dei miei sguardi, era al telefono. Ho approfittato della sua distrazione per spostare leggermente la sedia accanto alla sua e mi ci sono seduto. Ho appoggiato i gomiti sul bancone cercando così di attirare l’attenzione del ragazzo biondo che da quando sono qui non ha fatto altro che preparare cocktail.

    Mentre aspettavo, riuscivo a sentire scorci della conversazione telefonica della mia vicina, ma soprattutto mi sono accorto subito che parlava in italiano. Una gran bella fortuna che lo sappia anch’io! Mi devo ricordare di baciare mia madre la prossima volta che la vedo per ringraziarla di avermelo insegnato così bene.

    Se non avessi avuto una madre italiana, non avrei mai potuto capire la frase che poi ho sentito quasi gridare alla mia sinistra.

    " Vuoi dirmi che mi stai mollando da sola in un bar per andare a farti una scopata?"

    Cristo Santo! Che caratterino!

    Comunque, questa era proprio la mia serata fortunata.

    Evidentemente la bellissima brunetta vicino a me era rimasta senza compagnia e io ero ben disposto a offrirgliela.

    Finalmente il ragazzo dei cocktail ha notato la mia esistenza, solo perché dopo aver sentito la mia vicina urlare, le ha rivolto un largo sorriso. Cazzo! Proprio adesso che stava filando tutto liscio. Ci mancava solo il barman Sorriso Magico-Faccia da Culo a guastarmi la festa.

    Dopo aver ordinato velocemente tre Long Island Ice Tea , mi sono messo comodo facendo finta di aspettare, ma in realtà stavo ascoltando ogni singola parola pronunciata dalla mia vicina con quella sua voce suadente. Dopo averle detto che non le avrebbe più parlato per un bel po’ di tempo, la sua amica le ha proposto un paio di persone con cui continuare la serata senza di lei, ma, grazie a Dio, lei ha rifiutato.

    All’improvviso l’ho sentita augurarle buona serata e chiudere la conversazione. A quel punto ho deciso di girarmi e di dirle qualcosa.

    Non sono uno di quei tipi che amano dire le frasi a effetto per impressionare le ragazze. Non mi piace neanche fare tanti giri di parole. In genere, sono molto diretto e sincero.

    Così ho optato per la verità.

    Adesso non fa che evitare il mio sguardo.

    Continua a bere il suo cocktail e credo stia sprofondando nell’imbarazzo.

    Accidenti! Non era quello che volevo. Mi piacerebbe che si sentisse più a suo agio. Non vorrei apparire come un ficcanaso o un pervertito. Soprattutto, mi interessa vedere se quel caratterino che è uscito prima al telefono con la sua amica corrisponda alla realtà.

    Poiché fissa il suo bicchiere come se si aspetti che esploda da un momento all’altro, le pongo una domanda banale, giusto per rompere il ghiaccio.

    «Cosa bevi?»

    «Un cocktail fatto con gin e tanti succhi di frutta!»

    Mentre lo dice, mi guarda a malapena. Così da vicino è ancora più bella. E il suo imbarazzo me lo fa rizzare all’istante. Si tocca i capelli, ne prende una ciocca e se la mette dietro le orecchie. Penso che avrei tanta voglia di toccarli anch’io, magari mentre è in ginocchio davanti a me e mi sta succhiando…ma che cavolo mi prende? Forse sono veramente un pervertito, perché sto parlando con lei da soli cinque minuti e mi è venuto già duro come il marmo.

    Mi devo dare una regolata!

    «Hm…sembra disgustoso. Posso provare dal bicchiere della tua amica invisibile?»

    Mi fa un leggero sorriso e acconsente con un cenno della testa.

    Bevo un sorso di quel cocktail rosato e in realtà non mi sembra male. Certo, però, non lo ordinerei mai.

    «Hm…non è poi tanto disgustoso!»

    «Allora te lo offro. Tanto non credo di riuscire a bere due cocktail a stomaco vuoto!»

    Fantastico! Non solo non mi ha ancora mandato al diavolo, ma mi ha anche offerto un cocktail.

    Sto facendo grandi progressi, a quanto pare.

    «Ok. Grazie. Bè, per me questo è il secondo e ne ho appena ordinato un terzo!»

    Da dove mi è venuta questa?

    Adesso penserà che io sia un alcolizzato e se la darà a gambe prima del previsto!

    La vedo ancora una volta girarsi verso il suo cocktail e farsi pensierosa. Rifletto su qualcosa da dire per rimediare alla catastrofe che mi è appena uscita dalla bocca, quando si rivolge a me all’improvviso.

    «Oh no! Adesso penserai che la mia amica sia una facile!»

    Cosa? Forse perché al telefono aveva detto che erano passati molti uomini nella sua vita? Com’è dolce a preoccuparsi di quello che pensa uno sconosciuto della sua amica, dopo quello che le ha appena fatto.

    Devo capire se è semplicemente ingenua o se le vuole solo un gran bene.

    «Sai, penso che ognuno sia libero di fare quello che gli pare, a patto di non danneggiare il prossimo.»

    Rimane per un attimo in silenzio, mentre riflette sulle mie parole e contorce le labbra in un modo che trovo davvero sensuale.

    Porca miseria! Non so per quanto riuscirò a tenere a bada il mio amico nei pantaloni, che non ne vuole proprio sapere di riaddormentarsi.

    «Esattamente quello che Vicky ha fatto a me stasera. Mi ha danneggiato in qualche modo.»

    Ci capiamo al volo. La sua amica le ha appena mancato di rispetto, tuttavia più che arrabbiata mi sembra triste. Vorrei farla sorridere, ma non so come.

    «Concorderai con me che ti ha mancato un tantino di rispetto. Ti ha dato appuntamento qui e poi non si è presentata. Non è molto gentile!»

    «Sai, è la prima volta che si comporta così e questo mi preoccupa. Penso che stia facendo da zerbino a uno stronzo e che per colpa sua si possa rovinare la nostra amicizia».

    Adesso ho capito che loro due devono avere un rapporto speciale e che Vicky non deve essere poi così stronza, altrimenti lei l’avrebbe già lasciata andare per la sua strada.

    Incredibile come in pochi minuti sia riuscito a scoprire così tante cose di lei.

    È una ragazza determinata, che sa quello che vuole. È sincera e ha un gran cuore. E per qualche strano motivo si sta confidando con me.

    «Questo lo puoi scoprire solo se gliene parli e le dici sinceramente quello che provi. La comunicazione è fondamentale per far durare un rapporto di qualsiasi tipo.»

    «Ah, stai pur certo che gliene dirò quattro!»

    Il sorriso che stavo aspettando è arrivato e alla fine sorridiamo insieme. La trovo bellissima e dolcissima. Questa sera non ho intenzione di perderla di vista neanche per un secondo. Per seguire il mio obiettivo, è il caso forse che mi presenti e che io sappia finalmente come si chiama.

    «Comunque, sono Kiran.»

    Le porgo la mano e attendo che mi dia la sua. Avrò così occasione di toccarla e sentire la morbidezza della sua pelle.

    In effetti, è ancora meglio di come me l’ero immaginata. La sua mano è piccola rispetto alla mia e la sua pelle liscia e morbida. Non ci metto molto a far scivolare i miei pensieri al resto del suo corpo. Però, non oso guardare. Primo, per non provocare maggiormente il mio amico nei pantaloni. Secondo perché non voglio che se ne accorga e mi prenda per quello che adesso ho capito di essere.

    Un pervertito!

    «Hm...io sono Tara!»

    Come? Ha detto Tara? Molto spesso mi succede di impressionare le donne con il mio nome esotico. Invece, in questo caso, è lei a impressionare me. Mi rende curioso come non lo sono stato mai, perché ciò mi porta a chiedere come mai una ragazza italiana abbia un nome indiano, che significa stella.

    Questo lo so benissimo perché, oltre all’italiano, parlo e capisco l’hindi, la lingua di mio padre.

    Mi devo ricordare di baciare anche mio padre la prossima volta!

    «A quanto pare, i tuoi genitori, quando ti hanno dato questo nome, sapevano già che saresti diventata luminosa come una stella!»

    Lei sgrana gli occhi e rimane a bocca aperta. Leggo la sorpresa nel suo viso e so che l’ho completamente spiazzata. Capisco che in questo preciso momento l’ho conquistata, perché non ha mai sentito da nessuno una cosa del genere. Al massimo le avranno detto Bel nome! Da dove deriva? Che significa?.

    Si fa rossa in viso e abbassa la testa guardandosi le mani, in evidente imbarazzo, mentre io mi giro e bevo un sorso della bevanda rosata per darle il tempo di metabolizzare quello che sta succedendo.

    Ha capito sicuramente che mi piace, anche se non sa fino a che punto.

    Io so che voglio portarla nel mio appartamento, toglierle quel vestito azzurro e scoparla selvaggiamente mentre grida il mio nome. Però è ancora presto per manifestarle le mie intenzioni.

    Mi giro e vedo che mi sta guardando con occhi sorridenti.

    «Mia madre è tedesca. Prima di conoscere mio padre, viaggiava tantissimo. Per un mese è stata in India e n’è rimasta molto affascinata. Ha vissuto presso una famiglia che l’ha accolta come una figlia. La padrona di casa si chiamava Tara.»

    «Capisco. Tu sei italiana, giusto?»

    «Sì. Mia madre ha conosciuto mio padre durante uno dei suoi viaggi in Italia. L’ha sposato ed è rimasta a vivere lì. Io sono nata e cresciuta in Italia fino all’età di diciannove anni, quando mi sono trasferita a Berlino.»

    «E quanti anni hai?»

    «Ventisette.»

    Veniamo interrotti da Sorriso Magico, che nel frattempo ha preparato i miei cocktail. Io gli dico che può farli portare al tavolo dove sono seduti i miei amici. E mentre indico il tavolo, noto che loro stanno chiacchierando ancora, incuranti della mia assenza. Poi mi volto verso il barman, che prima guarda Tara e poi me, facendo una faccia perplessa. Aggiungo che rimango ancora un po’ seduto in questo posto perché mi è stato offerto il cocktail rosa. Lo dico in un tono che sottintende " Però non sono cazzi tuoi!".

    Il barman, sempre meno Sorriso Magico, sempre più Faccia da Culo, sembra aver capito e va a parlare con una cameriera, dicendole probabilmente di servire i cocktail.

    Mi rivolgo nuovamente alla mia vicina. Lei mi sta fissando come se mi fosse spuntato dalla fronte un terzo occhio. Però poi ritorna in sé quasi subito e mi sorride.

    «Adesso tocca a te!»

    Che vuole dire? Ah sì, certo! Mi ha appena parlato della sua famiglia e adesso vuole che le parli della mia. Bè, ne avrei di cose da raccontare. Non basterebbe una notte intera.

    «Ah ok! Hm... i miei genitori si sono conosciuti a Francoforte. Mia madre italiana era venuta a trovare alcuni suoi parenti. Mio padre era uno studente universitario, figlio di una coppia di indiani immigrati. Si sono sposati e hanno avuto me e mia sorella. Poi dieci anni fa hanno deciso di trasferirsi a Berlino, dove ho frequentato l’università e adesso lavoro.»

    In genere, quando racconto questa storia, le donne cambiano completamente la loro espressione del viso, mostrando un entusiasmo quasi innaturale. Tara, invece, mi sembra incuriosita, ma non eccessivamente sorpresa, forse perché anche lei viene da una famiglia composta da culture miste.

    «Bè, simile alla storia dei miei genitori. Mia madre ha lasciato il suo Paese

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