La perdita: Antologia di racconti
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La perdita - Collettivo Creativo Latina
Collettivo Creativo Latina
La perdita
Antologia di racconti
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Indice dei contenuti
Indice dei nomi
Introduzione
L’uomo che vedeva suo nonno allo specchio
Angoli aguzzi in scatole rotonde
La dura natura dello scorpione
Il capitano
Ritorni
La paura del buio
La banalità del grigio
La signora Rosa
Ammissioni dell'epilogo
La perdita
antologia di racconti
a cura di Rebecca Caggiari
redazione@edizioniallaround.it
www.edizioniallaround.it
Indice dei nomi
Luca Albanese
Rebecca Caggiari
Sabrina Cardullo
Riccardo Di Noia
Barbara Fabrizio
Martina Ficarola
Veronica Mastrillo
Michela Quagliariello
Rossana Carturan
Introduzione
di Rebecca Caggiari
Questo progetto nasce da una delle emozioni più meschine, e ahimè comuni, dell’essere umano: il senso di vuoto. Quel dolore costante e ferreo, silenzioso, che non guarda in volto nessuno. Che avanza strisciando, lacera e ingoia ogni brandello di anima, fino a divenirne l’essenza.
Nasce dalla volontà di rinascere, di accettare la sofferenza senza per questo soccombergli, nasce dalla necessità di urlare e di dire che il controllo, adesso, lo abbiamo noi.
Quando mi è stata data quest’opportunità erano mille le idee che mi vorticavano in testa, avevo tanto da raccontare, tanti pezzi di me da voler lasciare al mondo, ma ce ne era uno, in particolare, che da mesi non faceva che oscurare il resto. Gettava la sua ombra su tutte le cose belle di cui avevo il piacere di fare esperienza, le circondava fino a soffocarle, ne assorbiva il colore fino all’osso, affinché tutto tornasse grigio e inerme. Si era preso ogni frammento di ciò che potevo essere, e la scrittura, che per me da sempre era stata ossigeno, l’aveva ridotta in cenere. Avevo provato a smuoverne le braci, cercando invano anche la più piccola fiamma, finché ho capito che non ci sarei mai riuscita, semplicemente perché non era ciò di cui avevo bisogno.
Avevo cercato di arginare l’ombra, di scovarne la luce tra i riflessi, ma tutto ciò che dovevo fare era accoglierla. Dovevo smettere di combatterla, di tentare di coprirla, e trovare il coraggio di ascoltarla. E così ho fatto.
Quest’antologia nasce da quell’emozione, da quel grido a lungo represso, da quel vortice nero che non aspettava altro che essere messo su carta.
Potevo lasciare tanti pezzi di me, ma in quel momento, era l’unico che valesse la pena raccontare.
Tuttavia, non era un percorso che volevo intraprendere da sola, sebbene fosse proprio dal vuoto che aveva origine, sapevo che la mia voce non sarebbe bastata, che ne servivano altre, che c’erano così tante urla latenti nel mondo, ed era il momento che venissero liberate. Ho chiesto l’aiuto dei miei compagni, ormai amici, consapevole che insieme, sfumatura dopo sfumatura, avremmo potuto ridare colore a ciò che nasceva dalla sua assenza.
E quindi cito Luca Albanese, che con la sua penna cruda, mai banale, non può fare a meno di lasciare un segno; Sabrina Cardullo, che saprà rapirvi con la sua incessante vitalità; Riccardo Di Noia, un vortice impetuoso di emozioni; Barbara Fabrizio, capace di far scaldare il sangue con le sue parole; Martina Ficarola, il cui dolce candore esplode in ogni riga; Veronica Mastrillo, incurabile amante di ogni tipo di passione; Michela Quagliariello, la cui sensibilità anima ogni frase; e per ultima, non certo per importanza, Rossana Carturan, colei a cui ognuno di noi deve qualcosa e a cui io, in particolare, devo tutto. La nostra instancabile insegnante, che ha creduto in me ogni giorno, che non si è arresa mai, che ha lottato perché inseguissi i miei sogni, che mi ha messa sulle sue spalle pur di consentirmi di raggiungerli, e che non mi ha mai taciuto la verità. A lei io dico grazie
e le chiedo di continuare a proteggermi da quella parte di me che non vede l’ora di essere distrutta.
È da quella parte che il mio testo ha preso corpo, quella sbagliata, quella contro cui combatto, e io spero che da questi brani, che sono il frutto di emozioni nere, voi possiate tirar fuori il sole, e che impariate ad ascoltare quella voce flebile, nascosta, che si nutre di voi, che vi consuma, affinché possiate trasformarla in grido, il vostro grido, la vostra forza. Spero che possiate accettarla, come sto imparando a fare io, così che quel vuoto gelido e profondo, smetta di fare paura e cominci a ruggire insieme a voi.
Buona lettura.
L’uomo che vedeva suo nonno allo specchio
– Luca Albanese –
Quando sono nato, trent’anni fa, la guerra stava per finire. Vivevo con mia madre e mio nonno in un paesino abbarbicato sulle montagne. Mio padre era partito per il fronte quando avevo pochi mesi e non era più tornato. Ho passato la fanciullezza a rincorrere farfalle e a cercare fragole nel bosco.
Che bella la libertà che abbiamo da bambini, l’assenza di responsabilità e la fantasia di cui piastrelliamo le giornate. Mi mancano quei momenti di illimitata sovranità sullo spazio e sulle cose.
Tutto sembrava leggero, il peso di quello che sarebbe stata la vita era ancora un appuntamento lontano.
Mi piace perdermi in quei ricordi che ancora sento nitidi. Tornare fanciulli è prerogativa di pochi al giorno d’oggi, nessun uomo dovrebbe perderla e quando la mente mi inganna con i suoi giochi d’illusionismo, mi rifugio lì in quei boschi: la mia casa.
Oggi il sole è caldo sul mio viso, ripongo il libro che sto leggendo, chiudo gli occhi e naufrago in questo piacevole mare di serenità. Riesco a non pensare a nulla.
«Dove sono?», mi metto seduto sul letto, tutto gira, metto le mani a tenere la testa cercando di fermare il vortice. Mi volto verso lo specchio e vedo mio nonno che mi fissa. Da un po’ di tempo lo vedo riflesso, lui non parla ma la sua presenza mi tranquillizza.
Mamma entra nella stanza.
«Vuoi la colazione?», mi chiede sorridendo.
Lo stomaco brontola rispondendole prima di me. Lei esce e dopo poco torna con un vassoio. Con lentezza inzuppo le fette nel tè e le porto alla bocca assaporando il loro liquefarsi. Lei si siede accanto a me, la guardo silenzioso. Mi perdo nella sua bellezza, mi ricorda la neve, la soffice frescura mi fa salire un brivido lungo la schiena. Chiedo dove ha messo il mio slittino. Mio nonno mi guarda sempre dallo specchio, anche lui sta mangiando le fette.
Il sole del pomeriggio entra attraverso le persiane rigando il copriletto. Non ricordo se oggi sono uscito di casa, scendo dal letto e guardo fuori dalla finestra. Credevo ci fosse la neve, forse me la sono immaginata. Una mosca si posa sulla mia mano. Non mi muovo. Lei tasta la mia pelle con le minuscole