La caccia. Testo inglese a fronte
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Charles Dickens
Charles Dickens (1812-1870) was an English writer and social critic. Regarded as the greatest novelist of the Victorian era, Dickens had a prolific collection of works including fifteen novels, five novellas, and hundreds of short stories and articles. The term “cliffhanger endings” was created because of his practice of ending his serial short stories with drama and suspense. Dickens’ political and social beliefs heavily shaped his literary work. He argued against capitalist beliefs, and advocated for children’s rights, education, and other social reforms. Dickens advocacy for such causes is apparent in his empathetic portrayal of lower classes in his famous works, such as The Christmas Carol and Hard Times.
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Anteprima del libro
La caccia. Testo inglese a fronte - Charles Dickens
i leoncini
frontespizioCharles Dickens
La caccia
ISBN 978-88-9296-728-1
© 2022 Leone Editore, Milano
Traduttore: Giulia Pesavento
www.leoneeditore.it
I
ENG
La maggior parte di noi, nella vita, osserva alcune storie d’amore. In qualità di direttore di un ufficio di assicurazioni sulla vita, credo di aver visto negli ultimi trent’anni più storie d’amore della maggioranza degli uomini, per quanto, a prima vista, l’opportunità possa sembrare poco promettente.
Poiché sono in pensione e passo il mio tempo come mi piace, possiedo tutti i mezzi che un tempo volevo per riflettere su ciò che ho visto, senza fretta. Le mie esperienze sembrano più eccezionali, così riconsiderate, rispetto a quando erano in atto. Sono appena tornato a casa dallo spettacolo, e riesco a rievocare le scene del dramma su cui il sipario è calato, libero dalla luce abbagliante, dalla confusione e dall’andirivieni del teatro.
Fatemi ricordare una di queste storie d’amore del mondo reale.
Non c’è niente di più vero della fisiognomica, considerata in relazione all’atteggiamento. L’arte di leggere quel libro di cui l’Eterna Sapienza obbliga ogni creatura umana a mostrare la propria pagina con su scritto il carattere individuale è complicata, forse, ed è poco studiata. Può richiedere una qualche attitudine naturale, e deve richiedere (questo vale per qualsiasi cosa) pazienza e dolore. Che questi, di norma, non le vengano dati, che alcune persone accettino un numero limitato di banali espressioni del viso come la lista completa delle caratteristiche e non cerchino né conoscano le ricercatezze più vere; che voi, per esempio, dedichiate molto tempo e molta attenzione a leggere la musica, il greco, il latino, il francese, l’italiano e l’ebraico, se vi piace, e non siate pronti a leggere il viso del signore o della signora che sta appena oltre la vostra spalla, ve lo insegna; suppongo sia molto più probabile che improbabile. Forse un po’ di autosufficienza può stare alla base di tutto ciò; pensate che le espressioni facciali non richiedano uno studio: è una cosa naturale saperne abbastanza a riguardo, senza farvi abbindolare.
Confesso, da parte mia, che sono stato abbindolato, più e più volte. Sono stato abbindolato dai conoscenti e, ovviamente, dagli amici. Molto più spesso dagli amici che da altre persone. Come ho fatto a farmi ingannare così? Avevo letto male i loro volti?
No. Credetemi, la prima impressione avuta di quelle persone, basata solo sul loro viso e sul loro atteggiamento, era sempre vera. Il mio errore è stato quello di permettere loro di avvicinarsi a me e di giustificarsi.
II
ENG
Nella City, la parete divisoria che separava il mio ufficio dal nostro ufficio generale esterno era costituita da una spessa lastra di vetro. Attraverso di essa potevo vedere cosa succedeva nell’ufficio esterno, senza sentire una parola. L’avevo fatta mettere al posto di un muro che era lì da anni, da quando l’edificio era stato costruito. Non importa se ho fatto o meno questo cambiamento per potermi fare una prima idea sugli estranei che venivano da noi per affari solo dalla loro faccia, senza essere influenzato da quello che dicevano. Basta dire che ho fatto mettere la parete in vetro per questa ragione, e che un ufficio di assicurazioni sulla vita è sempre esposto a essere frequentato dal più astuto e crudele degli esseri umani.
È attraverso la parete in vetro che vidi per la prima volta il gentiluomo di cui sto per raccontarvi la storia.
Era entrato senza che me ne accorgessi, aveva appoggiato il cappello e l’ombrello sull’ampio bancone e si stava sporgendo su di esso per prendere alcuni documenti da uno degli impiegati. Era sulla quarantina o giù di lì, scuro, straordinariamente ben vestito di nero, essendo in lutto, e la mano che allungò con aria gentile indossava un guanto di pelle di capretto che gli calzava particolarmente bene. I suoi capelli, che erano pettinati e impomatati in maniera elaborata, erano divisi nel mezzo da una riga; presentò questa scriminatura all’impiegato esattamente, secondo me, come se avesse detto: Deve accettarmi, se non vi dispiace, amico mio, proprio per come mi mostro. Dritto fino qui, seguite il sentiero di ghiaia, vietato calpestare il prato, non permetto alcuno sconfinamento.
Elaborai una profonda avversione nei confronti di quell’uomo nel momento stesso in cui lo vidi.
Aveva chiesto alcuni dei nostri moduli stampati, e l’impiegato glieli stava dando e spiegando. Sul viso aveva stampato un sorriso riconoscente e gradevole, e i suoi occhi incrociarono quelli dell’impiegato con sguardo allegro. (Ho sentito numerose dicerie che sosterrebbero che gli uomini cattivi non ti guardano in faccia. Non fidatevi di quest’idea convenzionale. La disonestà sconcerterà l’onestà osservandola a lungo, ogni giorno della settimana, se c’è qualcosa da ottenere.)
Vidi che, con la coda dell’occhio, si era reso conto che lo stavo guardando. Subito voltò la scriminatura dei capelli verso la parete di vetro, come se mi dicesse con un dolce sorriso: Dritto di qua, se non vi dispiace. Vietato