Le regole del successo: Harmony Destiny
Di Leslie Lafoy
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Leslie Lafoy
Tra le autrici più amate e lette dal pubblico italiano.
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Anteprima del libro
Le regole del successo - Leslie Lafoy
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
The Money Man’s Seduction
Silhouette Desire
© 2008 Leslie LaFoy
Traduzione di Lucilla Negro
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2009 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-5899-040-7
Prologo
Be’, miei cari lettori, è già qualche mese che siamo entrate nella stagione operativa del nostro misterioso milionario... e le indagini proseguono. Prendendo molto sul serio il mio ruolo di vostra detective di fiducia, vi assicuro che tengo le orecchie sempre ben tese, al fine di captare anche la voce o il pettegolezzo più sussurrato che ci porti a scoprire chi sarà, quest’anno, il fortunato destinatario della generosità del nostro benefattore. E sebbene le notizie in mio possesso siano, vi assicuro, molto ghiotte, non mi sento ancora pronta a lasciar uscire dal sacco del nostro Babbo Natale i nomi dei potenziali beneficiari della sua magnanimità. Ma per coloro che, prendendo spunto da me, si sono attivati nelle indagini... Be’, miei cari, che cosa aspettate a telefonarmi? Andremo a pranzo insieme e confronteremo le nostre notizie. Uno scambio di questo genere non può che essere proficuo.
Sam Balfour poggiò il ritaglio di giornale sulla scrivania. «L’hai visto questo? È l’ultimo della serie.» Non aspettò la risposta. «Te l’avevo detto che questa ficcanaso non avrebbe mollato l’osso facilmente. Però, non ha ancora in mano nulla di concreto, o almeno lo spero, altrimenti non avrebbe sollecitato i suoi lettori a fornirle degli indizi. Accidenti, avrei dovuto contattarla io stesso. Così forse ti saresti reso conto che è ora di fermare questo gioco assurdo.»
S. Edward Balfour IV, per suo nipote zio Ned, sorrise mentre sostituiva il ritaglio di giornale con la cartellina di plastica che aveva estratto dal cassetto. «Occupati di questo, per favore, prima che commetta una sciocchezza e fissi con quella donna un appuntamento a pranzo.»
Sam sbuffò, posando gli occhi sulla cartellina. Verde, per l’appunto. Quante cartelline come quella zio Ned teneva nel cassetto? «Io parlo, parlo, ma tu non ascolti. Sto cercando solo di proteggerti, se ancora non l’hai capito.»
«E io ti ringrazio per questo» rispose Ned. «Ma ciò non significa che sia disposto ad abbandonare il progetto di Maureen. Per favore, fa’ in modo che la solita somma venga consegnata entro la settimana.»
Sam guardò la lettera al direttore che suo zio aveva cerchiato prima di verificare il nome del giornale. «Continui a gettare la rete sempre più al largo per reperire i tuoi candidati, eh? Non ho mai sentito parlare di questo posto. È, almeno, sulle carte geografiche?»
«Manderò te al posto di Bruce, così lo scoprirai di persona.»
«In modo da coinvolgermi in questo tuo progetto più di quanto non lo sia già? Grazie tante, ma ne faccio volentieri a meno» ribatté Sam, concludendo il discorso. Zio Ned non si sarebbe lasciato convincere, non per il momento, per lo meno. Chiuse la cartellina e la bloccò sotto il braccio. «Avviserò Bruce di prendere l’aereo della compagnia.»
«Bruce è un brav’uomo. Molto discreto.»
«Evviva Bruce.» Sam stava per voltarsi e uscire dalla stanza, poi esitò. «Sai una cosa, zio Ned? Non so se sperare che questa Emily Raines sia una buona o una cattiva scelta. Non sono sicuro quale esito sarebbe più positivo per te.»
«Tu pensi troppo, Sam. Sarebbe meglio che ti concentrassi di più su ciò che senti con il cuore. La vera gioia sta nel dare, indipendentemente da quel che si possa ricevere in cambio. Tutto ciò che succederà, al di là del gesto generoso, non ci riguarda.»
1
Non c’erano ninfette semisvestite a spargere petali di fiori e la Porsche rossa non era esattamente la classica carrozza delle favole, ma l’uomo che emerse da essa era un dio greco a tutti gli effetti.
Emily Raines poggiò gli avambracci sull’impugnatura della lucidatrice e restò a guardare incantata lo sconosciuto attraverso il vetro della finestra. Alto, spalle larghe, fianchi stretti e capelli scuri, appena mossi dalla brezzolina leggera. Santo cielo, che fluidità di movimenti mentre si protendeva verso il sedile posteriore per prendere la giacca del completo...
Con un sorriso di apprezzamento, si chiese se si fosse fatto cucire i pantaloni su misura, talmente bene gli aderivano alla muscolatura scolpita mentre si chinava.
«Emily!»
Una parte del suo cervello registrò la voce dell’amica, materializzatasi nel vecchio edificio da chissà dove. L’altra continuava a fantasticare su luci soffuse, divani reclinabili, musica di sottofondo, champagne.
«Se devo essere sincera» dichiarò Beth, «non credo tu stia facendo un buon affare.»
Intanto, il tizio stava camminando avanti e indietro lungo il marciapiede, con aria smarrita. «Sei la solita pessimista.» Forse, poteva comportarsi da persona gentile, andargli incontro e chiedergli se si fosse perso e avesse bisogno di indicazioni.
«Sono solo realista» ribatté l’amica, sventolando le carte che stringeva in mano. «I preventivi parlano chiaro. Quindicimila o quindicimila e cinquecento dollari per rifare il tetto. A te la scelta.»
«Quale dei due carpentieri ti sembra più interessato a svolgere il lavoro?» domandò, mentre Mister Adone spostava la sua attenzione verso l’edificio... e si fermava. Il cuore prese a batterle forte.
«A dire il vero, preferirebbero entrambi prendere delle legnate, piuttosto.»
Ecco, stava attraversando la strada. Aveva giusto il tempo per organizzarsi mentalmente. «A proposito di legnate» disse, ruotando rapidamente il capo verso Beth. «Faresti un salto dall’elettricista che è sul retro per chiedergli il preventivo? Io non posso muovermi.» Indicò con un cenno la strada. «Pare che abbiamo visite.»
Beth guardò dalla finestra e sottolineò il suo apprezzamento con un fischio appena soffiato; poi bloccò una ciocca di capelli ramati dietro l’orecchio e sogghignò. «Urla se hai bisogno di aiuto» le raccomandò, ridendo e dirigendosi verso la porta sul retro.
Bisogno di aiuto? Spiritosa. Emily guardò di nuovo in strada, calcolando i tempi, poi iniziò a svolgere con disinvoltura il filo della lucidatrice.
La campanella sopra la porta tintinnò. Indossò il sorriso più sereno, cordiale e anche un po’ sorpreso che le riuscì e alzò lo sguardo.
«Salve» salutò l’Adone.
Calmati, cuore, calmati. Che voce... Calda, profonda, sensualmente roca. «Buongiorno» rispose come in trance mentre osservava lo sguardo vellutato di quel portento della natura scivolarle sulla maglietta annodata in vita, i pantaloncini di jeans con l’orlo sfrangiato, fino agli stivali di cuoio. Poi risalì, esprimendo inconfondibile apprezzamento, per incontrare infine i suoi occhi.
Lo vide accennare un sorrisetto sghembo, la luce negli occhi una deliziosa combinazione di senso di colpa – non era elegante saccheggiare così una sconosciuta – e di piacere.
Emily tenne a freno il proprio sorriso e riuscì a mitigare la nota di speranza nella voce mentre gli chiedeva: «Posso fare qualcosa per lei?».
Il senso di colpa evaporò dal suo sorriso e gli occhi si accesero di riconoscenza. «Sono Cole Preston e mi chiedevo se avesse visto per caso mia nonna, stamattina. Mi aveva detto che sarebbe passata di qua. Ida Bentley, la conosce?»
Bene. Non era un totale sconosciuto. Emily sorrise. «Certo che la conosco. Ida è una persona adorabile, davvero incredibile.»
Un velo di mestizia rimpiazzò la cordialità del suo sorriso mentre annuiva. «Purtroppo, il cervello comincia a perdere colpi, ultimamente. Lo dimostra il suo libretto degli assegni.»
«Oh, certo» assentì Emily, diplomatica, sentendosi raggelare. «Ho notato che è un po’ svagata, ogni tanto.»
«Più di ogni tanto» ribatté lui. «Diciamo pure spesso.»
«Per essere una ultraottantenne, ritengo si mantenga molto bene» si levò Emily in difesa dell’anziana signora. «Per esempio, non solo Ida si veste in maniera impeccabile, ma anche appropriata al tempo e all’occasione. E poi è una così cara, gradevole compagnia. Viene qui tutti i giorni da quando abbiamo iniziato i lavori e ha un sacco di meravigliose idee sui corsi, una volta che saremo in grado di partire.»
«Sta parlando dei corsi di danza interpretativa, suppongo.» Il suo tono era gelido, distante, decisamente critico.
«Naturalmente» confermò Emily. «Sua nonna è una ex ballerina professionista. A giudicare dagli album che ci ha mostrato, deve essere stata una stella di gran fama.»
«Tanti anni fa, sì. Ma ora è diverso. Il suo tempo è passato.»
Il suo tempo è passato? Che modo di esprimersi era quello? «Prego?» chiese perplessa, mentre un’immagine di Ida con una pietra legata al collo che veniva gettata in mare le si delineava nella mente.
«La gente deve smetterla di riempire la testa di mia nonna di fandonie, facendole credere che è ancora in grado di danzare.»
E dire che aveva puntato tanto su quell’incontro. Che delusione. In apparenza, il bel nipote di Ida incarnava il sogno proibito di ogni fanciulla, ma dietro quel corpo statuario si celava un essere cinico e insensibile. Un uomo senza un briciolo di cuore.
In quel momento, il primo pensiero che le sfiorò la mente fu di quanto fosse patetica. E dire che sarebbe stata pronta a fare follie con lui... Luci soffuse, musica di sottofondo, champagne.
Scuotendo la testa e piangendo in silenzio il crollo delle illusioni, si piegò e infilò la spina della lucidatrice nella presa.
«Non ci troviamo evidentemente d’accordo riguardo alle capacità di sua nonna» lo rimbeccò con un’alzata di spalle. «Mi pare fuori di dubbio, però, che sia una persona ben più amabile e meno polemica di suo nipote.»
Non se l’aspettava. Lui batté gli occhi, sorpreso, e schiuse la bocca per ribattere, ma lei non gliene diede il tempo.
«E comunque, non ho visto Ida stamattina, signor Preston. Può provare alla caffetteria o al negozio di articoli da regalo giù all’angolo.»
«Be’, forse