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La notte che piansi due volte
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E-book308 pagine4 ore

La notte che piansi due volte

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Info su questo ebook

15 Febbraio 2016. Il cadavere di Sarah Ajoti, ragazza egiziana di 20 anni, viene ritrovato ai piedi del Po, in pieno centro a Torino. E' nuda, è stata stuprata e le mancano entrambi gli occhi... Inizia così la ricerca della verità da parte dei giovani investigatori Andrea Tripodi e Lorenzo Barale, che li porterà in un mondo peccaminoso, fatto di menzogne e inganni, dove la realtà è più complessa di quel che appare. Nel corso delle indagini, un successivo omicidio all'interno delle Favelas di Rio de Janeiro sconvolgerà le loro certezze, lasciandoli brancolare nel buio rispetto ad un fantasma che sembra inafferrabile. Sullo sfondo, la storia di una famiglia, un prete ambiguo, un poliziotto integerrimo, in un intreccio melmoso, nel quale sesso e amore, vita e morte, magia e religione si fondano per tornare allo snodo di tutto, perché il passato ti insegue finché non lo affronti.
LinguaItaliano
Data di uscita16 ago 2023
ISBN9791221492026
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    La notte che piansi due volte - Antonio Marando

    1. TRA SOGNO E REALTÀ

    L’uomo stava scappando! Andrea non esitò, doveva fermarlo.

    La sua abilità nella corsa, unita a un fisico longilineo gli fecero subito recuperare terreno; ancora pochi passi e sarebbe stato addosso alla preda, ma il fuggitivo si girò di scatto e tirò fuori dalla giacca di pelle una Beretta calibro nove.

    L’investigatore privato Andrea Tripodi se ne accorse, lo guardò in faccia, ma al posto dei lineamenti, di un naso, di una bocca, osservò soltanto un volto oscuro.

    Il tizio sembrava non avesse sembianze distinguibili…

    Prese così l’arma di servizio, ma lo sconosciuto tirò il grilletto prima di lui; Tripodi udì lo sparo, si toccò il petto, sicuro di riscontrare una ferita, un foro, una pallottola.

    Inaspettatamente i suoi sensi non si offuscarono: non sentiva dolore e tanto meno non vi era sangue sgorgare dal suo corpo, percepì solo la suoneria di un cellulare, mischiata al sudore che perveniva dalle lenzuola del suo letto…

    Erano le 23:17 di Martedì 23 Agosto 2016 e qualcuno lo stava svegliando da una morte certa.

    Pronto?

    Pronto! Ciao Andrea, sono Lorenzo, Lorenzo Barale, che fai, non ti ricordi più dei colleghi?

    Barale attendeva una risposta che non arrivò, ma solo qualche bestemmia in calabrese che lui torinese doc non poteva o voleva capire.

    Allora proseguì: Non volevo entrare nei tuoi sogni a luci rosse né tanto meno disturbarti durante le ferie, ma mezz’ora fa mi ha chiamato il Direttore Generale… Ci vuole vedere in sede Lunedì 29.

    A quella notizia Andrea reagì: Che vuole?

    Deve parlarci di persona… Ci sono degli sviluppi per… Tu sai cosa…

    Passò qualche secondo senza che nessuno dei due emettesse un suono, poi Tripodi: Vabbè ci vediamo a Torino allora.

    Ciao Mr.’Nduja concluse Barale.

    Riattaccato il cellulare, Andrea si girò dall’altra parte del letto; senza volerlo cominciò a riflettere sul suo lavoro, sui fatti dell’Inverno passato, sul fantasma che da allora inseguiva, sulle cose che aveva scoperto e sulle domande a cui non aveva ancora risposto.

    Dopo qualche ora immerso nei pensieri, alla fine si riaddormentò, ma questa volta il suo inconscio lo condusse ai felici anni dell’università e allo stesso Lorenzo, il suo più grande amico.

    Mr.’Nduja sognò intensamente il primo semestre di studi alla facoltà di Giurisprudenza all’Università di Torino; si ricordò come, durante quei mesi iniziali, non fosse riuscito ad in - staurare un rapporto con i colleghi di corso che non andasse oltre il frequentare le stesse lezioni, e che questo era dovuto alla differenza culturale, al diverso modo di pensare e agire, al diverso ammontare di banconote nel suo e nel portafoglio degli altri e alla distanza dal centro del monolocale da lui affittato in Piazza Derna, un ultimo spicchio di città prima dell’ingresso in autostrada.

    Al tempo aveva cominciato a pensare che il problema fosse in sé stesso, troppo critico, orgoglioso e diffidente, troppo deciso a non accettare la compagnia di chiunque soltanto per non stare da solo.

    Quella ipotesi, però, si era infranta come un’onda sugli scogli proprio il giorno che conobbe Lorenzo: il 24 Ottobre 2008, data del preappello in Filosofia del Diritto.

    I due, trovandosi seduti vicini, erano stati in grado di collaborare, districandosi in sinonimi e contrari per evitare il copiaincolla. Fu lì che la loro amicizia ebbe inizio.

    Da quel momento, infatti, fecero coppia fissa e si accorsero di avere molto in comune: entrambi erano eclettici, appas - sionati innanzitutto della legge, del suo modo di applicarsi ed adattarsi alla realtà, ma soprattutto della mente umana, delle diverse personalità e di come gli uomini prendono scelte.

    Erano interessati anche alla bella vita, motivo per il quale si recavano al cinema con le rispettive ragazze ed uscivano la sera, rovinandola poi puntualmente nelle discussioni ideologiche infinite se sia meglio essere apollineo o dionisiaco.

    Barale e Tripodi furono inseparabili sia dentro che fuori dall’ateneo; e per tutti quei cinque anni di università, il loro rapporto non fece che solidificarsi: preparavano gli esami, raggiungendo voti alti rispetto alle poche ore di studio, improvvisavano escursioni cittadine, viaggi tra car-sharing, pullman e autostop per le spiagge liguri durante l’Estate e le montagne francesi durante i mesi freddi, gioivano di weekend alcolici e ingressi allo stadio.

    E così proprio in quei fine settimana nei quali facevano tardi, girovagando tra locali, pub e discoteche, i due presero la decisione di laurearsi con una tesi comune sulla legislazione dei Paesi del Sud America per il contrasto al traffico degli esseri umani, progetto che discussero nel Settembre 2013.

    Subito dopo la laurea si misero a cercare un’occupazione, con il desiderio di lavorare vicini, nella stessa città o, se più fortunati, nella stessa azienda.

    Nel Gennaio dell’anno successivo, la loro speranza si concretizzò, poiché entrambi furono presi in considerazione per un percorso per neolaureati presso la Kexora Investigazioni, una nota agenzia torinese che lavora anche per le forze dell’ordine.

    A quel punto, dopo mesi di prove di verifica, approfondimenti di criminologia e psicologia e compiti pratici sul campo, furono assunti full-time in quella Primavera.

    A venticinque anni si trovarono impiegati in un ufficio caldo e accogliente, con la vista sulla collina di Torino.

    Così fu chiaro ad entrambi che in qualche modo le loro vite fossero legate; e anche quando Lorenzo, nel Dicembre del 2014, si fidanzò ufficialmente con Gaia, una coetanea di San Mauro Torinese, il loro rapporto non subì ridimensionamenti.

    Da allora erano passati due anni. Tutto sembrava scorrere come sempre, tra responsabilità e risate.

    Tripodi era soddisfatto di sé stesso e delle sue conquiste; con la garanzia di quel lavoro, era riuscito a farsi concedere un mutuo per un grazioso appartamento nei pressi della Chiesa della Gran Madre.

    Non poteva sapere, allora, che a Febbraio 2016 un uragano lo avrebbe travolto, sconvolgendo tutto quello che lo circondava.

    Mercoledì 24 Agosto 2016

    Andrea alzati che è pronto! Forza che è tornato tuo padre dal lavoro e pranziamo tutti insieme.

    L’investigatore si destò dal letto e guardò l’orologio: le 12:06. Aveva dormito tutta la mattina, assorto nei ricordi, e il suo volto stordito allo specchio lo dimostrava.

    Si sciacquò la faccia, non aveva fame, ma quando vide la tavola imbandita di ottime pietanze ringraziò il Cielo di essere nato calabrese.

    È nella cultura del Sud Italia quella di stare a tavola davanti a prelibatezze fatte in casa per interagire e parlare; e difatti sua madre non si fece attendere: Figliolo hai ventisette anni, quando è che ti sposi? Io voglio essere nonna, sai!

    Non lo so dai, lasciami stare rispose lui infastidito, proprio come se quella domanda non gli fosse stata posta puntualmente ad ogni pasto nei giorni passati.

    In difesa dell’investigatore intervenne il padre, stanco dal lavoro, ma sempre lucido e attento negli argomenti: Teresa fatti i fatti tuoi, lui sa quello che fa… E poi a Torino può tro - varsi tutte le femmine che vuole, che queste del paese non sono buone.

    Ah allora le conosci bene le femmine del paese?! esclamò la madre, la quale, stizzita, prese le forchette e i piatti spor - chi del tiramisù al bergamotto e si rifugiò in cucina.

    Intanto i due uomini, sul procinto di sbellicarsi dalle risate, ma attenti a non farsi sentire, iniziarono a dialogare.

    Mi spiace andare via prima del previsto, ma la prossima settimana devo tornare a Torino.

    Va bene fidju, però stai attento, sono mesi che la TV parla di quello schifio, chi l’ha fatto non può che essere un pazzo. Hai fatto bene a non farti coinvolgere nel circo mediatico; più riesci a starne fuori e meglio è per le indagini.

    Quel pomeriggio Andrea uscì di casa.

    L’abitazione dei suoi genitori distava un paio di km dal mare e per arrivarci bisognava attraversare il paese.

    Guardando dal finestrino, gli ultimi turisti stavano partendo; il posto si stava svuotando di nuovo, come ogni fine Agosto, pronto per la tristezza di un lungo Inverno.

    Tripodi improvvisamente sentì addosso quel sentimento che più di tutto, più della paura, lo faceva spaventare: la noia.

    Nella sua mente i ricordi si susseguivano: il liceo, gli allenamenti di basket e quella maledetta noia che spesso lo attanagliava, sperando che prima o poi arrivassero il caldo e i turisti.

    Ah, i turisti! - diceva tra sé e sé - in venti giorni sconvolgevano equilibri, misure, vite; ma non solo, quei famosi lavori stradali, di un anno in ritardo, magicamente finivano, quel ristorante a cui il Comune ancora non aveva concesso l’apertura finalmente iniziava a lavorare e tutti avevano la faccia da Estate, anche i vecchietti, quelli della piazza, quelli che non perdevano mai a briscola perché ormai conoscevano il retro di ogni carta.

    Così, finita la scuola, Andrea aveva scelto la città più lontana, la più lontana possibile da quella terribile sensazione.

    Mentre pensava, arrivò sul lungomare, si accese una sigaretta e scese in spiaggia.

    Di fronte a lui il Mar Jonio circondava quella terra, che la Storia aveva glorificato, trasformato ed infine distrutto, declassandola a povero Sud.

    Iniziò ad immaginare Scilla e Cariddi, già vedeva la nave di Ulisse tornare ad Itaca, la nascita di Venere, gli emissari ateniesi sbarcare in Magna Grecia, con qualche Bronzo cadere in acqua, Pitagora che navigava alla volta di Crotone; e poi le battaglie, i Romani e i Cartaginesi, i Saraceni e i castelli da espugnare, gli Arabi e gli Spagnoli. A quel punto in lontananza Andrea vide mille navi… Da lì in pochi minuti i rifiuti radioattivi inondavano le acque, i container pieni di neve portavano la morte e le barche, anzi i barconi, pieni di speranze, portavano la vita.

    Tutto lì nel Mare Nostrum.

    L’investigatore alzò lo sguardo, c’era una grande nuvola nera che minacciava pioggia e anche Poseidone aveva iniziato ad agitarsi con onde piuttosto alte.

    Ad Andrea scese una lacrima, ma non in fece in tempo ad asciugarla che il Direttore Generale di Kexora Investigazioni lo chiamò al cellulare.

    Pronto?

    Pronto Tripodi? Hai parlato con Barale? Sì, so già tutto.

    "Bene, ho riservato per te un volo Lamezia-Torino il 27

    Agosto, e bada che non c’erano più posti disponibili; in più, ti ho prenotato un taxi per raggiungere l’aeroporto dal tuo paese sperduto."

    La ringrazio dottore.

    Ora sbrigati! Muovi il culo dalla Terronia! Ciao. Ciao.

    Chiudendo la chiamata, Mr.’Nduja sorrise amaramente. Conosceva bene come era fatto il suo capo: non era un piacere quello che gli faceva; tutte quelle carinerie volevano semplicemente significare che l’incarico che affiderà a lui e a Barale era di quelli indigesti.

    2. UNA RAGAZZA DALL’EGITTO

    Lunedì 29 Agosto 2016

    Dovete andare in Brasile!

    Le facce di Tripodi e Barale sconcertate. Avete capito bene, domani volate a Rio! Ma come? reagì Andrea.

    Il Direttore Generale lo fermò: So dove vuoi arrivare Tripodi, c’è una operazione congiunta con la polizia brasiliana e la sovranità statale non verrà violata. Ho parlato con il Mini - stero degli Interni, il quale ha ricevuto una notifica dal Ministério do Interior di Brasilia, loro gli hanno chiesto di voi perché eravate voi gli incaricati nel caso Happiness… Non voglio ricordarvi l’importanza di questo compito, che aumenterebbe la fama internazionale di questa già nota agenzia e…

    Signore, il caso Happiness, sa cosa vuol dire?

    Sì, lo so Barale. A Rio è successo qualcosa, è possibile che quel bastardo si sia fatto di nuovo vivo e voi due siete quelli che lo conoscono meglio.

    Passò qualche secondo, poi il capo sentenziò: Ricordatevi che lì sarete due turisti, nessuno dovrà sapere chi siete o quello che fate. Già abbiamo i giornalisti tutti i giorni in sede, ci manca che si scopre che stiamo seguendo una pista in Brasile.

    Usciti dall’agenzia da una porta sul retro, i due colleghi non volevano guardarsi in faccia, entrambi sapevano che il passato ritorna sempre e loro dovevano essere pronti di nuovo.

    Hai paura? disse Lorenzo.

    Ce l’hanno tutti rispose Mr.’Nduja.

    Vado da Gaia, dovrò spiegarle perché faccio ‘sto lavoro. Tu dille che dai la caccia ai cattivi per proteggerla.

    Si diedero un’occhiata triste, salutandosi.

    Quella sera Tripodi si addormentò con in braccio il fascicolo di Sarah Ajoti, una ragazza che voleva essere sempre felice.

    Sei mesi prima

    Kexora Investigazioni, buongiorno.

    Buongiorno, Carabinieri di Porta Susa, mandateci un investigatore, c’è una ragazza che ha sporto denuncia per stalking.

    Agli ordini.

    Pronto?

    Tripodi vai in Via Cernaia, c’è bisogno di te.

    Agli ordini.

    Erano le 06:52 del 15 Febbraio.

    Il termometro faceva quattro gradi, il cielo era biancastro e le strade deserte. Nell’aria vi era una sensazione strana, disillusa, tipica dei giorni immediatamente successivi alle feste, quando ormai il Santo è passato, o, in termini più sacrileghi, quando, sotto sbornia, tocca pulire casa dopo una festa riuscita bene.

    In quel caso sembrava proprio che San Valentino avesse portato tanto amore ai suoi adepti.

    Andrea posteggiò la macchina con facilità in un parcheggio desolato ed entrò in caserma; quello che vide subito dopo fu mozzafiato: alta all’incirca 1 metro e 65, mulatta, capelli neri e ricci, vestita sportiva con leggings che facevano intravedere un fisico statuario e giacca in pelle a celare il seno generoso.

    Un carabiniere piuttosto giovane li introdusse l’un l’altra: Signor Tripodi sono lieto di averla in centrale, le presento Sarah.

    Piacere mio, le strinse la mano Mr.’Nduja, accorgendosi dei bellissimi occhi della ragazza; rammentò di non aver mai visto niente del genere.

    Sarah, ora puoi dire all’investigatore quello che hai detto a me concluse il gendarme.

    Grazie mille sibilò la fanciulla con una voce avvolgente.

    I due iniziarono a parlare in una stanza privata.

    Signor investigatore, sono diciotto anni che io e mio fratello viviamo in Italia. Siamo venuti dall’Egitto perché lui stava male, insieme ai dottori stiamo affrontando un cancro e Jonas lo combatte da quando è bambino… Ma una settimana fa ho trovato nella borsa un biglietto e così sono venuta a portarlo ai Carabinieri.

    Stai tranquilla Sarah, fammi vedere il pizzino.

    Il pezzo di carta stampato al PC corrispondeva proprio a quelli che Andrea aveva studiato in casi esempio anni prima all’università: un file A4, completamente bianco e con scritto in centro e con lo stile Times New Roman SARAI MIA.

    Visionando il foglietto, l’investigatore si preoccupò ulteriormente; sapeva che i criminali più temibili sono quelli ordi - nari e metodici, ma non lo lasciò avvedere, così la ammonì: Perché hai fatto la denuncia solo dopo una settimana?

    La ragazza, sorpresa dalla domanda, rispose confusamente: Non lo so, è la prima volta che mi succede, ero incerta se ve - nire dai Carabinieri, credevo fosse una stupidata. Era da qualche giorno che pensavo di denunciare la cosa, l’ho portato solo oggi perché soltanto stamattina ne ho trovato il coraggio. Da quando ho reperito il biglietto, però, non mi sento al sicuro, ho la sensazione che qualcuno mi guardi 24 ore su 24 e ho i brividi ogni volta che sono da sola per strada e a casa… Non riesco più a convivere con questa situazione.

    Compreso lo spavento, Andrea girò intorno alla questione, rimodulando l’ordine con cui fare le domande.

    Prima hai detto che sei da diciotto anni in Italia. Raccontami un po' di più.

    Cercando di calmarsi, lei spiegò: Avevo due anni quando io e Jonas siamo arrivati a Torino, lui addirittura ne aveva solo uno. La mia famiglia era di Fayyum, una grande città nel deserto a sud del Cairo. Fortunatamente lì era in missione Padre Mauro, e quando è venuto a conoscenza della grave malattia di mio fratello, ci ha portati qui, alla Grande Dimora di San Paolo Apostolo dei Gentili. Dovevano venire con noi anche mamma e papà, ma c’erano dei problemi burocratici con i documenti; hanno tentato di risolverli, ma non hanno fatto in tempo, perché sono morti poco dopo, quando io avevo quattro anni.

    Tripodi premette sull’acceleratore: Padre Mauro ti ha detto come sono scomparsi?

    So che sono morti mentre erano in chiesa, durante un at - tentato terroristico. Nel portafoglio ho una loro foto, se vuole gliela mostro.

    Si, volentieri.

    Il ritaglio di pellicola fotografica ingiallita che la ragazza diede ad Andrea mostrava due giovani sposi sorridere in un cortile polveroso e pieno di cani con dietro una piccola casa di legno immersa nel nulla.

    Su di lui si intravedevano le toppe usate per coprire i buchi della giacca di velluto, mentre lei indossava un vecchio vestito bianco e portava un ciondolo al collo.

    Quando l’investigatore ebbe finito di ispezionare la foto, lo stesso identico ciondolo gli apparve di fronte.

    Sarah sorrise: E’ l’unica cosa che ho di mia mamma. C’è inciso Be Happy in inglese.

    Tripodi rimase interdetto per qualche secondo, poi le mostrò il suo dispiacere, ma non era mai stato bravo nei convenevoli, non aveva mai voluto fingere di capire i dolori altrui senza davvero comprenderli; così continuò: Scusami ma devo chiedertelo, hai un ragazzo o ex con il quale non sei in buoni rapporti?

    Lei rispose con spontaneità: A me piacciono le donne. Ho avuto una ragazza fino a poco tempo fa, poi ci siamo lasciate. Adesso vive a Kaunas, in Lituania.

    Mr.’Nduja, accertata la pista passionale, chiese ancora: Posso parlare con Padre Mauro?

    Non più. È scomparso a Novembre dello scorso anno. Era così vecchio. Quando è morto mi ha lasciato in eredità un bell’appartamento in Via delle Orfane, dove mi sono trasferita e risiedo tuttora. Inoltre nel suo testamento ha dato tanti soldi all’Ospedale San Luca Evangelista per le cure di Jonas, dove lui è ricoverato.

    Andrea non sapeva più cosa dire; in poche domande aveva tirato fuori la morte dei genitori mai davvero conosciuti, la malattia del fratello, il decesso dell’uomo che più per lei si avvicinava ad un padre.

    Così, con tono accomodante, le disse: Sarah, quando vuoi possiamo fare dieci minuti di pausa. Va bene? Nel frattempo posso chiederti cosa fai per vivere?

    Non c’è problema, possiamo continuare. Faccio la commessa in una libreria di Piazza Savoia, sono lì da quando ho 16 anni. Padre Mauro mi ha trovato quel lavoro. Non mi pagano molto, ma ho un contratto e mi versano i contributi e poi, grazie a lui, ho una casa tutta mia.

    Annotata quell’informazione, Tripodi proseguì: Va bene, un’altra domanda, la più importante. Devi cercare di ricordare bene tutto. Cosa hai fatto il giorno che hai trovato il bigliettino, l’8 Febbraio scorso?

    Sarah chiuse gli occhi, poggiò i gomiti sul tavolo che aveva di fronte e li usò da sostegno per le mani che, chiuse en - trambe a pugno, si posizionarono sotto al mento.

    Poi iniziò a raccontare: Mi sono alzata intorno alle sette e trenta. Ho fatto una doccia calda, il mio solo ed unico modo di svegliarmi, poi colazione, che a me piace fare con marmellata e pane tostato, succo all’ananas, un frutto e per finire un buon caffè. Dopo aver mangiato, come al solito, mi sono seduta die - ci minuti sul divano per guardare le news del mattino; poi ho lavato i denti e sono uscita di casa intorno alle nove meno die - ci, buttando la spazzatura nel contenitore in strada.

    Mentre la ragazza faceva il resoconto della sua mattinata, l’investigatore era incerto se dirle o meno che non doveva rac - contare proprio tutto; ma, divertito, la lasciò proseguire.

    Abito a 200 metri dalla libreria e sono arrivata a lavoro qualche minuto dopo le nove. Poi sono andata subito alla cassa. Di solito il Lunedì non c’è mai molta gente, e di fatti saran - no venuti non più di dieci persone. Tutti clienti abituali.

    Conosci tutti quelli che sono entrati?

    Si certo che li conosco. Non personalmente, ma li vedo spesso lì. La nostra non è una libreria di grandi firme, è un pic - colo negozietto che cura per lo più testi scolastici, religiosi e libri antichi e rari. Quelli che sono entrati erano soprattutto persone anziane del quartiere, qualche prete e una suora.

    Tripodi annuì, facendole segno di continuare.

    Alle 12:30 siamo andati a pranzare con i colleghi nel nostro solito posto: un bistrot in piazza Savoia.

    Cosa sai dirmi dei tuoi colleghi? Sanno del biglietto?

    In negozio siamo quattro. Da quando lavoro lì ogni sei mesi i colleghi cambiano, di fisso ci siamo solo io e Luigi, il figlio del proprietario. Dallo scorso Settembre abbiamo due ragazze che studiano a Palazzo Nuovo, ma loro sono disponibili tutto il turno solo Lunedì, Mercoledì e Venerdì. Gli altri giorni solo la mattina. Ovviamente nessuno sa niente di questa storia.

    Andrea fu sollevato nell’apprendere che nessun altro fosse a conoscenza di quella denuncia.

    Poi chiese: E invece il proprietario lo conosci?

    Lei annuì: Prima veniva spesso in negozio. Purtroppo non lo vedo più da qualche mese, proprio dal giorno del funerale di Padre Mauro. Mi ha detto Luigi che da allora ha un brutto malore che lo costringe a letto.

    L’investigatore scrisse anche quell’informazione sul suo block-notes.

    "Tornati a lavoro, il pomeriggio è venuta più gente. Non saprei dire quanta; ad occhio almeno il

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