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L'amore sbagliato
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E-book339 pagine5 ore

L'amore sbagliato

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Info su questo ebook

Lui bellissimo, lei una donna come tante, lui squattrinato e spensierato, lei benestante con degli obiettivi ben precisi. Da un lato c’è Patrizia, convinta che il suo destino sia quello di restare single per sempre, ma che in fondo al suo cuore continua a nutrire la speranza di sposarsi e creare una famiglia; dall’altro Loris, un giovane eternamente libero che non ha voglia di costruire legami duraturi. Due rette parallele che non si incontrerebbero mai, eppure le loro vite si incrociano all’interno di un resort ai piedi del lago di Bracciano. La sfacciata bellezza del ragazzo travolge Patrizia, senza lasciarle scampo. Lui però non è affatto l’uomo giusto per lei, anzi, rappresenta tutto ciò che non vorrebbe. Ma l’amore non guarda in faccia nessuno e la loro storia sarà così forte da superare ogni barriera.
LinguaItaliano
EditoreBookRoad
Data di uscita3 dic 2020
ISBN9788833220949
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    Anteprima del libro

    L'amore sbagliato - Susanna Ciccone

    Capitolo 1

    Patrizia Giuliani lanciò fugacemente uno sguardo all’immagine riflessa nello specchio. Per quanto tentasse di non soffermarcisi, notò delle minuscole rughe che iniziavano a prendere forma agli angoli della bocca. Continuò impietosamente a fissare lo specchio, intenzionata a stanare qualsiasi segno che le rammentasse di aver ormai raggiunto la soglia dei trent’anni. Una data cui lei non sarebbe mai voluta giungere, tanto più se sola, single e senza alcuna prospettiva di matrimonio o figli.

    Nonostante la sua bassa autostima, non poteva definirsi una brutta donna. I grandi occhi verdi e la bocca carnosa le ricordavano che, a parte quelle miserabili rughe, poteva ancora dirsi nel pieno della giovinezza. Afferrò la spazzola sul comodino, senza staccare gli occhi dallo specchio, e cominciò a pettinare i lunghi capelli biondi. Le punte erano decisamente secche e sfibrate, colpa delle mèches che aveva dall’età di diciassette anni. Raccolse le pesanti ciocche di capelli in una comoda coda di cavallo e si voltò verso l’armadio. Acciuffò un paio di jeans taglia 42 abbondante e una maglietta abbastanza larga, con la quale si augurava di coprire quei cinque chili in eccesso e una prosperosa quarta di seno. Indossati i capi fece una serie di giravolte di fronte allo specchio, infilò un paio di zeppe per contrastare il suo scarsissimo metro e sessanta e finalmente si decise a uscire.

    Quel giorno aveva appuntamento con suo padre, per discutere di un probabile lavoro imminente, che l’avrebbe aiutata a guadagnare quanto bastava per arredare la sua nuova casa di Roma. Si era infatti trasferita da poco in zona Cortina d’Ampezzo, non lontana dalla lussuosa casa dei suoi genitori in viale Parioli. Economicamente non poteva lamentarsi: sin dall’infanzia i genitori non le avevano mai fatto mancare nulla, pur crescendola con dei sani valori e insegnandole a non adagiarsi sulle eventuali fortune della vita. E così aveva fatto. Si era contraddistinta fin dalle medie per gli ottimi voti scolastici, diplomandosi alla maturità classica con cento e laureandosi con il massimo dei voti in Medicina. All’età di otto anni aveva deciso di seguire le orme di suo padre, il quale l’aveva felicemente accolta nella sua clinica, della quale era direttore, appena conseguita la laurea. Aveva iniziato a lavorare da subito e si era resa conto di aver fatto la scelta giusta, in quanto le mansioni mediche le piacevano e il padre era stato capace di stimolarla, facendole guadagnare la stima di tutti i suoi colleghi. Ma, se la sua vita lavorativa andava a gonfie vele, non poteva dirsi altrettanto di quella sentimentale.

    Era incappata in storie poco importanti e uomini che non le avevano lasciato altro che amaro in bocca, avallando l’idea già pessima che possedeva dell’universo maschile. Purtroppo per lei, era di indole romantica, e non riusciva a rinunciare all’idea di incontrare un giorno la sua anima gemella, di provare quelle fantomatiche farfalle nello stomaco. Aveva visto tra i suoi parenti e amici sbocciare amori e fioccare matrimoni, fantasticando di potersi prima o poi trovare al loro posto. Ma ormai stava iniziando a considerare l’ipotesi che la sua dolce metà esistesse soltanto nelle sue fantasie e quell’ottimismo iniziale andava scemando giorno dopo giorno. Ciò che la mortificava di più era la paura di non riuscire a trovare marito in tempo per dare alla luce un figlio, il suo più grande desiderio. Lo scorrere dei giorni ticchettava come il suo orologio biologico e quel ritmo le risuonava nella mente nei momenti di sconforto, ricordandole che il periodo della gioventù spensierata si stava allontanando senza possibilità di recupero.

    Intristita da quei pensieri ormai ricorrenti, salutò il padre con poco entusiasmo. Si sedettero a un tavolo e ordinarono un aperitivo. Fortunatamente ciò che le disse riuscì a farle riacquistare un po’ di buon umore. Le raccontò, infatti, di aver avviato un progetto insieme al suo inseparabile socio, Pietro Marini, e aveva bisogno della sua collaborazione per farlo decollare. Consisteva in una sorta di villaggio vacanze nei pressi del lago di Bracciano, che si augurava restasse in funzione anche durante la stagione invernale. Avevano stipulato una convenzione con un albergo a quattro stelle lì vicino e avevano ottenuto l’autorizzazione per costruire tutta una serie di impianti sportivi nella zona. Il villaggio doveva entrare in funzione a febbraio e il padre la incitò ad andarlo a vedere, così da potergli riferire eventuali considerazioni. Il suo compito consisteva nell’effettuare qualche ora al giorno in ambulatorio e qualche notte di guardia (alternandosi con altri colleghi), così da garantire ai clienti del club un’assistenza sanitaria ventiquattro ore su ventiquattro. Il padre le propose di chiamare anche la sua migliore amica Fiorella, detta Lella, che, facendo l’insegnante a scuola, sarebbe stata utile come animatrice per i bambini.

    Patty annuì, consenziente. Si erano conosciute ai tempi delle medie e avevano legato quasi subito. Fisicamente erano molto diverse: Lella aveva un viso piuttosto mascolino e una figura slanciata che superava il metro e settanta di altezza, occhi e capelli molto scuri e una leggera frangia a conferirle un aspetto da adolescente nonostante i suoi ventinove anni. A discapito di questa grossa differenza fisica, caratterialmente erano abbastanza simili. Entrambe timide e con una spiccata interiorità, molto studiose e affamate di esperienze. La passione per i viaggi era stato il primo tratto in comune che le aveva legate indissolubilmente. A sedici anni erano partite per Berlino senza dire nulla ai genitori e avevano visitato tutti i principali monumenti della città, imparato la lingua con corsi audiovisivi e si erano fidanzate per la prima volta con una coppia di ragazzi spagnoli, assaporando e condividendo le travolgenti emozioni della prima cotta. Il viaggio della maturità, lo avevano progettato tre giorni prima, poiché, essendo entrambe terribilmente scaramantiche, non avevano osato organizzare nulla finché non vi fosse stata la certezza assoluta della promozione. Avevano preso gli ultimi posti di una crociera nel Mediterraneo, attratte dalla tappa a Ibiza, capitale del divertimento senza limiti. Proprio lì si erano ubriacate per la prima volta e, con l’incoscienza dei diciotto anni, non avevano messo in conto l’ipotesi di perdere la nave. Avevano dovuto prendere l’aereo il giorno seguente, mandando a monte due giorni pagati di crociera con conseguente castigo da parte dei genitori. Patty sorrideva nel rimembrare la spensieratezza di quei momenti mentre afferrava il telefonino e componeva a memoria il numero della sua compagna di vita. Si accordarono per visitare il centro la settimana seguente, incastrando i vari impegni di entrambe.

    Scelsero una giornata piuttosto assolata e discretamente calda per essere gennaio. Partirono con la macchina di Patty, una Volkswagen bianca ultimo modello, e dopo un’ora scarsa parcheggiarono davanti alla grossa struttura. Il luogo subito le sorprese piacevolmente, con una leggera brezza e il lago a pochi metri che costeggiava l’intero centro. Superato il parcheggio, si apriva una grossa distesa verde, con pochi fiori al momento, che si estendeva fino all’ingresso dell’hotel. Quest’ultimo era caratterizzato da una bellissima hall con un grosso salone arredato in stile moderno, quadri sparsi a ornare la parete bianca appena tinteggiata. Era ancora percepibile l’odore di vernice fresca appena stirata su quell’imponente struttura. Si avviarono verso la reception e si trovarono in un altro salone dalle pareti chiare e con un grosso schermo aderente al muro che avrebbe trasmesso le varie competizioni sportive. Diedero un’occhiata anche al ristorante, ancora da ultimare, ma che fece loro subito un’ottima impressione per via della sua grandezza e del terrazzo su cui era situato, il quale offriva una bellissima vista agli ospiti. Uscirono e fecero un giro anche per i dieci campi da tennis, i cinque campi da calcetto e la piscina, al momento vuota. Tornarono a casa decisamente soddisfatte, e Patty non vedeva l’ora di iniziare questa nuova esperienza. Uno stacco dalla routine che magari le avrebbe riservato qualche piacevole sorpresa, chissà…

    Il primo febbraio ci fu la prima inaugurazione del villaggio e da quel giorno in poi ogni weekend aveva luogo una specie di open day, dove coloro che ancora non conoscevano la struttura avevano la possibilità di visitare il luogo e prendere parte alle varie attività disponibili. Al momento soltanto i campi da tennis e quelli da calcetto erano stati ultimati, mentre per i corsi di nuoto e di yoga si sarebbe dovuta attendere ancora qualche settimana. Avevano lanciato la pubblicità tramite i social network e la risposta era andata oltre le aspettative. Di settimana in settimana il numero degli iscritti cresceva nonostante l’apertura ufficiale fosse stata stabilita a marzo.

    Verso fine febbraio, Patty e Lella decisero di recarsi lì uno dei tanti weekend per vedere come stava evolvendo la situazione. Il padre di Patty al telefono le era parso estremamente entusiasta e ciò l’aveva spinta a voler osservare con i propri occhi l’andamento dei lavori. Era una giornata un po’ fredda ma dal sole splendente, che illuminava il villaggio vergine. Numerosi giardinieri erano intenti a dare una forma alla distesa naturale che si presentava subito dopo il parcheggio. Le due ragazze schivarono le varie zone delimitate dai lavori e si diressero rapidamente al bar che era stato aperto pochi giorni prima. Si trattava di un piccolo chiosco verde scuro, poco distante dai campi da tennis e da calcetto, pronto a offrire ristoro agli atleti che completavano la loro seduta di allenamento. Erano stati collocati una decina di tavolini coperti da una piccola tettoia in legno il cui compito era proteggere gli ospiti dal caldo sole estivo. L’atmosfera era decisamente suggestiva: la distesa d’acqua calma e rassicurante incuteva una grande serenità e permetteva alla mente di vagare lontano dallo stress quotidiano.

    Patty e Lella si accomodarono ai tavolini e ordinarono un aperitivo, mentre osservavano vari gruppi di persone assistere alla presentazione della scuola tennis e della scuola calcio, mentre altri, già iscritti, si rilassavano sulle sdraio o si dilettavano in incontri tennistici e partite di calcetto.

    «Speriamo che questo lavoro non si riveli troppo stancante» sospirò Patty, rivolta all’amica.

    «Ma no, ho la sensazione che qui si respiri aria di vacanza, per cui non può essere faticoso» controbatté Lella, sorseggiando un Bloody Mary. «L’ambiente poi non mi sembra male. Gente di tutti tipi, né troppo snob né troppo burina: la giusta via di mezzo, grazie al cielo!»

    Patty annuì, dandole ragione.

    Di lì a poco le due giovani vennero interrotte da Matteo, maestro di tennis di livello mediocre, vecchio amico delle ragazze, con il quale avevano perso i contatti e che ora rincontravano in quel villaggio. L’uomo si prese una sedia dai tavolini vicini e si accomodò accanto a Lella. Patty gentilmente gli offrì le pizzette che le erano state appena portate e che non osava toccare, onde evitare di rovinare la sua linea già tutt’altro che perfetta. Poco dopo furono raggiunti da Marino, di anni quarantaquattro, simpatico e per niente attraente, maestro di livello sempre molto scarso.

    «Mi auguro che il forte dei maestri non siate voi qui, altrimenti poveri alunni! Torneranno a casa più incapaci di prima!» sfotteva Patty, sorseggiando una Coca Cola light.

    «Purtroppo noi siamo la vecchia guardia. Insegneremo solo agli adulti scarsi e ai bambini, per il resto ci saranno dei maestri molto forti e giovani, tutti classificati.»

    «La palla, non ce la fanno manco vedere!» ridacchiava Marino, mentre riponeva le racchette nel borsone.

    «Tua moglie come sta, Mat?» chiese Patty.

    «Non parlarmene guarda…» scosse la testa, facendosi serio. «Purtroppo le cose non vanno affatto bene tra di noi. Litighiamo spesso e di conseguenza non abbiamo voglia di vederci. Infatti, come vedi, lei, qui, non c’è, ma forse è meglio così.»

    «Invece la mia si è stabilita qui» intervenne Marino, per rompere quel momento di imbarazzo che si era creato «e non è facile liberarsi di quella! Mi segue ovunque, la malefica!»

    «Lavora anche lei qui?»

    «No, figurati, sta qua come moglie e basta. Non fa niente dalla mattina alla sera!»

    Tutti risero divertiti.

    «Ah, che disastro queste mogli!» sospirò Patty, sorridendo. «Dipingete il matrimonio, voi uomini, quasi fosse la peste!»

    «Non mettere il dito nella piaga per favore! Non sai come vi invidio a voi single! Credetemi ragazze, è la condizione migliore nella vita! Non lasciatevi fregare dal matrimonio, voi che ancora siete in tempo!» le ammonì Matteo.

    «Mah, tutta questa felicità a noi sfugge!» fece Lella, lanciando uno sguardo di intesa a Patty «Vi assicuro che la solitudine è un mostro orribile da cui è difficile nascondersi.»

    «Io sono dell’opinione che nel matrimonio ci si senta ancor più soli.»

    «Se è fatto con la persona giusta questo non può accadere.»

    «Ma va’! Questa persona giusta non esiste, è un’illusione dei film strappalacrime! Non vi fate incantare da sogni e romanticherie varie. Il matrimonio, con chiunque lo si faccia, si rivela sempre una gran fregatura!» rincarò Matteo.

    «Mi associo!» fece l’amico, brindando ironicamente con una birra.

    «Mi fate solo ridere voi uomini! Dite tanto e poi vi sposate tutti!» continuò Lella.

    «Sbagliamo tutti.»

    La solita storia, pensò Patty tra sé e sé, si sposano tutti, ma sempre con le altre. Con noi sono tutti grandi oppositori del matrimonio e con le altre si sposano, fanno i bambini e poi si vengono a lamentare con noi, che siamo sole.

    Questi pensieri le davano sempre un’enorme nausea e schifo per gli uomini e per se stessa: per i primi perché erano solo dei vili bugiardi e con se stessa perché non era mai riuscita a farli innamorare e a sposarsi, cosa in cui riuscivano tutte. Non poteva fare a meno di sentirsi inferiore alle altre, senza alcuna distinzione, inadeguata e insicura ad affrontare la vita.

    E poi, chiaramente, il sesso le mancava. Sebbene tentasse di sopprimere il più possibile questo impulso, esso riemergeva con prepotenza, sfondando le barriere inibitorie che la sua mente creava per gestirne la mancanza. Un bel corpo maschile da guardare e accarezzare, una notte di fuoco dove scaricare tutto lo stress nello sport più antico del mondo! Ne aveva una voglia incredibile, dato che non le capitava da un secolo, ma, probabilmente, il responsabile principale del fatto che fosse sempre sola era proprio il sesso, dove lei si sentiva continuamente inadeguata e senza dubbio una vera frana. Anche in quello si credeva inferiore alle altre donne e di gran lunga! Certo non sarebbe stato con le arti sessuali che avrebbe potuto conquistare un uomo… con quelle l’avrebbe piuttosto fatto scappare a gambe levate, cosa che purtroppo le era accaduta più volte.

    Ma tanto doveva imparare a convivere con quell’idea senza soffrirne troppo, senza essere preda di angosce e oscuri terrori. Doveva viverla con serenità. Così si costrinse ad ascoltare quei soliti discorsi idioti che gli uomini le propinavano di continuo, senza ribollire troppo. Per fortuna di lì a poco il discorso volse su altri fronti.

    «Voi come vi sistemate?» chiedeva Marino. «Dormirete in hotel?»

    «No, staremo a casa mia. Mamma aveva una vecchia villa a cento metri da qui. Ci siamo andati pochissimo, ma è veramente molto carina e in questo frangente è perfetta. Comunque a cena e nel dopocena saremo qui.»

    Nel frattempo, la presentazione si era conclusa e varia altra gente si stava dirigendo ai tavoli, chiacchierando e ordinando da bere, e di tanto in tanto passava qualcuno a salutare i due maestri.

    «Ma conoscete proprio tutti, voi due!» osservò Lella.

    «Quasi tutti. Ah, ecco un nuovo maestro da presentarvi. Lui è Stefano e fa parte del team dei maestri forti» ridacchiò Marino.

    Stefano era molto alto, con un mento sporgente e il volto scavato dalla magrezza, accompagnato dalla fidanzata altrettanto alta e magra, di nome Silvia. Strinsero con le loro mani ossute quelle di entrambe le ragazze e presero posto al tavolo. Ordinarono una serie di birre per inaugurare la giornata calda e piacevole mentre Matteo e gli altri maestri raccontavano aneddoti sui rispettivi colleghi della scuola tennis.

    A un certo punto Silvia, la ragazza di Stefano, intervenne volgendosi verso Patty e Lella. «Vi informo che a far parte del loro team abbiamo il ragazzo più bello del mondo e, credetemi, non sto usando un eufemismo! Suppongo faccia il fotomodello, oltre che il maestro, e vi assicuro che è qualcosa di incredibile. I vostri occhi resteranno imbambolati a fissare il suo fisico statuario! Io, quando l’ho visto per la prima volta, sono rimasta quasi scioccata!»

    «Accidenti! Questo club si fa sempre più interessante!» ridacchiò Lella, eccitata.

    «Dubito che sia interessato a voi e comunque è la persona più stronza che io conosca» intervenne subito Matteo, visibilmente scocciato.

    «Sono pienamente d’accordo!» lo appoggiò Stefano.

    «I soliti uomini invidiosi» sorrise Patty.

    «Non si tratta di invidia. La sua stronzaggine è un dato assolutamente oggettivo e non ha niente a che vedere con la sua bellezza. Comunque, vi consiglio di lasciarlo perdere. Il numero di ragazze che ha intorno non è quantificabile e non l’ho ancora visto filarsi nessuna. Probabilmente crede di essere una sorta di semidio e che nessuno possa essere alla sua altezza… guarda, il solo parlarne mi irrita!»

    «Comunque» riprese Stefano «in giro si vocifera che sia gay, dato che non lo si vede mai con donne. Sta sempre con uomini o da solo, perché nessuno riesce a sopportarlo.»

    «Quanti anni ha?» chiedeva Patty, ora incuriosita dal quadro che era stato fornito del giovane.

    «Sui ventuno-ventidue, credo. È molto giovane e si chiama Loris. È di Torino e voci di corridoio narrano che la famiglia non abbia una lira. Magari fa pure il prostituto!» ridacchiò insieme ai colleghi, i quali lo appoggiarono, annuendo divertiti.

    «Che maligni che siete! Poi siamo noi donne a essere vipere… alla faccia! Comunque, a parte il piccolo Adone che è ovviamente irraggiungibile per tutte le donne qui presenti, ho notato invece che ci sono vari uomini niente male e senza alcun dubbio più accessibili. Per cui, se siete single, qui il materiale non manca!» le esortò Silvia.

    «In effetti in questo club mi pare che non manchi proprio nulla. Abbiamo due maestri da strapazzo, un gruppo di giovani atleti, tante donzelle in fiore, alcune delle quali ancor in cerca dell’anima gemella, e addirittura un fotomodello bellissimo ventenne. Che vogliamo di più dalla vita? Potremmo crearci una soap opera!» sorrise Patty.

    «Chissà che non ce la vivremo davvero, una soap opera!» aggiunse Lella, accendendosi una sigaretta.

    La villa si ergeva a qualche centinaio di metri dalla struttura. Era stata sua madre a volerla a tutti i costi, nonostante il prezzo piuttosto elevato e l’impossibilità da parte di tutta la famiglia di andarci con una certa frequenza. Patty aveva quindici anni compiuti quando, dopo innumerevoli litigi tra i suoi genitori, la madre aveva alla fine avuto la meglio e l’acquisto era stato fatto. La villa era senza dubbio bella: due piani, scale a chiocciola, un soggiorno piuttosto ampio che ospitava un grosso divano in pelle nera, una serie di vasi di porcellana, un tappeto indiano e una tv al plasma posizionata al centro. Le stanze da letto erano due: una al piano di sotto, piuttosto grande ma molto scarna nell’arredamento, e una al piano di sopra, più piccolina, dalle pareti rosa chiaro e innumerevoli quadri impressionisti. Era quella la stanza di Patty. Era stata senza dubbio felice dell’acquisto, all’epoca, sebbene non riuscisse a capire la tanta insistenza da parte della madre.

    «Ma non vedi quanto è bella? Ci andremo ogni volta che vorremo rilassarci e staccare la mente: sarà il nostro rifugio dal mondo» le aveva detto lei.

    Un rifugio lo era stato davvero, ma non per Patty. Lo era stato per la madre con un altro uomo. Patty scosse la testa e scacciò subito quel ricordo amaro.

    Lella si avvicinò alla porta finestra che circondava il soggiorno e guardò fuori. Il panorama era stupendo: le stelle splendenti si specchiavano nell’immenso lago color blu notte, immobile e silenzioso. Da lontano si scorgevano le luci che illuminavano il club, con figure minuscole che si muovevano sinuose in quella serata così suggestiva.

    «Accidenti, questo lago di sera è veramente romantico! Peccato che non abbiamo un uomo con cui passeggiare mano nella mano sulla sabbia, lungo la riva… Che favola sarebbe!» concluse Lella, continuando a guardare fuori con aria sognante.

    «Dici bene: una favola. Io ormai ho smesso di credere alle favole e alle storie romantiche. Sono solo il frutto di una grande fantasia!» sospirò Patty sconsolata, posando la scopa e accostandosi a lei.

    «Ora non esagerare con la negatività! Può darsi che la vita ci riservi ancora qualcosa, non credi? Può darsi che proprio in questo club incontreremo l’uomo della nostra vita, che ne sai?»

    Patty sorrise e non disse nulla.

    Capitolo 2

    Il giorno dopo, il tempo tornò a ricordar loro che era febbraio e non maggio: la pioggia si abbatteva violentemente sul terreno, sradicando quei piccoli fiori coraggiosi che erano spuntati e scrosciando sulle finestre inermi. Il picchiettio della pioggia sulla villa destò dai loro sogni le due ragazze, che si vestirono a fatica e andarono a lavorare a Roma, per poi tornare verso sera al club. Il ristorante era stato completato e così decisero di testare subito la qualità del servizio. La cena era a buffet e su un tappeto mobile scorrevano le diverse pietanze, che traboccavano di calorie, minacciando spaventosamente la dieta di Patty. Si sedettero con Matteo, Marino e altre tre coppie di amici, fra cui Silvia e Stefano.

    Silvia, a un certo punto, smise di mangiare e alzò gli occhi verso l’entrata del ristorante. «Care ragazze, deliziatevi, ecco a voi il più bel ragazzo del mondo.»

    Patty si voltò, divertita, sgranocchiando un grissino, per vedere quanto corrispondesse al vero quella descrizione. Il sorriso spensierato che indossava le morì non appena girò la testa e gli occhi le si spalancarono meccanicamente, quasi fosse una reazione fisica alla vista di qualcosa che andava oltre il naturale. Diede un rapido colpo di ciglia per assicurarsi che non fosse uno scherzo della sua immaginazione, ma, quando schiuse gli occhi, quella figura maestosa era ancora davanti a lei, e proseguiva con passo elegante e sicuro. Quel giovane era talmente bello da sembrare irreale, frutto di una fantasia perversa: scultoreo, raffinato, sembrava il prodotto di un affresco di Madre Natura o una raffigurazione della bellezza estetica.

    «Madonna! Non ho mai visto un ragazzo così bello!» balbettò Lella, in visibilio anche lei, con lo sguardo incredulo e la bocca leggermente socchiusa.

    Patty continuava a seguire la figura molto alta, snella, atletica del ragazzo, che si avviava a un tavolo. Indossava un paio di jeans, un golf bianco e delle normalissime scarpe Nike, che però sul suo corpo risaltavano come fossero oggetti pregiati. Un corpo degno di un Apollo, con gambe lunghe e snelle, sedere piccolo e tonico, spalle larghe e addome piatto. Aveva dei capelli biondissimi, straordinariamente lisci, che gli sfioravano il collo magro, lineamenti angelici, perfettamente modellati, con un naso alla francese e una bocca seducente, dalle labbra morbide e carnose. Nel viso etereo erano incastonati due grandi occhi chiarissimi, di un azzurro così luminoso da rassomigliare al ghiaccio miscelato al colore del cielo. Era un colore indefinibile e incredibile che Patty non rammentava di aver mai visto su un uomo. Le ricordavano vagamente gli occhi di un husky, quanto a intensità e particolarità. Ogni cosa in quel corpo era incredibile! La sensazione che provò fu simile a quella di un critico d’arte che osserva per la prima volta gli affreschi della Cappella Sistina: impossibile trovare termini adatti a fornire una descrizione. Così era quel ragazzo: i vocaboli non sarebbero stati sufficientemente esaustivi per esprimere nemmeno in parte la bellezza di quel giovane. Raggiunto il tavolo, sorreggendo con le mani un vassoio che conteneva la sua cena, si sedette da solo.

    «Presto, giovani ragazze sotto shock! Necessaria una rianimazione imminente!» sbeffeggiò Matteo, accompagnato dalle risate degli altri uomini. «Fate un rapido calcolo: tanto è bello quanto è stronzo. Per cui avete visto quanto è bello? Ora immaginatevi quanto è stronzo!»

    «Se la proporzione è valida» ridacchiò Lella, senza staccare gli occhi dal bellissimo «sarebbe da rinchiudere urgentemente!»

    «Lella non ti eccitare troppo! Non è roba per te!»

    «Grazie, non c’era bisogno del tuo intervento, Matteo, lo so da sola! È stato in ogni caso uno spettacolo che ha fatto gioire i miei occhi.» Lella tornò a voltarsi verso gli amici e riprese a mangiare i suoi spaghetti alle vongole.

    Il ragazzo era concentrato in maniera particolare sul cibo e non sembrava preoccuparsi molto del fatto che tutti gli sguardi femminili della sala si fossero posati su di lui.

    Il primo marzo Patty iniziò ufficialmente a lavorare un paio di ore al giorno all’ambulatorio. Notava compiaciuta che la gente aumentava e il villaggio si popolava e vivacizzava sempre di più. Vi erano persone di tutti i tipi e di tutte le età, senza grandi vette di bellezza (escluso quel Loris ovviamente). Gli uomini non erano nulla di eccezionale e, di giovani, non ve ne erano molti; la maggior parte era sui trenta e più e lo stesso valeva per il sesso opposto. In conclusione, i più gradevoli erano i maestri che lei conosceva, ma tutto sommato era meglio così. Se ci fossero stati troppi giovani, oltre a fare un gran casino, le avrebbero suscitato molta tristezza perché avrebbe dovuto ammettere con se stessa che lei non apparteneva più a quella categoria. Oltretutto Patty constatava che fra Lella e Matteo stava sorgendo un certo feeling, condito da occhiate furtive e risolini provocanti, cose che a lei non sfuggivano. Galeotta fu la sera che battezzarono la discoteca.

    Si recarono tutti insieme nel locale posto all’ultimo piano dell’hotel, piccolo ma accogliente, con divanetti rosa e viola sparsi per donare ristoro ai non più giovanissimi partecipanti. Il bar si trovava accanto

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