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Non so se tornerò mai indietro
Non so se tornerò mai indietro
Non so se tornerò mai indietro
E-book150 pagine1 ora

Non so se tornerò mai indietro

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Info su questo ebook

Alessia Lamberti è sparita da qualche giorno. La sua famiglia decide di rivolgersi a Reno, amico di vecchia data della ragazza, per affidare a lui le ricerche. Reno, benché non sia un investigatore di professione, si getta a capofitto nella ricerca dell’amica, ma quello che trova non è ciò che si aspettava…

Nazzareno Carideo, in arte Reno, nasce a Isernia, dove tuttora vive. 
Laureato in Giurisprudenza, ha lavorato come consulente nell’Amministrazione Provinciale di Isernia. Tra le sue passioni, la scrittura, la pittura e la fotografia.
Nel 1988 scrive il romanzo Una famiglia perbene, edito da Lalli Editore di Poggibonsi (Siena), più di 2.000 copie vendute; nel 2009 pubblica il libro Soggetti smarriti – 17 racconti al limite del reale – (ilmiolibro.it); nel 2015 La forza della normalità, biografia della professoressa Carmelina Gentile in Carideo (mamma di Reno); nel 2018, Semplicemente Reno, raccolta di racconti (ilmiolibro.it).
Nel 1997 ha ricevuto in Roma il premio alla cultura “Omaggio a Francesco Iovine”; nel 2015 ottiene a Campobasso il primo premio al concorso in memoria del giornalista sportivo Pietro Fasolino, con il racconto scacchistico Anatoly Karpov; nel 2019, viene premiato con la Farfalla D’Oro al XXXVII Concorso 50 & Più a Baveno (Lago Maggiore), nella sezione fotografia.
Più volte inserito in antologie: Parole e Immagini, Centro Culturale Molisano La Conca, 1997; Nitriti al Vento, Centro Culturale Molisano La Conca, luglio 2008; L’Ultimo Scacco, Premio letterario “Le due Torri” 2022; A.A.V.V. Partenze, seconda edizione del concorso Incipit d’Autore - agosto 2022.
Il suo motto è: Saziatevi del mio entusiasmo!
LinguaItaliano
Data di uscita30 mag 2023
ISBN9791255370796
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    Anteprima del libro

    Non so se tornerò mai indietro - Reno Carideo

    piatto.jpg

    Reno Carideo

    Non so se tornerò mai indietro

    © 2023 Vertigo Edizioni s.r.l., Roma

    www.vertigoedizioni.it

    info@vertigoedizioni.it

    ISBN 979-12-5537-042-0

    I edizione aprile 2023

    Finito di stampare nel mese di aprile 2023

    presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)

    Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri S.p.A.

    Non so se tornerò mai indietro

    In ricordo di Mamma e Papà

    Prefazione

    Giudicare il libro di mio fratello Non so se tornerò mai indietro non è semplice. Mi aspettavo da Reno - che mi aveva preannunciato l’intenzione di rispolverare, dopo 30 anni, i personaggi del suo primo romanzo Una famiglia perbene- una storia più o meno simile e che parlasse dell’amore con Alessia. Mi sono dovuta ricredere. I personaggi di Non so se tornerò mai indietro, s’invertono. I cattivi (Reno) diventano buoni. I buoni (Giorgio Lamberti), si scoprono cattivi. È un’altalena di colpi di scena. Il libro è un giallo? Non lo so. È un thriller? Non lo so. Ma è chiaro che esiste azione, adrenalina, dinamismo. Si legge in un giorno, in una notte, tutto d’un fiato, perché non puoi non voltare pagina dopo aver letto quella precedente. È un susseguirsi di contenuti uniti da un legame che incolla un capitolo all’altro e che tiene il lettore ben sveglio e attento a seguire il turbinio della trama. Quando pensi che la storia sia conclusa, ecco che spunta la pandemia di coronavirus che si colloca e si incolla all’intreccio. Quando pensi che tutto può bastare, arriva il finale: inaspettato, psicologico, umano, spirituale.

    Io, che conosco bene l’autore e il protagonista del libro, penso che Reno deciderà di tornare indietro. Invertirà i suoi passi e continuerà a tormentarsi l’animo. Ma può sembrare scontato. Nei romanzi di Reno Carideo, regna l’imprevedibile. Forse il protagonista andrà incontro all’ignoto. Non perderemo, comunque, le sue tracce. Di una cosa sono certa: Reno e Alessia torneranno ad abbracciarsi.

    Gabriella Carideo

    Capitolo I

    (L’incontro)

    Erano le nove del mattino. Arrivavano da corso Matteotti e sembravano anime vaganti che barcollavano in cerca di un appoggio a cui sostenersi. Erano in tre. Riuscii a distinguere il terzo soltanto nel momento in cui scesero dal marciapiede e attraversarono sulle strisce pedonali per aggirare il centro della rotonda.

    Era un prete. Nel classico vestito grigio su cui spiccava il bianco del colletto al centro della gola.

    Bella mossa, quella del prete. Un uomo abituato a trattare con i fedeli e convincere che Dio esiste. Io, credevo in Dio. Ci credevo e ci litigavo regolarmente come si bisticcia con il proprio fratello, con il prossimo, con la propria donna. Mi allontanavo da Dio nel momento del bisogno. Era il mio modo di dimostrare il mio rancore e la mia fede. Il mio era un ricatto. Se tu mi vuoi, devi fare in modo di ripristinare le cose. Dio non si fa ricattare e non esaspera chi è debole di fronte alle disgrazie. E io sono un debole nelle vesti di un duro. Duro con gli uomini, debole nella spiritualità. Sono nudo nei suoi confronti. Se riesco a ingannare gli uomini facendo credere e mostrando un lato non veritiero della mia personalità, non inganno chi conosce il mio intimo e mi ha creato.

    I signori Lamberti li avrei riconosciuti tra mille persone. Ora, apparivano nella loro peggiore forma fisica. Più vecchi e disfatti. Trentadue anni sono passati da quando sono stato costretto a fuggire da Roma. Il marito è più obeso, ma la conformazione fisica è simile a quella che ricordavo. I tipi come il signor Giorgio non variano molto. Era vecchio già allora, e forse era così anche a vent’anni. La moglie, al di là del presente dolore, è tutt’ora una bella donna. Piccola e minuta, sembra sempre una bambina. Il taglio dei capelli è cambiato. Il caschetto biondo ha lasciato il posto a una acconciatura classica con riga sulla destra di colore brunastro. Vestita nel suo tailleur pied de poule bianco e nero, con gonna appena sopra al ginocchio. Formano una bella coppia e spero per loro non abbiano più avuto sbandate amorose extraconiugali. Alessia mi raccontava tutto.

    Ho ricevuto una telefonata tre giorni orsono. Non so come abbiano fatto a sapere il mio numero di cellulare. Dall’altro capo del telefono, il prete (ora so che è stato il prete a parlare), ha detto: «Signor Reno, chiamo per conto della famiglia Lamberti. I signori Giorgio e Moira vorrebbero che lei si occupasse di ritrovare la figlia Alessia. La prego, accetti!».

    Mi sembrò uno scherzo, ma il prete non scherzava. Io non sono un investigatore. Non sono un poliziotto. Non sono nulla. Perché io?

    Sospetto che mi abbiano trovato grazie al potere della televisione. La settimana scorsa, un reportage della

    TV

    nazionale si è occupato di un mio intervento nelle scuole, in cui relazionavo gli studenti sulla pericolosità delle assunzioni di droga. Io, un ex spacciatore, ora cerco di salvare i giovani da questo assillo tremendo. Se qualcuno me l’avesse detto trent’anni fa, non gli avrei mai creduto. Mi sentivo fiero del cambiamento.

    Alessia non si trova più. Sparita da tre mesi. Un giorno, il 14 giugno, è uscita di casa dicendo che andava a incontrare un’amica e non è più tornata. Sapevo della scomparsa. L’avevo letto sul Corriere della Sera in un trafiletto di poche righe. La mia reazione alla notizia è stata, inizialmente, di stupore e incredulità. Nei giorni successivi all’evento cercai di informarmi, leggendo i giornali e navigando in internet, digitando il nome di Alessia Lamberti. Le notizie erano poche e frammentarie. Ripetevano le stesse cose e non c’erano novità sulla sua scomparsa. Gli inquirenti indagavano e non davano, o rilasciavano, rilevanti affermazioni che potessero far pensare a una soluzione immediata del caso.

    Dopo pochi giorni i giornali smisero di riportare la notizia. Il caso della scomparsa di Alessia Lamberti non faceva clamore e la notizia finì nel dimenticatoio. Non sapevo come documentarmi. E, allora, piansi. Nel momento in cui non riesco a essere attivo in un fatto, un’azione, una circostanza che mi interessa e che mi preme, prevale in me un senso di prostrazione. Avrei voluto telefonare ai Lamberti, magari in anonimo, e chiedere notizie. Mi sarei inventato qualche motivo maldestro ma valido. Non l’ho fatto. Avevo un presentimento. Qualcuno prima o poi mi avrebbe portato notizie di Alessia. Il prete, infatti, mi telefonò. Vennero loro a cercare me. Non so ancora il perché.

    Strano come nella vita tutto ritorni.

    A me è successo diverse volte. Amori che ritornano. Luoghi che ritornano. Circostanze che si ripetono. Una storia familiare sepolta nel dimenticatoio rispunta dal niente dopo trentadue anni. I protagonisti li vedo avanzare inesorabili, alla ricerca del loro nemico – che sarei io – per chiedere un aiuto che non sono in grado di dare. E la protagonista principale – Alessia Lamberti – non si trova. Dove sarà? O meglio: è viva o è morta?

    Avevo smesso di pensare ad Alessia da un’infinità di tempo. Rimuovo dalla mente pensieri che potrebbero farmi divagare da circostanze reali e vivibili e rendermi triste. Uso le fantasie solo per addormentarmi. Mi aiutano a rilassarmi e a cercare riposo della mente, come una dolce melodia che concilia calma e armonia. E i teneri momenti passati con questa meravigliosa ragazza, mi aiutavano a conciliare il rilassamento notturno.

    Quando aprii la porta ai tre, il prete stava lì, davanti ai coniugi Lamberti, come a dire: Sono io che tratto.

    Diedi la mano a tutti e li feci accomodare in salotto. I signori Lamberti non staccavano mai gli occhi dalla mia persona. Mi guardavano in continuazione.

    «Lei sa già perché siamo qui» iniziò il prete.

    «Sì. Mi dispiace per Alessia e spero si ritrovi presto».

    «Noi», e fece cenno con la mano a indicare i genitori di Alessia, «vorremmo che la ritrovasse lei».

    «Io non so ritrovare le persone scomparse».

    «Ci provi, almeno, ci dia questa speranza».

    «Perché io? Ci sono persone professioniste per questi compiti».

    «Infatti i professionisti stanno lavorando per ritrovare Alessia. Ma la disperazione di questi genitori», e indicò, ancora, Giorgio e Moira, «non ha limiti e hanno pensato a lei, per ritrovare la loro cara figliola».

    Guardai i coniugi Lamberti e vidi i loro volti pietrificarsi di rughe. Ora sembravano centenari.

    «Io non so come ritrovare Alessia…» ripetei come un cretino.

    «Noi le diremo qualcosa ma sono, purtroppo, quasi tutte notizie di opinioni comuni. Poi…» aggiunse il prete quasi sottovoce «tutto questo ha un prezzo, e ora glielo diremo».

    Non dissi niente e aspettai. La situazione ai miei occhi era quasi paradossale. Che potevo fare per aiutare questa famiglia? Perché avevano pensato a me? Ero stato un nemico per loro, trentadue anni orsono. Lo spacciatore che aveva tentato di minare le fondamenta del loro nucleo familiare. Non avevo nessuna professionalità. Non sapevo a chi appellarmi per poter trovare, con perizia, una persona scomparsa.

    «La famiglia Lamberti le darà centomila euro, che le serviranno per iniziare le ricerche di Alessia. Sarebbe opportuno che lei si trasferisse a Roma e, di conseguenza, se non ha appoggi, dovrà prendere in affitto un appartamento o dormire in albergo, come preferisce. Se lo riterrà opportuno per le indagini, potrà spostarsi nei luoghi dove, secondo lei, si possa trovare un indizio utile». Il prete finì il suo discorso e i nostri occhi continuarono a guardarsi. Avvertivo anche lo sguardo dei signori Lamberti, che pesava su di me.

    «Cosa dice la polizia?» Volevo allentare la tensione e prendere tempo. Non avevo voglia di intraprendere una missione che non potevo portare a termine.

    «Francamente, credo, non abbiano molto a cui appigliarci. Alessia è uscita di casa lasciando il suo cellulare sulla scrivania. In casa non c’era nessuno. Sappiamo l’ora in cui è uscita, perché ha salutato la vicina di casa che abita di fronte. Abbiamo la sua testimonianza. Qui si perdono le tracce… sono novantadue giorni, ormai».

    La storia la conoscevo anch’io, e non era certo allegra… Qui si perdono le tracce… sono novantadue giorni, ormai… Facile perdersi così?

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