Venezia-Fossoli: direzione Auschwitz: Direzione Auschwitz. Lettere di Cesare Carmi: 1943-1944
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Il 15 febbraio 1944 Cesare Carmi, zio dell’Autrice, compiva 21 anni. Festeggiò, prigioniero nel campo di concentramento di Fossoli, il suo ultimo compleanno. Era nato nella ridente Liguria e morì nell’inverno del 1945 in un luogo imprecisato della desolata terra polacca. Dopo la guerra, per lungo tempo, Cesare rimane una figura evanescente. La sua immagine acquisisce una vera concretezza solo nel 2013, quando la famiglia viene in possesso di un pacchetto di lettere scritte nella quasi totalità dal campo di Fossoli e indirizzate principalmente a una ragazza di Chioggia, Flavia Silvestri, che le custodirà amorevolmente tutta la vita. L’analisi di queste lettere e di quelle del suo amico veneziano Luciano Mariani, compagno di prigionia sopravvissuto ad Auschwitz, ha permesso di conoscere Cesare nella sua completezza, il suo modo di affrontare la realtà e l’evolversi della sua personalità
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Anteprima del libro
Venezia-Fossoli - Luciana Laudi
1. La vita di Cesare Carmi, 1923-1943
Il 15 febbraio 1944 Cesare Carmi compiva 21 anni. Festeggiò, prigioniero nel campo di concentramento di Fossoli, il suo ultimo compleanno. Era nato nella ridente Liguria e morì nell’inverno del 1945 in un luogo imprecisato della desolata pianura polacca.
Il racconto della sua vita si dipana in due fasi, spartiacque il 16 dicembre 1943, data del suo arresto. Conoscere la prima è indispensabile per interpretare le sue lettere e seguire l’evolversi della sua personalità.
Le notizie sui suoi primi vent’anni sono giunte fino a me sulla base di ricordi e documenti familiari, il resto della sua vita emerge invece dalle lettere che Cesare stesso ha scritto dopo l’arresto e da quelle che un sopravvissuto, amico di prigionia, ha fatto pervenire alla famiglia.
Nella mia memoria Cesare, uno zio che non avevo conosciuto, era una figura evanescente. Quando ero piccola non me ne parlavano, ai bambini non si parla di certe cose, e quando sono cresciuta ero un’adolescente poco interessata alle storie familiari.
L’immagine di Cesare ha acquisito una vera concretezza solo nel 2013, quando le mie sorelle e io siamo entrate in possesso di un pacchetto di lettere scritte nella quasi totalità dal campo di Fossoli. Queste lettere, amorosamente custodite per tutta la vita da Flavia Silvestri¹, erano rimaste dopo la sua morte nelle mani del marito Alessandro Cerruti, finché questi generosamente decise che sarebbe stato giusto affidarle alla Comunità ebraica di Genova che ce le ha poi consegnate.
È stata l’analisi di queste lettere e di quelle del suo amico veneziano Luciano Mariani², compagno di prigionia sopravvissuto ad Auschwitz, che, nell’ottica dei ricordi riaffiorati, mi ha permesso di conoscere Cesare nella sua interezza, il suo modo di affrontare la realtà e l’evolversi della sua personalità.
Le lettere dell’amico risalgono al 1946 e potevano sembrare allora consolatorie nei confronti di una madre disperata, ma lette ora risultano perfettamente coerenti con quelle che Cesare aveva scritto precedentemente.
Cesare con i genitori Moise Gino e Irma Colombo e la sorella Elda
Cesare era nato a Genova il 15 febbraio 1923, figlio secondogenito di Moise (Gino) Carmi di Casale Monferrato e di Irma Colombo. La sorella Elda sposò il 28 ottobre 1937 Franco Laudi e nel settembre del 1938 nacque la loro primogenita Luciana, autrice di questo libro³.
La sua famiglia rispettava i precetti fondamentali della religione ebraica e santificava le Feste. Ricordo la famiglia riunita il venerdì sera attorno alla lampada sabbatica per festeggiare l’arrivo dello Shabbat⁴ accendendo le candeline.
Custode delle tradizioni familiari era la nonna materna Livia Colombo che abitava con la figlia e la sua famiglia e che viveva una religiosità in bilico tra misticismo e superstizione. Chissà come Cesare vedeva questa nonna: lei leggeva con devozione quotidiana la tefillah⁵ che consultava anche come un oracolo per ogni sua decisione. Aveva la strana abitudine di scegliere in una pagina aperta a caso una parola o una frase significativa e su questa basava i suoi comportamenti nella giornata.
I primi ricordi di Cesare risalgono alla sua adolescenza e sono quelli della sorella Elda, mia madre, che lo descriveva come un ragazzo ribelle e con poca voglia di studiare, un ragazzo come tanti. Elda ricordava come l’atmosfera di casa Carmi non fosse certo gioiosa. La vita era dominata dalla madre, donna di carattere forte ma infelice, incapace di manifestare il suo affetto.
Il padre era uomo buono e gentile che, forse per amor di pace, non si schierava apertamente dalla parte del figlio. L’unico conforto per lui veniva dalla nonna Livia che lo proteggeva sempre. Finché la sorella visse in casa la condivisione dei problemi familiari li rendeva più leggeri, ma poi lei si sposò e Cesare, quattordicenne, si ritrovò da solo.
Nel settembre del 1938 Cesare, che allora