Oligarchia
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Info su questo ebook
Antonio D’Orrico
«Imperdibile.»
Loredana Lipperini
Dall’autrice del bestseller Che fine ha fatto Mr Y.
Quando Tash, figlia di un oligarca russo, viene mandata a studiare in un collegio inglese, si trova catapultata in un mondo lontanissimo da quello che conosceva. Le ragazze vivono in una bolla, seguendo priorità per lei nuove e incomprensibili. E tutte soffrono inspiegabilmente di disordini alimentari. Seppur a fatica, Tash cerca di integrarsi. Fra gite e lezioni di equitazione, lei e le sue amiche finiscono spesso dal preside, che è solito riservare a studentesse selezionate delle strane punizioni nei suoi alloggi. Quando la sua amica Bianca scompare misteriosamente, Tash comincia a sospettare che stia succedendo qualcosa di inquietante nel collegio, mentre anche il comportamento delle sue compagne di dormitorio diventa sempre più oscuro...
Un’autrice tradotta in 20 lingue
Oltre 100.000 copie in Italia
«Intrigante. una delle firme più originali del fantasy contemporaneo.»
Neil Gaiman
Hanno scritto dei suoi libri:
«Sono romanzi così che rendono un piacere (e un onore) tenere una rubrica di libri. Vi piacerà da morire.»
Antonio D’Orrico, Corriere della Sera Magazine
«Uno slalom letterario che non vuole destare stupore in chi legge, ma puro piacere. Imperdibile.»
Loredana Lipperini, Il Venerdì di Repubblica
Scarlett Thomas
È nata a Londra nel 1972. Insegna scrittura creativa presso la University of Kent. Nel 2001 l’«Independent on Sunday» l’ha segnalata tra i venti migliori giovani scrittori inglesi. È stata candidata al premio Orange e al South African Boeke Prize e i suoi libri sono stati tradotti in più di venti lingue. La Newton Compton ha pubblicato numerosi bestseller, tutti accolti con grande favore dal pubblico e dalla critica, tra cui Il gatto dell’altro mondo, il terzo capitolo della trilogia per ragazzi iniziata con Il drago verde e Il potere del drago, e Oligarchia.
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Anteprima del libro
Oligarchia - Scarlett Thomas
Indice
Oligarchia
Ringraziamenti
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Della stessa autrice:
Il messaggio segreto delle foglie
Che fine ha fatto Mr Y. - PopCo - Il nostro tragico universo
Il drago verde
Il potere del drago
Il gatto dell’altro mondo
Titolo originale: Oligarchy
Copyright © Scarlett Thomas, 2019
Published by arrangement with Canongate Books Ltd,
14 High Street, Edinburgh EH1 1TE
Traduzione dalla lingua inglese di Beatrice Messineo
Prima edizione ebook: febbraio 2021
© 2021 Newton Compton editori s.r.l., Roma
ISBN 978-88-227-5366-3
www.newtoncompton.com
Realizzazione a cura di Caratteri Speciali, Roma
Scarlett Thomas
Oligarchia
OMINO.jpgNewton Compton editori
Alla mia famiglia, ma soprattutto
in ricordo di mia zia Ines Troeller
Quando arriva lei il semestre è già iniziato da due settimane. Certo non il momento migliore, per inserirsi in una classe in cui tutte si conoscono da quattro anni. Il suo aereo atterra in una serata piovosa. Mentre il resto dei passeggeri chiude gli occhi durante la turbolenza, lei schiaccia il viso contro il finestrino e vede Londra. Londra! Dall’alto le vene varicose della città pulsano con ostentata fluorescenza. Non ha paura dei vuoti d’aria perché suo padre non permetterebbe mai che le accadesse qualcosa di brutto. Perché lui comprende il significato di quella fluorescenza. Perché lui è onnipotente.
In macchina verso Kings Cross, l’autista, un uomo rinsecchito con un cappellino da baseball e la voce profonda, si mette a parlare. Sono in una galleria che sembra scorrere all’infinito, solo che non lo fa. I veicoli non si muovono. È tutto intasato. Aterosclerotico. Un infarto che sta per colpire. Un…
«Come no, ce l’ho un’Ammazza-Zombie», dice scandendo le parole a voce alta. «È un enorme coltellaccio, tipo un machete con la lama seghettata. È proprio qui, se vuole vederlo».
Una qualche specie di reazione attacco-o-fuga – o come diavolo si chiama quell’ormone che se non lo produci ingrassi – comincia a bruciarle dentro per poi spegnersi come un cerino nel bel mezzo della tempesta. Non l’ha detto sul serio, vero? Anche se magari morire a Londra in una viscida, buia serata potrebbe rivelarsi interessante. O addirittura vantaggioso. Non le toccherebbe perdere la verginità o imparare a usare un piegaciglia, e nemmeno rischiare di tornare a casa. Tuttavia si tiene pronta sul sedile. Chiama a raccolta qualche altro ormone. Al prossimo semaforo rosso potrebbe…
«Ma non voglio uccidere nessuno, sia chiaro. Non è per questo che me ne vado in giro con un coltello. Certo, un sacco di gente dice che non vuole ammazzare nessuno e poi invece, chissà come, è proprio quello che capita, d’altronde se hai un coltello in qualche modo dovrai pure usarlo…».
Sì, forse è proprio il caso di saltare giù dall’auto. Gli sportelli però hanno la sicura inserita, giusto? Ma quella serve a non far entrare nessuno, lei invece potrebbe scendere e andarsene in qualunque momento. E la valigia? È bella grossa. E non si vedono marciapiedi. Ce la farebbe a scavalcare il guard-rail? Chissà se è così che la gente muore, perdendosi in dettagli insignificanti.
«Devi considerare però che il novanta percento dei ragazzi che si ritrovano invischiati in questo stile di vita non ha una famiglia alle spalle».
Cosa? Ah. Certo. Non è il tassista a parlare, ma la radio. Un talk show sulla criminalità delle grandi città, motivo principale per cui sua madre non voleva che andasse a Londra. Le inutili sostanze prodotte dal suo corpo fluttuano come petali di un fiore per andare a posarsi sul fondo buio e misterioso delle sue viscere, insieme alla Coca Zero con lo spicchio di limone che ha bevuto sull’aereo e alla barretta di cioccolata vegana al caramello che ancora rimpiange di aver mangiato (anche se ha buttato via metà della confezione).
Sul treno diretto a nord ha paura di essere violentata dall’uomo barbuto che le siede di fronte. Perché mai un tipo così viaggia in prima classe, si chiede lei. Al chiosco della stazione di Kings Cross prima di partire aveva preso un caffè americano da asporto. Così quando l’uomo si alza e va verso il buffet, lei infila un lungo capello color miele nella tazza, che le rivelerà se il caffè è stato corretto con qualche sostanza mentre lei è in bagno. Ma quando torna al suo posto la tazza è sparita, c’è solo un impiegato dell’East Coast Train che si trascina per la carrozza con una grossa busta di plastica fosforescente stracolma, certo non di soldi.
*
Il suo nome è Natalya, ma a casa la chiamano Natasha, dice. Come in Guerra e pace. Oppure Tash che, a quanto pare, fa molto più inglese. Ha le cosce robuste. La ragazza francese del dormitorio, Tiffanie, dritta in piedi a gambe unite mostra i tre diamanti che si formano tra le gambe perfette: uno dalla caviglia al polpaccio, uno dal polpaccio al ginocchio e l’ultimo fra le cosce. Lo spiega per lo più in francese, ma nessuno pare farci caso. Le cosce non devono assolutamente toccarsi, nemmeno se sei nata così. Ci provano tutte a parte Bianca, che è super magra e ha molti più diamanti di quelli richiesti. Tash invece è ben proporzionata, anche con le sue cosce robuste. Ma non grandi come quelle di Rachel. Lei è enorme e pastosa, con un ingombrante profilo romano e dei baffetti scuri che le tocca tirare via con la ceretta. E poi c’è Lissa, che è lucida come se le avessero passato un panetto di burro sulla faccia.
Natasha ancora non sa orientarsi in quella scuola, una gargantuesca tenuta di campagna con soffitte, torri e fantasmi. Si trova al limitare di un paesino con una chiesa, un supermercato e una vecchia cabina telefonica adibita a mini-biblioteca, con un mucchio di libri che puzzano della pipì di ragazzi ubriachi. La scalinata principale della scuola è infestata dalla Dama Bianca, che torreggia con il suo ritratto. Alle studentesse è permesso connettersi al WiFi solo un’ora al giorno, dalle sei alle sette. Che ci fai con un’ora soltanto di internet al giorno? Le ragazze scrivono le loro e-mail offline e allo scattare delle sei premono invio in massa rallentando la rete e affossando il sistema per tutti gli altri.
Loro – le collegiali, le prigioniere – sono probabilmente le uniche persone in tutto il Paese così antiquate da utilizzare ancora le e-mail, ma non hanno altra scelta. Dopo l’invio di massa, trascorrono il resto dell’ora a scaricare musica o guardare video in streaming uno dietro l’altro. Instagram e Snapchat non funzionano offline, ma ci sono celebrità che intasano il feed e caricano storie in maniera compulsiva, e un’ora al giorno per accedere alla loro vita non è abbastanza. Alle ragazze non è permesso stare su YouTube, sono troppo preziose. Non possono condividere nulla, mai, perché le loro vite sono ancora avvolte da una stagnola di segretezza. Sentono parlare di nuovi social e app, ma cosa si aspettavano di fare in un posto come quello, un tripudio di legno antico, tende pesanti, tappeti pericolosamente decorati da nappe infide, sudore e acne? E a chi serve una chat di gruppo quando fai parte di un gruppo che chatta di persona, in continuazione, ovunque, persino nel letto.
Danielle vive in paese. Passa le sue serate nella sala comune dell’Undicesimo Anno, un po’ a chattare dal vivo un po’ a creare capsule wardrobe da caricare su Pinterest per vacanze immaginarie in posti che non visiterà mai, come Abu Dhabi e il Kenya. Poi torna a casa prima che faccia buio. Stasera, nell’angolino peggiore della sala comune, fra un antico lettore CD e un vecchio pouf con delle macchie sbiadite di sangue mestruale, Lissa riesce a trovare qualcosa di interessante, nonostante il parental
control. Immagini erotiche antiche, che per qualche ragione ritraggono solo donne dai culoni enormi e il cespuglio scuro e fitto: delle lesbiche, dice Donya, cioè donne che se ne vanno in giro con degli orribili stivali stringati e che sanno guidare. Niente piselli. Tette ovunque, chiaramente. Pance dalla forma strana, con una percentuale di grasso ben oltre il trentacinque percento. E scheletri che, chissà perché, incombono. Divanetti vittoriani. Anche Bianca somiglia a uno scheletro che incombe. Si china in avanti come una cannuccia di carta bagnata a digitare qualcosa sull’iPad di Lissa e compaiono dei piselli, anche se uno somiglia più a una carota e l’altro è di un ragazzino che avrà su per giù dodici anni. Non ci sono foto, solo disegni stilizzati. E xilografie, cazzo.
Tiffanie tira fuori uno Sherbet Fountain, che lei chiama lecca-lecca
. Mangia tutta la parte di gelato ma lascia lo stecco di liquirizia per nasconderlo nel letto di Donya. Più tardi Lissa, mentre tenta di togliersi un po’ di unto dalla fronte con un dischetto d’ovatta, dice sottovoce a Tash che Bianca si è unita a un gruppo WhatsApp Pro-Ana e passa tutto il tempo nei cessi a vomitare. Ecco perché le puzza il fiato. A quanto pare non si passa neanche il filo interdentale. Fuori dalla finestra regna un oscuro silenzio, l’oscuro silenzio dei villaggi inglesi in autunno. Il flebile fruscio delle foglie che cadono al suolo, l’ultima vespa che risucchia l’interno dell’ultima prugna, e tutti i misteri che si annidano nelle profondità del buio.
I dormitori sono stati ricavati nell’angolo più remoto della tenuta, in cima a una delle due torri. Le stanze hanno i soffitti pendenti e ci sono armadi di legno lucido con delle minuscole chiavi d’ottone. In una camera dormono Tiffanie, Lissa e Natasha; Donya, Rachel e Bianca sono nell’altra. Sembra quasi che le abbiano rintanate lassù di proposito, per farle sentire diverse da tutte le altre – per farle andare a male. In fondo, però, tutto ciò che viene conservato al buio e fuori portata in genere si conserva bene, no? Come le mele, per esempio. E le patate, che sono le mele della terra, stando a quanto dice Tiffanie.
Prima di spegnere le luci Rachel si fa il bagno, e dice a Natasha che può approfittare dell’acqua che ha usato lei, se vuole. È un’usanza del posto, forse? Dovrebbe accettare per cortesia? Ma è una cosa che non ha mai fatto. Lei non è cortese, non più. E poi, chissà quanta robaccia c’è nell’acqua usata della vasca da bagno. Peli pubici. Microbi. Baffetti scuri. Che schifo.
«No, grazie», risponde.
Rachel sorride: Natasha ha passato il test. Tiffanie ha nascosto un pacchetto di Marlboro Light in cima all’armadio di Donya, vengono da un altro Paese e sopra hanno le foto di due poveracci con i polmoni neri e un dito mozzato. Tash vuole andare nel bosco con loro domani? Sì, certo che sì. Il bosco è umido, pieno di muschio, e inglese, molto inglese. Così fottutamente inglese. Ma il fumo della sigaretta le ricorda suo padre, e casa. Ha il sapore del suo odore. Le tornano in mente il dopobarba, gli interni in pelle dei macchinoni e il modo in cui lui la ama, molto più di quanto amasse sua madre o l’ultima moglie. La ama più di loro perché lei è sangue del suo sangue, e non lo tradirà mai. Perché lei è nuova. E più magra.
*
Domenica mattina, dopo la messa, vanno a cavallo – un guazzabuglio di ragazzine dai mantelli di feltro verde sotto lo sguardo laser dei paesani che le odiano. Nel dormitorio, Natasha infila i pantaloni da equitazione, che le fanno sembrare le cosce due prosciutti pluripremiati. Deve mettersi in piedi sul lettino per riuscire a vedersi per intero nello specchio appeso alla parete, ed è allora che si accorge per la prima volta di come le balla la ciccia. Non ci aveva mai fatto caso. È più magra di sua madre, eppure la ciccia balla allo stesso modo. Forse perché è in piedi su un letto? Ma sembra tutto così sbagliato sotto la luce scura che filtra fra secoli di storia e polvere, così diversa da quella di casa.
Anche le stalle sono diverse. La puzza dei cavalli invece è la stessa. La manutenzione e la cura dei cavalli qui sono gestite dalle ragazze del paese che in cambio, a fine giornata, possono cavalcare gratuitamente. Non fanno che parlare delle ragazzine ricche che comprano i cavalli e poi non li cavalcano mai. Guardano le studentesse della scuola con un misto di perplessità e pietà. Innanzitutto perché saranno anche ricche, sì, ma non possiedono un cavallo. Devono venire qui per una cavalcata sulla vecchia Min, Lucky il lunatico o Pablo l’inquieto, che ha uno sguardo folle negli occhi. E solo una volta a settimana! Non hanno il permesso di fare niente, neanche di bardare un cavallo, perché nessuno si fida di loro.
A Natasha assegnano Pablo, probabilmente per scherzo, ma lei riesce a controllarlo facilmente. Sa come parlare agli animali in modo che solo loro possano capire. A Pablo dice cose come: So come ti senti, perché un tempo eri pregiato e invece ora che sei un po’ impazzito non ti calcola più nessuno a parte questa manciata di ragazze stalliere con i vestiti orrendi e le madri grasse. E lui capisce subito che loro due sono simili, che forse anche lei è stata mandata qua a morire, e perciò galoppa come non fa mai per nessuno e tutti restano impressionati, ma Tash si limita a fare spallucce. Ancora non sa perché l’abbiano mandata qui, in questo luogo remoto e desolato. C’è una cioccolata calda economica e annacquata, dopo. E i ragazzi del paese, ovviamente. Sono ovunque. Solo che non li vede mai nessuno.
*
Il lunedì iniziano tutte una nuova dieta. È un’idea di Lissa.
La dieta prevede: pane integrale e salsa Sandwich. E basta. Niente burro. Possono mangiare verdure ma niente frutta. E niente patate. Natasha non ha mai assaggiato la salsa Sandwich. È una roba inglese schifosa, tipo vomito raffreddato. A pranzo chiedono solo verdure e la cuoca, la signorina Cuckoo, alza gli occhi al cielo e si mette a ridere, ma tiene da parte per la cena la loro porzione di torta di melassa, che divorano tutte tranne Bianca. Lei la fa a pezzettini e la lancia agli uccelli.
Più tardi, la notte, le ragazze fanno le loro cose segrete dopo essersi raccontate a vicenda le storie sui ragazzi del paese. E loro, i ragazzi del paese, ululano sotto le finestre una volta che si è spenta la luce, desiderosi e disperati. Ma per chi, esattamente? Non Rachel, il cui scuro reggimento di peli pubici sfila senza vergogna verso l’ombelico e le cosce. Non Lissa, con l’unto della zona T che non potrà mai essere assorbito neanche da tutti i batuffoli del mondo. Non Donya, che ha le ascelle che odorano di frattaglie. Ma Tiffanie, sì. I ragazzi del paese probabilmente ucciderebbero per Tiffanie, per i suoi seni francesi coppa B e i capelli lucenti. Forse è per questo che, quando gli altri dormono, loro aspettano sotto la finestra come bestie selvagge. Forse è per Tiffanie o magari gli ultimi clamori sono per Natasha, con la sua particolare purezza, i capelli color miele e gli occhi azzurri e vuoti. Le sue doti di cavallerizza.
A Bianca non interessano i ragazzi del paese, e quando tutte le altre dormono profondamente lei sgattaiola fuori dalla porta di servizio e si mette a saltellare al chiaro di luna con i soffioni e i cerchi fatati che le vorticano intorno.
*
La Dama Bianca si chiamava Principessa Augusta. Ci sono suoi ritratti ovunque. Il più grande è affisso sulla parete opposta alla scalinata centrale, dritto davanti a te mentre scendi. Ha un sontuoso vestito bianco, un turbante e una grossa arpa che le spunta fra le gambe, la punta scintillante che le sfiora appena il seno destro. Il vestito la fa sembrare immensa. Per