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Action Learning Power
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E-book235 pagine3 ore

Action Learning Power

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Info su questo ebook

Uno strumento innovativo per il coaching
L’Action Learning è un potente strumento di problem solving che ha la formidabile capacità di costruire, simultaneamente, situazioni in grado di portare beneficio ai leaders, ai teams e alle organizzazioni. È un processo di coaching che coinvolge un gruppo di lavoro su un problema reale, portando ad assumere su di esso delle decisioni e quindi delle azioni, favorendo l’apprendimento individuale, di gruppo ed organizzativo. Ancora, facilita e ottimizza il funzionamento di gruppi o team che si uniscono per affrontare sfide reali e allo stesso tempo per imparare dall’esperienza attraverso la riflessione e l’azione.
Attori fondamentali del processo che si realizza sono: il gruppo che lavora su problemi individuali o collettivi focalizzandosi sull’uso di domande e riflessioni per estendere la propria capacità di pensiero, prendere coscienza del proprio livello di conoscenza e delle informazioni realmente disponibili, e creare nuove idee; l’Action Learning Coach: è il gestore del processo e focalizza il gruppo sui punti chiave per l’apprendimento e per l’ottimizzazione del funzionamento del gruppo.
La necessità di bilanciare il disordine organizzativo con le regole di cui necessita un’organizzazione, spiega perché l’Action Learning – con la sua grande flessibilità, ricerca dell’innovazione, chiarezza e stabilità di gestione – trovi interesse e applicazione in un numero sempre crescente di organizzazioni. La sua grande forza, infatti, si basa su due comportamenti essenziali: approccio riflessivo e apprendimento continuo.
LinguaItaliano
Data di uscita17 set 2013
ISBN9788898473151
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    Anteprima del libro

    Action Learning Power - Andrea Ceriani

    Introduzione

    Se dovessimo definire, in forma sintetica, che cos’è l’Action Learning, potremmo dire che è un potente strumento di problem solving che ha la formidabile capacità di costruire, simultaneamente, situazioni in grado di portare beneficio ai leaders, ai teams e alle organizzazioni. È un processo che coinvolge un gruppo di lavoro su un problema reale, portando ad assumere su di esso delle decisioni e quindi delle azioni, favorendo l’apprendimento individuale, di gruppo ed organizzativo.

    L’Action Learning è un processo, quindi, che facilita e ottimizza il funzionamento di gruppi o team che si uniscono per affrontare sfide reali e allo stesso tempo per imparare dall’esperienza attraverso la riflessione e l’azione.

    I gruppi di Action Learning lavorano su problemi individuali o collettivi focalizzandosi sull’uso di domande e riflessioni per estendere la propria capacità di pensiero, prendere coscienza del proprio livello di conoscenza e delle informazioni realmente disponibili, e creare nuove idee.

    L’Action Learning Coach è il gestore del processo e focalizza il gruppo sui punti chiave per l’apprendimento e per l’ottimizzazione del funzionamento del gruppo.

    Gli obiettivi dell’Action Learning sono sia la risoluzione del problema sia l’apprendimento del gruppo a pari livello di importanza. Per ottenere questo, l’Action Learning si basa su sei componenti, che vedremo nel dettaglio nella prima parte del volume, e che riportiamo sinteticamente:

    1.  Il problema. L’Action Learning si concentra su un problema, un’opportunità, una proposta, un progetto, una questione od un compito di grande importanza per un individuo, un gruppo o un’organizzazione. Il problema deve essere significativo e urgente, e fornire l’opportunità al gruppo di apprendere, generare conoscenza e sviluppare abilità individuali, di gruppo o dell'intera organizzazione.

    2.  Il Gruppo. In modo ideale è composto da 4-8 persone di diverso background ed esperienza. Le diversità all'interno del gruppo forniscono diverse prospettive e punti di vista freschi e innovativi. La responsabilità per la soluzione del problema e l’implementazione delle strategie e delle linee guida dovrebbero essere assegnate al gruppo per non far mancare energia e motivazione durante la ricerca delle soluzioni.

    3.  Domande e riflessioni. L’Action Learning affronta i problemi attraverso un processo composto da: a) domande volte a chiarire e condividere la natura esatta del problema; b) riflessione e identificazione delle soluzioni possibili; c) identificazione e conduzione di un piano di azione condiviso. Le domande aumentano il dialogo e la coesione all’interno del gruppo, generano modalità di pensiero innovative e migliorano l’apprendimento.

    4.  Strategie di azione. L’apprendimento non avviene fino a quando non si riflette sulle azioni compiute, pertanto l’Action Learning richiede che il gruppo sia in grado di compiere azioni sul problema che deve risolvere. Se il gruppo genera solamente raccomandazioni perde energia, creatività e motivazione.

    5.  Apprendimento individuale, di team e organizzativo. Risolvere un problema dell’organizzazione fornisce benefici immediati di breve periodo. Tuttavia i benefici maggiori e di più lungo periodo sono ottenuti dagli insegnamenti tratti da ogni membro del gruppo, dal gruppo nel suoi insieme e dalle aree dell’organizzazione in cui questi insegnamenti vengono adottati.

    6.  Action Learning Coach. L’Action Learning Coach aiuta i membri del gruppo di lavoro a riflettere sia su che cosa si impara sia sul come si risolve il problema. Il Coach permette al gruppo di riflettere sulle proprie modalità di ascolto, su come si sta eventualmente riformulando il problema, come si sta fornendo feedback, come si sta pianificando e lavorando, e quali sono le credenze sulla quale si decidono le azioni. Inoltre il Coach aiuta il gruppo a focalizzarsi su che cosa sta realizzando, quali sono le difficoltà incontrate, quale processo decisionale sta adottando e le implicazioni di tale processo.

    Sappiamo come le basi su cui si fonda l’Action Learning provengono dal lavoro di Reg Revans, un fisico di Cambridge che introdusse il processo in Inghilterra più di 50 anni fa. Il modello nacque dalle riflessioni compiute sul riconoscimento dei pattern dei dialoghi interdisciplinari con i colleghi, che occorrevano frequentemente tra i vari scienziati nei laboratori di Cambridge. Revans, infatti, fu impressionato da come un brillante gruppo di individui avesse raggiunto la consapevolezza dell’efficacia di sfruttare le differenze di ognuno (prospettiva, conoscenza, idee) per risolvere alcuni dei problemi più sfidanti delle loro ricerche.

    Revans utilizzò per la prima volta il processo strutturato dell’Action Learning con un gruppo di manager provenienti dalle miniere di carbone inglesi. Il gruppo usò la tecnica per risolvere le questioni di ciascun sito di produzione. Chi partecipò al gruppo di Action Learning mostrò un aumento medio delle performance intorno al 30%. Le performance di chi non partecipò rimasero piatte!

    Revans utilizzò l’Action Learning in Europa ed emigrò negli Stati Uniti negli anni settanta.

    Potrebbe essere stato il padre di Reg ad aver avuto il merito di ispirare al figlio il metodo dell’Action Learning. Quando Reg aveva 5 anni, infatti, suo padre fu incaricato di scoprire il motivo per cui nessuno aveva previsto la possibilità di naufragio del Titanic. Dopo aver intervistato gli ingegneri coinvolti nel progetto, scoprì che molti di loro avevano serie preoccupazioni sulla tenuta della nave, ma furono riluttanti a farle conoscere, in quanto si sentivano voci fuori dal coro, e per questo passabili di scarsa adesione al progetto. Più tardi Reg e suo padre si convinsero di aver scoperto la chiave per creare un ambiente dove i problemi e le preoccupazioni potessero emergere in un modo sicuro e senza intimidazioni: da qui nacque l’Action Learning.

    La necessità di bilanciare il disordine organizzativo con le regole di cui necessita un’organizzazione, spiega perché l’Action Learning – con la sua grande flessibilità, ricerca dell’innovazione, chiarezza e stabilità di gestione – trovi interesse e applicazione in un numero sempre crescente di organizzazioni. La forza dell’Action Learning, infatti, è basata su due comportamenti essenziali – approccio riflessivo e apprendimento continuo – e, fin dalle prime idee di Revans, l’Action Learning si basa su due, fondamentali regole:

    1.  Si possono fare affermazioni solo come risposta ad una domanda. Porre domande, come vedremo più avanti nel capitolo 1.3., porta molti benefici al gruppo e aiuta i suoi membri ad operare transazioni da posizioni difensive ad altre proattive. Ascoltare attentamente le domande di ognuno, genera altre domande e le affermazioni che verranno fatte saranno più vicine al problema di cui si tratta. Ponendo al gruppo il problema di porre la prima domanda si cambiano le sue dinamiche. L’impulso naturale che ci porta a produrre affermazioni e giudizi cede il passo ad un atteggiamento di ascolto e di riflessione. Una volta che il problema viene portato all’interno del gruppo, i membri per prima cosa ascoltano per chiarire i dettagli del problema e prima di saltare alle conclusioni pongono tutte le domande necessarie per la soluzione del problema. La pratica di molte sessioni di Action Learning ci mostra una netta correlazione tra il numero di domande di qualità poste dal gruppo e la qualità delle azioni individuate quali soluzioni del problema.

    2.  L’Action Learning Coach ha il potere di intervenire ogni volta che vede l’opportunità di migliorare la performance del gruppo. Il coach concentra tutta la sua energia e attenzione sull’aiutare il gruppo ad apprendere, non è coinvolto nel problema. Questa regola prevede che quando il coach decide di intervenire, il gruppo ferma temporaneamente i lavori, ascolta le domande poste dal coach, e risponde alle stesse. Solo quando il coach ha ascoltato tutte le domande del gruppo e ci si è ri-bilanciati sul buon funzionamento del gruppo, i lavori possono riprendere. Il coach è anche responsabile dei tempi della sessione di Action Learning, ponendo particolare attenzione a che la persona che pone il problema al gruppo, abbia il tempo necessario per elaborare un piano d’azione.

    La grande utilizzabilità dell’Action Learning nei processi di problem solving organizzativi, deriva dal fatto che esso integra al proprio interno numerose discipline e approcci, facendone una sintesi estremamente affascinante. Possiamo infatti notare come in un processo di Action Learning siano coinvolti principi di:

    ·  Management science. Le teorie sul cambiamento organizzativo, i sistemi complessi, leadership e comportamento manageriale, sono riuniti nella prassi dell’Action Learning.

    ·  Pedagogia/formazione. Tutti gli approcci legati alla pedagogia degli adulti e ai processi di formazione sono capitalizzati e applicati per la crescita e l’apprendimento dei gruppi.

    ·  Psicologia. Le teorie sui gruppi, la psicologia organizzativa e sociale sono parti integranti la prassi di un gruppo di Action Learning.

    ·  Dinamica dei gruppi. Sono integrati i principali approcci sulle interazioni tra i gruppi, management dei conflitti, decision making, comunicazione.

    ·  Sociologia. I moderni principi in merito alle differenze di genere, età, educazione, esperienze, ecc., sono tutti applicati nell’Action Learning.

    ·  Teoria sistemica. Le ricerche e le acquisizioni in tema di System Thinking sono integrate nell’Action Learning.

    ·  Etica. Il rispetto di ognuno, ritenere ciascuno in grado di apportare un sostegno al gruppo fa parte dei principi irrinunciabili di un programma di Action Learning.

    Le persone e le organizzazioni hanno bisogno di apprendere nuove modalità per affrontare i problemi. L’Action Learning sostiene le organizzazioni ad impadronirsi di nuove tecniche di risoluzione dei problemi e alle persone consente di migliorare il proprio processo di apprendimento per essere sempre pronti ad affrontare le dinamiche, sempre sfuggenti, del cambiamento.

    Questo volume vede la sua origine da tre fattori coincidenti: il primo è stata la conoscenza di Mike Marquardt, professore alla George Washington University e fondatore di World Institute of Action Learning, il centro che forma i coach in Action Learning. Mike, oltre che essere un valido docente universitario e consulente di sviluppo organizzativo, ha avuto la possibilità di lavorare direttamente con Reg Revans contribuendo alla definizione dell’action learning così come lo conosciamo oggi. Scherzosamente Revans viene definito il nonno dell’action learning, Mike il papà. La sua conoscenza è stata fondamentale per il verificarsi del secondo fattore: il primo percorso europeo, tenutosi in KKIEN Enterprise da gennaio a maggio 2008, di certificazione in action learning coach. Questo ha permesso a me e ad altri colleghi italiani ed europei di conseguire l’Action Learning Coach Certificate con il quale si è abilitati a fornire il coaching seguendo gli schemi internazionali dell’Action learning. Il terzo fattore è stato il verificare la carenza, sul mercato italiano, di volumi che trattassero dell’action learning dal punto di vista teorico e metodologico e quindi la volontà di colmare una lacuna che molti, ormai, ritenevano da colmare.

    Il lavoro compiuto permette di offrire al lettore un volume completo, teoricamente e metodologicamente fondato, che descrive un percorso di coaching originale e organizzativamente appealing.

    Buona lettura! 

    1. Le componenti dell'Action Learning

    1.1. Il problema

    Il punto di partenza dell’Action Learning è il problema, la cui soluzione è molto importante per una persona, un gruppo e/o un’organizzazione. In altre parole, senza il problema non ci può essere Action Learning. Il problema deve essere importante, urgente, significativo; deve rientrare all’interno delle responsabilità del gruppo e dovrebbe rappresentare un’opportunità di apprendimento. Infatti, più il problema è complicato, più innovativa sarà la soluzione raggiunta con l’Action Learning e maggiore sarà il livello di apprendimento.

    In un intervento di Action Learning il problema non viene visto solo come una sfida, ma anche come un’opportunità di apprendimento e di sviluppo delle capacità del singolo, del gruppo e dell’organizzazione. I problemi non sono fardelli da portare, ma occasioni per stimolare l’ingegno e le capacità di chi deve affrontarli. Una premessa fondamentale sull’Action Learning è che si impara meglio se si mette in pratica un’azione, sulla quale fare delle riflessioni e dalla quale imparare.

    Il problema: a. fornisce al gruppo qualcosa di concreto, importante e rilevante su cui focalizzare l’attenzione; b. ha un significato per il gruppo; c. fornisce un’opportunità per testare la conoscenza acquisita.

    L’uso del termine Problema

    Problema è una parola che ha molti significati diversi – difficoltà, perplessità, guaio, dilemma, crisi e impiccio sono alcuni dei sinonimiche si trovano sul dizionario. Alcune persone usano invece sfida, attività, progetto o opportunità. Benché queste parole siano adatte a definire ciò a cui un gruppo sta lavorando, preferiamo il termine problema perché è quello che meglio ne definisce il senso di urgenza, sollecitando la necessità immediata di una soluzione. Un problema genera una pressione salutare sul gruppo, e questo porta ad un maggiore sforzo di pensiero e di azione, insieme ad un migliore apprendimento. Tutti aspetti, come abbiamo detto, fondamentali dell’Action Learning. Benché i termini criticità, sfida o opportunità possano indicare una questione importante e interessante, gli stessi non trasmettono al gruppo un senso di serietà e rilevanza. Pertanto, il coinvolgimento e l’impegno del gruppo ne soffrirebbero, e di conseguenza anche la qualità della soluzione e dell’apprendimento.

    Criteri per la scelta del problema

    Non tutti i problemi sono adatti all’Action Learning. I problemi migliori, o ideali, per questo tipo di attività devono avere una serie di caratteristiche che ne ottimizzino la forza e il valore.

    Importanza

    Prima di tutto, il problema deve essere importante e cruciale per la persona o per l’organizzazione che lo sta proponendo al gruppo e la soluzione del problema dovrebbe rappresentare un miglioramento sostanziale per la persona o per l’organizzazione. Più il problema è urgente e importante, maggiore sarà l’energia, il coinvolgimento e l’impegno del gruppo per risolverlo. Se non è importante o è troppo semplice (o percepito come tale), il gruppo non si applicherà con la stessa energia, e le capacità di problem solving del gruppo non saranno correttamente testate. Inoltre, il gruppo può avere la sensazione che l’organizzazione, o il singolo, non abbia grande fiducia nelle sue capacità. Di conseguenza il gruppo non utilizzerà al meglio il tempo e le risorse disponibili e non esprimerà a pieno il suo potenziale.

    Urgenza

    Il problema deve avere un certo grado di urgenza. Deve esserci un arco di tempo ben determinato nel quale è necessario definire chiaramente il problema, sviluppare e avviare le azioni. Il gruppo deve sapere che le idee e le strategie sviluppate saranno messe in atto in un giorno preciso.

    Non esista ancora una soluzione

    Il problema non deve essere ipotetico, e nemmeno deve riguardare un’altra organizzazione. Non deve nemmeno essere un rompicapo (tipo un problema che ha una sola risposta corretta, già determinata dai top manager e che ci si aspetta soltanto che venga confermata dal gruppo). Deve essere un problema vero, un problema per il quale, al momento, non esista soluzione e per il quale ciascuno possa proporre soluzioni e strategie differenti. E, ovviamente, non deve essere un case study, cioè, parafrasando la definizione di Revans, una descrizione, proposta da autori sconosciuti, di condizioni inaccessibili per le quali i membri di un gruppo non possono sfruttare il talento dell’osservazione.

    Fattibilità

    Il problema deve essere fattibile, cioè rientrante nell’ambito delle capacità dell’organizzazione o delle competenze di uno o più membri del gruppo,in modo da consentirealla maggior parte di loro di capire il problema o il contesto. Se il problema è troppo complesso rispetto al tempo e alle risorse disponibili, oppure è troppo complicato perché presenta troppe variabili, il gruppo si sentirà sopraffatto anziché stimolato dalla sfida.

    Familiarità

    Uno o più membri del gruppo – non necessariamente tutti i componenti del gruppo - dovrebbero avere una certa familiarità con il problema e con il suo contesto organizzativo. Se tutto il gruppo avesse familiarità con il problema, le idee sarebbero meno innovative. Inoltre ci sarebbe meno competizione tra le ipotesi di partenza dei vari membri del gruppo in merito problema. Minore è il numero dei membri del gruppo che hanno familiarità con il problema e maggiore è la probabilità che vengano proposte soluzioni innovative. Una persona che non ha familiarità con il problema, e/o con il contesto nel quale il problema si colloca, tende a fare domande originali, che, poco alla volta, amplieranno le idee del gruppo e condurranno, infine, a soluzioni efficaci. Le sfide più dure generano gli apprendimenti migliori.

    Significato

    Il problema deve essere importante e significativo per uno o più membri del gruppo. In caso di problemi multipli, ovviamente, questa condizione non dovrebbe essere in discussione. In caso di problemi singoli, invece, è possibile che questo criterio non sia rispettato. Comunque, se i vertici dell’azienda comunicassero all’intero gruppo, o a uno o più individui del gruppo, che la loro carriera, lo stipendio, la reputazione e/o le future opportunità di lavoro dipendono dal successo delle strategie di soluzione del problema

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