C’era una volta il prof
Di Paolo Nepi
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Info su questo ebook
Paolo Nepi, dopo la maturità conseguita al Liceo classico “Francesco Petrarca” di Arezzo, si è laureato all’Università di Perugia in Filosofia. È stato prima ricercatore all’Università “La Sapienza” di Roma e successivamente docente ordinario di Filosofia Morale all’Università di Roma Tre. Attualmente è docente nella Facoltà di Filosofia della “Pontificia Università Antonianum” di Roma, dove insegna Etica filosofica al biennio di specializzazione e alla Scuola di dottorato. Insegna materie filosofiche all’Istituto Superiore di Scienze Religiose “Santa Caterina da Siena” di Firenze, collegato alla Facoltà teologica dell’Italia centrale.
Ha diretto dal 1989 al 1999 l’Istituto per gli studi sociali e politici “Vittorio Bachelet” di Roma, dove ha promosso la collana di carattere filosofico-politico Polis e il Dizionario delle idee politiche.
È direttore della “Biblioteca della persona” dell’Istituto internazionale “J. Maritain” con sede a Roma.
Ha scritto molti libri e saggi di carattere filosofico, in una prospettiva di impronta personalista. Ha curato l’edizione italiana di opere di Maritain e Clavel. Ha collaborato alla redazione dell’Enciclopedia Filosofica pubblicata dall’Editore Bompiani di Milano, uscita anche a dispense con il “Corriere della sera”.
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C’era una volta il prof - Paolo Nepi
Paolo Nepi
C’era una volta il prof
Il sogno tra immaginazione e realtà
© 2022 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma
www.gruppoalbatros.com - info@gruppoalbatros.com
ISBN 978-88-306-7726-5
I edizione aprile 2023
Finito di stampare nel mese di aprile 2023
presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)
Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa
C’era una volta il prof
Il sogno tra immaginazione e realtà
A tutti gli insegnanti
di ogni ordine e grado
che ancora credono
nel valore umano
della loro professione
Nuove Voci
Prefazione di Barbara Alberti
Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.
È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.
Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi
Non esiste un vascello come un libro
per portarci in terre lontane
né corsieri come una pagina
di poesia che s’impenna.
Questa traversata la può fare anche un povero,
tanto è frugale il carro dell’anima
(Trad. Ginevra Bompiani).
A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.
Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.
Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.
Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterley. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov
.
Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.
Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.
Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.
Prologo
Il titolo del presente racconto, che contiene un verbo al passato, deriva dal fatto che il protagonista è un anonimo professore, o meglio un incognito prof, convinto ormai di esercitare una professione ad alto rischio di estinzione. L’autore ha voluto esprimere nel genere narrativo un problema che meriterebbe, come del resto viene fatto egregiamente in svariate occasioni e in tante sedi, analisi più accurate e rigorose di quelle che può effettuare un immaginario racconto. Ritiene però che in questo modo il problema sia meno legato all’immediato, e che pertanto possa essere espresso in una forma meno soggetta all’usura del tempo.
Un ruolo e uno spazio decisivo, nel corso dell’esposizione, rivestirà il sogno. Attraverso situazioni, personaggi ed eventi immaginari, per quanto molto spesso verosimili, il sogno riacquista l’antico e inquietante significato premonitore. Per noi moderni, soprattutto dopo la psicanalisi, l’attività onirica è rivolta soprattutto alla comprensione del peso del passato sul presente della coscienza. Spogliato dell’aspetto anticipatore, ritenuto del tutto secondario, e ridotto a pura tecnica analitica dell’esistente, il sogno viene però privato del suo potere di fascinazione.
L’immaginario dialogo tra Socrate e Alcibiade, posto all’inizio come esemplificazione di alcuni temi affrontati nel corso della narrazione, va dunque interpretato come un invito a mantenersi sempre, nel corso della lettura, a metà strada tra la realtà e l’immaginazione. Socrate vi compare come una sorta di antesignano dell’interpretazione dei sogni secondo lo schema dell’analisi psicanalitica, mentre il giovane politico ateniese vede nel sogno, secondo l’antico significato, un presagio di eventi futuri. Il dialogo intende appunto esprimere queste due modalità di interpretazione dei sogni, che si ritroveranno anche in vari episodi del racconto. Il sogno è appunto quella peculiare esperienza umana in cui realtà e immaginazione si fondono in modo inestricabile, e nella quale possiamo ritrovare tracce sia degli eventi passati, con la loro carica emotiva di nostalgia o di dolore, sia di quelli che potrebbero avverarsi nel futuro, con la loro suggestiva presa emozionale di timore o di speranza. Potremmo in questa particolare accezione definirlo un sogno ad occhi aperti.
Dialogo tra Socrate e Alcibiade
Socrate: Buongiorno Alcibiade. Ti vedo con la faccia stanca.
Alcibiade: Vedi bene maestro. Ho passato buona parte della notte in bianco.
Socrate: Mi dispiace. Ti ha tenuto sveglio il solito mal di denti?
Alcibiade: Macché. Prima non riuscivo a dormire perché oggi, attraversando l’agorà, ho incontrato Nicia, con cui mi sono scontrato a proposito della spedizione a Siracusa. Poi ho fatto un sogno che mi agita ancora, e che mi ha svegliato nel cuore della notte. Non sono più riuscito a riaddormentarmi.
Socrate: Io sogno pochissimo e non attribuisco ai sogni molta importanza. Mia moglie Santippe mi angustia spesso con i suoi, ai quali attribuisce molta importanza. Sogna spesso di trovare sotto il letto dei serpenti. E dice che sognare serpenti porta male. Io non le rido in faccia perché temo di offenderla.
Alcibiade: Fino a qualche tempo fa anch’io prestavo poca attenzione ai sogni. Ma da quando ho sognato, qualche giorno fa, che ad Atene sta crescendo l’avversione nei tuoi confronti, e che stanno preparando un processo contro di te, ho cominciato a pensare che i sogni, pur dettati dall’immaginazione, abbiano delle capacità divinatorie. E infatti lo stiamo sperimentando con le accuse di empietà e di corruzione della gioventù che ti stanno rivolgendo.
Socrate: Caro Alcibiade, vedi come si cade facilmente in errori di prospettiva. Tu hai fatto quel sogno perché già da tempo certe insinuazioni nei miei confronti vengono a farsi strada nei discorsi degli ateniesi. Il tuo sogno nasce dunque dai fatti, che l’attività non cosciente della tua mente ha rievocato attraverso il sogno. Ma sono curioso di conoscere nei particolari il sogno che tanto ti