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Il caso 07-LA-1664
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E-book298 pagine4 ore

Il caso 07-LA-1664

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Info su questo ebook

Alexienne è nata prematura lungo le rive della Senna in una calda e splendente giornata di luglio del 1968. I suoi primi istanti di vita li passa dentro un’incubatrice, sospesa in un limbo che segnerà il suo destino e quello della sua famiglia. Javier ha allora quindici anni e come i suoi genitori ha già in mente ciò che farà da grande. Da tempo è appassionato di macchine artificiali e i suoi studi di medicina lo porteranno a riversare le sue energie verso lo sviluppo di uteri artificiali, capaci di accogliere e di portare avanti le vite in divenire di feti con problemi. La vita però rende le cose più complicate e spesso sofferte e i due protagonisti di questo romanzo intenso e drammatico saranno chiamati a compiere scelte coraggiose e controcorrente. 
Una storia che abbraccia un tema molto sentito ai giorni nostri, quello delle gravidanze difficili e della possibilità da parte della scienza medica di affrontarle con l’utilizzo di tecnologie innovative e invasive. Non ultimo, il cuore del romanzo tocca l’argomento principe dell’intersessualità e dell’ambiguità dei genitali dei bambini, una questione poco dibattuta ma che tocca le corde dell’anima.

Annalisa Gianfranceschi è nata a Viareggio nel 1968. Vive a Montignoso, un paese in provincia di Massa-Carrara, dove svolge da diversi anni la professione di insegnante di scuola primaria. Ha collaborato come volontaria in diverse associazioni che si occupano di programmi mirati per bambini “speciali”. Curiosa, sensibile e appassionata della natura e dei suoi meccanismi, è iscritta alla facoltà di Scienze Biologiche di Pisa.
 
LinguaItaliano
Data di uscita31 ott 2022
ISBN9788830671706
Il caso 07-LA-1664

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    Anteprima del libro

    Il caso 07-LA-1664 - Annalisa Gianfranceschi

    Copertina-LQ.jpg

    Annalisa Gianfranceschi

    Il caso 07-LA-1664

    ispirato a una storia vera

    © 2022 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma

    www.gruppoalbatros.com - info@gruppoalbatros.com

    ISBN 978-88-306-6489-0

    I edizione settembre 2022

    Finito di stampare nel mese di settembre 2022

    presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)

    Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa

    Il caso 07-LA-1664

    ispirato a una storia vera

    A mio figlio

    Ispirato a una storia vera

    Nuove Voci

    Prefazione di collana di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima

    (trad. Ginevra Bompiani).

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.

    Una Vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterly. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov.

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    Prefazione

    Un romanzo improntato sulla narrazione di una storia intrisa di neonati pretermine, sessaggio alla nascita, ambiguità genitale, identità di genere, utero artificiale ed ectogenesi con un excursus attraverso la scienza della riproduzione in teatri determinati da un mix di culture e territorialità contrastanti che vanno dalla  vecchia Europa della Francia e della sua cultura fino alla selvaggia Australia. La narrazione scorre tra le vicende dei personaggi in un divenire di rapporti, forti e sfumati che culminano nel valore del proprio profondo sentire a discapito della natura dell’essere. Javier è un personaggio della vita che vive nello spazio metafisico dei propri progetti per cadere nel mondo reale determinato da un dolore imprevisto ed imprevedibile che lo scaglia sul  ciglio di una strada chino a soccorrere una vita che finisce. Un passaggio che aveva cercato di evitare con il suo spazio di isolamento.

    Il libro si muove attorno ad una evidente conoscenza personale degli ambiti in cui si narra, dalle strade di Parigi, la sua atmosfera ed i suoi colori, per passare al sud della Francia nei suoi luoghi straordinari,  fino alla peculiare atmosfera della comunità accademica di Montpellier. La lettura scorrevole e ricca di episodi di forte richiamo emotivo fa di questa opera una lettura gradevole e appassionante.  Il romanzo si articola poi attraverso la descrizione di alcune delle più importanti conquiste della scienza, qui vissute da personaggi come Javier, Alexienne e Carmelinda, non dimenticando citazioni scientificamente dotte e riconoscenti agli autori delle stesse che hanno nobilitato il passato prossimo e remoto dell’umanità. Auspicando implicitamente conquiste in essere o progettuali per il futuro, tutto attraverso delicate esperienze dei personaggi con proprie sofferenze e propri sentimenti di amore e di serenità, intersecate dai dolori delle malattie e da quelli delle dipartite. Dello scorrere della vita, insomma, segnata appunto dal sentire che cambia in funzione di un destino che segna, anno dopo anno, la propria condizione biologica ma che, ancora di più, cambia insieme al progresso scientifico che traccia soluzioni di vita progressivamente diverse ieri da quelle di domani. E con questo cambiamento, la scienza segna inevitabilmente la trama delle nostre vite con finali diversi in funzione dei risultati della stessa scienza. 

    Prof. Carlo Bulletti

    Introduzione

    Sono stato concepito in una notte di plenilunio di fine aprile, quando la luce accecante della luna sembrava inghiottire la terra e farsene gioco.

    Mia madre quella notte aveva ballato in un sontuoso palazzo, dalle ampie vetrate, e a lungo con gli occhi scintillanti ed il cuore palpitante ed euforico di un nuovo sogno d’amore aveva guardato la fascinosa luna.

    Più di un giro di valzer sostennero quei tacchi vertiginosi, che emergevano come lame di coltello dalle sue vesti fruscianti e leggere come zaffiri.

    Mia madre la guardò a lungo quella luna, così tanto che lei gli accecò gli occhi e il cuore.

    Poi seguirono i giorni dell’attesa.

    Non arrivai invano, bensì per farla rinascere di nuovo, un milione di altre volte ancora, com’è consuetudine dalla notte dei tempi, per tutte le creature del mondo.

    Lei divenne consapevole, dopo un lungo e faticoso viaggio, che attraverso la rete intricata e complessa delle relazioni umane, nessuno giunge a noi per caso.

    Capitolo 1

    Alexienne era nata a Parigi alle 12.01 in una calda e splendente giornata di luglio, era un’importante ricorrenza, la presa della Bastiglia. Per Charlotte fu un fulmine a ciel sereno, era lungi dal pensare che la sua primogenita nonché ultima avrebbe scelto un giorno tanto particolare: il 14 luglio del 1968 l’eccezionalità non stava solo nel giorno e nel mese ma anche nell’anno, il fatidico 1968. Un dispiegarsi infinito di eventi straordinari era accaduto non solo a Parigi ma in tutto quanto il mondo intero, due grandi rivoluzioni in una sola data, che fosse un segno del destino? Forse sua figlia sarebbe stata portatrice di un evento particolare nella storia dell’humanitas? La presa della Bastiglia, uno degli eventi più cruciali e significativi della Rivoluzione francese, e il 1968 l’anno delle grandi contestazioni giovanili e operaie.

    Charlotte costretta a rimanere ferma in quel letto dell’ospedale de la Maternitè non poteva fare a meno di fantasticare e riflettere sulla nascita improvvisa e prematura di sua figlia. Adesso non c’era più un obsoleto regime monarchico contro il quale combattere, non mancava il pane, di cibo ora ne avevano tutti a sufficienza, infatti in quei trascorsi caldi giorni di Maggio non si erano attivate le parti arcaiche del cervello ma quelle più nobili della corteccia prefrontale, scatenando l’immaginazione, i sogni, le speranze degli studenti e degli operai; entrambe le fasce sociali con le loro lotte auspicavano nuovi modelli di società più vicini ai veri bisogni dell’uomo. Quella quinta repubblica sembrava troppo tradizionale con un potere gollista dominante; operai che avevano salari troppo bassi e orari di lavoro pressanti e poco tempo da dedicare al nutrimento dello spirito e dell’anima e della loro famiglia. Durante le manifestazioni Charlotte aveva incontrato studenti che facevano del pacifismo uno dei capisaldi del loro modo di essere, essi sognavano una società dove tutti potessero esprimere se stessi e condividere le proprie idee insieme ad altri, essi discutevano degli argomenti più disparati, perché sia quelli che frequentavano l’università di Nanterre a nord-ovest di Parigi, che gli altri che frequentavano la Sorbonne (che invece si trovava nel centro) credevano miracolosamente nel potere delle idee e degli ideali e soprattutto nella forza delle parole. Essi combattevano contro una società meno classista e autoritaria dove l’imperialismo e il capitalismo fossero banditi. Quella serie di tumulti susseguitesi l’uno dopo l’altro di quel caldo Maggio francese avevano certamente anticipato la nascita di Alexienne, perché Charlotte non si era risparmiata un minuto, non si era mai fermata, convinta che quelle lotte fossero necessarie per il bene dell’humanitas intera e quella data il 14 luglio in cui era nata sua figlia era il segno tangibile che lei in futuro avrebbe dovuto continuare quella lotta di liberazione, forse avrebbe anche trascurato sua figlia ma avrebbe certamente aiutato il mondo intero a crescere.

    Si sentiva stanca; Pierre la prese tra le braccia, lei si aggrappò al suo torace, era così bello, non riusciva a smettere di guardarlo, ogni volta che osservava i suoi occhi era come se vi trovasse un milione di particolari che non aveva osservato la volta precedente e lei se ne stupiva parecchio di quella cosa così strana, i muscoli delle sue braccia erano tesi e scolpiti, il profumo della pelle delicato e impercettibile e poi il tono della voce era forse il particolare più importante che sicuramente l’aveva fatta innamorare di lui; incominciò a piangere, la tensione si stava a poco a poco sciogliendo e le sue lacrime lo bagnarono tutto, Pierre si commosse pure lui, così le loro lacrime salate si mescolarono insieme, come i loro corpi finalmente distesi e abbandonati su quel piccolo letto dell’ospedale De La Materni tè. Quel giorno era successo davvero di tutto, poteva essere, se fosse stata una scrittrice l’ispirazione per l’inizio di un romanzo molto romantico e avventuroso, non vedevano entrambi l’ora di poter iniziare tutta la storia e tenere in grembo quel piccolo essere indifeso che adesso doveva stare in incubatrice e lottare disperatamente per vivere. L’incubatrice, macchina perfetta. Pierre giovane studente di medicina non poté fare a meno di pensare alla sua storia. Sua figlia era stata fortunata, quella macchina aveva raggiunto un sistema di perfezionamento all’avanguardia e quell’ospedale aveva in possesso le migliori di tutta l’Europa. Erano vicini l’uno stretto all’altra, spossati, impauriti, increduli, si sentivano piccoli. Il dolce mistero della vita che si rinnova sempre, attraverso una nuova nascita, li sovrastava piacevolmente, li catapultava in una nuova magica dimensione che per la prima volta sperimentavano e loro ne erano diventati i protagonisti principali. Pierre sentiva queste sensazioni straordinarie mentre pensava alla storia dell’incubatrice, lei invece mentre provava sensazioni e sentimenti sconosciuti ripassava in dettaglio ogni fotogramma di quell’intera giornata.

    In quel giorno così particolare Charlotte se l’era presa molto comoda, si era svegliata tardissimo, aveva dormito tutto il tempo che le serviva, in santa pace, poi Pierre le aveva proposto una gita su uno dei più lussuosi bateau-mouche di Parigi, solo loro due, senza nessun altro amico, una romantica giornata di relax. Il biglietto comprendeva l’attraversamento dei canali con pic-nic incluso presso il canale dell’Ourcq, l’area più verde e naturale di Parigi e poi un soggiorno in uno dei loro musei preferiti. Quel giorno Charlotte non poteva chiedere di meglio per sé e per la piccola che contrariamente a quanto faceva di solito, quella mattina si muoveva parecchio e ciò le aveva procurato più di un dolore e diverse fitte lancinanti allo stomaco e al basso ventre, per un breve istante pensò al momento in cui avrebbe dovuto partorire, poi cercò di distrarsi da quei pensieri, attraverso la luce abbagliante del sole, che formava riflessi e giochi di colore sulla superficie dell’acqua e dei canali. Quel sole mattutino faceva splendere di un verde ancora chiaro le foglie degli alberi, esse conservavano ancora freschezza e turgore, la stagione estiva non le aveva ancora sciupate. Quella luce immensa di luglio illuminava i tetti delle case e degli edifici più importanti colorando il cielo di un turchino chiaro, finalmente la natura di Parigi intrappolata nel cemento si manifestava ai suoi occhi in tutta la sua bellezza, un senso di pace e di profonda beatitudine la pervase e la stanchezza e la fatica per le innumerevoli notti insonni sembrarono svanire nel nulla. In quelle notti aveva fatto di tutto, aveva cantato e suonato le canzoni di Dominique Grange cercando di imitarne la classe inconfondibile, qualche vicino di casa si era più di una volta lamentato. Aveva ripetuto ad alta voce i discorsi che avrebbe dovuto tenere nelle assemblee studentesche, aveva studiato e preparato gli esami universitari. Si stava chiedendo come aveva potuto fare tutto ciò. Alexienne invece di sottrargli forza ed energia gliela aveva donata e moltiplicata con somma generosità. Adesso si stava godendo un meritato riposo, era sicura che quella pace profonda che sentiva fosse dovuta sia alla lentezza con il quale il bateau-mouche procedeva sulle acque della Senna e degli altri canali, sia al suo stato d’animo, che aveva un bisogno infinito di riconciliarsi con quella piccola parte di natura che non era andata perduta del tutto e che rendeva quella città più interessante per essere ammirata e guardata da chi come lei la conosceva così bene, in ogni dettaglio. Qua e là tra il grigio dei boulevard si ergevano nobili e altezzosi una miriade di papaveri rossi e numerose aiuole facevano bella mostra di sé, ben definite, incastonate come pietre preziose in forme geometriche quasi perfette. Parigi era l’espressione della rivincita dell’uomo e della tecnologia che aveva addomesticato ben bene la natura; Charlotte sdraiata comodamente con gli occhi all’insù fantasticava, e meditando immaginò un nuovo scenario non più antropizzato, ma di nuovo primitivo, tornava indietro di qualche secolo, fin dove scomparirono a poco a poco edifici, strade, ponti, chiese: rimanevano nei suoi grandi occhi solo i canali, gli alberi, il cielo, lei e Pierre e i movimenti incessanti di Alexienne che bussava imperterrita alla cadenza di un orologio svizzero contro il suo ventre appena pronunciato; pochissimi si erano infatti accorti che aspettasse un bambino; lei stessa più volte si era dimenticata di esserlo, distratta da tutto il resto, e la conformazione del suo corpo esile e giovane era stato un buon alleato per eludere a tutti e soprattutto a se stessa il suo stato.

    Nei primi tempi non aveva preso bene questo incidente di percorso e l’aveva vissuto come una zavorra che l’avrebbe limitata nel suo agire. Si sentiva ancora molto giovane per essere madre, non lo aveva scelto, aveva dovuto accettarlo e poi superare lo scetticismo perplesso e i pregiudizi dei suoi genitori e di qualche professore che ne era venuto a conoscenza. Qualcuno che lei amava intensamente l’aveva vivamente consigliata di interrompere la gravidanza, ciò l’aveva profondamente delusa e aveva aperto una ferita profonda nel suo cuore, che non si sarebbe cicatrizzata facilmente, si era incrinato qualcosa sul piano affettivo, in un momento tanto delicato della sua vita. Ma di una cosa era certa, Alexienne non avrebbe intralciato il suo percorso di vita: avrebbe realizzato esattamente quello che desiderava, come se nulla fosse accaduto. Adesso tra le braccia di Pierre si chiedeva se avrebbe mantenuto fede a questo proposito. Le donne avevano il sacrosanto diritto di essere libere di scegliere e lei non pensava di essere Dio da poter togliere la vita a un piccolo embrione, all’interno del quale avvenivano cose straordinarie, come avrebbe potuto prendere in mano un solo libro di biologia e studiarlo e al contempo essersi resa responsabile della morte di un minuto embrione che si era impiantato nel suo piccolo ventre post-adolescenziale. Come avrebbe potuto guardare ancora negli occhi Pierre e continuare ad amarlo? Era orgogliosa di sé stessa, per essere riuscita, almeno negli ultimi due mesi ad esibire la sua piccola rotondità, senza pudore, senza nessuna timidezza. Aveva voluto essere pienamente coerente e allineata nella lotta contro i vecchi e obsoleti valori tradizionali, rivendicando anche con il suo corpo l’esigenza di una profonda liberazione dei costumi vigenti e affrancarsi da una cultura borghese bigotta; sua figlia inconsapevolmente era stata una protagonista invisibile ma rilevante.

    Charlotte, in quel piccolo istante, mentre abbracciava Pierre sentiva già la mancanza di Alexienne dentro di sé e mentre la immaginava all’interno di quella salvifica incubatrice portatile. La sua mente filmava e illuminava i fotogrammi che erano rimasti in ombra, ed era come se un piccolo pennello li colorasse di nuovi colori, e della luce accecante che quella mattina era riuscita a rilassarla e a farla ondeggiare leggera sopra il bateau che il proprietario avrebbe ribattezzato Alexienne Lucien. Lucien perché la piccola era uscita fuori veloce quasi come la luce, i dolori erano stati intensi ma erano durati pochissimo: era stato il parto più veloce e rapido che aveva mai visto dichiarò incredulo Jhon André, che di anni ne aveva 70 e si trovava a bordo, con i suoi nipoti in quel giorno di festa. Jhon André le aveva messo la mano sulla fronte, le aveva sorriso e le aveva detto che sarebbe andato tutto bene ed era stata fortunata; lui era un esperto ginecologo che aveva lavorato come primario di prim’ordine all’ospedale De La Materni tè; era in buone mani e galleggiava in un romantico bateau, alla luce del sole anziché in un grigio letto di una sala operatoria di un ospedale, cosa poteva pretendere di più? Lei lo aveva guardato attonita e ingenua e con preoccupazione gli aveva sussurrato: «È prematuro, quasi due mesi di anticipo, chi lo aiuterà a respirare? Non può nascere qui, è troppo pericoloso».

    «Non deve preoccuparsi, ci siamo messi in contatto già con l’ospedale attraverso la centralina di emergenza del bateau, arriverà un’ambulanza al più presto e verrà trasportata un’incubatrice mobile, stia calma, se riuscirà a rilassarsi quanto più possibile, tutto avverrà più lentamente e saranno minuti preziosi per il suo bambino, respiri molto lentamente e cerchi di non spingere, trattenga quanto più possibile, si concentri soltanto sul suo respiro e su se stessa».

    Charlotte ubbidì come avrebbe fatto una bambina impaurita, e immaginò di essere diventata un bradipo che si stava arrampicando sopra un albero, solo quel fusto rugoso, avrebbe potuto salvargli la vita, le foglie erano verdi, ed erano tantissime, man mano che saliva diventavano di un verde sempre più brillante, a un certo punto divenne tutto verde, solo una gigantesca macchia verde e all’interno di essa cadde precipitando fulminea la luce, la speranza, il mistero più grande. Alexienne cadde, anche se Charlotte aveva fatto di tutto per trattenerla, e per giunta tra le mani di un perfetto sconosciuto. Al posto della macchia verde che l’aveva aiutata a rilassarsi, se ne sostituì una perfettamente bianca, e in essa si mescolarono la gioia e l’apprensione infinita per quel piccolo batuffolo dagli occhi esitanti e impauriti, avvolto in una tovaglia bianca, sembrava troppo leggero e indifeso e soprattutto piccolo: pianse, non riuscì più a trattenere nessuna lacrima, continuava a chiedersi se fosse riuscito a respirare bene. Le sembrava strano che il pianto della sua bambina fosse così flebile, ma non aveva il coraggio e la forza di domandarlo ad alta voce. Le venne posizionato sulla pancia, il cordone ombelicale sarebbe stato tagliato il più tardi possibile per scongiurare gravi complicazioni, l’arrivo dell’incubatrice doveva essere imminente, non rimaneva che attendere infiniti minuti, che sembrarono non passare mai. Pierre aveva solo vent’anni ma era fin troppo consapevole di quanto fossero cruciali quei minuti per la salute e la vita di sua figlia. Aveva conosciuto Charlotte la prima volta solo un anno fa, si concentrava quanto più poteva su di lei per riuscire a sopportare quell’attesa straziante, era stato durante un’assemblea di studenti, lo aveva incuriosito il timbro caldo e vellutato della sua voce che in certi momenti diventava leggermente rauco, quel suo modo di sorridere, quei silenzi durante i quali la sua mente sembrava fabbricare con rapida velocità altri spunti di riflessione per sé stessa e per quelli che l’ascoltavano. I concetti che esprimeva erano originali e molto personali, la sua capacità oratoria faceva presa sugli altri, sembrava le venisse così facile esporre con disinvoltura le sue idee e i suoi pensieri. Gli applausi che riceveva la facevano quasi sempre sorridere e gli occhi le si illuminavano di una gioia profonda. Questa sua capacità di abile oratrice metteva a freno le sue innumerevoli insicurezze, non le faceva affiorare, le metteva a tacere, il suo ottimismo non veniva così fiaccato da nulla e la faceva apparire invincibile, lavorava molto, era una stacanovista, aveva passato intere notti sveglia a scrivere i suoi discorsi, ad arricchirli di nuovi spunti e citazioni di personaggi famosi, ed era esigentissima sia con se stessa, sia con gli altri, però faceva di tutto perché questa ferrea disciplina non trapelasse all’esterno e amava apparire un po’ scanzonata, e distratta. Pierre la immaginava ancora nell’attimo esatto di quel primo istante che l’aveva vista esile con quella frangia biondissima irregolare che le copriva solo qualche parte della fronte, la sua pelle chiara adesso invece si era abbronzata acquistando sfumature dorate intense e gli occhi nocciola si illuminavano a tratti di minuscole pagliuzze di un verde smeraldo.

    Erano trascorsi solo tre minuti, Pierre si sentiva mancare il respiro, si chiedeva come mai non fosse ancora arrivata l’ambulanza, all’immagine di Charlotte si sostituì un grandissimo utero artificiale e trasparente dove Alexienne potesse essere immediatamente immersa e fosse in grado di respirare bene; era una fantasia che aveva avuto fin da piccolo, che strano era stata una specie di ossessione e adesso sua figlia aveva bisogno di una macchina che assomigliasse in qualche modo a un utero, per poter sopravvivere, non riuscì a fare a meno di ricordarsi di Tarnier, il professore che per primo ideò la prima incubatrice. Stèphane Tarnier mentre passeggiava per lo zoo di Parigi osservò con acuta attenzione quegli strani contenitori che servivano per tenere al caldo i pulcini e che permettevano di allevarli, si accese la scintilla e pensò: perché non poter costruire qualcosa del genere anche per i bambini prematuri? Una macchina che fornisse la giusta quantità di umidità, temperatura, ossigenazione, nutrimento, fino al momento in cui il bambino diventasse autonomo. Pierre conosceva bene quel tipo di macchine e non perché vivesse in uno zoo ma semplicemente perché i suoi genitori erano allevatori di polli, quante volte durante la sua infanzia si era fermato a guardare e osservare il giallo di quelle tenere piume di pulcino, quante volte aveva ascoltato quel pigolio incessante che poteva protrarsi per ore e ore; soltanto quando arrivava la notte cessava, ma bastava un lieve rumore, la luce di una lampada che passasse vicino che qualcuno di loro ricominciasse da punto a capo. Seguiva tutti i passaggi, dalle uova ai pulcini, dai pulcini alle galline e dai polli vivi a quelli morti. Venivano accuratamente svuotati delle loro viscere e delle uova che erano rimaste all’interno e ogni residuo di piuma doveva essere accuratamente bruciato, ognuno di loro doveva apparire bianco e perfettamente liscio per essere venduto a buon prezzo. Quell’odore strano di pelle bruciata era lo stesso che aveva sentito quando era stato per la prima volta in sala operatoria. Durante tutta la sua infanzia non aveva fatto altro che sottrarre più di una di quelle uova dal triste destino che le attendeva, nascondendole in scatole

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