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Operazione «S»: Il piano dell'Italia per bombardare New York
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Operazione «S»: Il piano dell'Italia per bombardare New York
E-book142 pagine1 ora

Operazione «S»: Il piano dell'Italia per bombardare New York

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Info su questo ebook

Durante la Seconda guerra mondiale l’Italia cercò di sviluppare e utilizzare aerei a lungo raggio per il trasporto di truppe e materiali bellici, ma anche per realizzare operazioni di bombardamento strategico. Una di queste è denominata Operazione “S”, che aveva l’ambizioso obiettivo di colpire la città di New York. La presenza di molti italoamericani in città spinse Benito Mussolini ad autorizzare solo lo sgancio di opuscoli di propaganda o arance. L’aereo scelto per la missione era il quadrimotore CANT Z511, un idrovolante in metallo. Il velivolo, per via della limitata autonomia, sarebbe dovuto essere rifornito da un sottomarino piazzato in mezzo all’oceano. Il volume ricostruisce la genesi dell’idea, le criticità logistiche e i profili dei personaggi e dei velivoli protagonisti di un’operazione segreta che non vide mai la luce.
 
LinguaItaliano
Data di uscita13 feb 2024
ISBN9791223008621
Operazione «S»: Il piano dell'Italia per bombardare New York

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    Anteprima del libro

    Operazione «S» - Francesco Dionigi

    Francesco Dionigi

    Operazione S

    Il piano dell’Italia per bombardare New York

    Francesco Dionigi

    Operazione S

    © Idrovolante Edizioni

    All rights reserved

    Editor-in-chief: Daniele Dell’Orco

    1A edizione – settembre 2023

    www.idrovolanteedizioni.com

    idrovolante.edizioni@gmail.com

    il primo progetto

    L’idea primordiale di attaccare New York attraverso un bombardamento della città americana dal cielo venne in mente nei primi mesi del 1942 al pilota collaudatore della Piaggio Nicolò Lana che parlò di questo progetto con l’ingegner Giovanni Casiraghi, reduce da esperienze lavorative professionali in America. Casiraghi era stato chiamato nel 1936 da Rinaldo Piaggio per sostituire l’ingegner Giovanni Pegna, realizzatore tra l’altro dell’idrocorsa Piaggio PC7 progettato nel 1928 per la Coppa Schneider che era passato alla Officine Reggiane del Gruppo Caproni, nel ruolo di Capo Progettista dell’omonima azienda di Pontedera.  

    L’ingegner Casiraghi fu autore di alcune delle più interessanti realizzazioni aeronautiche italiane, tra le quali l’unico bombardiere quadrimotore operativo nella Regia Aeronautica, il Piaggio P108 il cui primo volo avvenne il 24 novembre 1939. Il suo impiego operativo sporadico fu funestato da una serie di incidenti riconducibili non a carenze progettuali, bensì al fatto che l’aereo era stato messo in servizio senza un adeguato periodo di messa a punto, in uno di questi incidenti perse la vita Bruno Mussolini, uno dei figli del Duce.

    Prima del P108 aveva provato le sue capacità sul Piaggio P50 (prima variante) sempre quadrimotore ma con 2 motori montati in ognuna delle due gondole motrici secondo l’idea sviluppata nei grandi idrovolanti degli anni venti e il cui primo embrione di progetto era stato gettato su carta dal Pegna.

    Elaborò il progetto nella seconda variante che prevedeva una più convenzionale formula a 4 gondole motrici. Sempre nel campo dei velivoli quadrimotori da bombardamento pesante elaborò il Piaggio P133 un moderno bombardiere pressurizzato il cui primo prototipo era completo all’85 per cento alla data dell’armistizio.

    Progettò anche il Piaggio P111, il primo aereo completamente pressurizzato, oltre al caccia a motore centrale Piaggio P119.

    Nel dopoguerra Casiraghi progettò una serie di riusciti velivoli tra cui il Piaggio P148 e il Piaggio P166.

    L’idea del comandante Lana era quella di utilizzare il prototipo dell’aereo da primato Piaggio P23R, dotato di tre motori radiali Piaggio RXI RC.40 da 1000 CV, per una missione che avesse come obiettivo colpire la città di New York.

    Sostanzialmente il progetto di Lana, già in passato collaudatore e primo pilota dell’IMAM Ro. 41, un caccia monomotore biplano prodotto dall’azienda italiana Industrie Meccaniche Aeronautiche Meridionali Spa negli anni Trenta ed utilizzato principalmente nel ruolo di addestratore nelle scuole di volo, nasceva dalla necessità di trovare un ruolo attivo al prototipo del Piaggio P23R che era inutilizzato presso l’aeroporto di Guidonia.

    Il P23R non aveva autonomia sufficiente per effettuare un volo di andata e ritorno dagli Stati Uniti e Lana ipotizzò che il velivolo, da lui pilotato, sarebbe ammarato in prossimità di un sommergibile oceanico italiano appartenente alla base di Bordeaux che avrebbe provveduto al recupero dei due aviatori presenti a bordo.

    Il piano, semplicemente abbozzato, prevedeva che Lana con il motorista Giovanni Maio avrebbe dovuto raggiungere New York sul P23R, sganciare una bomba da 1000 chilogrammi e invertire la rotta ammarando a circa 200 chilometri dalla costa dove incrociavano uno o, al fine di aumentare le probabilità di successo, più sommergibili oceanici della Regia Marina. Il progetto non decollò, ma l’idea attrasse l’attenzione delle autorità militari.

    Praticamente, al di là di platonici record di velocità con carico, il P23R fu un aereo inutilizzato anche se comparve nei manuali alleati di riconoscimento durante la Seconda guerra mondiale come potenziale bombardiere, ma lo sviluppo del progetto già era stato abbandonato nel 1939.

    Tra le idee che videro coinvolto come possibile protagonista il Piaggio P23R va ricordata quella elaborata dal pilota medaglia d’oro dell’aeronautica e doppia medaglia d’argento Max Peroli, che nel 1944 fu anche nominato direttore dell’Ala Littoria che divenne la compagnia nazionale di bandiera, per effettuare il volo di collegamento da Roma a Tokyo.

    Il 26 febbraio 1942 Peroli scrisse una lettera alla segreteria del Capo del Governo Benito Mussolini suggerendo che il Piaggio P23R fosse utilizzato a questo scopo, ma, a causa di un incidente in fase di atterraggio che danneggiò l’aereo, il suo utilizzo venne acCantonato anche se il progetto fu effettivamente realizzato nel più grande segreto per un raid che rimase storico e misterioso al tempo stesso.

    il piaggio p23r: l’aereo dimenticato dei record

    Un aereo costruito per realizzare record e poi completamente abbandonato al proprio destino, senza più essere utilizzato. Questa è la storia del Piaggio P23R, un trimotore monoplano ad ala bassa realizzato dall’azienda italiana Rinaldo Piaggio negli anni Trenta. Inizialmente sviluppato come bombardiere veloce, non ebbe seguito produttivo e venne utilizzato come aereo per la conquista di alcuni primati di cui uno a livello mondiale.

    Nel 1934 l’ufficio tecnico della Rinaldo Piaggio, diretto dall’ingegnere Giovanni Pegna, decise di sviluppare un nuovo progetto di velivolo, il P23R (Record), destinato a stabilire primati, elaborandolo direttamente dal precedente velivolo da trasporto civile quadrimotore P23M, costruito in due prototipi, e che non aveva riscosso grande successo. In realtà il progetto del P23R era completamente diverso, in quanto l’aereo aveva sì gli stessi impennaggi verticali del predecessore, ma disponeva di una fusoliera a forma di matita, posti di pilotaggio affiancati ma separati, un’ala bassa, ed era equipaggiato con tre motori in linea Isotta Fraschini Asso XI R V-12 da 671 kW. La sigla P23R, mutuata dall’aereo precedente, aveva lo scopo di favorire le procedure burocratiche per l’eventuale acquisizione da parte del Ministero dell’Aeronautica. 

    Con contratto N°21 del 18 gennaio 1935 il prototipo, cui venne assegnata la MM.282, fu acquistato per la cifra di 2.000.000 di lire. Per la sua realizzazione venne utilizzata per la prima volta la nuova galleria del vento, realizzata a Finale Ligure. Il prototipo del P23R andò in volo per la prima volta a Villanova d’Albenga il primo agosto dello stesso anno.

    Il P23R era un velivolo dalla forma particolarmente aerodinamica, specie nella sua versione iniziale equipaggiata con i motori Isotta Fraschini. 

    L’ala era totalmente di nuova concezione, posta in posizione bassa a sbalzo e rastremata. Il carrello di atterraggio era triciclo, posteriore, retrattile, con le gambe principali che rientravano per rotazione nella parte posteriore delle gondole dei motori, mentre il ruotino di coda, fisso ma orientabile, era posto all’estremità della fusoliera. I posti di pilotaggio separati, ma affiancati, avevano piccole cupole trasparenti con andamento aerodinamico. I tre motori in linea Isotta Fraschini erano collocati in altrettante gondole, uno posizionato sul naso e due sul bordo d’attacco delle due semiali.

    A causa della sistemazione dei posti di pilotaggio, che erano in posizione estremamente arretrata, con visibilità attraverso i finestrini laterali, durante i primi collaudi il P23R uscì di pista danneggiandosi.

    Mentre venivano svolti i lavori di riparazione l’aereo venne dotato di abitacolo più tradizionale. In data 2 novembre 1939 l’aereo risultava in carico al Primo Centro Sperimentale della Regia Aeronautica presso l’aeroporto di Guidonia. Il 30 dicembre dello stesso anno, con ai comandi i collaudatori Angelo Tondi e Giovanni Pontonutti, l’aereo stabiliva i record mondiali di velocità media di 405,259 km/h con carico di 5 000 kg su percorso di 1 000 km, e di 403,908 km/h sui 2 000 km.

    In seguito il prototipo venne modificato con l’installazione di tre motori radiali Piaggio P.XI RC da 1 000 CV (735 Kw) ciascuno, azionanti dapprima un’elica bipala e in seguito tripala Piaggio a passo variabile.

    L’abitacolo fu nuovamente modificato con un baldacchino incluso sopra ogni cabina di guida, e modifiche ebbe anche il carrello principale di atterraggio. 

    Nel secondo semestre del 1940 il P23R si trovava sull’aeroporto di Guidonia con le normali matricole militari.

    Ma di fatto nonostante i progetti presentati per utilizzarlo per l’Operazione S di bombardare New York o per il raid segreto Roma-Tokyo non ebbe mai un impiego costante e significativo per periodo bellico.

    il mancato raid roma-tokyo del piaggio p23r

    L’imperativo era trovare una possibile applicazione con protagonista il Piaggio P23R

    In quest’ottica nacque l’idea elaborata dal pilota Max Peroli.

    Il 26 febbraio 1942 Peroli scrisse una lettera alla segreteria del Capo del Governo Benito Mussolini suggerendo che il Piaggio P23R fosse utilizzato per il volo Roma-Tokyo, una sorta di revival del raid compiuto nel 1920 da Arturo Ferrarin ed al tempo stesso un collegamento tra le due nazioni unite dal Patto Tripartito.

    La sfortuna però non risparmiò il Piaggio P23R, poiché a causa di un incidente in fase di atterraggio che danneggiò l’aereo, il suo utilizzo venne acCantonato anche se il progetto fu davvero realizzato con un altro aereo nel più grande segreto per un raid che rimase storico e misterioso.

    Rimane comunque il tentativo operato da Peroli, pilota di linea nell’Ala Littoria, capitano pilota del Comando Servizi Aerei Speciali della Regia Aeronautica e decorato di Medaglia d’oro al valor aeronautico  e due medaglie d’argento al valor militare.

    Peroli nacque a Ferrara il 12 settembre 1910. 

    Divenuto pilota presso la compagnia Ala Littoria, tra il 1936 e il 1937 volò sulle rotte interne in Albania.

    Nell’aprile 1941, in vista della caduta dell’Impero italiano, il vicerè d’Etiopia, Amedeo di Savoia Aosta, dietro richiesta del suo aiutante di volo capitano Aldo Tait, autorizzò l’evacuazione in Italia dei tre superstiti velivoli da trasporto Savoia-Marchetti SM 83 (immatricolati I-ARCO, I-VADO, e I-NOVI) originariamente dell’Ala Littoria, e inquadrati nel Nucleo Trasporti A.O.I.

    Peroli era uno dei sei piloti, gli altri erano Alberto Agostinelli (suo secondo), Giulio Cazzaniga e Rinaldo Pretti, e Ludovico Riva Romano e Guido Girassetti.  

    I tre aerei, che trasportavano 6 specialisti e 30 passeggeri, decollarono da Addis Abeba il 3 aprile 1941, raggiunsero Gedda in Arabia Saudita, e poi singolarmente Bengasi, Tripoli e da lì Roma.

    Per questa azione Peroli fu decorato di Medaglia d’oro al Valor aeronautico e promosso al grado di capitano pilota per merito di guerra. Dopo il suo rientro in Italia riprese subito i voli di collegamento con l’A.O.I., volando sui Savoia Marchetti SM 75. Effettuò cinque missioni di collegamento con l’Aeroporto di Gondar, trasportando rifornimenti e al ritorno passeggeri che dovevano essere evacuati, effettuando uno scalo intermedio a Gibuti, nella Somalia francese, prima del volo diretto su Bengasi. Il 6 ottobre 1941 decollò da Gondar sullo SM 75

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