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Cinque modi di amare: Riconoscere il proprio profilo psicologico per imparare ad amare ed essere amati
Cinque modi di amare: Riconoscere il proprio profilo psicologico per imparare ad amare ed essere amati
Cinque modi di amare: Riconoscere il proprio profilo psicologico per imparare ad amare ed essere amati
E-book438 pagine6 ore

Cinque modi di amare: Riconoscere il proprio profilo psicologico per imparare ad amare ed essere amati

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Info su questo ebook

Spesso, l’impressione che hai è che tu e il tuo partner viviate su mondi diversi, anche se sotto lo stesso tetto. Tu cerchi sicurezza, lui ha bisogno di spazio. Ma se fai attenzione, ti accorgerai che alla fin fine entrambi avete un solo bisogno: amare ed essere amati.

Hai difficoltà ad amare? Oppure fai parte di quelli che “amano troppo”? Ti senti dipendente dal partner o sei un’anima solitaria che difende a spada tratta la propria autonomia?

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Perché il tuo partner reagisce sempre in modo così freddo e distaccato alle tue tenerezze? Perché non riesci a fare a meno di “salvare” ogni infelice che incrocia la tua strada affettiva? E perché non riesci a dire mai di no? I profili psicologici di Cinque modi di amare ti permetteranno di fare chiarezza sulle tue ferite emotive dell’infanzia, che hanno “formattato” il tuo hard disk affettivo, aiutandoti così a vivere finalmente delle relazioni appaganti e mature e imparando a condividere con la persona amata una vera intimità.
LinguaItaliano
Data di uscita17 feb 2020
ISBN9788868206697
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    Anteprima del libro

    Cinque modi di amare - Vèronique Kohn

    Hezlet

    I.

    L’evoluzione del sommergibile ai fini militari

    Fin dall’antichità è stato riconosciuto che, una volta immersa sotto la superficie dell’acqua, una nave da guerra può divenire invisibile.

    Fu principalmente questa peculiare caratteristica che spronò gli inventori nella progettazione di unità subacquee quando i princìpi fisici che regolano il comportamento dei corpi immersi divennero di pubblico dominio in seguito agli studi compiuti da Archimede nel III secolo a.C. Si ritiene, tuttavia, che anche prima degli esperimenti di Archimede, Alessandro Magno si sia servito di una specie di nave subacquea durante l’assedio di Tiro nel 332 a.C.

    Ma soltanto a partire dal XVI secolo cominciarono a essere registrati i particolari delle invenzioni attuate per scendere sott’acqua. In quel tempo il cannone stava diventando l’arbitro del potere marittimo e, contro tale arma, soltanto l’immersione offriva il vantaggio di una protezione totale. Nei duecento anni che vanno dal 1578 al 1763 si contano non meno di diciassette invenzioni di unità subacquee. È vero che alcune di queste navi furono ideate per usi pacifici – per esempio, per evitare alle merci il rischio di naufragi –, ma più di metà di esse ebbero scopi militari. Queste unità, peraltro, non influirono minimamente sulla guerra navale, principalmente perché non potevano operare in alcun modo ed erano più pericolose per i propri equipaggi che per il nemico. I problemi tecnici da risolvere erano di gran lunga troppo ardui per i mezzi di cui disponevano allora gli scienziati, che non avevano certo la possibilità di fronteggiare l’enorme pressione del mare mediante legname, cuoio ingrassato e forza delle braccia.

    Probabilmente i maggiori successi furono conseguiti da Cornelius Drebbel, un inventore che, fra il 1620 e il 1630, costruì parecchie imbarcazioni sommergibili. Benché nominalmente egli navigasse nel Tamigi in immersione sospinto da dodici vogatori, è probabile che il suo natante si sia limitato a oscillare fra la superficie e pochi piedi di profondità, trascinato dalla corrente. Si ritiene che Giacomo I d’Inghilterra abbia incoraggiato Drebbel, ma non risulta da alcuna fonte che nel fare ciò il sovrano avesse una qualche finalità militare e che non pensasse piuttosto all’attuazione di un interessante esperimento scientifico.

    Nel 1775 il giovane ingegnere americano David Bushnell dimostrò, mediante alcune prove pratiche, che la polvere da sparo poteva esplodere anche sott’acqua, causando notevoli danni alla carena di una nave. Egli, pertanto, può essere proclamato il padre delle armi subacquee, che per prime fornirono al sommergibile lo strumento atto a distruggere una nemica unità navale. Bushnell costruì quindi il suo famoso sottomarino, il Turtle, primo battello subacqueo con scafo metallico, che sembra fosse progettato come una moderna boa equipaggiata da un solo uomo che poteva vedere fuori attraverso portelli di vetro rotondi sistemati sulla sommità dello scafo. Mantenendo questi portelli appena al di sopra della superficie dell’acqua, egli, mediante eliche, poteva manovrare il suo battello lungo il fianco di una nave e quindi, allagando un doppio fondo, immergerlo sotto la chiglia dell’unità attaccata. Successivamente, una consistente carica di polvere da sparo poteva essere fissata mediante viti alla chiglia di legno e fatta esplodere tramite una spoletta a tempo. Il battello aveva la possibilità di restare immerso soltanto per mezz’ora, perché altrimenti l’operatore sarebbe rimasto soffocato; inoltre, poiché la propulsione avveniva a mano, l’autonomia del battello era limitata a poche centinaia di metri, dopo le quali il pilota rimaneva evidentemente esausto.

    Le facoltà inventive di Bushnell trovarono un incentivo nella guerra d’Indipendenza che il suo paese stava combattendo contro i britannici, il cui blocco navale imponeva agli americani pesanti restrizioni. Si pensò che il Turtle avrebbe consentito agli assediati di attaccare in qualche modo le unità bloccanti, così temerarie da prendere la fonda addirittura nei porti nemici. In una notte del luglio 1776 il natante attaccò la Eagle, una nave di linea da 64 cannoni della Marina britannica ancorata al largo di Staten Island, nel porto di New York. Il Turtle fu rimorchiato in un punto sopracorrente dell’Eagle da due imbarcazioni a remi, quindi sviluppò la sua manovra. L’attacco fallì, perché lo scafo del vascello britannico era ricoperto di lastre di rame e le viti che avrebbero dovuto fissare la carica non riuscirono a perforarlo, ma il Turtle venne portato in salvo e successivamente impiegato in altre due occasioni sul fiume Hudson, peraltro ancora infruttuosamente. Tutti i tentativi di Bushnell fallirono e, pur riconoscendogli il merito d’essere stato il primo uomo ad aver impiegato un’unità subacquea in guerra, non possiamo accreditargli la vera rottura del blocco. Quello che gli si può riconoscere è di aver obbligato le navi nemiche a rinforzare il servizio di vedetta e a starsene al largo.

    Trascorsero circa vent’anni prima che un altro americano, l’ingegnere Robert Fulton, progettasse un nuovo sottomarino. L’America in quel momento non era in guerra e dunque non ne aveva militarmente bisogno, perciò Fulton cercò di vendere il suo progetto a qualche potenza europea. Nel 1800 Napoleone gli concesse una certa somma di denaro, e ciò gli permise di costruire a Parigi il suo Nautilus, un natante molto più mobile del Turtle e che poteva ospitare un equipaggio di tre uomini. La scafo aveva la forma di un sigaro; in immersione era mosso a mano, ma in superficie poteva servirsi di una vela fissata a un piccolo albero rientrabile. Le prove del Nautilus nel 1801 furono coronate da pieno successo e Fulton riuscì a far saltare in aria un pontone messo a sua disposizione dal governo francese. Il Nautilus aveva autonomia maggiore del Turtle e, in un’occasione, il suo equipaggio lo tenne in immersione per non meno di cinque ore. Con tempo buono sarebbe stato indiscutibilmente capace di uscire dal porto e di attaccare le unità navali di una flotta che, nelle vicinanze, esercitasse il blocco. Quando però si venne al dunque, la Francia perse il suo entusiasmo e rifiutò d’intraprendere una forma di guerra considerata disonorevole.

    Nel 1804 Fulton presentò le sue idee all’Inghilterra. Qui le sue invenzioni vennero esaminate da un comitato che, tra i membri, annoverava anche Pitt. La parte più interessante dell’esame è esposta nel famoso documento politico redatto dal conte di Saint Vincent, allora Primo Lord dell’Ammiragliato, che scrisse: «Pitt è il più grande pazzo che sia mai esistito, se incoraggerà una forma di guerra che non occorre a chi ha il dominio del mare e che, se avrà successo, lo priverà di tale dominio». Questo documento fu alla base della politica britannica per circa un centinaio d’anni.

    Il sottomarino di Fulton non diede mai prova di sé in guerra. La sua pretesa d’infrangere il blocco della Francia e di sbarrare il Tamigi e così falcidiare il traffico marittimo destinato a Londra non fu che una fantasticheria. Se costruiti in grande numero e ben equipaggiati, quei battelli avrebbero indubbiamente potuto affondare qualche nave e rendere pericoloso l’esercizio del blocco – che, comunque, non tenuto a distanza serrata, sarebbe stato pur sempre effettivo –, ma rimane molto dubbio se l’impiego di quei sottomarini avrebbe davvero implicato un qualche mutamento nelle principali concezioni strategiche della guerra.

    Durante i successivi cinquant’anni, gli inventori francesi e americani diedero vita a un flusso costante di progetti di unità subacquee. Le finalità di tali progettazioni erano generalmente militari, ma qualche sottomarino fu concepito anche in modo da poter essere impiegato come nave da salvataggio o per altre attività civili, quali, ad esempio, quelle frangiflutti. Nessuno di quei battelli dimostrò di possedere caratteristiche di particolare rilievo, e molti degli inventori annegarono effettuando le loro prove. In America, durante la guerra del 1812, un sottomarino tipo Bushnell tentò di attaccare il vascello britannico Ramillies, ancorato al largo di New London, nel Connecticut, ma l’impresa non fu coronata da successo. In conclusione, soltanto la Francia manifestò un certo interessamento alla costruzione di unità subacquee.

    Nel 1850, nel corso della guerra fra la Germania e la Danimarca, la Marina danese, più forte di quella avversaria, bloccò i porti della Germania settentrionale: fu allora che un caporale dell’esercito tedesco, di nome Bauer, progettò un sottomarino, successivamente costruito a Kiel a spese dell’esercito. Il battello era simile al Nautilus, poiché aveva lo scafo metallico, era mosso a forza di braccia ed era armato con una carica esplosiva da fissare alla carena del bersaglio. Non ebbe molto successo e fece soltanto una breve uscita in mare. La sua esistenza fu tuttavia sufficiente per obbligare le navi del blocco danese ad assumere posizioni più distanti dalla costa; ma, come nel caso precedente, non si può proclamare che questo sottomarino abbia infranto il blocco. Successivamente, il Plongeur-Marin – come venne chiamato – si perse in seguito a un incidente e Wilhelm Bauer non trovò nei concittadini ulteriori incoraggiamenti a proseguire nei suoi esperimenti.

    Bauer, come Fulton, andò quindi in giro con i suoi progetti e costruì e vendette un battello al governo russo. Benché avesse fatto notevoli progressi nella progettazione di unità subacquee, i suoi natanti non costituirono un effettivo progresso rispetto a quelli di Bushnell o di Fulton. Bauer fece anche un viaggio in Inghilterra e trovò un incoraggiamento in John Scott Russell, il progettista della famosa corazzata Warrior. In un secondo tempo, durante la guerra di Crimea, Scott Russell sfruttò le idee di Bauer per progettare un battello sommergibile che fosse d’aiuto nell’assedio di Sebastopoli. Su proposta di Lord Palmerston, il governo stanziò al riguardo settemila sterline, ma l’unità che ne venne fuori fu un completo fallimento e rappresentò soltanto un dispendio di denaro e di vite umane. Fu questa l’unica volta, in un intero secolo, che la Gran Bretagna deviò dalla linea politica stabilita da Lord Saint Vincent – e forse la deviazione può essere giustificata in considerazione degli obiettivi molto limitati che la costruzione del sottomarino si proponeva di raggiungere, che consistevano nel concorrere all’attacco di una fortezza e non nel contendere ad altri il dominio del mare.

    In questo periodo i sottomarini trovarono il loro limite nella necessità che avevano di muoversi a forza di braccia in immersione. Un sottomarino completamente immerso pesava e la sua propulsione, con i pochi uomini che potevano trovare posto nell’interno dello scafo, era assai faticosa e la scarsa aria disponibile si esauriva rapidamente. Avveniva così che, dopo aver percorso poche miglia, l’equipaggio fosse invariabilmente esausto.

    Verso la metà del secolo i progressi dell’ingegneria cominciarono a far sperare agli inventori di poter impiegare la propulsione meccanica. L’impiego del vapore era ora molto diffuso, però non si vedeva come lo si sarebbe potuto usare in un battello immerso; d’altra parte, l’elettricità era ancora nello stadio iniziale delle sue applicazioni pratiche. Nel 1863, a Rochefort, fu costruito un sottomarino notevole, mosso ad aria compressa. Alle prove, però, il battello di 420 tonnellate battezzato Le Plongeur dimostrò di avere autonomia soltanto per poche miglia a bassa velocità, e poiché aveva anche insufficiente stabilità longitudinale ed era di difficile manovra si rivelò un insuccesso.

    L’altro punto debole delle unità subacquee era costituito dall’armamento. L’invenzione della torpedine ad asta, che era semplicemente una grande bomba tenuta fuori dell’unità mediante una pertica, fece sperare che il sottomarino potesse portare i suoi attacchi anche contro bersagli in moto. La teoria era tuttavia ancora molto distante dalla pratica e, nonostante i progressi della scienza e gli incoraggiamenti dei governi francese e americano, nessun inventore riuscì a realizzare un sottomarino pratico prima che avesse inizio la Guerra Civile americana. Durante tale periodo si fronteggiarono ancora una volta una flotta prevalente – quella del Nord – e una inferiore che, secondo il modulo tradizionale, ne subiva il blocco. Gli stati del Sud avevano la necessità imperiosa di rompere lo sbarramento patito e si diedero quindi a studiare armi che consentissero loro di raggiungere tale scopo: principalmente, cercarono di realizzare un qualsiasi battello subacqueo che potesse contrastare le corazzate recentemente ideate. Queste ultime erano in grado di affondare facilmente ogni nave in legno e per breve tempo – fin quando non vennero costruiti cannoni capaci di perforare le corazze – furono le regine dei mari. Era assolutamente indispensabile trovare un sistema per controbatterle: colpirle «sotto la cintura» parve una soluzione attraente. Le unità ¹ create dai confederati sudisti per tale scopo non erano sottomarini nel vero senso del termine, ma piuttosto natanti che navigavano con lo scafo appena sotto il livello del mare (e con le loro parti superiori a fior d’acqua) e avevano quale loro armamento una torpedine ad asta che, pur micidiale per il nemico, era spesso un’arma suicida. Le Davids effettuarono complessivamente quattro attacchi contro le squadre navali nordiste del blocco: il primo di questi venne compiuto il 5 ottobre 1863 contro la corazzata Ironsides al largo di Charleston. In quest’attacco, un sottomarino che impiegava il vapore quale mezzo di propulsione, manovrò in modo da far esplodere la sua torpedine contro lo scafo nemico, ma il fondale era scarso e probabilmente non fu possibile portare la torpedine a stretto contatto con la carena dell’unità attaccata: la nave minata subì così soltanto alcuni danni. Un secondo attacco effettuato quattro mesi dopo fu coronato da maggior successo. Questa volta l’attaccante era un battello equipaggiato da otto uomini e un nostromo e, durante le prove, affondò quattro volte, facendo annegare molti degli uomini che aveva a bordo. L’unità poteva anche immergersi totalmente, ma l’equipaggio preferiva navigare tenendosi a fior d’acqua con i boccaporti aperti, perché in tali condizioni, sia pure con grande fatica, riusciva a imprimere allo scafo una velocità di quattro nodi. Nella notte del 17 febbraio 1864 il sottomarino attaccò la cannoniera di nuova costruzione Housatonic, armata con 13 cannoni, ancorata appena fuori della baia. Quando fu avvistato, nella fase di avvicinamento, il sottomarino era già a distanza talmente serrata che l’equipaggio della cannoniera non poté mettere in atto alcuna contromisura difensiva: la torpedine ad asta esplose nella sala macchine. Attaccante e attaccato andarono entrambi a fondo, trascinando nella rovina l’intero equipaggio del sottomarino.

    L’arma subacquea aveva così fatto un decisivo passo avanti: aveva affondato una nave di superficie – per quanto, dobbiamo aggiungere fra parentesi, l’operazione si fosse tradotta in un suicidio per chi l’aveva intrapresa. Il bilancio dei quattro attacchi effettuati nel corso della guerra si chiuse, da una parte, con una cannoniera in legno di nuova costruzione affondata e con una corazzata e un’altra nave a vapore danneggiate e, dall’altra parte, con la perdita di un battello subacqueo. Questi attacchi furono effettuati tutti di notte contro navi all’ancora i cui equipaggi, consci del pericolo che correvano, erano pronti a prendere le contromisure del caso.

    Il numero totale dei sommergibili costruiti non è noto, però nove di essi furono trovati a Charleston quando la città venne occupata dai nordisti. Dobbiamo tuttavia riconoscere che i riflessi strategici d’ordine generale derivanti da questo impiego di battelli subacquei furono di poco maggiori rispetto a quelli conseguiti da Bushnell. Questi sottomarini – anche quelli del tipo a vapore – non potevano andare molto lontano e avevano tutti scarse qualità navali; le loro possibilità di successo erano limitate ai casi in cui il bersaglio era fermo o alla fonda: di conseguenza, non avevano modo d’infrangere il blocco, benché, come già prima di loro aveva fatto Bushnell, potessero intralciare o danneggiare le unità navali bloccanti. Purtuttavia, le azioni belliche compiute da sottomarini durante la Guerra Civile americana sono molto interessanti e rappresentano il primo impiego bellico di numerose unità subacquee. Bushnell, Fulton e Bauer realizzarono le loro invenzioni come manifestazioni individuali per conto di enti privati; la confederazione sudista, invece, diede il carattere di un atto di politica navale alla costruzione dei suoi battelli subacquei, e fu il primo governo a farlo.

    Nel decennio successivo alla Guerra Civile americana gli inventori continuarono a progettare sottomarini, alcuni molto ingegnosi, altri inutilizzabili. Ciò che però diede, in questo periodo, il maggior impulso allo sviluppo del sottomarino fu l’ideazione del siluro dotato di motore Whitehead. ² Benché non fosse stato costruito specificamente per le unità subacquee, il siluro fornì al sottomarino l’arma che doveva farne un’autentica nave da guerra. Per quanto fosse in origine ancora lento e avesse un raggio d’azione molto limitato, fu proprio quel siluro a dare al sottomarino la possibilità di attaccare navi in mare aperto senza rischiare il suicidio.

    È peraltro abbastanza singolare che soltanto nel 1879 sia stato previsto di armare un sottomarino con siluri, quando già da dieci anni tali armi erano diventate una realtà concreta. Dal 1875 in poi alcuni inventori, competenti e forniti di mezzi sufficienti, insistettero nella progettazione di battelli subacquei. Holland in America, Drzweick in Russia e Garrett in Inghilterra progettarono tutta una serie di sottomarini che, pur essendo nei primi tempi di poco superiori al Nautilus di Fulton, migliorarono man mano che i tipi si succedevano gli uni agli altri. In America, Francia e Russia continuò l’interessamento governativo alle varie progettazioni; la Gran Bretagna perseverò invece nella sua politica intesa a scoraggiare qualsiasi iniziativa in proposito.

    Nel 1872 il governo degli Stati Uniti fece costruire un sommergibile conosciuto come Intelligent Whale, ³ ma il battello si perse durante le prove. Nel 1879 il governo russo ordinò per la difesa costiera non meno di cinquanta esemplari delle unità subacquee ideate da Drzweick, ma si trattava di battelli talmente piccoli che non si sarebbero potuti allontanare dall’entrata dei porti. Non v’è dubbio che una tale politica navale venne sollecitata dal ricordo della guerra di Crimea, durante la quale le flotte britannica e francese ebbero il completo dominio del mare e operarono nelle immediate vicinanze dei porti russi. Fu questo il più vasto programma di costruzione di sottomarini che un governo abbia predisposto in tempo di pace, ma in breve tempo finì nel nulla.

    Mentre il siluro Whitehead diveniva l’arma peculiare del sottomarino, cominciarono a tradursi in realtà anche le speranze degli inventori a proposito della scoperta di una nuova forma di forza motrice per la propulsione subacquea: ciò si verificò quando accumulatori e motori elettrici divennero di pratico impiego. Si trattava di un sistema di propulsione che non solo non bruciava ossigeno ma che, nel suo insieme, era anche molto meno ingombrante degli apparati ad aria compressa; dava inoltre alle unità immerse una mobilità cinquanta volte maggiore di quella consentita dalla prolusione muscolare. George Garrett creò un’alternativa impiegando il vapore per la propulsione sia in superficie sia sott’acqua. Data la pressione relativamente alta che sin da allora poteva essere raggiunta dal vapore, egli constatò che, se si spegnevano i forni al momento dell’immersione, nelle caldaie restava ancora pressione sufficiente per far coprire al battello immerso un percorso sorprendentemente lungo. ⁴ Questo apparato non forniva le stesse prestazioni del motore elettrico, ma presentava il vantaggio di rendere più di ogni altro quando il sottomarino navigava in superficie.

    La progettazione dei battelli subacquei si sviluppava in questo periodo secondo due direttrici. V’erano i successori di Bushnell, Fulton e Bauer che cercavano di creare battelli capaci di operare totalmente e continuamente in immersione. Questi erano convinti che i requisiti essenziali che un sottomarino doveva soddisfare erano l’invisibilità e la possibilità di agire di sorpresa; progettarono perciò unità con lo scafo a forma di pesce e preferirono a ogni altra la propulsione elettrica, così da ottenere dai loro battelli le migliori prestazioni possibili sott’acqua. La scuola rivale si ispirava invece alle torpediniere sommergibili della Guerra Civile americana e considerava l’immersione principalmente come una difesa contro il fuoco delle artiglierie nemiche. I progettisti che seguirono quest’ultimo orientamento studiavano unità che, navigando a vapore in superficie, fornissero le stesse prestazioni delle torpediniere, pur avendo in immersione soltanto la limitata autonomia sufficiente per sviluppare la fase conclusiva del loro attacco. Entrambe le scuole riconoscevano che il siluro Whitehead era l’arma migliore per le unità subacquee, però le loro differenti concezioni implicavano anche progetti diversi.

    Il decennio che ebbe inizio col 1880 fu molto prolifico in fatto di progetti sottomarini: di quel periodo si ricordano non meno di quarantadue distinti progetti, quindici dei quali ebbero pratica attuazione. Malgrado la politica ufficiale contraria alla costruzione di unità subacquee, la Gran Bretagna fu in questo periodo faro-guida al mondo intero. Garrett perse il suo battello, il Resurgam, al largo della costa del Galles, ma i suoi progetti fecero fare al sottomarino un considerevole passo avanti; inoltre, fu il capo della scuola fautrice della torpediniera sommergibile. Sostenuto dall’industriale svedese Thorsten Nordenfelt, Garrett progettò e realizzò altri quattro sommergibili, il primo dei quali fu costruito in Svezia e venne poi venduto al governo greco nel 1886. Aveva apparecchiature imperfette e in immersione era di manovra talmente difficile che alla fine sembra sia stato impiegato principalmente come silurante di superficie. I turchi ordinarono prontamente due battelli dello stesso tipo, ma leggermente più grandi, che furono pronti nel 1887. Anche questi erano di difficile manovra e la Marina turca non poté impiegarli efficacemente; purtuttavia li mantenne negli elenchi del naviglio militare fino al 1910. Nel 1886 Campbell e Ash ultimarono il loro Nautilus di 50 tonnellate, il primo grande sottomarino mosso da energia elettrica. Con questo battello i costruttori speravano di poter tenere in immersione i sei nodi di velocità all’incirca per 8 miglia; l’unità aveva però molti difetti e, nelle sue prime prove, William White, direttore delle costruzioni navali, vi rimase chiuso dentro sul fondo del porto di Londra per un preoccupante periodo di tempo. L’incidente non poteva certo modificare le prevenzioni dell’Ammiragliato nei riguardi del sottomarino. Nel Parlamento e sulla stampa il battello venne ridicolizzato e non se ne sentì più parlare (benché, a quanto sembra, fosse in effetti migliore di tutti i sottomarini costruiti negli altri paesi). Sempre in Inghilterra, Waddington costruì il suo Porpoise, un altro sottomarino mosso dall’energia elettrica, capace di sviluppare una velocità maggiore degli altri e per un percorso più lungo. Si trattava di un battello molto piccolo, da trasportare all’interno delle unità navali maggiori, ma nonostante il suo discreto successo non trovò compratori. Nel 1889, con la vendita alla Russia dell’ultimo sottomarino di Garrett, il Nordenfelt, si esaurirono le iniziative britanniche. Sembrava allora che non vi fosse alcuna speranza di vendere sottomarini alla Royal Navy. È d’altra parte comprensibile – anche se appare poco lungimirante – la politica britannica di rifiuto dei sottomarini. La Gran Bretagna possedeva la Marina militare più forte che esistesse al mondo; in quel periodo la stava ricostruendo in base ai Naval Defence Acts per assicurarsi il dominio del mare nei confronti di chiunque altro e non aveva perciò alcun bisogno di unità subacquee. Da esse aveva tutto da temere e riteneva quindi giusto perseverare ancora nei suoi orientamenti, almeno fino al giorno in cui il sottomarino non fosse talmente progredito da poter essere considerato un’autentica nave da guerra.

    La politica navale francese era diametralmente opposta. Strategicamente, la posizione della Francia era stata sempre difficile, perché le sue esigenze di grande potenza terrestre si erano trovate in contrasto con i suoi interessi marittimi. Mantenere in armi un esercito sufficiente a garantire la sicurezza delle sue frontiere e, contemporaneamente, una Marina capace di competere con qualsiasi altra potenza marittima era un impegno superiore alle sue possibilità. Dopo la guerra del 1870 con la Germania era naturale che l’Esercito avesse il primo posto e che la Marina risentisse le conseguenze di ciò. Così la Francia mise in linea soltanto una piccola flotta militare, tale da poter competere con potenze navali di seconda o terza categoria, quali la Germania, l’Austria o l’Italia, e di rinunciare all’idea di costruirne una tanto grande da gareggiare con la Gran Bretagna. Per i francesi era tuttavia molto importante trovare una via che, pur senza imporre il forte dispendio insito nella costruzione di una grande flotta, permettesse loro di fronteggiare egualmente la Gran Bretagna nella guerra sul mare.

    La strategia appropriata parve essere quella della guerra di corsa, ⁵ una strategia che consisteva nel tenere il grosso della flotta in porto in potenza ⁶ e nel combattere il nemico mediante veloci incrociatori corsari che ne attaccassero i traffici marittimi. Questa forma di guerra imponeva alla squadra da battaglia britannica di sparpagliare fra mari e oceani le sue unità per proteggere il proprio commercio sul mare; presentava però un punto debole per chi l’attuava. Infatti, se i britannici avessero potuto mantenere un blocco serrato delle coste francesi, vi avessero sbarcato truppe e ne avessero bombardato a loro piacimento i porti, gli incrociatori corsari avrebbero incontrato serie difficoltà qualora avessero voluto uscire dalle loro basi per attaccare le navi mercantili avversarie. D’altra parte, una flotta francese inferiore non avrebbe mai potuto contrastare tale reazione britannica senza correre il rischio di essere annientata in una battaglia campale.

    L’ammiraglio Aube, ministro della Marina francese nel 1886, pur contro il parere di tutti gli esperti, decise di dare impulso allo sviluppo delle unità subacquee. Egli sperava, in questo modo, di creare una difesa capace d’impedire il blocco a distanza serrata e l’attacco alle coste. Ordinò la costruzione di un piccolo sottomarino di circa 5 tonnellate progettato da Goubert e, poco dopo, di un secondo di 30 tonnellate progettato da Gustave Zédé. Entrambi i battelli erano mossi da energia elettrica, fornita da batterie di accumulatori, ed erano armati con siluri Whitehead. Il battello di Goubet non possedeva i requisiti voluti e fu rifiutato; l’altro, il Gymnote, ebbe pieno successo e, per la prima volta, dimostrò che era possibile navigare in immersione a profondità costante. Anche un battello più grande, il Gustave Zédé, di 260 tonnellate, venne ordinato, ma si convenne che l’aumento del tonnellaggio era troppo ambizioso e, di conseguenza, si pose contemporaneamente mano alla costruzione di un’unità subacquea di dimensioni intermedie: il Morse. In principio parve che il Gustave Zédé fosse un grave fallimento, perché era incapace di raggiungere la profondità prevista e perché fu molto danneggiato in seguito all’esplosione di una batteria di accumulatori, ma divenne, poi, uno dei sottomarini migliori di quel periodo. Va pertanto alla Francia il merito di avere impiegato per prima le risorse statali nel sistematico sviluppo delle unità subacquee fino a rendere il sottomarino idoneo ad assolvere compiti strategici.

    Contemporaneamente e indipendentemente dalla Francia, anche la Spagna dava impulso, su progetto di Peral, alla costruzione di un sottomarino mosso da energia elettrica e armato con siluri Whitehead. Il Peral fu varato nel 1887 ed effettuò con successo le sue prime prove. Benché avesse pochissima autonomia e scarsa stabilità in immersione, colse un risultato positivo silurando e facendo saltare in aria un pontone, al termine del periodo di prove. La letargia iberica e la mancanza di fondi preclusero la possibilità di ulteriori sviluppi e così, per più di un decennio, il Peral fu l’unico sottomarino della Marina spagnola. Durante la guerra ispano-americana del 1898 il battello rimase in porto a Cadice e non influì in alcun modo sull’andamento del conflitto. Se gli spagnoli avessero costruito un gran numero di unità subacquee, cosa che avevano la capacità tecnica e i mezzi per fare, non v’è dubbio che quel conflitto sarebbe andato diversamente da come andò.

    In America, la vera patria del sottomarino, un cospicuo numero di progettisti privati perseverarono nelle loro idee durante gli anni Ottanta del secolo. I sottomarini di Baker e di Tuck colsero soltanto successi parziali, ma con John P. Holland cominciò un periodo di progressi effettivi. Alla fine di questo periodo il segretario alla Marina Whitney, partendo da presupposti tattici, indisse un concorso per la progettazione di un’unità subacquea. Egli era convinto che il cannone a tiro rapido avrebbe raggiunto ben presto una tale efficacia da rendere impossibile l’attacco di siluranti di superficie e, poiché le torpediniere non potevano essere dotate di corazza, non v’era altro modo di competere con le artiglierie a tiro rapido che facendo immergere le unità siluranti. I principali partecipanti al concorso furono Holland, Baker e Nordenfelt. In America il sottomarino mosso da energia elettrica era considerato di autonomia troppo limitata perché potesse essere impiegato per scopi pratici: d’altra parte, i primi esperimenti effettuati da Holland con un battello dotato di un motore che bruciava gasolio mentre il sommergibile era in superficie e impiegava aria compressa quando l’unità era in immersione non diedero risultati migliori; fu pertanto ritenuto necessario dotare le unità subacquee di due distinti apparati motore, completamente diversi l’uno dall’altro: uno a vapore per la navigazione in superficie e uno elettrico da usare durante le immersioni. L’idea non era nuova – era stata proposta nello studio di un sottomarino progettato in America prima del 1863 – e riuniva in un’unica unità le qualità positive dei sommergibili di Nordenfelt e quelle dei sottomarini francesi a propulsione elettrica; la necessità, però, di suddividere peso e spazio disponibili fra due sistemi di propulsione riduceva le prestazioni di entrambi. Ma, poiché l’apparato a vapore avrebbe potuto essere usato per ricaricare in mare le batterie di accumulatori, la sua minore potenza avrebbe trovato un ampio compenso in tale impiego. Infine la Marina americana accettò il progetto di Holland per un battello dotato di propulsione a vapore ed elettrica e armato con siluri Whitehead. Ritardi di varia natura fecero sì che il primo battello di Holland, il Plunger, non fosse pronto che nel 1897.

    I tedeschi costruirono due unità subacquee del tipo Nordenfelt nel 1890, ma non furono affatto soddisfatti delle loro prestazioni quando i due sottomarini presero parte alle manovre del 1892. Il loro insuccesso e l’ascesa al potere dell’ammiraglio von Tirpitz indussero la Germania a respingere per più di dieci anni qualsiasi ulteriore proposta di fabbricare sottomarini; soltanto alcuni privati ne costruirono un paio, che comunque non ebbero seguito. L’orientamento di von Tirpitz in materia derivò dal fatto che l’ammiraglio non intendeva dare alla Marina tedesca niente che non fosse stato pienamente sviluppato e testato, e certo i sottomarini non rientravano ancora in questa categoria di navi. Contemporaneamente egli sosteneva che la configurazione geografica delle coste tedesche dai bassi fondali irti di scogli rendesse impossibile l’impiego di sottomarini per la loro difesa. La ragione vera era però più profonda. In quegli anni von Tirpitz stava creando una Marina tedesca oceanica, ricca di una possente squadra da battaglia e, chiaramente, non voleva che la sua politica navale avesse dei contrasti. Una flotta di unità subacquee sarebbe stata molto più economica della flotta di superficie e il Reichstag avrebbe preferito quella a questa se si fosse dimostrato che le unità subacquee erano in grado di difendere la madrepatria. È comprensibile che, in tali circostanze, von Tirpitz abbia impedito lo sviluppo dei sommergibili in Germania.

    Nel 1896 il ministro della Marina francese indisse un concorso simile a quello bandito in America. Richiedeva un sommergibile che potesse operare in superficie come una torpediniera di seconda classe, ma che fosse anche in grado di sviluppare i suoi attacchi in immersione. Furono presentati non meno di ventinove progetti, alcuni dei quali considerevoli, e alla fine la spuntò il Narval di Maxime Laubeuf. Il Narval, che fu immediatamente messo in cantiere, aveva, come il Plunger, un duplice apparato motore, impiegando vapore ed elettricità. Aveva un doppio scafo completo, quello interno dalla forma di sottomarino e quello esterno simile a una torpediniera. La sua autonomia era di gran lunga maggiore rispetto a quella del Gustave Zédé e lo metteva in grado di operare nella Manica; il battello richiedeva però venti minuti per immergersi: un punto decisamente a suo sfavore. Una volta in immersione, era poi quasi inabitabile per il calore sprigionato dalla caldaia.

    Nel 1898, nel corso delle manovre navali, il Gustave Zédé dimostrò di poter silurare navi da guerra sia in porto sia in mare e si servì della corazzata Magenta quale bersaglio. Il battello non aveva periscopio e doveva salire di tanto in tanto in superficie perché il comandate potesse guardare fuori attraverso i portelli della torretta. Così, però, questa finiva con l’essere nitidamente scorta dalla nave attaccata: si ritenne tuttavia, che dovesse essere molto difficile colpirla con i cannoni a tiro rapido, date le sue piccole dimensioni e le sue brevissime apparizioni a fior d’acqua. Il Gustave Zédé mostrò anche la propria mobilità compiendo con i suoi mezzi la traversata da Tolone a Marsiglia, distanti 66 chilometri l’una dall’altra. E inoltre l’autonomia delle sue batterie di accumulatori era sufficiente per consentirgli di navigare un giorno intero entro il raggio di 30 miglia da un porto: questo tipo di sottomarino, insomma, sarebbe stato estremamente utile per la difesa costiera. Il risultato delle prove dello Zédé suscitò in Francia un’ondata di entusiasmo e diede al paese la sicurezza d’avere a sua disposizione un sottomarino da poter utilizzare in guerra. In conseguenza di ciò, il governo francese diede corso alla costruzione di un notevole numero di battelli, sia sommergibili del tipo Narval sia sottomarini del tipo Gustave Zédé.

    In America, nel frattempo, Holland perse fiducia nel suo Plunger, principalmente perché la motrice a vapore sviluppava un calore eccessivo durante l’immersione, e non completò mai il suo battello. Col consenso della Marina USA, lo sostituì a proprie spese con l’Holland, di nuova progettazione, un battello che indubbiamente era il migliore che fosse stato costruito fino ad allora. Aveva un duplice sistema di propulsione, ma per la navigazione in superficie invece del vapore si serviva di un motore a combustione interna funzionante a gasolio. Questo battello, però, venne accettato dalla Marina americana soltanto dopo la

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