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E-book221 pagine2 ore

101 dalmata

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Info su questo ebook

Pongo e Miss vivono felici con i loro umani domestici. Ancora più felici quando in famiglia arrivano quindici cuccioli a macchie! Ma la terrificante Cruella De Vil si è messa in testa di procurarsi una pelliccia di dalmata, con qualsiasi mezzo…

Il romanzo originale con i suoi deliziosi protagonisti al completo, dalla mamma di latte Perdita alle due tate, un classico da riscoprire in tutto il suo frizzante umorismo.
LinguaItaliano
Data di uscita4 apr 2024
ISBN9791254641064
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    101 dalmata - Dodie Smith

    101 Dalmata di Dodie Smith

    Titolo originale: The 101 Dalmatians

    Illustrazioni di Giulia Sagramola

    Traduzione dall’inglese di Sara Saorin

    Prima edizione del testo pubblicata da William Heinemann nel 1956

    Per il testo © 1956 The Estate of Dodie Smith

    Per le illustrazioni © 2023 Giulia Sagramola

    Per l’edizione italiana © 2023 Camelozampa

    Consulenza editoriale di Luca Ganzerla

    Prima edizione italiana: novembre 2023

    Prima edizione ePub: marzo 2024

    ISBN 9791254641064

    Tutti i diritti riservati

    www.camelozampa.com

    Alta leggibilità

    Questo libro utilizza il font ad alta leggibilità EasyReading®

    www.easyreading.it

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    Grazie per il tuo aiuto e per aver rispettato il lavoro dell'editore e dell’autore di questo testo.

    Versione digitale realizzata da Streetlib srl

    Nota della casa editrice

    Questo romanzo ha quasi settant’anni: godetevi la lettura, ma tenete bene a mente che la scienza e la società di oggi hanno fatto grandi passi avanti. Per esempio, vi raccomandiamo di non dare dolci e tè a nessun animale: in questa storia sembra un gesto gentile, ma oggi sappiamo che a loro fa molto male.

    L’immenso amore e la grande comprensione che la scrittrice rivolge ai cani, invece, quelli saranno sempre attuali.

    Le coppie felici

    Qualche anno fa viveva a Londra una giovane coppia di dalmata, di nome Pongo e Miss Pongo (Miss aveva aggiunto Pongo al suo nome solo dopo il matrimonio; comunque, la gente continuava a chiamarla Miss anche se era sposata). Erano così fortunati da avere una giovane coppia di umani. Si chiamavano Signor e Signora Darling. I due umani erano buoni, obbedienti e insolitamente intelligenti, a volte quasi come dei cani. Capivano diversi tipi di abbaio: quello che voleva dire Fammi uscire!, quello per Fammi entrare!, La cena, presto! e Andiamo a fare un giro?. E, anche quando non capivano, bastava guardarli intensamente o grattarli con impazienza con la zampa. Come altri amatissimi umani, erano convinti di essere i padroni dei loro cani, senza rendersi conto che erano invece i cani a essere i loro proprietari. Pongo e Miss trovavano questa cosa commovente e divertente al tempo stesso, e lasciavano che i loro umani domestici credessero pure che fosse vera.

    Il Signor Darling, che aveva un ufficio nella City, il quartiere finanziario di Londra, era particolarmente bravo in aritmetica. Molti lo definivano un mago della finanza, che non è la stessa cosa che essere un mago della magia, per quanto a volte ci andasse davvero vicino. Ai tempi in cui comincia questa storia, il Signor Darling era insolitamente ricco per un motivo altrettanto insolito: aveva reso un grande servizio al governo, qualcosa che aveva a che fare con la cancellazione del debito pubblico e, come ricompensa, non avrebbe più dovuto pagare le tasse per tutta la vita. Inoltre, il governo gli aveva offerto una casetta sull’Outer Circle, il viale che gira tutt’attorno a Regent’s Park.

    Era proprio la casa giusta per un uomo con moglie e cani.

    Prima di sposarsi entrambi, il Signor Darling e Pongo vivevano in un appartamento da scapoloni, e badava a loro la vecchia tata del Signor Darling, Tata Butler. Anche la Signora Darling e Miss abitavano in un appartamento da scapolone (non esistono gli appartamenti da zitelle), e badava a loro la vecchia tata della Signora Darling, Tata Cook. I due cani e i rispettivi umani domestici si conobbero nello stesso momento e festeggiarono assieme uno splendido doppio fidanzamento. Erano tutti e quattro un po’ preoccupati di cosa ne sarebbe stato di Tata Cook e Tata Butler. Sarebbe andato tutto bene quando i Darling avessero messo su famiglia, soprattutto se avessero avuto due gemelli, uno per ciascuna Tata, ma fino a quel momento, cosa avrebbero dovuto fare le due tate? Perché anche se sapevano preparare la colazione o servire dei pasti rapidi su vassoio (pasti del tipo un bell’ovetto da mangiare accanto al focolare) nessuna di loro sarebbe stata in grado di gestire una casa a Regent’s Park, dove i Darling avrebbero invitato a cena degli amici.

    E poi accadde qualcosa. Tata Cook e Tata Butler si conobbero e, dopo un primo momento in cui si guardarono con profondo sospetto, si presero in gran simpatia. Ed ebbero molto da ridere riguardo ai loro nomi.

    «Butler vuol dire maggiordomo e Cook vuol dire cuoco! Peccato che non sono davvero una cuoca e tu non sei un maggiordomo!» disse Tata Cook.

    «Sì, servirebbero proprio, adesso, una cuoca e un maggiordomo!» disse Tata Butler.

    E poi tutte e due ebbero l’Idea Geniale: Tata Cook si sarebbe esercitata per diventare una vera cuoca e Tata Butler si sarebbe preparata per diventare un vero maggiordomo. Avrebbero iniziato a studiare subito il giorno dopo e per le nozze sarebbero state addestrate alla perfezione.

    «Ma dovresti diventare una cameriera di sala, in realtà» disse Tata Cook.

    «Assolutamente no» disse Tata Butler. «Non ho il fisico adatto. Sarò un vero maggiordomo e sarò al servizio del Signor Darling, cosa che non richiederà alcuno sforzo, dal momento che è quello che faccio da quando è nato».

    E così, quando i Darling e i Pongo tornarono dalla luna di miele trascorsa tutti assieme, trovarono Tata Cook e Tata Butler, preparate alla perfezione, pronte a dar loro il benvenuto nella casetta di fronte a Regent’s Park.

    Fu quasi uno shock vedere Tata Butler in pantaloni.

    «Ma un vestito nero e un bel grembiulino con i volant non sarebbero meglio?» suggerì la Signora Darling un po’ in imbarazzo, perché Tata Butler non era mai stata la sua tata.

    «Non si può fare il maggiordomo se non si indossano i pantaloni» rispose Tata Butler con fermezza. «Però sì, domani mi metterò anche un grembiulino con i volant. Aggiungerà un tocco originale». E così fu.

    Le due tate annunciarono che non volevano più essere chiamate Tata, e adesso erano pronte a essere chiamate con i rispettivi cognomi, com’era corretto. Però, mentre ci si può rivolgere a una cuoca dicendole Scusi, Cuoca e quindi chiamarla Cook andava bene, non si può dire a un maggiordomo Scusi, Maggiordomo, e quindi chiamarla solo Butler non andava bene.

    Allora alla fine entrambe le tate vennero chiamate semplicemente Tata cara, com’era sempre stato.

    Dopo diverse settimane dal ritorno dalle lune di miele, accadde qualcosa di ancora più felice.

    La Signora Darling andò con Pongo e Miss di là dal parco, fino al quartiere di Saint John’s Wood, dove andarono a trovare un vecchio amico, lo Splendido Veterinario. La Signora Darling tornò a casa con la fantastica novità che i coniugi Pongo sarebbero presto diventati genitori.

    I cuccioli sarebbero arrivati entro un mese.

    Le tate servirono a Miss un pranzo bello abbondante perché si mantenesse in forze e a Pongo un pranzo bello abbondante perché non si sentisse trascurato (come spesso succede ai futuri papà di cuccioli) e quel pomeriggio entrambi i cani poterono gustarsi un lungo pisolino sopra il divano migliore. Quando il Signor Darling tornò a casa dal lavoro, erano già belli svegli e pronti per fare una passeggiata.

    «Usciamo a fare un giro, per festeggiare» disse il Signor Darling, dopo aver sentito la bella notizia. Tata Cook disse che si era già portata avanti con la cena, mentre Tata Butler disse che avrebbe fatto volentieri un po’ di movimento, così si incamminarono tutti lungo l’Outer Circle.

    I Darling erano in testa. La Signora Darling era molto carina con il completo verde del suo corredo da sposa, mentre il Signor Darling indossava la sua vecchia giacca di tweed, nota anche come la giacca passeggia cani. Il Signor Darling non era propriamente un bell’uomo ma aveva un tipo di viso che non ci si sarebbe stancati mai di guardare. Dietro di loro, seguivano i Pongo, con la loro aria nobile. Entrambi sarebbero potuti diventare Campioni se il Signor Darling non avesse avuto la sensazione che i due cani, e anche lui, avrebbero trovato noiosi i concorsi canini. Pongo e Miss avevano due bellissimi musi, spalle tornite, zampe forti e code dritte. Le macchie sui loro corpi erano nero corvino e quasi tutte delle dimensioni di una moneta da due scellini, mentre sulla testa, le gambe e la coda erano più piccole. Avevano il naso e i bordi degli occhi neri. Miss aveva un’espressione più accattivante, mentre Pongo, nonostante fosse un cane nato per comandare, aveva un luccichio divertito nello sguardo. I due cani camminavano fianco a fianco con grande dignità, limitandosi a tenere i Darling al guinzaglio per guidarli quando c’era da attraversare la strada. Tata Cook, paffutella, con il suo grembiule bianco, e Tata Butler, ancora più paffutella, in pantaloni e giacca a due code di ottima fattura, con tanto di grembiulino, chiudevano la processione.

    Era una splendida serata di settembre, senza vento, serena. Il parco e le vecchie case color crema che vi si affacciavano si crogiolavano alla luce dorata del tramonto. Si sentivano diversi suoni, ma nessun rumore fastidioso. Gli strilli dei bambini che giocavano e il ronzio del traffico londinese sembravano più sommessi del solito, come attenuati dalla dolcezza della sera.

    Gli uccelli cantavano l’ultima canzone del giorno e più avanti, lungo l’Outer Circle, nella casa dove abitava un grande compositore, qualcuno stava suonando il piano.

    «Ricorderò sempre questa bella passeggiata» disse il Signor Darling.

    In quell’istante, la pace venne stravolta dalla strombazzata acuta di un clacson. Una grossa automobile correva nella loro direzione. Si fermò all’altezza di una grande casa poco davanti a loro, poi una donna alta uscì sugli scalini della porta d’ingresso. Indossava un vestito attillato di raso verde smeraldo, diversi fili di rubini attorno al collo, e una pelliccia di visone perfettamente candida che le arrivava giù fino ai tacchi delle scarpe rosso rubino. Aveva la pelle scura, gli occhi neri con una sfumatura rossa e il naso molto appuntito. La sua capigliatura era esattamente divisa in due, una metà nera e una bianca, cosa piuttosto insolita.

    «Ma quella è Cruella De Vil» disse la Signora Darling. «Eravamo a scuola assieme. È stata espulsa perché si beveva l’inchiostro».

    «Non è un tantino appariscente?» disse il Signor Darling, che avrebbe voluto girare sui tacchi e tornare indietro. Ma quella donna alta aveva visto la Signora Darling e ora scendeva gli scalini per andarle incontro. E così alla Signora Darling toccò presentarle il Signor Darling.

    «Venite dentro, così conoscete mio marito» disse la donna alta.

    «Ma stavi uscendo» rispose la Signora Darling, guardando l’autista che aspettava tenendo aperta la portiera della macchinona. Era tutta bianca e nera, zebrata. Piuttosto vistosa.

    «Non c’è fretta. Insisto che entriate».

    Le tate dissero che sarebbero tornate indietro a occuparsi della cena e presero i cani con sé, ma la donna alta disse che i cani dovevano entrare, anche loro.

    «Sono così belli, voglio che mio marito li veda» disse.

    «Qual è il tuo cognome da sposata, Cruella?» chiese la Signora Darling, mentre attraversavano un ingresso di marmo verde per entrare in un salotto di marmo rosso.

    «Il mio cognome è ancora De Vil» rispose Cruella. «Sono l’ultima della mia famiglia, così ho fatto prendere il mio cognome a mio marito».

    In quel momento la pelliccia di visone perfettamente candida le scivolò dalle spalle e cadde a terra. Il Signor Darling la raccolse.

    «Che splendida pelliccia» disse. «Ma le farà troppo caldo in una sera come questa».

    «Non c’è nulla che sia troppo caldo per me» rispose Cruella. «Indosso pellicce tutto l’anno. Dormo in lenzuola di ermellino».

    «Ma che bello» disse la Signora Darling, educatamente. «Sono facili da lavare?»

    Cruella sembrò non sentire la domanda e continuò: «Adoro le pellicce, vivo per le pellicce! Ecco perché ho sposato un pellicciaio».

    In quel momento entrò il signor De Vil. Era un ometto basso, dall’aria inquieta, che non sembrava essere nient’altro che un pellicciaio. Cruella fece le presentazioni e poi disse: «Dove sono quei due splendidi cani?»

    Pongo e Miss stavano accucciati sotto al pianoforte a coda e avevano fame. Quelle pareti in marmo rosso gli sembravano dei lastroni di carne cruda.

    «Aspettano dei cuccioli» disse la Signora Darling, felice.

    «Oh, davvero? Ottimo!» esclamò Cruella.

    «Venite qua, cani!»

    Pongo e Miss si avvicinarono educatamente.

    «Non ne verrebbe fuori una pelliccia incantevole?» disse Cruella al marito. «Per la primavera, da mettere sopra un vestito nero. Non abbiamo mai pensato a fare pellicce di cane».

    Pongo abbaiò forte, minaccioso.

    «Stava solo scherzando, Pongo caro» disse la Signora Darling, accarezzandolo. Poi si rivolse a Cruella: «A volte mi viene da pensare che capiscano ogni parola che diciamo».

    Ma non lo pensava realmente. Ma invece era vero.

    Cioè, era vero per Pongo. Miss non capiva così tante parole degli umani quanto lui. Ma aveva capito la battuta di Cruella e pensava che fosse proprio di cattivo gusto. Quanto a Pongo, era furibondo. Che cosa orribile da dire di fronte a sua moglie, quando stava aspettando i primi cuccioli! Era contento di vedere che Miss non fosse sconvolta.

    «Dovete cenare con noi, sabato prossimo» disse Cruella alla Signora Darling.

    E siccome a quest’ultima non venne in mente nessuna scusa credibile (era una persona onestissima), accettò. Poi aggiunse che non voleva trattenere oltre i De Vil.

    Mentre stavano attraversando l’ingresso per uscire, una bellissima gatta persiana bianca gli passò di corsa tra le gambe e filò su per le scale. La Signora Darling la guardò ammirata.

    «Non mi piace molto» disse

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