Sogni che sorridono: Storie di rinascita nella favela
Di Luisa Bove
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Anteprima del libro
Sogni che sorridono - Luisa Bove
«Quello che vivevo non mi bastava»
Sogno. Amore. Fiducia. Sono le parole che più ritornano nel lungo e appassionato racconto di vita in Brasile che Milli (Maria Gabriella De Giacomi) confida per custodirle in queste pagine. Sono ventotto anni, di cui venti alla guida di Espaço Progredir, una realtà cresciuta nel tempo e divenuta un riferimento per tanti ragazzi della Baixada Fluminense, zona tra le più povere di Rio de Janeiro, e per le loro famiglie. Un sogno divenuto realtà, ma non certo studiato a tavolino.
Milli da bambina non sogna di partire per una missione nel Sud del mondo, ma scopre passo dopo passo ciò che poi definirà, senza esitazione, la sua vocazione. Nasce a Milano nel 1964, dove studia e consegue il diploma magistrale con l’idea di fare la maestra. La sua è una famiglia cattolica praticante e fin da bambina viene iscritta agli scout, esperienza che segnerà il suo stile di vita e le sue scelte future. Ben presto si rende conto che la sua formazione scolastica non è sufficiente e decide di iscriversi a Lettere presso l’Università Statale. Nonostante coltivasse da sempre la passione per la letteratura e la lettura, i risultati sono scarsi: «Mi ritrovavo con dieci libri da studiare e poca memoria, studiavo molto e assimilavo poco». Dopo due anni di fatiche e insoddisfazioni, capisce che non è la sua strada e molla il colpo.
Torna a interrogarsi e si ricorda di un’esperienza di volontariato intrapresa durante gli anni di scoutismo, quando, a turno, scout e guide si contendevano la piccola Lucrezia (soprannominata Teta), una bambina con una lesione cerebrale dalla nascita che il pomeriggio doveva essere aiutata a compiere una sequenza di esercizi fisici per migliorare il coordinamento dei movimenti. Un servizio che Milli svolgeva con piacere: saputo che la madre cercava per la figlia un’insegnante di sostegno, non ci aveva pensato due volte a proporsi. Aveva trascorso accanto a Teta un anno tra i banchi di scuola, si era lasciata coinvolgere molto, le piaceva e si divertiva nel suo ruolo di sostegno. «Potrei diventare fisioterapista», pensa. Si prepara per il test d’ingresso al corso, ma non lo supera. Torna a cercare. «È stato un brutto periodo», ammette oggi.
Poi ha una nuova intuizione: la psicomotricità. Sembra ciò che fa per lei. Si iscrive al corso di terapista della psicomotricità dell’infanzia e dell’adolescenza, che prevede tre anni di studio e il tirocinio al Policlinico di Milano. «Mi piaceva, perché era basata sul gioco e si lavorava a livello individuale.» Tutto fila liscio, questa è finalmente la sua strada. Il Brasile invece è ancora lontano.
Mentre cerca lavoro, per guadagnare qualcosa, inizia a fare la baby-sitter al mattino; nel pomeriggio invece si dedica al volontariato, sia presso il Centro di aiuto alla vita dell’ospedale Mangiagalli, con visite a domicilio alle neomamme, sia con la fondazione Abio (Associazione per il bambino in ospedale) tra i piccoli ricoverati nei reparti pediatrici. Milli non si è mai scrollata di dosso l’abitudine alla gratuità, al servizio degli altri, come insegna la legge scout.
Un bel giorno si apre la possibilità di un’assunzione a Lecco, presso l’associazione La Nostra Famiglia, che si dedica alla cura e alla riabilitazione delle persone con disabilità, in particolare in età evolutiva. Accetta il lavoro nella città lagunare. Per un anno Milli continua ad abitare a Milano e affronta il viaggio in treno tutte le mattine per poi rientrare la sera; il tempo che le resta è davvero poco, oltre alla fatica di alzarsi presto. Negli anni a seguire preferisce trasferirsi a Lecco e tornare in città nel fine settimana, ma la distanza non le consente di mantenere fede ai suoi impegni educativi nel gruppo scout (oggi Agesci Milano 34, ndr) presso la parrocchia di San Vittore al Corpo nel cuore della città.
Dopo quattro anni di trasferta, per avvicinarsi a casa chiede e ottiene il trasferimento nella sede di Sesto San Giovanni, un grande comune dell’hinterland milanese. «Lì sono rimasta tre anni», racconta. «Mi piaceva molto. Ho frequentato diversi corsi sulla psicomotricità legata a patologie psichiche, che valorizzano il gioco e il linguaggio del corpo.» Non solo, un collega neuropsichiatra molto capace ed esperto le dà tanti consigli, cogliendo il suo interesse e la sua attitudine.
Una volta a Milano si rimbocca ancora le maniche dando vita in parrocchia a due nuove attività: il gruppo missionario (che non esisteva ancora), avviato insieme a Paola e Alberto, e un gruppo di volontariato creato con l’aiuto di una suora infermiera. «Erano gli anni Novanta e ci eravamo resi conto che la comunità contava molti anziani. Ricordando un piccolo servizio che svolgevamo come scout da adolescenti (andavamo a far compagnia a una vecchietta), abbiamo deciso di organizzare corsi per imparare ad ascoltare le persone, accudirle e aiutarle a mangiare.» La suora apparteneva a un ordine di religiose infermiere, famose in parrocchia perché, oltre ad assistere i poveri, si recavano a domicilio a fare le iniezioni a chiunque ne avesse necessità.
L’idea, nata da un bisogno reale e da un’attenta osservazione del quartiere, riscuote un notevole successo, perché in poco tempo il gruppo conta già quindici-venti giovani, tra cui qualche scout che desidera svolgere un servizio diverso da quello educativo. È una bella esperienza e rimane nel cuore di chi vi si dedica con tanto impegno.
«Ero felice», assicura Milli, «avevo un lavoro che mi piaceva, svolgevo attività di volontariato con grande passione e avevo tanti amici. Eppure non mi bastava. Mancava qualcosa che desse completezza alla mia vita già molto impegnata. Arrivavo a casa molto stanca e dentro di me sentivo il vuoto.»
Questi vissuti la inducono a farsi aiutare da don Enzo Barbante, il giovane prete arrivato nella parrocchia di San Vittore e assistente del gruppo scout, cui Milli si rivolge scegliendolo come guida spirituale. «Ormai avevo trent’anni e volevo capire quale fosse il mio futuro, non potevo continuare a cercare e rimanere insoddisfatta. Dovevo arrivare a una conclusione.»
La famiglia è molto importante per lei, rappresenta le sue radici, ma lo scoutismo è la base formativa che le ha impresso un principio fondamentale: «La felicità la trovi rendendo felici gli altri». Una frase che fin da piccola sente ripetere spesso durante gli incontri, a messa o al fuoco di bivacco. Nel tempo quell’espressione diventa come un mantra, una musica di sottofondo nella sua vita. «Nel compiere le buone azioni
quotidiane – tipiche del metodo scout – mi impegnavo al massimo e capivo di essere sulla strada giusta. Anche dedicarmi al volontariato mi faceva bene, il mio primo servizio a soli dodici anni era stato quello di fare visita a un’anziana. A quell’età non sapevamo fare molto: ascolto, chiacchierate e piccoli gesti, ma ci sentivamo utili.» Tutto contribuisce alla crescita umana e spirituale di Milli, rendendola la donna che è oggi.
Nel metodo educativo che Milli utilizza in Brasile c’è molto dello stile e dello spirito appreso nel mondo scout e dal suo fondatore, lord Robert Baden-Powell: «Penso all’ottimismo, l’invito a cantare anche nelle difficoltà. Questo è fondamentale, soprattutto quando si lavora nel sociale e si avrebbe voglia di buttare tutto all’aria perché i problemi sono enormi. Sorridere e cantare anche in mezzo alle difficoltà è la follia dello scoutismo, e mi ha formato. Erano le leggi del positivo: non dicevano non devi
oppure non puoi
, ma tu sei
. Tu sei leale, tu sei generoso, tu sei amico di tutti… Questo non blocca i ragazzi, ma sviluppa il potenziale che è in loro. Oggi le stesse psicologhe di Espaço Progredir mi dicono: Noi lavoriamo con la psicologia positiva
. Be’, Baden-Powell (B.P.) lo faceva già alla fine dell’Ottocento».
Un’altra traccia lasciata da B.P. nella vita di Milli è la certezza del 5% di buono presente in ogni persona e che sta all’educatore scoprire e far crescere fino al 10-15-20% e oltre. Questa convinzione la guida sempre, non solo in famiglia o nella vita scout, ma anche nel lavoro: «Soprattutto con i bambini con problemi di comportamento, mi ripetevo: C’è sempre qualcosa di buono, va solo cercato e fatto emergere
».
E poi la responsabilità. «Se do la mia parola, devo rispettarla. Si inizia dalle piccole cose, per essere fedeli nelle grandi. Questo è importante in tutte le scelte della vita: se alla prima difficoltà si rinuncia, non si cresce.» Sembra di vedere Milli, china su un bambino, italiano o brasiliano, richiamarlo amorevolmente al valore della responsabilità, quasi una raccomandazione che diventa garanzia per una vita buona. Quante volte lei stessa vi avrebbe rinunciato quando, nel buio e freddo inverno milanese, le toccava alzarsi alle sei del mattino per arrivare in orario a Lecco e iniziare il suo lavoro di psicomotricista.
«Un’altra frase che Baden-Powell ripeteva spesso, per me fondamentale, era: Noi dobbiamo lasciare il mondo migliore di come lo abbiamo trovato
. A partire dalla nostra famiglia, dal quartiere, dalla città… e questo lo stiamo realizzando anche in Brasile, come racconterò in queste pagine. Perché, il giorno in cui morirò, dovrò aver lasciato un segno. Col passare del tempo mi rendevo conto che la mia strada non era il matrimonio, un marito e dei figli, eppure mi chiedevo: che cosa lascerò in futuro?»
Il suo impegno sociale nasce anche da queste convinzioni: dalla voglia di essere felice e rendere felici gli altri, dal desiderio di creare un mondo migliore e lasciare qualcosa di buono, dal senso di responsabilità nei confronti di tutti, grandi e piccoli. Grazie allo scoutismo, Milli sviluppa l’empatia: prova gli stessi sentimenti di chi le sta di fronte, e quando capisce che non ha parole capaci di consolare si scioglie in un abbraccio. In Brasile soprattutto.
«Sono entrata nel gruppo scout prima del tempo, non avevo ancora l’età per essere ammessa, ma dal momento che avevo anticipato la prima comunione, alla fine mi hanno accolta.» È l’anno in cui suo fratello si prepara alla prima comunione e lei non vuole essere da meno, tanto insiste con sua madre, fin quasi a litigare, che per accontentarla la affida a una suora per la preparazione al sacramento. La celebrazione e la festa saranno per entrambi.
Il programma educativo prevede, già per le coccinelle, una formazione religiosa non banale: «Si scopriva Dio nelle piccole e nelle grandi cose, ricordo le messe al campo in mezzo alla natura, ricevere l’eucaristia in mano dai capi e comunicarci insieme, le veglie intorno al fuoco, dove ci confrontavamo su tanti temi. E poi il valore del silenzio, che mi porto dentro ancora adesso. Imparavamo a fare discernimento, a leggere e a meditare la Parola di Dio, fino ad attualizzarla nella vita di tutti i giorni».
Milli ha solo diciassette anni quando le è affidata l’educazione delle coccinelle in un gruppo scout che sta nascendo a Ponte Lambro, gemellato con quello della parrocchia di San Vittore a Milano. Insieme a Roberta si occupa delle piccole: «Mi divertivo moltissimo.