I dittatori più spietati della storia
Di Michael Rank
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Info su questo ebook
Ingrata, brutale, e breve.
È così che il filosofo inglese Thomas Hobbes descrisse la vita degli esseri umani che si trovavano loro malgrado a vivere senza una forte autorità centrale. Tuttavia, Hobbes ammetterebbe probabilmente che vivere sotto un sovrano spietato potrebbe condurre alla stessa situazione. Ne fu lui stesso testimone, dato che visse solo un secolo dopo il sanguinoso regno di Enrico VIII, 150 anni dopo che i conquistadores spagnoli furono testimoni delle migliaia di sacrifici umani di Montezuma II, e quattro secoli dopo che Gengis Khan scorrazzò per tutta l’Eurasia, lasciando dietro di sé abbastanza morte e distruzione da spopolare importanti regioni del pianeta.
Questo nuovo interessante libro dello storico Michael Rank analizza le vite e le epoche dei peggiori dittatori della storia. Potrai scoprire qualcosa dei loro regni e delle loro azioni.
Tra gli altri:
- l’Imperatore Nerone, l’assassinio dei membri della sua famiglia, i sospetti sull’incendio di Roma, le massicce persecuzioni delle minoranze religiose che portarono molti dei primi Cristiani a credere che lui fosse l’Anticristo;
- Erode il Grande, gli stermini di massa, l’uccisione dei suoi famigliari e persino l’infanticidio perpetrati per mantenere il potere;
- Gengis Khan e le sue conquiste militari, in cui uccise decine di milioni di persone e ne spinse molte di più a fuggire dalle loro terre, provocando una riforestazione massiccia delle terre abbandonate e un crollo dei livelli di anidride carbonica, e determinando così un raffreddamento del pianeta generato dall’uomo;
- Vlad l’Impalatore (conosciuto anche come Vlad Dracul, omonimo del vampiro) e il suo uso dell’impalamento su oltre 20.000 vittime, con un tale orrore da fare indietreggiare un esercito superiore, testimone di tale scempio.
Questi e altri sei leader della storia antica, medievale e moderna sono raccontati in questo libro. Leggi come si sono costruiti questa reputazione di peggiori dittatori della storia, e perché sono tuttora così conosciuti nella cultura popolare.
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Anteprima del libro
I dittatori più spietati della storia - Michael Rank
Introduzione
Perché i dittatori del passato furono peggiori di quelli di oggi.
––––––––
Ingrata, brutale, e breve.
È così che il filosofo inglese Thomas Hobbes descrisse la vita dell’uomo, così come la condizione in cui egli si trova suo malgrado a vivere, quando non è presente una forte autorità centrale. Poiché la società non è in grado di riunirsi intorno al solo concetto di bene supremo, sosteneva Hobbes, la sua unica via di scampo è di unirsi contro il più terribile dei mali: una morte violenta. È sotto questo contratto sociale che una società e un governo possono formarsi, perché senza di esso l’uomo vivrebbe in una condizione di perenne paura, e di costante, imminente minaccia di morte
.
Tuttavia, lo stesso Hobbes ammetterebbe probabilmente che vivere sotto il sovrano sbagliato potrebbe altrettanto facilmente portare a una morte violenta, dato che anche ai suoi tempi era circondato da continui massacri.
Hobbes scrisse la sua opera magna, il Leviatano, durante la Guerra Civile Inglese, un violento conflitto scoppiato tra le diverse fazioni politiche dell’isola a metà del Seicento, che causò la morte di 200.000 persone. Questo numero rappresentava all’epoca il 5% della popolazione, un dato che in proporzione corrisponderebbe oggi a circa 15 milioni di americani. Altrove, la vita non era comunque migliore. Il continente europeo era impantanato nella Guerra dei Trent’anni, una guerra in cui quasi ogni nazione aveva preso parte a un massacro per il predominio sul continente. E tutto questo subbuglio ebbe luogo appena un secolo dopo il sanguinoso regno di Enrico VIII. Un secolo e qualcosa dopo che i conquistadores spagnoli avevano visto Montezuma II celebrare migliaia di sacrifici umani. Poco più di quattro secoli dopo che Gengis Khan aveva scorrazzato per tutta l’Eurasia, lasciando dietro di sé abbastanza morte e distruzione da spopolare importanti regioni del pianeta. Forse Hobbes aveva ragione a sostenere che un governo forte può proteggere l’uomo da una morte violenta ma, come vedremo nelle prossime pagine, un governo forte nelle mani sbagliate può aumentare il numero di quelle morti violente in modo esponenziale.
Questo libro racconterà delle vite e delle epoche dei più spietati sovrani della storia. Cercherà di comprendere le circostanze individuali che hanno dato forma a questi personaggi e fatto emergere i loro comportamenti più violenti. Esplorerà le loro decisioni e la loro determinazione a mantenere il potere con ogni mezzo necessario. Ma analizzerà anche le condizioni storiche e sociali del passato che spinsero questi sovrani ad adottare misure di estrema violenza per assicurarsi il predominio, con provvedimenti che anche i dittatori più sadici di oggi troverebbero non necessari e persino controproducenti per la loro stessa autorità.
Questo libro non si occuperà pertanto dei più noti sterminatori di massa della storia recente, come Adolph Hitler, Joseph Stalin, Pol Pot o Mao Zedong, perché se andiamo ancora più a ritroso nel tempo possiamo trovare dei dittatori che fanno apparire come civili anche le loro controparti del ventesimo secolo. In questo libro sosterremo invece che i sovrani che hanno regnato prima dell’età moderna (all’incirca 1.850) hanno commesso atti di violenza talmente brutali da superare nettamente quelli della storia recente. Non hanno forse fatto registrare un numero di morti così importante, ma la loro sete di sangue era la medesima, se non superiore.
Perché? Perché, nel ventesimo secolo, un dittatore avrebbe avuto tutti i mezzi per uccidere molti più milioni di persone grazie all’ausilio della tecnologia moderna. Coordinare un programma di omicidi di massa è estremamente difficile, senza una massiccia rete di trasporti come strade, treni, depositi di carburanti. Senza armi moderne come i piccoli esplosivi, l’artiglieria e le armi automatiche. Senza le tecnologie per la comunicazione come i telegrafi, i sistemi postali e i telefoni per gestire tali sforzi. Inoltre, questi atti violenti non toccarono le vite private così come accadeva nel passato. Ad esempio, l’Olocausto (6 milioni di morti) e il Genocidio Armeno (1,5 milioni di morti) furono perpetrati quasi all’insaputa dei civili tedeschi e ottomani. Al contrario, i massacri operati da Gengis Khan non sfuggirono all’attenzione pubblica, e in alcuni casi distrussero completamente quello stesso pubblico. Il fatto che quei due genocidi abbiano potuto essere commessi quasi alle spalle delle persone comuni, suggerisce che si trattò di operazioni di estrema efficienza, eseguite con un altissimo livello di organizzazione e precisione.
La violenza, nei secoli precedenti, era invece molto più brutale e meno clinica. Per una ragione molto semplice: allora, la violenza non era un monopolio di chi governava. Questa teoria, elaborata da Max Weber, sostiene che uno stato moderno di successo ha il diritto di reclamare il monopolio dell’uso legittimo della violenza per il mantenimento dell’ordine pubblico. Ciò significa che solamente lo stato può legittimamente uccidere e attaccare le persone comuni, e che lo fa per mezzo dei suoi soldati e dei suoi ufficiali di polizia. Anche la persona comune che uccide qualcuno per autodifesa, o si trova in possesso di un’arma da fuoco, lo fa solo dietro un esplicito permesso dello stato.
Quando gli stati non avevano il monopolio della violenza, proprio come