Per dir silenzio
Di Emma Corradi
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Anteprima del libro
Per dir silenzio - Emma Corradi
19)
Introduzione
Perché questo libro?
Alla fine di una riunione lavorativa in una scuola primaria, in cui ci si era lamentati per una classe particolarmente chiassosa, mi avvicina un collega, il quale mi dice: E se fossimo noi a dover ripensare l'idea di silenzio?
.
Fino a quel momento non pensavo nemmeno di avere un'idea sul silenzio, dopo, ho scoperto di averne molte. Era l’inverno del 2008 e quel giorno prese l’avvio la mia, non solitaria, ricerca sul tema.
L’analisi antropologica, pedagogica e spirituale ci ha fornito vasto materiale su cui riflettere, fino a condurci alla conclusione che noi chiedevamo ai nostri ragazzi di fare un silenzio passivo, quindi di non fare.
Scoprimmo, col tempo, che invece il silenzio è frutto di un'abitudine da consolidare, è scoperta, è scelta che deriva dal fare esperienza di un silenzio amico
che aiuti ad agire meglio.
E' un silenzio che non è più assenza di qualcosa, ma presenza. E' un silenzio che non è più non fare, ma fare.
Questo silenzio attivo diventa ascolto, partecipazione, pensiero, preghiera, meditazione, dialogo interiore...
Fondamentalmente, non abbiamo inventato niente di nuovo, questa idea di silenzio era già intrinseca nelle attività della Montessori, in parte teorizzata da Heidegger, sperimentato da Kierkegaard e sicuramente ripresa da educatori e pedagogisti, ma indubbiamente, è stata una proposta didattica impopolare e insolita, che ha portato noi per primi a metterci in gioco, ad abbandonare alcune certezze per conquistarne altre.
Quando abbiamo proposto, ai nostri ragazzi e poi alle classi di diverse scuole, questa esperienza, abbiamo intuito che neanche loro sapevano di avere un'idea di silenzio, ma qualunque essa fosse, dopo aver partecipato al nostro laboratorio, è cambiata.
Mi piace condividere questo viaggio, di scoperta e di esperienza, affinché questa esigenza umana non abbia più una connotazione solo negativa (lutto, malattia, tristezza, assenza, disinteresse) ma possa essere, per te che hai la pazienza di leggermi, la possibilità di un nuovo modo di concepire il silenzio e di farlo concepire agli altri.
Grazie, a tutti i docenti e a tutti i bambini, che con la partecipazione ai nostri laboratori mi hanno fornito preziosi spunti, grazie a chi ha collaborato con me mostrandomi un vasto orizzonte esperienziale e grazie a chi continua con me questo percorso di ricerca e scoperta.
Indice
Introduzione 2
Indice 6
1. Il Silenzio 8
1. La società contemporanea di fronte al silenzio 8
2. Dove si trova il silenzio 21
3. Dal tacere al silenzio 30
4. Il silenzio come preghiera 40
5. Il silenzio fonte di cambiamento 48
2. Silenzio e pedagogia 57
1. Il silenzio attivo 57
2. Maria Montessori e gli esercizi del silenzio 65
3. Filosofia di un incontro 73
4. Educare in profondità per tutta la vita
80
3. La nostra esperienza 86
1. Un alleato: il Circle Time 92
2. Il silenzio in una storia 99
3. Da personaggi a persone 105
4. Che rumore fa il silenzio? 112
5. Il giardino del silenzio 118
6. Il mondo mi parla, io parlo al mondo 123
7. Le regole di Mago Silenzio 129
4. Effetto silenzio 138
1. Il silenzio agisce 138
2. Per dir silenzio 146
5. La parola ai bambini! 153
Ringraziamenti 158
1. Il Silenzio
Il silenzio agisce come una medicina. (Domenico, 8 anni)
1. La società contemporanea di fronte al silenzio
Quando si chiede a qualcuno che cosa sia il silenzio, le risposte che si ottengono, suonano più o meno così: E' non parlare!
, E' non fare niente...
, E' assenza di rumore...
Tutte queste risposte sono parzialmente vere, ma fortemente opinabili.
Il vocabolario ci dà questa definizione: dal lat. silentium, der. di silens -entis, part. pres. di silēre «tacere, non fare rumore», assenza di rumori, di suoni e voci come condizione che si verifica in un ambiente o caratterizza una determinata situazione.[1]
Il silenzio è quindi per definizione assenza o negazione di qualcosa.
Il silenzio, inteso in senso filosofico, è invece uno stato del mondo e della persona.
Il silenzio come stato del mondo viene percepito come assenza di rumore, sebbene sia silenzio anche la pausa tra due rumori, o tra due note, o ancora, tra due parole.
Il silenzio della persona è uno stato del suo corpo in quiete ma soprattutto della sua mente.
L’epoca in cui viviamo rende difficile cogliere e, di conseguenza, vivere una realtà disgiunta dal rumore. L'uomo cerca il gruppo, la musica, la frenesia, la chiacchiera e quando non la trova nei suoi simili, ripiega nelle ormai diffusissime tecnologie. La maggior parte delle persone che s'incontrano quotidianamente su un mezzo di trasporto pubblico è impegnato ad ascoltare musica nelle cuffiette personali, a navigare sui tablet, a fare qualcosa che lo distolga da quello che in realtà sta facendo. Non c'è più tempo da perdere, ogni tempo, soprattutto quello delle attese e dei viaggi, deve essere riempito di qualcosa che catturi l'attenzione.
Pensare che una volta, i viaggi duravano moltissimo ed era già quel tragitto, in carrozza, sulle prime auto, in treno o in nave, a essere di per sé un'avventura da vivere e da raccontare.
L'attivismo e la frenesia di cui è permeata la nostra società hanno creato una frattura tra mondo efficiente, esterno, convulso e le esigenze naturali del mondo interiore.
A questo, va aggiunta la paura profonda di vivere il silenzio, che è stato spesso relegato al solo ruolo di compagno delle situazioni spiacevoli: tristezza, solitudine, chiusura, lutto, indifferenza...
Eppure il silenzio attraversa le nostre giornate, vestendo un abito diverso a seconda dell'occasione: meraviglia, sospetto, sapienza, coraggio, mistero, orgoglio, affetto, collera, gioia indefinibile... Inoltre, sebbene possa apparire strano, il silenzio è una componente importante nella nostra comunicazione.
Senza una pausa in silenzio, l’interlocutore non consentirebbe all'altro di parlare; il silenzio marca i turni di parola in ogni conversazione.
Il rispetto di questo silenzio è premessa indispensabile per far risuonare dentro di sé, in modo da comprendere il senso della comunicazione.
Parlare e dialogare, sono due verbi diversissimi. Quando parlo e parlo solamente non sono interessato al fatto che, dall'altra parte, ci sia un interlocutore che, davvero, possa comprendere, interiorizzare le mie parole, per poi rispondermi.
Quando dialogo, invece, ho l'aspettativa che il mio messaggio sia correttamente