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Il counseling a mediazione naturale: D'acqua e viaggio, di pietra e cielo
Il counseling a mediazione naturale: D'acqua e viaggio, di pietra e cielo
Il counseling a mediazione naturale: D'acqua e viaggio, di pietra e cielo
E-book316 pagine3 ore

Il counseling a mediazione naturale: D'acqua e viaggio, di pietra e cielo

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Info su questo ebook

È possibile sperimentare un tipo di crescita personale che porti verso una maggiore consapevolezza di sé, del proprio corpo, del mondo (in particolare quello naturale) e delle altre persone?
Il counseling a mediazione naturale (o CMN) è un percorso di ricerca in cui il rapporto con la propria storia, le proprie sensazioni, i pensieri e le emozioni sono mediati dall’ambiente naturale a cui fa riferimento una rete internazionale di professionisti che coniugano l’approccio umanistico della psicologia a quello ecologico e naturale.
Il Counselor Alberto Folli nel suo saggio Il counseling a mediazione naturale introduce una parziale ricognizione del contesto sociale di ogni epoca, analizzando il modo di rapportarsi all’ambiente e alla natura e le conseguenti forme di disagio e di benessere che possono essere lette nei comportamenti individuali.
Nella seconda parte del testo si va alla ricerca di diversi riferimenti teorici e culturali, che possano costituire un fondamento di conoscenze e pensieri su cui appoggiare la pratica del CMN.
La terza parte descrive gli elementi costitutivi del CMN (il corpo e il cammino, il contatto con la natura, il dialogo e la riflessione, le suggestioni provenienti dalle storie antiche dell’uomo in relazione al suo sviluppo, l’importante ruolo delle immagini e del paesaggio).
Mentre nella quarta e ultima parte si racconta l’esperienza in prima persona di chi ha partecipato alle diverse iniziative proposte negli anni, contestualizzandola con riflessioni di merito e indicando strumenti utili per promuovere un metodo volto a una maggiore consapevolezza e alla soluzione di problemi personali, applicabile in molti ambiti: dalla famiglia alla scuola, dalla ricerca di lavoro alle esperienze professionali e aziendali, dal rapporto con se stessi alle relazioni con gli altri.
LinguaItaliano
Data di uscita1 feb 2024
ISBN9788831327626
Il counseling a mediazione naturale: D'acqua e viaggio, di pietra e cielo

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    Anteprima del libro

    Il counseling a mediazione naturale - Alberto Folli

    Il_counseling_a_mediazione_naturale_(copertina_solo_fronte).jpg
    Saggi Epoké

    Alberto Folli

    Il counseling

    a mediazione naturale

    D’acqua e viaggio, di pietra e cielo

    edizioni epoké

    ISBN 978-88-31327-62-6 (ePub)

    ©2023 Edizioni Epoké

    Prima edizione: 2023

    Edizioni Epoké. Via N. Bixio, 5

    15067, Novi Ligure (AL)

    www.edizioniepoke.it

    epoke@edizioniepoke.it

    Editing e progetto grafico: Laura Simonassi, Edoardo Traverso.

    In copertina: illustrazione di Alessia Roselli

    Illustrazioni interne di Alessia Roselli

    I edizione

    Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere fotocopiata, riprodotta o archiviata, memorizzata o trasmessa in qualsiasi forma o mezzo – elettronico, meccanico, reprografico, digitale – se non nei termini previsti dalla legge che tutela il diritto d’autore.

    Indice

    Introduzione

    Dove si inizia a raccontare del counseling a mediazione naturale

    Navi all’orizzonte: il nostro pubblico

    Parte prima. Per leggere il livello sociale, quello individuale e prendere spunti dall’ecologia

    Capitolo uno

    Ehilà di casa! Tutto bene?

    1.1 Ma dove vivi? (sguardi critici al contesto sociale)

    1.2 E noi? (accade a livello individuale)

    Capitolo due

    Vola gabbiano tra cielo e mare

    2.1 Notizie dal pianeta

    2.2 Andar su rotte nuove.

    Parte seconda. Saltando da un sasso all’altro per cercare i riferimenti del CMN

    Capitolo tre

    Uomo, natura, spirito, materia e altre impertinenze

    3.1 Nel campo delle relazioni

    3.2 Ecosofia: una coltivazione del Sé nel campo relazionale

    3.3 Al confine del contatto

    3.5 Atteggiamenti e rappresentazioni dell’uomo rispetto alla natura

    3.6 Spiritualità, responsabilità, relazione, equilibrio

    3.7 Oscillando dall’io-tu all’io-esso

    3.8 Il mondo ritma e si danza in tre

    3.9 Riconoscere le visioni dell’uomo

    3.10 Salute, benessere, qualità della vita: per rendere le acque più chiare

    3.11 L’intero e il separato: mente, corpo, anima, Terra.

    3.12 Nel paesaggio, tra il dentro e il fuori

    Parte terza. Il porto dove tante idee vengono a raccontare ingredienti e vantaggi del CMN

    Capitolo quattro

    Gli elementi del counseling a mediazione naturale

    4.1 In cosa consiste il counseling a mediazione naturale?

    4.2 Corpo in cammino: a zonzo tra natura e cultura

    4.3 Immersione e contatto nella natura

    4.4 Socialità, ascolto, dialogo, riflessione

    4.5 ll contatto con la propria storia ontogenetica e filogenetica

    4.6 Il nutrirsi di immagini

    Capitolo cinque

    I benefici influssi del counseling a mediazione naturale

    5.1 Il vizio dell’analisi

    5.2 Vantaggi fisici

    5.3 Vantaggi cognitivi

    5.4 Vantaggi psicologici

    5.5 Vantaggi nella vita sociale

    Parte quarta. Dove si raccontano esperienze

    e si ascoltano le voci di chi ha partecipato

    Capitolo sei

    La pratica e, nel mentre, la grammatica

    6.1 A chi si rivolge?

    6.2 Il processo

    6.3 Indicazioni e riflessioni

    6.4 Metafore

    6.5 Si parte e si va: esercitazioni, note e strumenti

    6.6 Richiami alla teoria del counseling

    Capitolo sette

    Voci nel vento: le parole di chi c’era e c’è

    7.1 Lo sguardo delle parole

    Conclusioni

    La promessa

    Bibliografia

    Riviste e dispense

    Riferimenti web

    ALberto Folli

    Introduzione

    Dove si inizia a raccontare del counseling

    a mediazione naturale

    Questo testo raccoglie spunti teorici e racconti a sostegno di una pratica di crescita personale, intesa come via verso una maggiore consapevolezza di sé, del proprio corpo, del mondo (in particolare quello naturale), delle altre persone.

    Questa pratica ha a che fare con la relazione d’aiuto e può trovare espressione, strumenti e riferimenti nel counseling, attraverso il sintonizzarsi con la natura. Si tratta di un percorso di ricerca in cui il rapporto con la propria storia, le proprie sensazioni, i pensieri e le emozioni sono mediati dall’ambiente naturale.

    Il riferimento ad alcune cornici teoriche e l’uso intenzionale del contatto con la natura portano alla denominazione di counseling a mediazione naturale (che abbrevio in CMN). La sensibilità alle esigenze dell’ambiente, il rispetto che la natura richiama, l’importanza di uno stretto legame tra uomo e natura, portano a una seconda denominazione, quella di ecocounseling.

    La mia ricerca in questa pratica compone percorsi formativi dell’area psico e socio pedagogica con la passione per la montagna e per la natura, sviluppate anche in alcune esperienze strutturate. Tra tutte mi piace ricordare che, insieme agli amici dell’Associazione Verso l’origine, abbiamo inventato un modo particolare di risalire i torrenti chiamato Streambed Trekking¹.

    In principio pensavo che la mia potesse essere un’esperienza isolata, se non unica. Ho poi scoperto l’esistenza di una rete internazionale di professionisti che coniugano l’approccio della psicologia umanistica a quello ecologico e naturale.

    Cosa sia il counseling a mediazione naturale è difficile da spiegare in un Paese come il nostro in cui anche la nozione generale è poco nota e riconosciuta. Per counseling si intende un lavoro dialogico di accompagnamento, una riflessione in cui il cliente affronta un tema o un problema personale muovendo verso una maggiore consapevolezza e una soluzione. Si presta a essere applicato in molti ambiti: dalla famiglia alla scuola, dalla ricerca di lavoro alle esperienze professionali e aziendali, dal rapporto con se stessi alle relazioni con gli altri.

    Il counselor non interpreta, piuttosto ascolta e lavora sulle risorse, sulle potenzialità delle persone. L’orizzonte a cui guarda è il benessere, inteso come stare bene con se stessi e con gli altri, senza negare difficoltà e dolori.

    Il CMN porta, con delicatezza e attenzione, la relazione fuori dalla stanza, dentro la natura, utilizzata come terzo elemento interattivo e come serbatoio di metafore e immagini in grado di entrare in risonanza con il mondo interno delle persone.

    Muoversi o sostare nell’ambiente naturale sono occasioni per portare attenzione a ciò che viviamo e percepiamo, per avvertire il contatto e la relazione con quanto ci circonda.

    Come vedremo, movimento e percezione del mondo naturale sono, di per sé, salutari. Immergersi nel paesaggio significa lasciare che agisca su di noi. All’aria aperta è più facile sentirsi concentrati sul presente, riuscendo così a guardare con distacco le situazioni di ansia che viviamo, e che, talvolta, appaiono insormontabili. Ci aiuta mettere a fuoco sensazioni ed emozioni. Percepirsi in cammino, a maggior ragione se insolito, può facilitare un cambiamento del punto di vista per cogliere aspetti diversi in noi e in chi ci sta vicino.

    Per saziare le nostre emozioni abbiamo bisogno del bello che rassicura e del sublime che turba, abbiamo bisogno di immagini in cui abitare e a cui poter tornare. Per questo propongo escursioni e avventure alle porte di casa: perché siano alla portata di tutti, dunque delle vie replicabili, che suscitino la sensazione di inusuale possibile.

    Durante queste escursioni di CMN è possibile utilizzare le innumerevoli metafore che gli ambienti naturali offrono. Si tratta, un poco, di entrare in una dimensione sciamanica nel rapporto con ciò che abbiamo attorno e ciò che accade. Una dimensione in cui si cerca la sintonia con l’ambiente per provare a leggerne i significati e le risonanze personali, come se il mondo ci parlasse, così come sembrava parlare agli antichi guaritori. Si tratta non solo di tacere e ascoltare, ma anche di raccontarsi trovando una propria buona narrazione.

    Il CMN può rivolgersi a singoli o essere una pratica di gruppo.

    In estate è molto bello risalire torrenti. L’impatto è, in genere, gradevole, eccitante, spiazzante. Per qualcuno è solo divertente, io preferisco definirla un’occasione in cui sicuramente è possibile provare piacere e trovare nutrimento.

    Durante l’inverno è preferibile seguire l’acqua senza entrarvi dentro, oppure cercare nella terra a noi prossima qualcosa di inedito, di poco praticato, per posare uno sguardo nuovo sulle cose e su di noi che, tra le cose, muoviamo i nostri passi.

    Prima di addentrami in una descrizione più ampia e dettagliata di cosa intendo per CMN ho ritenuto opportuno contestualizzare questa pratica. A tal fine, nella prima parte del libro, propongo una parziale ricognizione del contesto sociale. Ogni epoca si caratterizza sotto diversi aspetti e crea diverse condizioni di vita per le persone. Tutto ciò impatta sul loro modo di rapportarsi all’ambiente e alla natura, portando con sé diverse forme di disagio e di benessere che possono essere lette nei comportamenti individuali. Completo lo sguardo sul contesto dedicando il capitolo 2 ad alcuni punti di vista ecologici.

    Nella seconda parte si va alla ricerca di diversi riferimenti teorici e culturali, che possano costituire un fondamento di conoscenze e pensieri su cui appoggiare la pratica del CMN. Si prendono spunti da diversi autori (per richiamarne alcuni: Lewin, Naess, Buber, Panikkar, Lingiardi) e si fa riferimento ad alcuni temi (tra gli altri quello degli atteggiamenti verso la natura, quello di salute e benessere, dell’unità mente corpo, ecc.). Altri autori sono individuati per la visione dell’uomo che costituisce la premessa all’incontro con l’altro (ad esempio Mounier, Freire, Rogers e altri che sottolineano le potenzialità dell’organismo di prendersi cura di sé stesso).

    La terza parte descrive, in particolare nel capitolo 4, gli elementi costitutivi del CMN (il corpo e il cammino, il contatto con la natura, il dialogo e la riflessione, le suggestioni provenienti dalle storie antiche dell’uomo in relazione al suo sviluppo, l’importante ruolo delle immagini e del paesaggio. Il capitolo successivo indica, ricordando alcune ricerche, i vantaggi e i benefici che possono provenire dal CMN. In particolare a livello fisico, cognitivo, psicologico e sociale

    La quarta e ultima parte descrive l’esperienza realizzata, contestualizzandola con riflessioni di merito e indicando strumenti utili, come la pratica e la grammatica, che danno il titolo al capitolo 6. L’ultimo capitolo è dedicato alle voci e alle parole di quanti hanno partecipato alle diverse iniziative proposte negli anni. È per me di particolare importanza, poiché la mia esperienza nasce sul campo, nell’acqua, nei boschi, tra le rocce e si sviluppa nel rapporto con le persone che hanno accettato di seguirmi in questa intuizione. Potremmo dire che la parte finale del mio contributo ne costituisce quasi il punto di partenza, e potrebbe dunque essere letta prima di tutto il resto. Anzi, consiglio senz’altro di farlo. Così da entrare poi in un’analisi che possa risuonare delle altrui esperienze.

    In ultimo, nelle conclusioni, evidenzio quello che ragionevolmente ci si può attendere dal praticare il CMN.

    Chi cerca qui la ricostruzione di un sistema unitario e omogeneo sul piano teoretico, rimarrà deluso. Al contrario la mia ricerca salta tra approcci anche distanti tra loro, tuttavia, nonostante gli accostamenti di contributi diversi, credo emerga un quadro coerente, con tanti fili di ragionamento che si rincorrono e che, volutamente, non ho cercato di chiudere una volta per tutte. Da risalitore di torrenti preferisco la loro fluidità.

    Navi all’orizzonte: il nostro pubblico

    Se, come nelle barzellette, fossi naufrago su un atollo e lasciassi alle acque bottiglie con dentro questo libro, a chi sarebbero rivolte? A tutti certamente, ma in particolare alle navi che, con maggiore probabilità, attraversano quell’orizzonte.

    Ecco gli interlocutori che potrebbero trovare nel testo più spunti di interesse. Li elenco per categorie e non in ordine di importanza.

    Penso a un’articolata costellazione professionale, quella di chi opera con strumenti psico-socio educativi. Dunque non solo ecocounselor, eco-psicologi e coloro che sono interessati a formarsi per svolgere questo tipo di attività. Più in generale counselor, psicologi, educatori, pedagogisti, ma anche educatori ambientali, guide naturalistiche ed escursionistiche, fino ad arrivare anche a chi si occupa di paesaggio fisico (architetti paesaggisti) e interiore (artisti, pittori e poeti). Ritengo che, per costoro, il testo possa contenere qualche spunto, integrazioni o un fertile spiazzamento.

    Esistono poi le galassie degli operatori olistici; di quanti propongono a livello culturale ed esperienziale una qualche forma di contatto con la natura; delle realtà che coniugano forme di convivenza con l’attenzione ecologica. Tutte quelle situazioni che fanno del rispetto e dell’ascolto (tra persone e con l’ambiente) una base portante del proprio atteggiamento.

    Vi è poi la categoria degli insegnanti di vari ordini e gradi. Ritengo che questa pratica potrebbe offrire più di un vantaggio al mondo scolastico. Dalla rigenerazione dell’attenzione diretta, alla potenza di una esperienza spiazzante che apre a riflessioni sul pensiero complesso, fino (e soprattutto) alla valenza socializzante, alla possibilità di incontro su un terreno insolito, al possibile contributo alla coesione e alla formazione del gruppo.

    A proposito di team building, so che questa pratica suscita l’interesse di quanti si occupano di formazione aziendale outdoor. L’esperienza di contatto con la natura e le riflessioni che rende possibili, anche mediate dallo sguardo metaforico, sono un’esperienza certamente spendibile in quest’ambito professionale accostabile a diversi contenuti (Soft Skills, Non Technical Skills, ecc.) e orientabile verso diversi obiettivi formativi.

    Di grande interesse sarebbe per me incontrare il punto di vista e l’eventuale attenzione dei ricercatori e introdurre nella pratica la loro strumentazione scientifica.

    Penso, inoltre, a chi propone pratiche filosofiche e alle loro comunità di ricerca. Immagino un possibile contributo complementare, per coniugare un approccio eminentemente cognitivo e verbale con uno più propriamente sensoriale, corporale ed emotivo.

    Finalmente arrivo a elencare coloro che mi hanno accompagnato e si sono fatti accompagnare dalla stanza dello studio alla montagna e che hanno provato l’esperienza di un contatto guidato con la natura. Insieme a loro considero quanti potrebbero essere interessati, incuriositi e motivati a provare questa pratica.

    Infine desidero rivolgermi a tutti coloro che, sono attratti dalla natura, dal camminare, dal contatto con gli elementi: dall’acqua, dal vento, dalla roccia, dall’erba, dalla terra, dalle nubi in cielo e dai meravigliosi e cangianti aspetti del loro mescolarsi e divenire. A quanti, ancora, ritengono importante e degno di essere raccontato l’incontro con un animale o con un albero, sia pure secco e piantato in un giardino.

    Anche chi sente di possedere paesaggi e luoghi dell’anima è un mio possibile interlocutore, perché avverte la possibilità e il bisogno di addentrarvisi fisicamente, e di interrogarsi su cosa tutto ciò significhi e comporti.

    Troverà costui, in questo testo, delle precise risposte? Di certo troverà suggestioni che potrebbero accompagnarlo un poco più in là nel suo viaggio (qualcuno mi ha detto che questo potrebbe persino essere considerato un libro di viaggio. In effetti per me lo è stato sia nel momento dell’esperienza sul campo, sia nella fase stessa di scrittura.

    Parte prima

    Per leggere il livello

    sociale, quello individuale

    e prendere spunti dall’ecologia

    Capitolo uno

    Ehilà di casa! Tutto bene?

    1.1 Ma dove vivi? (sguardi critici

    al contesto sociale)

    La vita di tutti noi si svolge all’interno di complessi sistemi familiari, sociali, culturali che caratterizzano il momento storico e l’epoca in cui si svolge la propria parabola esistenziale. Ritengo che il disagio o il benessere personale abbiano radici sociali e culturali, prima ancora che cliniche e individuali, e che sia importante tenerne conto, se non altro per comprendere da quali forze siamo spinti o trattenuti. Su questo si innesta poi la nostra responsabilità per promuovere un cambiamento.

    È dunque importante collocare questo lavoro nel quadro socio culturale. Nei paragrafi successivi tratterò l’argomento in modo più approfondito e dettagliato.

    Senso e tecnica

    La qualità della vita è spesso legata alla capacità e alla possibilità di dare un senso alle cose che facciamo, così come alla prospettiva di vivere in un ragionevole e favorevole futuro. Possiamo allora domandarci come si pongano oggi, nelle nostre società tecnocratiche, il problema del senso dell’esistenza e la rappresentazione del futuro.

    Progressivamente la nostra specie ha ridotto, nei suoi ambienti di vita, lo spazio della natura a favore di un crescente ambiente tecnologico. Nella vita di tutti i giorni ci rendiamo conto in prima persona di come la tecnologia diventi sempre più il fine ultimo, abbandonando la sua originale valenza di strumento². Una presenza cangiante a cui dobbiamo adeguarci in ossequio a un processo che spesso appare più razionale per il mercato e i suoi agenti, piuttosto che per l’utilizzatore finale. Siamo più impegnati a inseguire nuovi prodotti piuttosto che a soddisfare i nostri bisogni.

    Quando la tecnologia da mezzo diventa fine, spiega Umberto Galimberti, sostituisce l’uomo come soggetto della storia. Nella misura in cui tecnica e mercato non perseguono fini, ma piuttosto risultati, avviene una contrazione della prospettiva di senso.

    Emozioni fuori controllo

    Soprattutto le giovani generazioni corrono il rischio dell’analfabetismo emotivo³. All’interno di ritmi sempre più incalzanti e di relazioni polverizzate e astratte, i giovani rischiano di crescere senza consapevolezza dei propri vissuti personali, in una dimensione utilitarista e individualista dove, persi i valori di riferimento, non rimane che il denaro come unica via di liberazione individuale. Un tale disagio non è tanto psicologico quanto culturale. Le sue cause non vanno ricercate nella dimensione individuale e clinica, ma in quella collettiva, sociale, economica. Non sono alcuni soggetti isolati a essere malati: viviamo tutti in una triste situazione di isolamento.

    La percezione delle emozioni e la loro educazione, spiega Daniel Goleman⁴, rendono possibile la capacità empatica e l’altruismo. Se l’altruismo vacilla, anche altri sentimenti come la compassione e la capacità di autocontrollo diventano più precari.

    Tristezza e speranza

    Vi è chi ha letto nelle società contemporanee una diffusa tristezza accompagnata da sentimenti di insicurezza, precarietà e protratta emergenza. Il filosofo Miguel Benasayag e lo psicoanalista Gérard Schmit affermano che «la crisi non è tanto del singolo quanto il riflesso nei singoli della crisi della società...»⁵.

    Nella concitata quotidianità in cui viviamo, dedichiamo sempre meno tempo a pensare, a riflettere; leggere un libro appare un investimento che, per il tempo che richiede, non ci si può più permettere. Al tempo stesso si riducono i legami sociali, prevale un senso di individualismo in cui ognuno pensa solo a se stesso.

    Una serie di fattori penalizza il rapporto tra genitori e figli: i rapidi cambiamenti rendono apparentemente inutile apprendere dalle generazioni precedenti, cosa che mette in crisi il principio di autorità; la difficoltà a vedere un futuro e a trovare un lavoro rende difficile emanciparsi e assumere responsabilità. Dove prevale la tristezza e mancano senso dell’esistenza e speranza, si corre il rischio di precipitare nella disperazione. Ce lo ricorda un educatore dallo sguardo politico come don Andrea Gallo, invitando a non rinunciare mai a quello che il pedagogista brasiliano Paulo Freire chiama Principio speranza: «Deporre le grandi speranze significa uccidere e privare di senso anche le speranze piccine, quelle che poniamo per il futuro nostro e dei nostri cari. Dobbiamo scoprire in noi stessi e più ancora nel nostro stare insieme, la bellezza di una lotta che si ribella alle induzioni di morte che ci vengono suggerite e amplificate»⁶.

    Paura e relazioni

    Pensando alla nostra storia recente, sappiamo come il potere occulto infiltrato nelle istituzioni abbia agito attraverso la logica del terrore, usata per normalizzare il Paese.

    Il sociologo Zygmunt Bauman aiuta a capire come la paura sia un capitale la cui gestione vada oltre i confini e la storia del nostro Stato.

    Nella società liquida anche la paura è tale, ed è capace di diffondersi in modo capillare proprio come un fluido Si vive avvertendone la presenza, attendendo che un disastro si compia, che esso sia ecologico, nucleare, sociale, economico o sanitario. Si vive in modo individualistico, escludendo l’altro per non essere noi stessi oggetto di esclusione. Nella difficoltà di intessere legami e salde relazioni solidali e sicure, come dice Bauman «...preferiamo riporre le nostre speranze nelle reti anziché nelle relazioni»⁷.

    Il sociologo ci ricorda, inoltre, che la distribuzione della ricchezza è ineguale e se tutti consumassero come chi oggi dispone di più ricchezza, servirebbero le risorse di tre pianeti.

    Narcisismo e consumo

    Quella così descritta è dunque una società spaventata dall’insicurezza del presente e dall’incertezza sul futuro La società sta diventando sempre più impotente, traducendo questo stato di apprensione in atteggiamenti e comportamenti che improntano le proprie relazioni su legami intergenerazionali.

    Lo evidenzia un romanziere sensibile come Daniel Pennac parlando della difficoltà di insegnare nel sistema scolastico:

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