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Romanzo Elementale
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E-book870 pagine12 ore

Romanzo Elementale

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Info su questo ebook

Freedom, città di vetro in superficie. Giorno perenne in cielo, l'aria irrespirabile fuori, la vita impossibile se non negli alveari, costruiti per difendersi dall'esterno. Cracovia, nelle viscere del pianeta; unica alternativa a Freedom, sette livelli sotterranei, ognuno più profondo e buio del precedente. Ci vivono gli scarti del mondo di sopra... Due mondi diversi e distanti, i soli dove la vita è possibile, entrambi assoggettati a un Potere assoluto, che manovra gli esseri umani, sfruttando le paure ataviche di chi pensa che non vi siano alternative... L'uno, inondato di luce, dove il colore dominante è il bianco e si respira un'aria asettica. L'altro, cupo e cieco, dall'odore stantio della vita sotterranea. Tra i due mondi si muove l'eroina di questo romanzo, Ginevra Silver, 'destinata' a scuotere le fondamenta della realtà istituita e a risvegliare l'umanità dal suo torpore...
LinguaItaliano
Data di uscita28 set 2015
ISBN9786050413533
Romanzo Elementale

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    Anteprima del libro

    Romanzo Elementale - Simona Silvestri

    d’abito… 

    1)

    Un giorno più lontano, parole di Madame Blanche a Ginevra, nei sotterranei più profondi di Cracovia:

    Attraverso la trasparenza dei tetti di Freedom tu hai potuto scorgere il principio dell’Universo Celeste e comprenderne l’Infinito con i suoi misteri… per molti, qui a Cracovia, seppelliti da strati e strati di terra e sale, sotto la debole luce di torce, è difficile, se non impossibile, potersi anche immaginare la maestosità cosmica, l’immensità dell’Etere di cui siamo solo una piccolissima parte; né certo possono comprendere il nostro essere insignificante al di fuori dell’unione con il Tutto!.

    Ginevra è appena rientrata nel suo appartamento, al 204esimo piano dell’alveare numero quattro di Freedom. La spia del televideo sta lampeggiando. Qualcuno cerca di mettersi in contatto con lei. Ignorando il monotono segnale di chiamata, Ginevra si precipita in cucina.

    Il frigo, al solito, scarseggia di cibo.

    La sua navetta ha avuto un guasto, precipitando nel vuoto per qualche centinaio di metri, fino a esplodere sul suolo e mescolarsi alla miriade di rottami abbandonati nei sottofondi. Appena perso il controllo del mezzo, si è sparata in aria ed è stata soccorsa prima di raggiungere con il paracadute la zona ombra. Si dice che lì ormai l’aria sia irrespirabile e che nessun essere umano possa resistervi in vita. Il suo amico e collega Victorio l’ha accompagnata alla sua abitazione, offrendosi di restare per la cena.

    Desolata per le proprie risorse alimentari, Ginevra torna dal suo ospite.

    Victorio è seduto comodamente su uno spazioso divano bianco, le braccia spalancate ad abbracciare il vuoto e la testa china di lato, con gli occhi semichiusi. Ginevra si sofferma ad ammirarne l’esile figura di nobile eleganza. Il volto pulito e pallido dai lineamenti allungati. Il profilo ellenico e le tenui rughe intorno al celeste di due piccoli occhi taglienti. La bocca sottile e morbida. I lunghi capelli albini, spettinati sulla fronte spaziosa. Vorrebbe gridargli il suo amore, stringerlo forte, posarsi sul suo petto e chiedergli di restare per la notte; ma la reazione di Victorio sarebbe così dura da spezzarle ancora una volta il cuore. Maledetto sistema!. Stringe i pugni per soffocare l’emozione… Per un attimo, il suo sguardo si sposta nostalgico sull’enorme quadro centrale che sovrasta il divano.

    È la rappresentazione di un paesaggio terrestre che non esiste più, simbolo di un’esistenza terrena remota. Un fiume scorre lungo una riva, dove è appena germogliato il grano, che con il suo colore dorato dà luce all’azzurro del cielo. Al centro si affaccia sulle acque un albero grandissimo, che espande i suoi rami all’infinito. Per ironia della sorte, il quadro, simbolo della vita e dell’eternità, è l’unico ricordo di famiglia che è riuscito a sopravvivere... Con un sorriso strappato alle lacrime, Ginevra si lascia rapire dal pensiero di suo fratello. La voce di Victorio la riporta alla realtà.

    «Tutto a posto?»

    «… sì, certo! Scusami…»

    «Non sei curiosa di sapere chi ti sta cercando?»

    «Non mi sento di rispondere…»

    «Potrebbe essere la Centrale…»

    «Alla Centrale non usano il televideo, Vichy. Ho bisogno di rilassarmi… ho appena preso un brutto spavento… non è piacevole rischiare di rimanere intrappolati nelle fogne…»

    «Non voglio sembrarti noioso, ma la tua ricevente è precipitata insieme alla navetta e…»

    «Già, dimenticavo… Posso usare la tua per chiamare la Centrale?»

    «Lo sai… secondo il regolamento io non dovrei essere qui…»

    «Secondo il regolamento o secondo tua moglie?!»

    All’infelice sfogo, il silenzio riempie la stanza e il vento gelido, che scorrazza di là dell’enorme vetrata a parete, sembra penetrare all’interno…

    Ginevra, lo sguardo perso nel vuoto, vorrebbe mangiarsi la lingua, ma è stanca e le parole sono uscite fuori della sua bocca senza preavviso. Evitando lo sguardo di Victorio, si dirige nello studio. Due grandissime vetrate ad angolo formano le due pareti esterne; mentre una libreria a scacchiera bianco/nera scorre lungo binari di metallo e funge da divisorio con l’attigua stanza da letto. Ammucchiati sugli scaffali riviste, libri, film, musica e immagini a colori del passato, scampati miracolosamente alla distruzione e troppo carichi di nostalgia per riordinare senza provare dolore. Al centro, affacciato sul cielo, un computer a comando vocale, ultima generazione, poggia su un piano rettangolare di cristallo, sorretto da una bianca statua marmorea di donna nuda giacente sul pavimento.

    Nel frattempo il segnale di videochiamata in attesa è cessato. Ginevra siede su una bianca poltrona a uovo e preme il pulsante di attivazione della macchina, che da verde diventa arancione.

    «Prego Madame…» scandisce la voce metallica del sistema informatico.

    «Utente Silver chiede la connessione al sistema videotelefono…»

    «Riconoscimento vocale avvenuto, connessione richiesta attuata, prego continuare direttive…»

    «Consultazione rubrica alla voce ultime chiamate in entrata… visualizzazione identificazione ultima v.u.c.i.e., ok… disconnettersi…»

    Ginevra ha la conferma del suo presentimento.

    «Nessuna chiamata d’emergenza dalla Centrale!» grida, non sapendo che Victorio è appena andato via.

    2)

    A volte, quando i raggi di luce attraversano le fessure delle persiane, svegliandola, Ginevra pensa agli abitanti delle città sotterranee. Pensa a quanto sia fortunata di poter vedere la luce e il trascorrere dei giorni. Pensa a suo fratello nel buio e piange lacrime asciutte.

    È una mattina d’inverno polare, Ginevra si sveglia con il sole che fa capolino all’orizzonte. Resterebbe a letto per ore. Il pensiero di suo fratello la tormenta da giorni e sente il bisogno di riposare. Deve prendere una decisione, ma il lavoro non le dà tregua, nell’ultima settimana ha dovuto occuparsi di tre omicidi. Vorrebbe restare a letto, non può. Sa che presto un agente busserà alla sua porta con l’incarico di accompagnarla alla Centrale. Sa che il capo è già ad aspettarla. Non perderà tempo a tempestarla di domande su come è riuscita a risolvere l’ultimo ‘enigma di morte’. Sicuramente ne ha già pronto un altro… spera solo che Victorio non sia designato suo assistente… Scuote la testa per scacciare gli incubi della notte appena trascorsa. Con il battito delle mani le persiane si aprono facendo entrare nella stanza il debole chiarore del giorno.

    Quando il computer nello studio si accende, emettendo il segnale di videochiamata, scossa da un brivido violento, Ginevra balza giù dal letto precipitandosi a rispondere.

    Con trepidazione attende dal centralino il permesso a comunicare, richiesto per i rapporti ‘terra-aria’.

    «Prego identificarsi e digitare il codice di permesso» esordisce la voce metallica del centralino, da qualche parte tra lei e suo fratello.

    «Un attimo…»risponde con un filo di voce, trattenendo il respiro come se mancasse aria nella stanza.

    Visualizza la rubrica e inizia a sfogliarla con frenesia.

    Odio questi numeri da ricordare pensa in caso d’urgenza si fa in tempo a morire prima di averli elencati tutti!.

    Lo Stato di Polizia Basso, insieme a quello Alto, in comune accordo di cospirazione, registra tutti i contatti ‘terra-aria’ per controllare la fuga di notizie scomode ed eventuali tentativi di sovversione… non solo dei Verniani, per essere stati privati della luce e relegati a vivere in cunicoli di vecchie miniere di sale; ma anche dei Freemen, per aver perduto la libertà ed essere costretti a vegetare in una prigione di vetro.

    Il fratello di Ginevra, essendo terzogenito, compiuta la maggiore età di sedici anni, secondo la legge di Freedom sul controllo demografico, era stato separato dalla sua famiglia e confinato a Cracovia. Da quel momento Ginevra non lo aveva più visto. Inizialmente, prima dei ferrei controlli, si tenevano in stretto contatto con il televideo. Così aveva gioito della nascita del suo primo nipote maschio, Adriano. Era sempre aggiornata su come, emarginati alla stregua di vermi, gli abitanti della crosta terrestre si erano organizzati in una città-stato, sviluppando importanti risorse sufficienti al mantenimento della specie umana in quella condizione di cattività. Tanto che la loro ricchezza, soprattutto alimentare, costituiva un bene prezioso per gli stessi abitanti del ‘mondo superiore’. Questo faceva sì che i sotto-terrestri non fossero dimenticati e abbandonati dagli ‘abitanti dei piani più alti’. Una conseguenza erano gli scambi commerciali, risorse alimentari in cambio di risorse tecnologiche e conoscenze in campo medico. Ginevra era stata informata anche della cecità che aveva colpito parte dei Verniani, mentre le nuove generazioni avevano sviluppato la capacità di vedere nel buio, conseguentemente alla metamorfosi del colore della pupilla in oro.

    L’attenta sorveglianza del Potere de I Due Mondi aveva reso le comunicazioni ‘terra-aria’ piuttosto distaccate, anche tra coloro che erano uniti da forti legami. Ginevra e suo fratello avevano perso l’abitudine di contattarsi. Erano tuttavia riusciti ad accordarsi, in caso di necessità, di utilizzare un linguaggio in codice.

    Unico mezzo di comunicazione possibile fra I Due Mondi è il ‘telepato’. Il congegno traduce l’energia telepatica in apparenza fisico-materica. È uno strumento di concentrazione, amplificazione, canalizzazione e trasmissione extrasensoriale di processi mentali (pensieri e/o sentimenti), che, rafforzati attraverso l’espressione vocale, sono catalizzati dall’apparecchio mittente e destinati al dispositivo identificato come ricevente, capace di tradurre in suono e immagine la frequenza d’onda emessa.

    «Il codice dell’apparecchio ricevente è engschf4204. Passo.»

    «Ricevuto.»

    «Il codice parlante d’identità dell’utente è gschfsi, quello numerico 12011974. Passo.»

    «Ricevuto.»

    «Il codice di permesso a comunicare è 25121995. Passo.»

    «Ricevuto, attendere in linea, prego. Un segnale ‘bip’ avvertirà dell’avvenuta connessione, buongiorno.»

    bbbiiiiiiiiiiiiiiiiiiip!

    Nella schermata video appare lampeggiante la scritta ‘messaggio congelato’ sull’immagine fissa del fratello. Al suono vocale delle parole segue la scrittura, scorrendo come i titoli di coda di un vecchio film…

    Non ti preoccupare di non avermi risposto prima… stai tranquilla, capisco… importa solo che tu stai bene. Più sei lontana nel tempo, più vivido in me è il rimpianto di averti perduta. Mi sento solo, Adriana non è più la stessa, credo che stia progettando di andarsene dalla nostra casa. Resta solo Adriano e il mio lavoro a riempirmi il cuore e questo buio vuoto, che mi circonda. Poco fa Adriano era qui con me, ti saluta e ti manda un bacio. Tempo permettendo, tra scuola e lavoro, gli racconto spesso di te, delle tue prodezze in campo investigativo. Ho articoli mediatici che parlano di te. Molti eventi di cronaca del vostro mondo ci arrivano clandestinamente tramite i commercianti. Motivi di ambizioni diverse tra me e Adriana sono alla base dei nostri sempre più frequenti conflitti. Per godere dei fasti di Bassora si assenta spesso dalla nostra casa. Credere che lo faccia solo per distrarsi un po’ mi è difficile. Che mi stia nascondendo qualcosa? La verità è che neppure io sento più per lei i sentimenti di amore e rispetto di un tempo. Mia, una cara amica e collega, mi è accanto e mi sostiene riempiendo il vuoto che Adriana ha lasciato nella mia vita. Vita è una parola piena di tristezza, se pronunciata in questi bassifondi. Sia che pensi ad Adriano, sia a tutti noi uniti nella solidarietà, non riesco a essere felice quaggiù nel buio. In più mi mancano i tuoi occhi e il tuo sorriso. Pericolo di un distacco da Adriano è ciò che sento imminente. Se solo potessi impedirlo. Dovessi ora per allora scegliere Freedom o Cracovia, non avrei più dubbi, sceglierei la Luce. Morire un giorno con la speranza di un mondo di luce è tutto ciò che mi resta. Promettimi che non mi dimenticherai. Che mi amerai sempre. Troverai questo mio messaggio un po’ sdolcinato. Modo migliore di esprimerti tutto il mio profondo affetto non ne conosco. Di te vado fiero e sono pieno di orgoglio. Prenderti fra le mie braccia per dirti quanto ti amo è un mio grande pensiero. Cura per il mio cuore solo non ne ho, a parte il sorriso di Adriano. Di questo sono sicuro, non mi pento di aver amato Adriana perché dalla nostra unione è nato un figlio meraviglioso. Adriano ed io ti abbracciamo forte.

    bbbiiiiiip! bbbbiiiiiiiiiip!

    «La comunicazione è interrotta. Possibile un’altra connessione solo tra quarantotto ore. Buona giornata

    click!

    Ginevra, gli occhi spalancati, continua a fissare il monitor, mentre lentamente il fotogramma svanisce. Le sembra di assistere impotente alla morte del fratello. Urla il suo dolore. Si arresta nell’attimo di sgomento che le paralizza gli arti. Ha un giramento e cade a terra. Crede di sentire il campanello. Il suono si fa insistente, fracassandole la testa. Riprende a respirare affannosamente. Si aggrappa alla sedia e a stento si alza in piedi. Stringe gli occhi per recuperare le forze rimaste. Barcollando nel buio apparente di chi non vuol sentire, con le braccia in avanti per non cadere, si dirige verso la porta d’ingresso, sussurrando «Chi è?».

    «Sono l’agente k-otto. Sono stato incaricato di accompagnarvi alla Centrale.»

    «Codice di riconoscimento.»

    «Agente sfpk8-008.»

    «Parola d’ordine.»

    «Cappotto.»

    «…poggi la mano sul display a destra per il riconoscimento delle impronte digitali.»

    Ginevra afferra la pesante maniglia. Deve aprire la porta all’agente, non può permettersi di piangere il fratello, ma le manca la volontà. Ha appena inserito i dati dell’agente nel lettore-identità (in collegamento con il display all’esterno). La risposta è positiva. Stenta ad aprire.

    «Qualcosa non va?» chiede allora dall’altra parte del muro il giovane allievo delle Forze Armate di Freedom.

    «No, adesso apro.»

    «Buongiorno Signore!»

    «Agente!»

    «…non siete pronta?!»

    «Le suggerisco di cambiare tono di conversazione. Non si permetta più di farmi un appunto. Non sono tenuta a dare spiegazioni, tantomeno a lei…»

    «Non volevo, Signore! Ma ho l’ordine di rientrare con Voi in Centrale per le ore dieci.»

    «Bene agente! Me ne frego! O si accomoda e attende che io sia pronta, oppure può andare all’inferno, lei con la sua Centrale! Chiaro? A lei la scelta… veloce!»

    «Dove posso accomodarmi, Signore?»

    3)

    Ginevra lascia il soggiorno. È scossa dal dolore, ma non può mostrarsi debole, soprattutto davanti a un inferiore. Ne va della sua reputazione di comandante inflessibile e invulnerabile. Troppo importante per sopravvivere in una società dove vige la legge dell’impassibilità. Soprattutto ora, che è determinata ad aiutare il fratello, ha bisogno di tutto il suo potere. Farsi vedere fragile significherebbe essere sottoposta a psiche-analisi, con la possibilità di perdere il lavoro e quindi il prestigio. No, non può permetterselo. Non deve tradirsi se vuole portare a termine i suoi intenti. Ingoia le lacrime e l’azzurro dei suoi occhi diventa uno specchio di freddezza glaciale. Sembra trasformare in marmo tutto ciò che tocca con lo sguardo penserà l’agente al suo ritorno.

    Ginevra attraversa lo studio. Ora il passo è fermo e deciso. Fa scorrere la biblioteca, aprendo un varco sulla camera. Al centro, occupa la stanza un enorme letto quadrato di tessuto bianco imbottito, che poggia su una base cilindrica girevole di colore rosso. Le lenzuola sono arruffate. I cuscini sparpagliati sul pavimento di moquette bluette, la stessa che ricopre l’intero appartamento. La parete interna nasconde un armadio, incassato nel muro tra la camera e la cucina. Con doppio battito delle mani, il pannello di chiusura si apre centralmente a ventaglio. Ginevra ne estrae la divisa operativa.

    Adesso le fascia l’intero corpo una tuta bianco-ottico di tessuto gommoso, aderente fino al viso e ai lunghi capelli, racchiusi all’interno di un cappuccio. Le decora il petto un ricamo blu scuro a forma di scudo con sopra le iniziali argentate di S.upremo P.otere I.nvestigativo. Lo scudo poggia al centro di una stella a quattro punte, la quale sta per ‘comando di primo grado’.

    Alti stivali blu al ginocchio di finissima gommalacca fasciano le gambe come una terza pelle. Decora l’altera figura una giacca dal taglio modellato, di colore azzurro del cielo, bordata di nastro argenteo, con spalle alate inarcate a punta, e tre alamari arabeschi sul petto.

    L’intera uniforme ha caratteristiche necessariamente sia termiche di mantenimento del calore corporeo, sia protettive, come ogni altro indumento dell’era corrente. Fuori degli alloggi le condizioni meteo di perenne ghiaccio, dovute a costanti ed estreme temperature glaciali, congelerebbero il corpo umano se non protetto. I raggi del sole sono diventati deboli da non riuscire a scaldare la terra, quanto nocivi da ustionare la pelle causando tumori mortali. È questo il motivo per cui gli alloggi dispongono di spesse e fisse vetrate isolanti, che non lasciano passare né l’aria gelida dell’esterno, né i raggi del sole. All’interno, uno speciale filtro ricicla l’aria purificandola. L’aria consumata è aspirata da enormi bocche situate sulle pareti esterne degli alloggi. Nell’immediata successione nei condotti di aerazione è iniettata la nuova aria. Il cambio è automatico quando il tasso di aria respirabile scende al di sotto del livello tollerabile.

    Ginevra segue l’agente nel tunnel che conduce alla navetta. Entrambi indossano i bianchi caschi integrali con visiera antiriflesso necessari durante gli spostamenti su Freedom.

    I corridoi, che conducono alle navette ancorate sulle facciate degli alveari, sono gli unici ambienti di Freedom ombrosi. Alla fine del cunicolo si accede direttamente all’abitacolo della navetta. Il percorso è breve, ma gli occhi dei Freemen risentono del passaggio attraverso l’oscurità. Nel corso del tempo le generazioni umane dei ‘piani alti’ hanno sensibilizzato i loro occhi alla trasparenza luminosa di Freedom.

    La città di ghiaccio è cristallo su fondamenta acciaio e cemento. È patinata da una vernice plastica di colore bianco, per respingere gli effetti nocivi del sole sulle persone e sulle cose. Una città-specchio, che riflettendo la luce del sole ne aumenta considerevolmente l’intensità fino ad accecare gli sguardi.

    Il risultato è una civiltà luminosa e brillante, dagli occhi freddi e chiari, quasi trasparenti, così abbagliati dalla luce che non riescono più a leggere l’oscurità. Anche durante il periodo della Lunga Notte Fredda con il sole che appena si affaccia all’orizzonte, anche in questi mesi di cielo stellato, la città risplende di luce. Sopraelevati e altissimi soli artificiali illuminano a giorno, ininterrottamente, le vetrate di Freedom. Si tratta d’innumerevoli sofisticati pannelli fotosensibili, che nel periodo del Lungo Giorno assorbono la luce solare, immagazzinandola, per poi irraggiarla nei mesi notturni.

    «Benvenuti a bordo, prego identificazione…» compita il sistema informativo della navetta.

    «Sono l’agente semplice k-otto della squadra s.p.i.»

    «Sono il Comandante Primo Silver s.p.i.»

    «Controllo vocale positivo…»

    Le Lunette sono mezzi di trasporto volanti a energia solare, bianchi e argento, di forma lumacale. Sul ‘guscio’, un’apertura concava lamellare permette l’attracco agli alveari per incastro con le piattaforme a mezza luna, sporgenti a ogni piano. Unici mezzi di spostamento esistenti su Freedom, volano su di un’unica strada invisibile a doppio senso di scorrimento, lungo una traiettoria lineare, mantenuta dal computer di bordo attraverso il riferimento di coordinate costanti e predefinite, sopra l’agglomerato urbano, sviluppato in altezza e disposto a formare una retta. Le Lunette si muovono a un’unica velocità uniforme e non sono autonome per superare l’insediamento urbano di Freedom. Oltre il territorio di Freedom l’intera superficie terrestre è morta.

    «Prego comunicare alveare di destinazione.»

    «Alveare Settantaquattro di Freedom» scandisce k-otto.

    «Ricevuto. Allacciare paracadute… Manovra di distacco dall’Alveare Quattro operata… Altezza volo raggiunta… Immissione corsia di transito avvenuta… Saremo a destinazione fra quindici minuti…»

    «Connettersi con comunicazioni radio s.p.i. Codice di accesso 657400spi008.»

    «Ricevuto… Connessione in atto…»

    «Destinazione Alveare Settantaquattro prossima… Prego specificare altezza piano.»

    «Piano numero 025 sede s.p.i.»

    «Ricevuto… Discesa navetta al piano 025 in corso… Destinazione raggiunta… Attracco avvenuto… Prego comunicare luogo di permanenza navetta…»

    «Lasciare libero attracco al piano 025 e recarsi all’area di sosta[1] dell’Alveare Settantaquattro. Restare stand by fino nuovo ordine.»

    «Ricevuto… Slacciare paracadute… Prego scendere… Buona giornata.»

    L’oscuro vuoto del tunnel di accesso inghiottisce Ginevra. Nell’istante la voce dell’agente alle sue spalle fa sussultare le sue lunghe ed esili gambe.

    «Signore, vi ricordo che il Comandante Superiore vi sta aspettando.»

    «Grazie agente, può andare… buona giornata!»

    «Signore! Con il vostro permesso…»

    Ginevra riprende fiato, facendo un profondo respiro, mentre attende il permesso a procedere.

    La sede del s.p.i. occupa l’intero piano 025 dell’Alveare Settantaquattro di Freedom.

    «Prego procedere all’identificazione digitale… Alzare la mano destra priva del guanto verso il raggio laser… Riconoscimento avvenuto… Permesso di entrata accordato… Buona giornata, Comandante Primo Silver!» la accoglie il sistema informativo della fotocamera di entrata.

    Il lungo corridoio che porta agli uffici è tempestato di agenti-guardia per la sicurezza. Ginevra riceve il saluto da ognuno. L’eco l’accompagna fino all’enorme porta bianca di accesso alla Centrale, azionata da una fotocellula sensibile alla presenza umana.

    Al suo incedere negli uffici operativi, gli agenti presenti sbucano come molle scattanti da sotto il banco. Montagne di documenti digitali sommergono presunti tavoli. Dietro, agenti protesi sull’attenti s’inchinano in saluto militare a un superiore.

    Ginevra raggiunge la nicchia degli uffici amministrativi.

    Si spoglia del casco, dell’ossigeno e libera i capelli dall’opprimente cappuccio. Il silenzio è interrotto qua e là dalla voce dei colleghi che interloquiscono con gli operatori informatici. Non è consuetudine per regolamento nessun tipo di rapporto umano, neppure il saluto alla presenza di uguali. Le comunicazioni e i contatti sono ristretti al minimo indispensabile secondo le esigenze di lavoro. Questo per ottimizzare le prestazioni, ma soprattutto per evitare il formarsi di aggregazioni di opposizione al sistema vigente, in cui il potere militare e politico coincidono.

    Nessuno dei presenti sembra accorgersi degli altri, tuttavia ognuno sa della loro presenza all’interno di una struttura alienante che impoverisce gli animi e svuota gli sguardi.

    Victorio sembra non essere a palazzo. Ginevra si sente sollevata. Il loro amore clandestino si alimenta degli sguardi scambiati furtivamente e mai si è espresso a parole o gesti. I cuori sanno e si parlano attraverso gli occhi. Adesso il destino ha scelto per loro. Si chiede se potrà dirgli addio. Ginevra è svuotata. Non ha più un fratello e un uomo da amare, solo una battaglia da combattere. Indossa la fredda maschera di marmo e con passo solenne si dirige nell’ufficio del Comandante Superiore.

    Bussa. Una voce roca e profonda, al di là della porta, le dice di entrare.

    «Signore!» chinando la testa.

    Davanti a lei l’uomo che l’ha salvata dall’incubo di un lavoro come macchina procreatrice di figli perfetti.

    Rimasta sola, in quanto figlia di una delle menti architettoniche più geniali di Freedom, le era stato assegnato un alloggio. Restava da definire il suo ruolo all’interno della società. Ciò spetta a uno speciale Consiglio degli Anziani, che, analizzando la salute, le attitudini e il passato dell’individuo, ne stabilisce la funzione sociale più idonea alla vita su Freedom. La sua bellezza e la sua perfezione psicofisica sono i motivi per cui Ginevra era stata prescelta a procreatrice dei figli di Freedom.

    Le condizioni di vita su Freedom e la sua struttura architettonico-sociale, fondata sulla disponibilità limitata di spazio e sul lavoro, richiedono piena autonomia psicofisica e un controllo del numero delle nascite. Lo Statuto prevede come abitanti solo individui senza handicap psicofisici, né invalidi e preferibilmente in buona salute. Il codice riporta che i neonati difettosi devono essere relegati a Cracovia e le madri non possono seguire i figli. Se il cittadino, sviluppando una malattia irreversibile o cronica, diviene un peso infruttuoso per la società, allora è condannato anch’esso all’esilio. Per questa disposizione, alle origini di Freedom, fu creata una casta di giovani donne con il compito di procreare dei figli perfetti, alle quali fu dato il nome di ‘le concubine di Freedom’. Chiunque, uomo, accompagnato o meno, può rivolgersi a una di loro per limitare al massimo nascite infelici su Freedom.

    All’epoca lo stesso Comandante Superiore Federico Kramer era membro del Consiglio degli Anziani. Il ‘caso’ aveva voluto che il Comandante riconoscesse in Ginevra particolari doti intellettive, proponendo per lei la funzione di agente s.p.i., con la clausola che, se nell’anno avvenire non avesse dimostrato particolare attitudine alla mansione, sarebbe divenuta una concubina.

    «Buongiorno Comandante Primo Silver! Chiudete pure la porta, prego!»

    «Sissignore!»

    «Ben arrivata, Silver. Allora? Spaventata per la caduta? Non ti preoccupare, l’agente Sky mi ha fatto un resoconto. Ho già provveduto a inviarlo all’ufficio di locomozione. Entro questa sera avrai una nuova navetta.»

    «Grazie Signore!»

    «Che cosa sono questi modi formali? La porta è chiusa… Lo sai, stavo giustappunto guardando i comunicati stampa in rete… il tuo nome occupa tutte le principali testate quotidiane… hai fatto un buonissimo lavoro, la gente ti loda e ti rispetta.»

    «Ho fatto solo il mio dovere…»

    «Sei sempre la solita! Mai un sorriso.»

    «È la prima cosa che ti insegnano appena nato… quella di non sorridere.»

    «Non ti smentisci mai, vero? Comunque io sono molto orgoglioso di te.»

    «Grazie Signore.»

    «Il caso di cui ti sei occupata è stato ritenuto uno dei più difficili di questi ultimi tempi. So che non ami parlare del tuo lavoro… e non sarò io a insistere in questa sede, ma il Comandante Regio[2] ha chiesto di incontrarti per parlare dell’argomento, pare che sia interessato al tuo talento investigativo, non so il motivo… Pare anche che voglia conoscerti e valutare un nuovo ruolo da assegnarti più consono alle tue capacità. È inutile dirti che è un privilegio e un onore essere convocati da lui per meriti.»

    «Signore! Ho appena preso la decisione di andare nella città sotterranea… mio fratello è in pericolo.»

    «Silver! Stai scherzando, vero?»

    «No, Signore!»

    «Ne hai parlato con qualcuno, a parte me?»

    «No, Signore!»

    «Bene, non farne parola con nessuno, almeno per il momento... Lo sai che è un viaggio senza ritorno? I tuoi occhi non sopporteranno l’oscurità di Cracovia e diventerai cieca… Nella remota possibilità che ciò non si verifichi, al tuo ritorno su Freedom i tuoi occhi saranno probabilmente accecati dalla luce; e tu sai, vero, che a Freedom non c’è posto per un cieco! Saresti condannata a morte o costretta a tornare a Cracovia…»

    «Lo so, Signore! Non è comunque nelle mie intenzioni tornare a Freedom, se non per dare la luce a mio nipote. Qui non ho niente da perdere… Nei bassifondi ci sono mio fratello e mio nipote che hanno bisogno di me, non li posso abbandonare. Potrebbe essere già troppo tardi…»

    «Ragioniamo, Silver! Se credi che Ludovico possa essere in pericolo o addirittura tradito da qualcuno, tu pensi di presentarti a Cracovia come sua sorella? Mi deludi, Silver!»

    «Pensavo… magari come individuo condannato all’esilio dalle autorità di Freedom per tradimento avrei un’accoglienza da eroe…»

    «Non è facile come pensi… Freedom e Cracovia non sono in realtà due mondi a sé stanti in conflitto… Santo cielo, Silver! Non solo vuoi rinunciare alla luce, ma anche al tuo prestigio, persino alla tua rispettabilità?! Assurdo! Resterai sola! Neppure io potrò più aiutarti! Se tu scenderai all’inferno da traditrice, è come se tu tradissi veramente il governo di Freedom. Capisci cosa vuol dire?! Maledizione! Ci deve essere un’altra soluzione! Non ti permetterò di distruggerti! Rovinando la tua vita non salverai, né riscatterai tuo fratello; e c’è solo una possibilità su mille che tu riesca a dare la luce a tuo nipote!»

    Attimi di silenzio, sospesi tra lo sgomento e l’incredulità di Kramer e la fredda determinazione di Ginevra.

    «Ti prego di scusare le mie parole… ti stimo troppo per lasciarti andare… so anche che niente e nessuno può fermarti di fronte a una decisione presa… andrai fino in fondo, quale sia il prezzo da pagare… il tuo silenzio ne è una conferma…»

    «Sì, Signore!»

    «… fammi pensare… il Comandante Regio vuole incontrarti per offrirti una carica più alta o una funzione sociale più consona alle tue capacità intellettive, giusto? Allora aspetta a rendere ufficiali le tue intenzioni… prima valuta cosa il Comandante Regio ha da proporti. Magari potrebbe fare al caso tuo… Esistono funzionari speciali che svolgono missioni segrete per conto del Governo di Freedom. Sono spie mandate a sorvegliare le attività governative di Cracovia. Potresti cercare di farti assegnare un incarico a Cracovia… in questo modo non saresti disonorata e io potrei continuare a proteggerti…»

    «Signore, non capisco… è sempre un viaggio senza un probabile ritorno.»

    «Sei o non sei decisa ad andare a Cracovia? Niente può farti cambiare idea o non ho capito? Almeno discendi da cittadina rispettabile di Freedom!»

    «D’accordo, Signore, mi fido di voi.»

    «Domani mattina ti informerò quando e dove incontrerai il Comandante Regio. Questa è la tua nuova ricevente. Adesso vai, hai la giornata libera!»

    «Grazie Signore! Non vi deluderò!»

    «Silver, tu sei una figlia per me, non dimenticarlo mai, potrai sempre contare su di me, ma per aiutarti mi devi mettere in grado di poterlo fare. Quindi cerca di scendere a Cracovia onorata e rispettata dalla Città Stato di Freedom, solo così potrò continuare a proteggerti e solo così tuo nipote potrà un giorno venire su Freedom. Buona giornata Comandante Primo Silver.»


    [1]Aree virtuali strettamente circoscritte all’alveare di riferimento, ove le navette sono sospese e fluttuanti, subito al di sopra degli edifici adibiti alla vita pubblica e al di sotto della strada ideale di scorrimento.

    [2]La massima autorità politica e militare di Freedom.

    4)

    Ginevra decide di non restare sola. Il silenzio rafforzerebbe l’eco di parole che dal suo cuore gridano rabbia. La solitudine spingerebbe la sua mente alla pazzia. Avrebbe trascorso il pomeriggio in palestra ad allenarsi; dopo, sarebbe andata a vedere le stelle nel suo locale preferito, lo Stargate, sull’attico dell’alveare più alto di Freedom, l’Highness. Ma prima avrebbe dimenticato il suo dolore, assumendo oblianti, come li chiamano nell’ambiente clandestino delle droghe leggere. Dopodiché, prima di dormire, avrebbe preso un sonnifero che cancella l’attività onirica, aspettando domani…

    I Freemen possono muoversi liberamente all’interno degli alveari e dalle loro grandi finestre possono vedere le stelle e il sole. Ma Freedom è in realtà una prigione di vetro e di luce.

    Le temperature agghiaccianti e i raggi nocivi del sole rendono impossibile l’esposizione all’esterno. Le condizioni di vita sul suolo terrestre sottostante e nel resto del pianeta sono proibitive, a causa di gas mortali presenti nel primo strato dell’atmosfera. Una densa e profonda nebbia inghiottisce il suolo impedendo di vedere oltre quello che dall’alto di Freedom appare un muro bianco di confine tra la vita e la morte.

    La Città Stato di Freedom non si può espandere, i suoi confini sono fissi. Una disposizione limitata di spazio comporta economizzarne l’impiego, rendendo necessario eliminare molte attività produttive inerenti a beni di consumo superflui. Le colture secondarie, non indispensabili alla vita umana, sono state semplicemente abbandonate. Per le primarie è stato adibito un intero alveare a serra e si è ricorsi alla clonazione dei semi della vita vegetale, privilegiando il settore alimentare e quello delle erbe medicinali. Tutto questo ha determinato anche la scomparsa di beni viziosi, quali alcolici, droghe naturali, tabacco, etc. Ciò che di trasgressivo è rimasto a lenire le pene o a creare il piacere su Freedom sono la sintesi in laboratorio di sostanze inebrianti, composte per un utilizzo medico e poi, clandestinamente, smerciate come droghe per dimenticare, per sognare e viaggiare. In verità, il Governo di Freedom favorisce il mercato clandestino delle droghe, riconoscendo in esse il potere di soggiogare le menti, rendendole innocue. Il commercio di stupefacenti chimici solo apparentemente è illegale. Le massime autorità di Freedom ne conoscono benissimo i canali di diffusione e il loro silenzio equivale a un’approvazione tacita, cautelandosi dietro un’etichetta di perbenismo.

    I Freemen spesso fanno uso di droghe sintetiche per evadere virtualmente dal bunker di cristallo e cemento, in cui sono sigillati sottovuoto, privati dello spazio cosmopolita di un tempo perduto…

    Accanto agli oblianti, tuttavia, si smerciano anche i trips, severamente vietati dal Potere e condannati con torture violente. Sostanze stimolanti viaggi psichici in paradisi terrestri scomparsi o nelle ere passate di civiltà antiche, passeggiate nella natura atavica, lungo spiagge incantate in riva al mare… escursioni nel passato edenico per dimenticare le ‘rovine’ del presente…

    Quest’ultimi sono banditi da Freedom, poiché capaci di risvegliare emozioni forti e sensazioni uniche cui diventa tremendamente difficile poter rinunciare, creando una dipendenza ossessiva, fino alla pazzia stessa. Il Potere ne teme la possibilità di stimolare atteggiamenti di ribellione nei confronti dell’autorità riconosciuta e dell’ordine sociale istituito: il rifiuto della realtà apparente, di pochi come di molti, può portare alla scoperta di verità scomode, soprattutto per l’equilibrio vitale dell’essere umano raggiunto in questa era.

    Mentre attende, sulla soglia della piattaforma, l’arrivo della sua navetta, Ginevra sta teletrasmettendo:

    «Sono io. Ti va di raggiungermi stasera allo Stargate?».

    «Ehi! Che fine hai fatto? Pensavo che, diventando importante, tu non volessi più farti vedere con me!» risponde Gemma dall’altro lato.

    «Dai, non fare la solita… sappi che questa sera è la nostra ultima occasione per stare insieme… domani incontrerò il Comandante Regio in persona, allora sì che mi monterò la testa ed eviterò gentaccia…»

    «Wow! Si dice che stia cercando una nuova moglie… attenta Ginevra!»

    «Gemma! Allora vieni? Se mi raggiungi e mi porti, pure, quelle caramelle che mi piacciono tanto… ti prometto che metterò una buona parola per te con il Comandante Regio…»

    «Cosa?! Io con quello lì?! Tu sei matta! Il Bello e la Bestia! Ti immagini?!»

    «Gemma! Allora?»

    «Lo sai che non so dirti di no!Ti raggiungo là… aspetta un momento, forse è meglio incontrarsi fuori del locale, sai per le caramelle… perché non vieni al mio alloggio?»

    «No, meglio di no… passa tu a prendermi.»

    «D’accordo…»

    Gemma avrebbe dato la vita per Ginevra. Tempo prima era stata vittima di un inganno. Era stata imputata di essere il mittente dell’omicidio del padre. Il movente apparente erano le molestie sessuali di cui fin da bambina era stata vittima. Non è che Gemma lo amasse… tuttavia il suo animo puro, sebbene tradito dall’uomo più importante della sua vita, non avrebbe mai potuto commettere un’azione così violenta. Ginevra aveva letto nei suoi occhi spenti e vuoti non odio o vendetta, ma solo tanto bisogno di affetto e di aiuto, prendendo a cuore la ragazza. Nella sofferenza di Gemma, impotente di fronte alle accuse, rivedeva l’ingiustizia di cui era stata vittima già sua sorella Simone, condannata a morte per tradimento coniugale, incastrata dal marito, che semplicemente cercava una strada ‘pulita’ per rifarsi una vita.

    Freedom condanna a morte il tradimento coniugale al fine di limitare la promiscuità e controllare le nascite. L’intento è anche di soffocare l’istinto sessuale, la passione e ogni altra emozione, poiché un mondo razionale è più controllabile e assoggettabile.

    All’epoca Ginevra non aveva potuto fare niente. Fino all’ultimo Simone le aveva tenuto tutto nascosto per la vergogna e la paura di deluderla.

    Gemma fu il primo caso importante di cui Ginevra fu designata responsabile. Ginevra era riuscita a scagionare in tempo record Gemma, dimostrandone senza ombra di dubbio l’incapacità psichica a commettere un omicidio, indipendentemente dalle atrocità subite, e insinuando nella mente dei giurati l’idea del complotto; ma era riuscita anche a smascherare il vero giuda omicida. La madre di Gemma, uccidendo il marito e facendo incolpare la figlia, aveva voluto liberarsi dal peso di una situazione familiare umiliante. Nelle sue indagini, Ginevra aveva scoperto la relazione amorosa clandestina tra la madre di Gemma e suo cognato. Non aveva tardato a collegare la condanna a morte della sorella con l’omicidio del padre di Gemma, portando davanti ai giurati le prove inconfutabili di una macchinazione dei due amanti ai danni dei rispettivi coniugi, nell’intento di poter un giorno costruirsi una vita vera insieme. Ginevra aveva salvato Gemma e, cosa più importante per il suo cuore infranto, aveva riscattato l’onore di Simone. Ciò non avrebbe ridato la vita a sua sorella… certamente il sorriso.

    Gemma aveva cambiato identità per lasciarsi alle spalle il passato. Non si riconosceva più nelle due persone che le avevano dato la vita e non voleva più condividere con loro neppure un semplice cognome, né voleva mantenere il nome. Aveva scelto per sé il nome di Gemma. Ginevra, invece, aveva deciso di accoglierla come la sorella che il destino le aveva tolto prematuramente. Da quel giorno una nuova persona era nata, Gemma Silver. Gemma aveva, naturalmente, perso il lavoro di insegnante di scuola primaria. Ginevra le aveva trovato un nuovo impiego di assistente chimico nella fabbricazione di medicinali.

    In Freedom la matrice omicida assume prevalentemente connotati emotivi e di prestigio professionale. Il denaro non è più un movente nei casi giudiziari. La Città Stato di Freedom, a differenza della società madre capitalistica, non è soggetta al dio denaro. È una struttura civile basata sullo scambio di funzioni sociali utili per il benessere dell’intera comunità. Ogni cittadino si guadagna il diritto di vivere a Freedom attraverso il proprio ruolo, trovando gratificazione e realizzazione personale col riconoscimento del prestigio professionale. Il desiderio per il bene materiale viene a cadere con la possibilità illimitata di possessione. Ogni Freeman lavorando rende un servizio alla sua società e questo lo nobilita a usufruire della ricchezza prodotta dalla società stessa. Il benessere è strettamente legato alla produzione di beni utili al sostentamento dell’uomo. Il superfluo è bandito da Freedom all’insegna di una società fondata su un’economia essenziale. Il solo aspetto per il quale non si può parlare di democrazia egalitaria è rappresentato dal Potere governativo-militare. I suoi rappresentanti godono di quei privilegi intrinseci nella esercitazione del comando.

    D’inverno, lo Stargate accoglie persone di ogni natura, desiderose di rifugiarsi sotto un cielo di stelle, brillare di luce riflessa, perdersi con lo sguardo nell’infinito e, per un attimo, provare la sensazione di varcare i confini opprimenti di una realtà senza orizzonte. Ogni sera, sopra l’Highness, le luci sono spente per non offuscare la luminosità del cielo. Sul pavimento piccole fiammelle tra i cuscini creano un’atmosfera soffusa dai contorni sfocati, in cui è facile nascondersi da occhi indiscreti e dimenticarsi di sé. Gemma ha appena occupato l’angolo preferito dalla sorella. Si distendono su lunghi cuscini rivolte a guardare le stelle. Tenendosi strette per mano, si lasciano rapire dalla melodia di un suono freddo, che sembra provenire dal nulla. Gemma ha uno strano presentimento, sente che il silenzio di Ginevra ha il sapore amaro dell’addio. Ginevra non vuole condividere con lei i suoi pensieri, le ha chiesto di starle accanto senza fare domande.

    Gemma pensa a se stessa senza Ginevra, senza la sicurezza di poter in qualsiasi istante correre da lei e trovare sempre un sorriso ad accoglierla, un abbraccio a darle calore e tanto amore a proteggerla. Gemma pensa che, qualsiasi cosa nel domani accada, lei resterà vicino a Ginevra, seguendola all’inferno se necessario. Ginevra l’ha liberata da un destino senza speranza e il minimo che può fare è non abbandonarla mai. La sua vita appartiene a Ginevra fin dal momento in cui Ginevra stessa le ha donato una seconda possibilità per rinascere, facendola tornare germoglio.

    Adesso Ginevra è insieme al fratello mentre giocano a scacchi… loro padre sta per tornare da un lungo viaggio a Cracovia. La madre ha permesso loro di restare alzati ad aspettarlo. Simone suona al piano le note di un’opera antica. La musica riempie il vuoto dell’attesa, pare alata innalzarsi sopra i grattacieli di Freedom fino a raggiungere loro padre per accompagnarlo nel suo ritorno a casa. La mamma è raggiante e sorride loro piena d’amore. È il ricordo più caro di Ginevra, l’ultima immagine felice della sua famiglia, prima della tragedia. Le ore passano, nessuno arriva alla loro porta. Tutta la notte restano svegli. All’alba i loro occhi sono cerchiati di paura. In silenzio la madre li stringe forte a sé. Al mattino si presentano due soldati. La madre li segue in lacrime. Ludovico e Simone dormono stremati e non si accorgono di niente. Ginevra guarda attonita la madre chiudere la porta dietro di sé… senza un gesto né una parola… poi, sfinita dalla tensione, si arrende abbandonandosi sul pavimento…

    Ginevra si risveglia da un incubo a occhi aperti e volge lo sguardo a Gemma.

    «Cara, Ludovico è in pericolo, ho paura che possa essere morto…»

    «Ggi… Gi…nevra, io…»

    «Ti prego, non preoccuparti per me, il male che si è accanito con la mia famiglia si è preso anche il mio dolore. Fra poco la pillola farà effetto, ma prima di volare voglio dirti che non mi resta che il tuo affetto… Quando portarono via mia madre, la lasciai sola… per anni ho convissuto con il rimorso… mi ritenevo responsabile della sua morte… se l’avessi accompagnata mi dicevo non si sarebbe tolta la vita… Non capivo che mia madre per niente e nessuno al mondo ci avrebbe abbandonato… il dolore per la perdita di mio padre, per quanto dilaniante, non poteva farle dimenticare i suoi tre figli… e io l’ho tradita… ho creduto ai suoi assassini e agli assassini di mio padre, morto accidentalmente a Cracovia, ti rendi conto? Ho contribuito a scavare la fossa dei miei genitori! E poi mia sorella Simone, lei sì che avrei potuto salvarla, lei così indifesa, e ancora una volta non ho capito, ancora una volta ho permesso che me la portassero via… E adesso Ludovico… lui mi aveva chiesto aiuto e io ho avuto paura… capisci? Ho tradito ancora una volta la mia famiglia! Tutte queste morti ingiuste hanno reso il mio cuore un deserto arido e polveroso. La sete di vendetta asciuga la mia anima ogni giorno di più… Gemma! Fin troppe volte sono stata a guardare mentre il destino crudele si accaniva sulla mia famiglia. Io veglierò su di te e non permetterò con tutte le mie forze che ti accada qualcosa, non ti abbandonerò mai, devi credere in me, qualsiasi cosa succeda… Ancora non posso dirti altro… promettimi che domani sera verrai al mio alloggio e lì aspetterai il mio ritorno, è molto importante!»

    «D’accordo!»

    «Non lasciarmi la mano, con te vicino mi sento meno sola… Lasciamoci andare… voliamo sulla stella più lontana… forse da lassù questo mondo ci apparirà meno crudele…»

    5)

    Il trillo insistente di un campanello desta Ginevra da un sonno cadaverico. Subito un forte mal di testa le martella le tempie. Con un balzo si alza a sedere sul letto e resta in ascolto. L’odioso suono le entra in testa come un’onda d’urto. Si prende il volto fra le mani per contenere l’esplosione della sua mente. Dall’alloggio accanto avverte i passi concitati misti a voci isteriche di chi in fibrillazione è preso dal panico… Accidenti si dice l’allarme antincendio!. Prova a scendere dal letto, sente il pavimento ruotare e le gambe vacillare per i postumi della sera precedente. Si sorregge al manichino facendo cadere gli abiti, che vi aveva gettato alla rinfusa prima di coricarsi, o almeno le sembra. Non ricorda nulla della serata precedente, solo il calore della mano di Gemma che stringeva la sua. Sulla parete imbottita di velluto bianco, bottonato a rombi, scorge un biglietto appuntato con uno spillo. Gemma… pensa dovevo essere proprio malmessa se ha dovuto accompagnarmi a letto e svestirmi…?!.

    Usando il manichino come bastone, Ginevra si trascina a leggere il messaggio. "Buon riposo angelo mioTi aspetterò domani seraho preso il tuo pass di riserva. Gemma."

    Merde! Il Comandante Regio! esclama allora fra sé Ginevra. Kramer mi starà cercando da ore! Mmmerde! E questo suono mi fa impazzire… ma… è un allarme?!.

    «Attenzione, pericolo incendio piano 204esimo! Ripeto, pericolo incendio piano 204esimo!» Echeggia il sistema filo-diffusione interno dell’alveare. «Attuazione sistema doccia fra 10 secondi. Proteggersi! Ripeto, indossare tuta schermante! Dieci, nove, otto, sette, sei… zero

    Ginevra resta inerte, ipnotizzata dall’eco delle parole in filodiffusione, che rimbombano senza senso nella sua testa vuota. È stordita e confusa. Devo aver esagerato con le pillole ieri sera pensa. Mica starò collassando?! Merde! Sono uno straccio! Proprio oggi?! Accidenti, Ginevra!.

    Incosciente del pericolo allarmato si aggrappa al manichino per non cadere. All’improvviso dal soffitto una pioggia fine e violenta le cade addosso come una cascata di spilli sparati a pressione. Il dolore sulla pelle la scuote dal suo torpore. Si protegge il viso con le mani accovacciandosi su se stessa. Poi, stremata, si abbandona sul pavimento, perdendo i sensi. Di nuovo è scossa dalla voce in filodiffusione.

    «Attenzione! Attenzione! Sistema di annullamento pericolo-incendio disattivato! Prepararsi per prossima fase di evaporazione e asciugatura dell’ambiente. Indossare maschera di ossigeno! Ripeto indossare maschera di ossigeno! Inizio seconda fase tra dieci secondi… Dieci, nove, otto, sette, sei… zero!»

    «Incendio…» sussurra con affanno, confusa e priva di forze. «Maschera… cosa sta succedendo?! Non respiro! Fa troppo caldo, non resisto…»

    Ginevra è umida di sudore. Ansima, soffocata dall’alta temperatura dell’aria e dal vapore acqueo impregnante. Sviene.

    Freedom è una fila interminabile di alveari bunker. La vita si svolge esclusivamente al loro interno. Fuori l’ambiente terrestre non permette di sopravvivere, se non indossando tute, caschi schermanti e bombole d’ossigeno. L’autonomia limitata delle riserve d’ossigeno e l’abbigliamento artificioso, affatto funzionale, non permettono uno sviluppo sociale all’esterno. L’impraticabilità del suolo terrestre rende gli spostamenti da un luogo all’altro particolarmente ‘rocamboleschi’ e quindi ridotti al minimo indispensabile. Lo spazio aereo riservato al traffico delle navette è strettamente circoscritto agli alveari stessi e non può sopportare un sovraccarico di viaggi senza che si creino disagi o incidenti di percorso.

    La realtà schermata di Freedom ha reso necessario risolvere qualsiasi problema strutturale, che può verificarsi negli alveari, attraverso la creazione di dispositivi per la sicurezza operanti dall’interno.

    «Attenzione! Prego. Incendio sventato. Ripeto, incendio sventato. Fra cinque minuti il vostro alloggio tornerà di nuovo praticabile. Buona giornata.»

    Ginevra appare sopravvissuta a uno sterminio. Gli occhi spalancati. Muta per la sofferenza. Completamente sveglia per lo shock. Attraversata da una scarica elettrica, è di nuovo in sé. Fanculo si dice pillole di merda! Spacca cervello! Stasera mi sente Gemma! No, stupida me! Devo combattere e che faccio? Mi annebbio il cervello?! Bella mossa! Sarà meglio chiamare la Centrale… Ma c’è qualcuno alla porta?! Sarà la guardia di sicurezza… vorrà verificare che sia tutto a posto… No… il suono ripete una sequenza precisa… è Victorio! Victorio!.

    Ginevra apre la porta con sollievo. Dopo un risveglio d’inferno sente il conforto di un volto amato ridarle coraggio. Apre le braccia nell’atto di stringere Victorio e sente la morsa delle sue forti mani respingerla. Subito il lampo di luce, che le aveva illuminato gli occhi, si spegne di fronte alla freddezza dell’uomo.

    «Ginevra! Sono in servizio… ma… cosa ti è successo? Ti senti male?»

    «No, non preoccuparti… Io… bèh… non importa…»

    Dal profondo la collera esplode improvvisa e senza controllo. «… e poi, sei in servizio, no? Cos’è tutta questa informalità? Sono o non sono un tuo superiore?»

    «Ginevra, non fare così… ti chiedo scusa. Sei visibilmente scossa, non dovevo aggredirti in quel modo.»

    «Basta Victorio, mi dai la nausea. Quando la smetterai di barricarti dietro questa divisa? Ciò che vuoi è solo un rapporto di lavoro? Benissimo! Comincia con il darmi del Comandante, se non vuoi un richiamo…»

    «Ginevra, stai esagerando.»

    «No, Victorio, se c’è qualcuno che sta esagerando, quello sei tu! Ti avverto, sono seria. Almeno comportarti come la tua maschera richiede.»

    «D’accordo Gi… Signore! Sono stato inviato dal Comandante Kramer per avere vostre notizie. Da questa mattina, presto, cerca di mettersi in contatto con voi, invano. Ha un messaggio molto importante da riferirvi di persona, voi sapete cosa. Ho l’incarico di aspettarvi e di accompagnarvi personalmente dal Comandante Superiore.»

    «Bene! Si accomodi pure, agente Sky. Vado a cambiarmi e torno. È appena stato in funzione il dispositivo per lo spegnimento di un incendio. Non so se il divano si è del tutto asciugato… non vorrei si bagnasse la sua amata divisa! Ah, aahh!»

    6)

    Ginevra è nuovamente di fronte alla poltrona del Comandante Superiore di Freedom. La nuca rasata e il naso schiacciato, segnati da profonde cicatrici, souvenir di un passato folle nelle milizie antisommossa, tradiscono il vigore del corpo scolpito nella pietra. Ginevra sente su di sé la carezza del suo sguardo, pieno di fascino e di potere.

    Kramer ha appena congedato Victorio e si sforza di assumere un’espressione seria di rimprovero.

    «Silver! Dove diavolo eri finita? Non è da te venire meno agli impegni! È tutta la mattina che ti cerco… ti sembra questo il momento di fare stronzate? Stai facendoti desiderare dal Comandante Regio in persona! Se non ti conoscessi, ti penserei un’irresponsabile! Lo sai, vero, che dovrei richiamarti?!»

    «Signore, vi chiedo scusa, ma…»

    «Basta così! Ti risparmio di mentire a un tuo superiore. So benissimo cosa hai fatto e con chi eri ieri sera. Mi immagino in che stato confusionale ti trovavi questa mattina… non mi piace Gemma!»

    «Gemma è mia sorella, che vi piaccia o no!»

    «Tua sorella? Freedom non riconosce legittime le adozioni, lo sai!»

    «Io ho dato il mio cognome a Gemma… Gemma è mia sorella, lo è per me! Io non rinnego chi ho accolto come sorella, solo perché, voi, non la trovate simpatica…»

    «Silver... dannazione! Magari esagero… mi dispiace, non mi fido di lei. C’è qualcosa che non mi convince e spero, credimi, di sbagliarmi… È da quando ti conosco che cerco di proteggerti, anche a costo di compromettermi… è più forte di me. Proprio perché ti rispetto… tuttavia cercherò di non essere prevenuto nei confronti di Gemma, per te.»

    «Grazie Signore.»

    «Ascoltami, Silver! Qualunque altro agente di noi, al posto tuo, avrebbe passato un brutto quarto d’ora in questo ufficio, questa mattina; senza considerare che non gli sarebbero stati risparmiati provvedimenti seri a suo carico. È inutile evidenziarti che tu hai un trattamento speciale da parte mia. Ti chiedo solamente di non approfittare della tua posizione privilegiata, di non farmi ritrovare in situazioni imbarazzanti, come questa mattina, appunto!»

    «Signore, sono un’irresponsabile e non ho scusanti. Ancora una volta siete dalla mia parte… non so se merito tanto… spero un giorno di potervi dimostrare la mia riconoscenza.»

    «Non preoccuparti, Silver! Lo sai, non riesco a restare arrabbiato con te per più di cinque minuti. Mi raccomando non fare parola con nessuno delle intenzioni del tuo viaggio; già è rischioso che io ne sia a conoscenza... La natura umana è imprevedibile ed è meglio non fidarsi. Non dire niente neppure a Gemma o almeno il minimo indispensabile. Devi contare solo su te stessa. Io farò il possibile da quassù per aiutarti, ma tu ben sai quanto siamo braccati dal regime. Devi fare in modo di raggiungere Cracovia senza rendere note le vere ragioni di questo tuo viaggio… se tuo fratello è in pericolo, non conosciamo il motivo… sto cercando di avere informazioni craccate da Cracovia, ma non è facile neppure per me… intorno a tuo fratello c’è un riserbo totale, i miei contatti hanno molte reticenze a indagare… come se avessero paura di ritorsioni gravi da parte del Potere… quindi anche tu potresti diventare un bersaglio…»

    «Già!» Concorda Ginevra seria e pensierosa, con gli occhi incantati su un punto indefinito oltre le vetrate.

    «Bene! Il Comandante Regio ti ha convocato per questa sera all’Alveare Primo. Si tratta di una cena. Ti chiede di presentarti in abito da sera e… ‘non assolutamente in divisa’, sue testuali parole.»

    «Chi sarà presente oltre me?»

    «Non esiste un invito ufficiale… non saprei…»

    «Mah… gli sarà sfuggita qualche indiscrezione?!» Chiede Ginevra, animata da improvviso fervore misto a curiosità.

    «No… è stato molto vago… Non preoccuparti, è da lui essere molto riservato.»

    «Solo che… Se non conosco gli altri ospiti… può rivelarsi pericoloso esporsi nel tentativo di scendere a Cracovia per incarico del Potere…»

    «Mi dispiace non posso aiutarti… Il solo consiglio che posso darti è di conquistare in tutti i modi il favore di Conrad, anche se… tu dovessi abbassare la testa…»

    «L’abbasserò di sicuro, Signore, almeno per il saluto.»

    «Già.» Sorride Kramer, alzandosi in piedi in segno d’invito a lasciare la stanza. «Non dimenticare di presentarti in abito da sera!» Dopo un attimo di esitazione, aggiunge «… questa potrebbe essere l’ultima volta che ci vediamo…»

    «Signore, non dite altro, vi prego. Non potrei partire senza prima avervi salutato…»

    «Addio principessa!» Esclama Kramer, spinto dal presentimento che mai più avrebbe rivisto quegli occhi grandi ardenti di ghiaccio.

    «A presto, mio Signore.»

    Ginevra s’inchina al Comandante Superiore Kramer, che la ama nel silenzio, proteggendola come un padre. Poi, contro ogni etichetta militare, va oltre la scrivania, per salutare, questa volta, l’uomo Federico Kramer, ‘barricato’ dietro la maestosa presenza di ‘duro intoccabile’. Ginevra in punta di piedi lo bacia sulla guancia. «Grazie ancora, mio Signore. Non preoccupatevi, io tornerò… anche per voi.»

    L’uomo resta immobile, in piedi, tra la scrivania arruffata e l’enorme vetrata sul cielo, attonito e turbato. Senza una parola, accompagna con lo sguardo l’esile figura nel portamento leggiadro ed elegante chiudere la porta dietro di sé, senza voltarsi indietro inghiottita dall’ignoto.

    Kramer si sente svuotato dentro e impotente… Aveva conosciuto Sebastiano Silver, differentemente a quanto aveva asserito di fronte agli occhi assetati di giustizia di Ginevra. Kramer avrebbe voluto raccontare a Ginevra la verità su suo padre, ma avrebbe messo in pericolo la vita di entrambi e si era dissuaso dall’infrangere il segreto militare sulla morte di Ben.

    Ben era stato un uomo pieno di saggezza, la cui onestà era incorruttibile da costargli la vita. Uno dei più eminenti architetti di Freedom, consultando nell’Archivio di Stato i documenti sulla progettazione e origine della città di vetro e ghiaccio, era venuto a contatto con importanti e segrete informazioni. Verità scomode sulla natura oscura del Potere, al punto che, se diffuse, avrebbero potuto destabilizzare l’autorità istituita.

    Nei primi anni del secolo ventunesimo, illustri studiosi e uomini di pensiero avevano incontrato, di nascosto agli occhi del Mondo, i governi egemoni, esponendo loro le proprie preoccupazioni circa il futuro incerto del pianeta Terra. Studi di Geologia, Astronomia e Fisica quantistica, insieme a ricerche sull’inquinamento atmosferico ed elettromagnetico, supportati da testi sacri e occulti, convalidavano la tesi di un prossimo cataclisma di dimensione mondiale, che avrebbe posto fine alla vita sulla terra, o comunque alla civiltà corrente. Le previsioni degli uomini di scienza vertevano su un avveniristico mutamento delle funzioni vitali della stella Sole. In particolare, si prospettava un’inversione qualitativa della polarità nell’interazione tra i corpi celesti Terra-Sole.

    La contaminazione e l’impoverimento delle risorse ambientali e alimentari, il verificarsi incidente di calamità naturali e il diffondersi in larga scala di epidemie mortali debellanti rafforzava il timore di uno sconvolgimento delle condizioni vitali sul pianeta Terra.

    Gli studiosi non sapevano che un pericolo ancora più grande e tangibile incombeva sull’umanità. I vari regimi, governi fantocci corrotti, manovrati e strumentalizzati da entità oscure superiori, si erano guardati bene dal rendere partecipi delle proprie macchinazioni future i ‘coscienziosi’ luminari, che con tanto zelo portavano alla loro attenzione le condizioni di salute della Terra; anzi avevano mostrato partecipazione e condivisione per le varie teorie catastrofiche, sfruttando persino le previsioni degli scienziati come paravento per la costruzione d’insediamenti bunker, che potessero, in caso d’emergenza, salvaguardare e proteggere, se non tutta, almeno una parte della popolazione terrestre. Il fine, in realtà, era di consolidare l’avvento di un dominio incontrastato delle Tenebre.

    Aveva così avuto inizio la costruzione di Freedom e di un rifugio sotterraneo in una miniera di sale il vicino a Cracovia, in Polonia. Per Freedom era stata scelta una zona disabitata in Canada.

    Freedom sorge nel deserto artico delle anziane Ellesmere Islands, dietro ai resti di Fort Eureka, lungo River Valley, tra imponenti rilievi rocciosi, nevai e ghiacciai di un tempo remoto, sotto un cielo trasparente di luce cristallina.

    Il luogo era stato scelto perché incontaminato e isolato, lontano dagli occhi invadenti dell’umanità. Il vicino insediamento di Eureka, con il suo aeroporto militare, costituiva un’importante base di appoggio per il trasporto dei mezzi e delle risorse necessari. Eureka rappresentava anche una copertura ideale per eventuali curiosi ficcanaso, facendo apparire i nuovi edifici un ampliamento delle strutture di osservazione degli astri e del meteo, già presenti.

    La scelta del posto era stata condivisa dagli stessi uomini di scienza per la natura intatta e ‘sotto zero’ del luogo, pertanto meno soggetto agli effetti nocivi dell’imminente disastro ambientale.

    Durante i mesi estivi il sole non sorge, né tramonta mai, e Freedom è inondato di luce ventiquattro ore su ventiquattro, apparendo un enorme diamante lucente, sospeso in un quadro surreale tra un cielo diafano e un mare di densa foschia gassosa. I raggi delsole, riflettendosi sulle sfaccettature degli alveari, creano un affascinante gioco di luci: Freedom è un gigantesco cristallo sotto zero scintillante dei colori dell’arcobaleno.

    Le temperature artiche, da sempre particolarmente rigide, con la diminuzione sensibile d’intensità del calore solare, sono precipitate fino a raggiungere valori inverosimili e agghiaccianti. L’avvento della vita a Freedom, come a Cracovia, è coinciso con tale fenomeno globale di raffreddamento della crosta e il conseguente fenomeno di desertificazione glaciale, esteso nell’area boreale-australe. L’emissione solare di radiazioni estremamente nocive per la vita organica rende l’ambiente terreno equatoriale ancora più invivibile e mortale. La causa effetto è la putrefazione e decomposizione della superficie terrestre in un’immensa palude acquitrinosa, maleodorante e macabra, e il formarsi terra, terra, di una nebbia artificiale tossica, che si espande a macchia d’olio sull’intero pianeta, nascondendolo dietro una coltre grigiastra. È coinvolto il primo stadio di strato atmosferico inferiore (neo-troposfera), risultando virulento e inospitale per il lento e inesorabile deterioramento della superficie terrestre. In altezza esso raggiunge i cinquemila metri nelle zone terrestri equatoriali, calando gradualmente verso i poli.

    Gli alveari di Freedom, di forma prismoide cristallina e trasparente, si stagliano al di sopra del manto gassoso. I tronchi cilindrici, che li sorreggono uno a uno, sbucano fuori dal nulla come alberi alla luce.

    Un fascio di colonne tubolari di una particolare lega di alluminio, rame e polvere artificiale di diamante, flessibile ma estremamente resistente e solida, si eleva per migliaia di metri, avvolgendosi e convogliando a sorreggere il basamento degli alveari. Una spirale che prosegue all’interno, lungo il centro della struttura, intorno cui si articolano specularmente i diversi alloggi (quattro per ogni piano).

    Laddove le colonne poggiano nelle profondità della nube di gas e morte, sul manto indurito di profondi ghiacciai, penetrandovi per centinaia dimetri, queste presentano minutissimi fori di dimensioni micron, non visibili all’occhio umano, densamente diffusi su tutta la superficie. Dispositivi di aspirazione all’interno estraggono acqua nebulizzata dai ghiacciai, creando vortici di aria fresca, che sale lungo il colonnato stesso ai vari alloggi, dove segue un processo di raffreddamento, depurazione e conseguente raccolta delle acque.

    L’ultimo piano di ogni alveare è adibito interamente allo sviluppo di sofisticate serre, sempre verdi. Le piante attraverso le vetrate dell’edificio catturano la luce e generano ossigeno, che poi è incanalato e convogliato ai diversi habitat. Inoltre, la superficie diamantata delle vetrate, che rivestono interamente gli alveari, convoglia la luce naturale e il calore del sole negli spazi interni.

    Freedom, proprio per la struttura sottovetro, è una città artificiale. Ogni risorsa e bene materiale di uso, consumo e sostentamento alla vita sono riprodotti sinteticamente in laboratorio.

    7)

    L’uomo le sta di fronte imponente e fiero. Ginevra stenta a riconoscerlo, spoglio della divisa impersonante Freedom. Può cogliere nello sguardo vuoto la bassezza dell’animo. Può sentire sulla pelle la freddezza calcolatrice del cuore. Può scorgere dietro il sorriso spento solo superbia e presunzione. La presenza alienante le incute disagio. Nonostante il lungo abito che le accarezza il corpo, Ginevra si irrigidisce per il saluto militare, nascondendo l’imbarazzo dietro la corazza di Comandante Primo.

    «Buonasera, Signore» chinando la testa.

    Come un uomo del ventesimo secolo che ammira un oggetto da comprare, le risponde:

    «Lei è sempre superlativa, Ginevra, ma questa sera la sua bellezza supera ogni mia aspettativa… La prego, non sia sorpresa dalle mie parole. Desideravo una serata informale in sua compagnia, è per questo che le ho chiesto di non indossare l’uniforme. Il fascino della divisa non rende giustizia al suo splendore di donna…»

    «Siete troppo gentile, grazie. Ma vi prego… mi state mettendo in difficoltà con i vostri complimenti. Sono forse arrivata troppo presto, che non vedo altri a parte noi? A volte per paura di risultare maleducata rischio di essere troppo in anticipo…»

    «Lei è perfettamente in orario, come piace a me. E non ci saranno altri ospiti a farci compagnia… desidero che il nostro incontro sia riservato, ho anche allontanato i servitori… vede, la tavola è già imbandita… non abbiamo bisogno più di niente e nessuno, almeno per questa sera…»

    «Scusatemi, non capisco…»

    «La prego si rilassi… le parlerò delle mie intenzioni durante la cena… si sieda e… mi chiami pure Conrad… si ricorda?! Niente formalismi!»

    Così dicendo, Conrad le porge la sedia. Ginevra è attonita. Il comportamento dell’uomo l’ha appena lasciata di ghiaccio… Il grande e irraggiungibile Comandante Regio, Conrad Schwarz, il glaciale tiranno di Freedom, siede di fronte a lei, come un vecchio amico che non vede da tempo, sorseggiando un pregiato vino artificiale delle stanze blindate di Freedom.

    Adesso tocca a lei dire qualcosa, rompere finalmente il silenzio. I suoi occhi ruotano in giro per la stanza, imbarazzati evitano lo sguardo dell’altro, posandosi con fare interessato ora su uno poi sull’altro piatto, ora su un quadro, ora verso la vetrata tempestata di stelle. Ginevra sta cercando le parole, qualsiasi cosa le viene in mente appare banale, che subito si aggroviglia in gola. Inghiottisce e ancora. Beve dell’acqua, nessun suono riempie il vuoto della stanza.

    Disarmata dal comportamento di Conrad, Ginevra decide di arrendersi e assecondarlo. Con un sorriso liberatorio, si rivolge all’uomo, come se quella pausa interminabile

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