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Montagne Sciamane
Montagne Sciamane
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E-book200 pagine2 ore

Montagne Sciamane

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Info su questo ebook

Un vero trip. Orfano senza una nicchia letteraria e lontano dall’essere un testo per soli amanti della montagna, vi accompagnerà su sentieri di realistiche esperienze in quota, fino a spiazzarvi in avventurosi immaginari psichedelici.
L’esempio di un racconto? Un maestro di snowboard rimane intrappolato in una grotta sotterranea, per scoprire che è il proprio subcoscio; la via d’uscita si rivelerà combattendo le manifestazioni delle proprie paure. Sofferenza, risoluzione, amore, audacia, i simboli dell’eterna ricerca dell’uomo. Animali parlanti gli insegneranno ad ascoltare il proprio cuore, indicandogli una via per Risvegliarsi evitando con agilità la cosmologia esoterica... mentre fumano, ridendo stravaccati in riva al torrente della Vita.
Una spiritualità pratica, senso dell’umorismo ed un viaggio attraverso sofisticate fantasie alchemiche vi commuoveranno in un ipotetica realtà in cui la vita, la morte e le vette sono portali per un altra dimensione esistenziale.
Ogni storia vibra di passione per la natura; montagne nostrane, luoghi evocativi come l’Himalaya, la saggezza dei nativi, un furgone parcheggiato alla soglia di un bosco magico, ninfe innamorate e momenti da pub.
Verrete trasporati dove un potente immaginario, tradizioni spirituali e le più irriverenti teorie di progenitori alieni prenderanno vita inaspettatamente, magari durante una camminata nel bosco o seduti su una seggiovia.
Un vero gioiellino per adulti e sognatori, per montanari e ricercatori spirituali, chiunque ami una lettura di qualità che ha la forza di portare il lettore dove l’immaginazione offre suggerimenti per la vita reale, in un mondo in cui non tutti i misteri sono ancora stati svelati.
Ma cos’è Reale? Chiedetelo alla Lumaca che fuma la Pipa del Tempo.
Scritto con sapienza e stile, Montagne Sciamane è un underground-cult istantaneo.
LinguaItaliano
Data di uscita23 mag 2015
ISBN9786050382044
Montagne Sciamane

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    Anteprima del libro

    Montagne Sciamane - Davide Barbi Foscale

    STELLE

    INTRODUZIONE

    Non avendo mai letto più di quattro righe dell’introduzione di un libro -come tanti di voi-, mi riservo il privilegio di perdermi senza cercare di riconoscere la strada.

    Dopo mesi di scorribande in Asia centrale, ho sentito che sull’Himalaya avrei trovato le condizioni ideali per ultimare il romanzo che tengo nel Magazzino dei Progetti Lasciati a Metà.

    Nonostante l’idea fosse di girellare in moto, cercando il mio eremo nei silenzi freddi del Ladak, ho avuto la Visione sul tetto di un palazzo di Calcutta.

    Nauseato da sentori di pachuli e quello di piscio di gatto, reduce di perlustrazioni giornalistiche a Sonagachi -la città bordello dentro la metropoli-, ho fatto fagotto: un ultima visita al Rajasthan e via, per le montagne.

    Senza badare a formalità, in un gruzzoletto di ore ho ingerito un micidiale Bang-Lassy (beverone a base di Marijuana che mi ha reso lo-scemo-del-villaggio per un paio di giorni), ho ballato come un selvaggio all’Holi, la festa dove gli indiani si gavettonano colori quando tutto è ammesso perchè Dio non guarda, ho visitato una grande amica che vive a Delhinell’ashram dove ho scoperto Paramhansa Yogananda, mi sono imbarcato sul volo più fantasmagorico della mia vita e in men che non si dica, mi sto facendo un whiskino con una coppia di hippy settantenni di Oslo, allo stesso bar dove sedevano John Lennon e Terence McKennah, a Katmandù.

    Ho una missione, devo raggiungere remote altitudini.

    A diversi giorni di cammino da una connessione internet o una birra fresca, scopro un gruppetto di abitazioni di pietra: la leggendaria Panchase, appollaiata su un passo solitario, ai piedi dell’Annapurna. Nel silenzio qusi surreale, c’è qualche nepalese Gurum, un bel numero di bufali, un capellone suona il sitar, una ragazza scodinzola con l’hula hoop, un’altra dipinge, un altra organizza quarzi sull’erba per ‘ricaricarli’ al sole, un vecchio di Auroville farnetica su una montagna gemella in Alaska. Sono a Casa.

    Nella maniera degli sciamani, cerco la guida degli Spiriti della Natura; in un pomeriggio di scrittura sento che la storia sulla quale stavo lavorando non era la ragione per cui ero arrivato fin lassù.

    Stavo scrivendo un racconto d’avventura da fiato corto; un giovane sbiadito dalla mediocrità, durante la famigerata crisi italiana, si ritrova a scappare con un malloppo.

    Dal contrabbando nel sudest asiatico alla massoneria dei Caraibi, attraverso l’India porcellona, i rumeni contrabandieri nella Malacca, l’Israele psichedelica, e la grigia provincia piemontese.

    Ci sono donne sinuose come i gatti, vecchi pirati e gentaglia da bassifondi delle metropoli esotiche.

    Arriverà, ma non è questo, quello che avete tra le mani.

    Tornando a quel placido pomeriggio, il mio amico Burhan mi passa un té ai funghi allucinogeni.

    Dopo aver sghignazzato per ore e osservato la bellezza della natura, mi sono ritirato su un altare dove la storia locale vuole che molti saggi si siano liberati dalle limitazioni della carne, abbiano conquistato il Samadhi (la trascendenza tipica dei fuoriclasse come Buddha, Gesù e Krishna) e mi sono seduto a meditare, per azzittirmi ed accogliere suggerimenti su come procedere.

    La mia mente si è comportata come una sciammia ubriaca fino a che non le ho permesso di andare dove preferiva e, come in balia di un inondazione, mi sono ascoltato raccontarmi dozzine di storielle brevi che parlavano di montagne, sciatori, stregoni, alieni, alberi ed animali.

    La maggior parte sono state perse per strada, ma la sera stessa, davanti al fuoco, gli amici hanno insistito per sapere cosa mi era passato per la testa, anzichè meditare come di consueto.

    Ho fatto il pagliaccio per un paio d’ore, raccontando le storielle pazze, intrattenendo tutti mentre la mia preziosa fidanzata prendeva appunti.

    Sapevo che questo libro non avrebbe avuto molto valore commerciale, quanto sapevo di star surfando un onda più importante di quella che mira a riempire il portafoglio.

    A Mysore, in tempi più remoti, un amico Sciamano mi spiegò di come alcune piante, consumate con spirito celebrativo, permettono all’uomo di connettersi a frequenze più sottili, a comprendere quello che racconta la Terra, a liberarsi momentaneamente degli assurdi condizionamenti della società occidentale, della cultura organizzata.

    Questo libro è il risultato di questa collaborazione tra me, lo Spirito della Terra ed i miei amici sull’Himalaya.

    Un paio di suggerimenti per la lettura.

    Luci basse, caminetto, cane che dorme sul tappeto, bicchiere di vino rosso con bottiglia a portata di mano e poltrona possibilmente orientata verso la finestra, vista nevicata.

    Qualora le condizioni non lo rendano possibile, posso dire con sicurezza che ripiegare su una sedia da campo in riva al torrente, o in un bosco, darà risultati straordinari.

    Non mi passa nemmeno per la testa di suggerirvi di fumare i fiori di qualche pianta che il Creatore ha messo a nostra disposizione perche’ l’Uomo Bianco ha deciso che il consumo ne venga proibito.

    Scrivere un libro è una maniera per uscire allo scoperto; dal di fuori, osservare il corpo, la mente e lo spirito che operano collaborando, per condividere quello che si porta dentro.

    Questa avventura mi ha fatto guarire da tanti mali, alcuni invisibili anche per me.

    Spero riusciate a godervi questo mio modo di descrivere il mondo, augurandomi che durante il viaggio troviate qualcosa che valga la pena d’essere portato con voi.

    E se non vi piace, pensate alla parabola koan zen prima di giudicare le parole di un uomo, cammina un anno nelle sue scarpe.

    Grazie fratello lettore, se non ci fossi tu, questo sarebbe un plico di appunti dimenticati in un hard-disk.

    PREFAZIONE

    a cura di Martino Lo Scienziato Colonna

    Una cosa che trovo sempre difficile è quella di esprimere a parole le sensazioni che provo quando scio in neve fresca o anche quando semplicemente vado in montagna vagando senza meta per boschi e nevai. Me ne accorgo specialmente quando di ritorno da una spedizione nelle mie amate terre artiche cerco di trasmettere le mie emozioni a chi non era con me. Con le foto posso ricreare l’atmosfera di un attimo, ma non le sensazioni che ho vissuto quando mi trovavo immerso nella natura selvaggia dei ghiacci. Sono però proprio quelle sensazioni che ci spingono ad affrontare distanze e difficoltà. È quello stato di grazia che magari abbiamo vissuto per pochi istanti nella nostra vita che ci attrae con una forza che non sappiamo e non vogliamo contrastare. Sensazioni di mancanza di peso e di lievitazione come ad esempio quelle che si possono provare nelle giornate epiche di neve senza fondo. In quei momenti unici e rari non serve più il nostro equilibrio e tutto quello che abbiamo imparato in anni di scuola e di tecnica, sono i nostri sensi al livello più profondo e inconscio che decidono i nostri movimenti. La nostra mente si sgombra da tutti i filtri che la coprono e si raggiunge uno stato di consapevolezza che dura magari pochi istanti, ma c’è. Per rendersene conto basta guardare negli occhi un rider che ha appena finito la discesa della sua vita nella neve profonda e inconsistente del pendio che ha sognato per anni. Penso che Davide abbia in questo libro scavato molto a fondo nell’animo di noi malati di montagna per descrivere queste sensazioni, e non solo. I dettagli con cui descrive l’ambiente dei rider sono quelli di chi ci ha vissuto dentro per anni e ha analizzato con occhio attento vizi, abitudini e motivazioni della variegata fauna che compone il mondo che popola la vera montagna d’estate e d’inverno. Davide descrive in profondità le rinunce che sono spesso necessarie per arrivare a trovare l’attimo perfetto. Le rinunce che portano a vivere tutto in funzione della sensazione, del momento. Proprio come Dooby, il protagonista del secondo racconto di questo libro, che vive in un vecchio furgone abbandonato, dipinto di strani simboli esoterici. Questo è secondo me anche l’approccio particolare di Davide alla montagna e al mondo. Come quello di uno ski bum che rinuncia alle comodità e agli schemi prefissati, vivendo le cose in modo totale ma allo stesso tempo leggero e scanzonato, concentrato come un asceta e rilassato come un monaco tibetano, per raggiungere uno stato di conoscenza superiore che non si ferma allo strato superficiale. Magari con l’aiuto di qualche sostanza psicotropa come Dooby.

    Il legame tra l’uomo e la montagna è per Davide anche un mezzo per descrivere il rapporto tra l’uomo e l’aldilà, tra l’uomo e il mondo che non possiamo o non riusciamo a vedere. Forse questo rapporto è legato all’intrinseca pericolosità della montagna, ai rischi dovuti alla necessità di spingersi vicino e talvolta oltre i propri limiti, per scavare nel profondo delle proprie motivazioni. La bellezza e la grandiosità della montagna ci fanno sentire piccoli e

    proprio per questo bisognosi di approfondire il senso della nostra vita e il nostro rapporto con il tempo. Questo libro è pieno di momenti tra la vita e la morte, e anche oltre il momento del passaggio. Momenti che costringono a dimenticare le abitudini della vita quotidiana, spogliandoci dei filtri che la società ci impone, rendendo più semplice la comprensione del mondo che normalmente non vediamo perché troppo attenti a rispettare le convenzioni e le abitudini. Forse è questo che richiama molte persone in montagna. Avvicinarsi alla morte rende più chiara la vita e le sue contraddizioni.

    In montagna il tempo ha poi dei ritmi diversi da quelli dei luoghi antropizzati. Tra i grandi spazi bianchi non si perde però solo la dimensione del tempo, ma anche quella dello spazio. Le montagne hanno spesso molti tratti comuni, che vanno oltre il tempo e lo spazio. Davide spinge su questo aspetto molto affascinante, giocando con lo spazio e con il tempo con i continui flash-back che caratterizzano molti dei racconti di questo libro. Spazio e tempo sono relativi. E così le stesse esperienze si possono vivere in posti diversi, tra i picchi Tibetani o tra i ripidi canali de La Meije, in epoche lontane secoli tra loro. Anche se forse è la stessa persona che vive le medesime avventure in posti e tempi lontani tra loro, saltando tra vite diverse, tra sogno e realtà. Lo sciamano che è in Davide ci porta in questo libro in un viaggio onirico nello spazio e nel tempo, per montagne reali e immaginarie, con lo scopo di aprire la nostra mente e guarirci dalla superficialità del mondo stereotipato in cui siamo tristemente afflosciati quando siamo lontano dalla Montagne.

    Pace, polvere e Montagne Sciamane

    Martino Lo Scienziato Colonna,  

    Ricercatore Universitario/RiderViaggiatore/Autore

    GLI OCCHI DEL FIUME

    E come quei che con lena affannata

    uscito fuor del pelago a la riva

    si volge a l’acqua perigliosa e guata,

    così l’animo mio, ch’ancor fuggiva,

    si volse a retro a rimirar lo passo

    che non lasciò già mai persona viva.

    Dante Alighieri

    Il cigolare della seggiovia lamentava le ultime fatiche della stagione, un eco distante, tra i larici spogli del fondo valle.

    Il rientro delle piste era una lingua di neve sporca, lucida e verde come un mojito pestato, il sottobosco si mostrava senza malizia appena fuori la linea degli alberi.

    Il cielo era azzurro, denso, qualche raffica di vento tiepido trasportava conversazioni di uccelli pronti per i bagordi estivi.

    Il profumo della terra umida, il gocciolio dei cumuli di neve dai salti di rocce, qualche birra gelata sui tavoli del bar davanti alla biglietteria.

    Il fango primaverile é morbido, amichevole, senza dubbio l’ambasciatore del cambio di stagione.

    Pensionati abbronzati camminavano evitando le pozzanghere, i loro pantaloni ascellari ne hanno viste tante, sono sopravvissuti anche alle cerniere termosaldate.

    Tra il torrente ed il parcheggio sotto le funivie, il bungalow di legno del rafting aveva aperto i battenti durante le vacanze di Pasqua.

    Abbiamo tempo per un altra discesa?

    Chiese alla bella ragazza che, seduta al sole sul cofano del fuoristrada, attorcigliava una lunga cartina opaca.

    Era snella e sorridente, aveva un cappello di lana viola e occhiali da sole fluorescenti.

    "Credo di si, gli altri sono rimasti indietro?

    "Stanno uscendo dall’acqua. Valdo ha avuto un problema con il casco.

    Ne abbiamo un altro, alla veloce?"

    Può usare il mio, non entro oggi. è arrivata gente, lasciano la macchina qui

    saltò agilmente e, con un sorriso

    "Gli do uno strappo fino alla prima entrata! Hanno le tende, stanno fino a domani.

    Il frigo sta girando, stasera grigliamo! Si parte..."

    "Grande! Hanno tutto? Conoscono il fiume?

    "Sono gia venuti l’hanno scorso, credo con i kayak.

    Ci stanno abbastanza dentro, a vederli cosi..."

    Chi sono?

    Non so... ci sono anche due tipe che non ho mai visto -e girando il viso, aggiunge con veoce squillante- Valdo! Cosa é successo?

    Hey Lara... tutto bene, una serie di sfighe... il casco, il leash, la muta bucata... Vuoi fare una discesa?

    Valdo era fasciato in un vecchio neoprene verde.

    Era solido e lungilineo, per qualche ragione si era fatto crescere i basettoni alla Wolverine.

    Un tipo simpatico, insegnava snowboard. D’estate, aveva tempo solo per l’hydrospeed.

    La musica spingeva, Lara guidava con la sigarettona tra le labbra.

    A fondo valle, sui tornanti verso le cascate, il sole primaverile era ancora timido.

    I ragazzi non si erano tolti le mute, il neoprene umido e il fumo saturavano l’aria nel fuoristrada.

    Lara, passa ‘sta canna, stacci dentro

    Valdo? l’accenno in apnea appena rivoltogli lo aveva strappato da una serie di pensieri leggeri, mentre guardava fuori dal finestrino.

    No grazie, passo... Ragazzi, quali erano i pini... e quali i larici?

    Valdo... hai picchiato la testa?

    Tutti ridevano, Valdo rimase in silenzio, pensieroso, con lo sguardo che vagava furtivo nel sottobosco.

    "Ok, passa qui, do solo una nota...

    Ragazzi, domani cerco

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