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Schegge Di Nulla
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E-book88 pagine1 ora

Schegge Di Nulla

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Info su questo ebook

La nostra concezione della paura è dominata dagli stereotipi, dalle fiabe, forzata attraverso comodi recinti di irrealtà.
Ma ci sono altri orizzonti.
Qui troverete una serie di squarci attraverso i quali è possibile intravedere come la percezione definisca la visione che abbiamo del mondo.
Ciò che è ordinario, abituale e scontato cessa di esserlo nel momento in cui lo si osserva da un differente punto di vista.
E quasi mai la nuova prospettiva è piacevole.
Scoprirete come un licenziamento possa essere... definitivo.
O come un bene materiale non sia sempre esattamente un bene.
Dei capricci del tempo, del nulla non semplice, e di altro ancora.

Alcuni dei racconti qui presenti sono stati premiati in vari concorsi letterari interni al Mensa Club Italia.
LinguaItaliano
Data di uscita1 lug 2011
ISBN9788863691207
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    Anteprima del libro

    Schegge Di Nulla - Mauro Dell'Orto

    53         

    Denti

    Strano, pensa per l’ennesima volta quel pomeriggio.

    Dovrei essere spaventato, tremare... in effetti, sto tremando conclude un po’ irritato nel constatare la sua debolezza, le dita non saldissime mentre si accende un’altra sigaretta.

    La tensione non è una nuova fiamma per lui, ne conosce bene gli aspri sussurri sui suoi nervi esposti, è abituato agli effetti stridenti delle voci normalmente amiche sui suoi pensieri sconnessi.

    E’ arrivata l’ora pensa la facciamo finita.

    Ha davanti a sé il calendario, sembra osservarlo ma con lo sguardo lo attraversa, vede ancora la scena di poco prima.

    Il capo, al solito azzimato e l’abito senza una piega, che passa nel suo reparto, camminando tranquillamente, gettando occasionalmente un’occhiata, solo apparentemente noncurante, agli schermi delle varie postazioni, e quando raggiunge la sua altezza, lo tocca su una spalla e con voce fredda gli dice Dobbiamo parlare. Fra un’ora, nel mio ufficio.

    Ricorda il rapido sobbalzo della testa della sua collega, due metri più in là, ed il sogghigno che lampeggia per un solo istante sul viso dell’altra sua collega.

    In tre in reparto, ma su due piani differenti.

    Lui ha legato, per quanto si possa fare ciò in un ambiente lavorativo asettico, formale e controllato come il suo, solo con la sua collega più vicina. Qualche battuta, scambi di favori, sorrisi e saluti alla fine della giornata.

    Soprattutto i sorrisi, lo hanno tenuto ancorato a quella sedia per più tempo di quanto avesse ritenuto possibile, quando avrebbe voluto dare un taglio a tutto quanto.

    Ovviamente, con l’altra collega il rapporto è tutto fuorché cordiale. Dopotutto, è colpa sua mormora in mezzo ai denti, mentre sbuffa fumo nervosamente.

    Uno sguardo preoccupato dalla sua amica, ma lui fa un cenno che dovrebbe comunicare non preoccuparti, almeno nelle sue intenzioni.

    Non è sua abitudine parlare da solo, ma ormai si cura poco di che impressione faccia. A questo punto...

    Riceve in cambio un altro, debole sorriso, di stampo completamente differente da quello dispensatogli dalla sua nemesi.

    Lei sa benissimo cosa sta per succedere, ed ovviamente anche l’altra... traditrice. Non sa come altro definirla.

    Va bene, ho sbagliato. Succede.

    Succede a tutti, ma non alla vipera che l’ha rovinato. Sa benissimo, ed è una consapevolezza che lo umilia, che ogni suo singolo errore viene debitamente registrato e riferito, da più di un anno ormai.

    Sospetta, ma non ne è certo, che anche errori non suoi gli siano stati attribuiti.

    Quell’arrampicatrice non aveva mai fatto mistero del suo rapporto privilegiato con il capo, non certo dovuto al trito cliché degli ammiccamenti sessuali, ma a qualcosa di diverso, un fattore comune che lui non era mai riuscito a definire, ma che lo inquietava senza apparente ragione.

    Medita su quale sia il modo migliore di uscire di scena, se con garbo e flemma o con un alzata di testa.

    L’orgoglio che risiede in lui non si è mai espresso con fiammate violente e vivide, piuttosto come un fuoco covato sotto la cenere, capace di illuminare i contorni delle cose ma non di rischiarare la via, efficace nel frenare ma non abbastanza forte da sospingere.

    Ergersi sprezzante ed accusatore di fronte alla disfatta imminente, proclamare a gran voce la propria condanna verso il proprio boia e la sua giuria corrotta sono immagini consolatorie e benefiche per il suo ego, ma poco consone al suo carattere così tranquillo e meditativo.

    Oltretutto non parte certo da un piedistallo intonso, né ha la tonaca immacolata del predicatore a sostenerlo: ha sbagliato, più volte, ed è il primo ad ammetterlo.

    Ogni singolo errore ha aggiunto un’altra pietra sulla sua tomba, e portato scompiglio nella sua calma.

    Non è mai stato tenero con se stesso, primo e truce critico della sua vita, anche se è evidente che ha compiuto solo peccati veniali, nulla che, a suo dire, possa giustificare gli attacchi alla sua persona e professionalità.

    Un ironico sorriso affiora spontaneo quando pensa al concetto di professionalità, un astratto che non ha mai voluto definire; mai fornito di autostima e quindi sempre incerto sulle proprie capacità, i suoi quotidiani dubbi su sé stesso hanno trovato un inaspettato alleato nelle feroci critiche ricevute.

    Un aspetto che rende ancor più crudele l’accanimento verso di lui è la forma assunta dai rimproveri: mai, mai nulla gli è stato detto.

    Piuttosto, espressioni sconcertate sul volto del suo capo mentre legge documenti redatti da lui, un sopracciglio alzato in maniera eloquente durante i suoi interventi nelle riunioni, richieste verbali alle sue colleghe di assumere incarichi da lui già svolti, o di rivedere conti che almeno in teoria avrebbero dovuto essere controllati dalla vittima mai nominata delle umiliazioni.

    Schiaccia la sigaretta nel posacenere, con forza, la rabbia monta dentro di lui mentre ripensa a ciò che ha dovuto subire.

    E basta, adesso, è inutile aspettare mormora ancora, e si alza di scatto.

    Una parte di lui è compiaciuta dell’effetto che il suo ripetuto mormorare tra sé e sé ed il suo repentino alzarsi hanno prodotto nelle colleghe, che si agitano nervosamente ai loro posti.

    Assai meno nervosamente la sua accusatrice, alla quale, mentre si dirige a passi decisi verso l’ufficio del capo, rivolge uno sguardo ed un ghigno che, almeno nelle sue intenzioni, dovrebbero essere di fuoco, e promettere innominabili vendette.

    Risente un poco del mancato effetto del suo gesto, e anzi una strisciante paura s’insinua in lui, quando lei gli restituisce lo sguardo con mancanza d’emozione, guardandolo con la testa appena girata verso di lui, a lungo, fissamente, con le palpebre socchiuse.

    Si sente come se ad averlo guardato non fosse stato un suo simile, ma qualcosa di completamente diverso, un abominio metallico e freddo, e rabbrividisce involontariamente, il suo incedere impetuoso rallenta, quasi incespica, ma si riprende lesto.

    Si scuote e apre la porta dell’ufficio del capo, chiudendola velocemente dietro di sé quasi a voler sbarrare la strada a qualcosa che l’insegue.

    Dietro alla sua scrivania, seduto compostamente,

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