La gabbia sui Pirenei
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Anteprima del libro
La gabbia sui Pirenei - PIERGIORGIO FIRINU
PIERGIORGIO FIRINU
LA GABBIA SUI PIRENEI
Teoria sull'uso dell'immagine fotografica
Titolo | La gabbia sui Pirenei
Autore | Piergiorgio Firinu
ISBN | 9788891182012
Prima edizione digitale: 2014
© Tutti i diritti riservati all’Autore
Youcanprint Self-Publishing
Via Roma 73 - 73039 Tricase (LE)
info@youcanprint.it
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come se castel non vi sia stato
dell'Orlando Furioso
L'UOMO, IL CIELO e la TERRA sono l'origine di tutte le cose.
il CIELO dà loro la nascita
la TERRA il nutrimento
l'UOMO la perfezione.
Tung Chung-Shu
Prima edizione Novembre 1979
Dir. Ed. Eugenio Bollati di Saint-Pierre
Copyright C by Piergiorgio Firinu
Published by STUDIO 46, Inc., 1979
Via Maria Vittoria, 46 - 10123 Torino (Italy)
AVVERTENZA
Avevo iniziato la stesura del testo ed il reperimento dei materiali che formano il presente libro quando la possanza
delle istituzioni è intervenuta a mettere in crisi il significato del mio modesto lavoro. È stata infatti realizzata a Milano la mostra Testuale
il cui catalogo viene a coincidere parzialmente, almeno in apparenza, con la forma assunta dal presente volume.
A questo punto avrei forse dovuto rinunciare a portare a termine il mio lavoro. Confesso che il dubbio mi ha sfiorato. Ma ho poi deciso di completare la mia opera, resomi conto della sostanziale differenza tra il risultato e le premesse del mio libro e quanto invece realizzato, con ben altri mezzi, da Flavio Caroli e Luciano Caramel.
Una prima differenza è il grandissimo numero di artisti inseriti nel catalogo. Tutti partecipanti alla Mostra. La quale Mostra conferma che il vecchio vizio dei critici di fare le LORO
Mostre non accenna a finire. Negare, come fa Caroli nella premessa al catalogo, che TESTUALE
sia una Mostra a tema, rientra, a mio modesto ma fermo parere, in quel genere di sofismi che molti usano ascrivere alla dialettica.
Il fatto che, come dice Caroli, vi sia una diversità di apporti creativi
va semmai attribuito ad una certa confusione di idee e non è certo elemento sufficiente a modificare la sostanza di quanto si vede in Mostra e si legge nel catalogo.
Voglio essere ancora più chiaro; per me Mostra a tema
significa mettere insieme una quantità di artisti, che svolgono tematiche diverse, dare un significato e un titolo al tutto. Se questo non è accaduto in Testuale
lascio giudicare a chiunque abbia visto la mostra.
Infine, come i miei meravigliosi amici non mancheranno di notare, tra le differenze va inclusa la modestia della mia figura di outsider rispetto al peso di critici militanti e di cattedratici che, giustamente, operano sotto l'amorevole ala delle istituzioni senza altro rischio se non quello che qualcuno li prenda seriamente.
Sono ben conscio dei limiti di questo libro che d'altra parte non ha la pretesa di completezza che avrebbe richiesto un approccio più sistematico e una metodologia diversa.
Nutro la speranza che il mio lavoro contenga elementi chiarificatori e venga letto anche dai non specialisti.
In un momento in cui, a parole, tutti si scagliano contro la cosiddetta industria culturale
mentre nei fatti non chiedono di meglio che essere asserviti, questo libro nasce al di fuori di ogni aggregazione, cosca e confraternita che in questo paese occupano quasi ogni spazio.
Se il prezzo della nostra individualità è l'emarginazione, giudichiamo lieve lo scotto, visto che il sottrarvisi equivale ad annegare nel pattume ideologico da cui è ormai sommerso ogni aspetto della vita civile.
Ultimo punto che mi preme sottolineare, come del resto ho già fatto in questo libro: il valore di un'opera, se esiste, sta in se stessa. Usare l'arte in senso politico
, come fanno alcuni personaggi presenti in Testuale, non solo non è prerogativa di queste
avanguardie perché da Courbet in poi è sempre stato fatto, in modo abbastanza esplicito, ma non serve a coprire il bla-bla-bla di animatori che sarebbero anche divertenti se non fossero igienicamente sospetti visto che continuano a mangiare nel piatto in cui sputano.
PRIMA PARTE
In questi ultimi anni sono stati pubblicati innumerevoli libri aventi per oggetto la fotografia. Molti di questi sono stati scritti da intellettuali che con la fotografia hanno, per così dire, un rapporto occasionale. C'è, pare, la tendenza a scrivere di fotografia con la stessa mentalità degli scrittori di elzeviri. L'opera come pretesto di una divagazione, magari coltissima, ma del tutto personale. Riscontriamo questo in libri di larga diffusione. L'abilità di questi scrittori è tale che riescono a mettere insieme pagine e pagine di poderose divagazioni, spesso su di un argomento il cui contenuto è del tutto irrilevante. Questa è letteratura. Forse, un simile modo di procedere, non ci aiuta a capire molto di più di ciò che già sappiamo dell'argomento che ci interessa. È vero d'altra parte che un'analisi di tipo iconologico, sul tipo di quello realizzato da Panofsky sui temi dell'umanesimo rinascimentale, non sarebbe possibile su opere immerse nell'attuale. Ma è anche vero che una analisi che parta dai reali contenuti dell'opera, e della struttura della stessa, ci aiuterebbe a capire. La disputa sulla questione se la fotografia potesse essere considerata opera d'arte iniziò nel XIX secolo e dura tuttora. Oggi la polemica è tra fotografi e artisti che usano la fotografia. Quest'ultima è una polemica ingiustificata che non tiene conto dei reali termini dell’argomento. La differenza, tra i due modi d'uso, sta tanto nel metodo quanto nel fine che ci si propone. Nel metodo, in quanto molti artisti non lavorano il materiale fotografico che utilizzano nelle loro opere. Non ne curano lo sviluppo, la stampa e spesso non scattano nemmeno le fotografie, ma utilizzano materiale preesistente; in ogni caso