Inarte
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Mali beni ed esercizi mentali.
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Anteprima del libro
Inarte - Antonio Crapanzano
Dietro il sipario è buio.
Gli aliti di piacere disegnano la posizione esatta delle bocche, deserti
prosciugati da quell’attimo che precede l’emozione. C’è chi insieme trema
per il nervosismo, chi ha la glaciale e superba accortezza di affinare il
trucco, chi per non sentirsi soli condivide tenendosi per mano, chi è tanto
immobile avvolto da una membrana di sapienza che incute timore e pretende
rispetto, c’è chi lo è per natura d’essere e c’è chi sorride osservando
cosa fanno gli altri, insieme. C’è, liberamente, attraverso l’anima e ora
nell’arte, chi sta pensando:
-"Solo l’esperienza per vivere ultimi respiri ancora la vita, accorgersi di
quello che sta già succedendo, perché sai quello che c’è dopo. Dopo il
sipario attende lo spettatore. Sta seduto sulla poltrona avvolta dal
velluto rosso, è solo, e ognuno di loro è solo e sa di non esserlo. Egoista
vuole per se l’attesa, desidera essere toccato, vuole vedere e ascoltare e
odorare e assaggiare e toccare; smettere di farlo e iniziare a sentire.
Vedere l’inizio, gli attori e i loro appariscenti abiti; i colpi di scena,
le lacrime e la verità sulle maschere, osservare il rotolo della trama
velarsi e vedere che quello è il finale. Ascoltare il suono che non c’è
degli oggetti che smuovono l’aria, la voce di chi sta raccontando e i
sussurri che nella sua testa stanno spiegando; il tempo ai passi che
calcano il palco e le frasi che svelano l’arcano. Odorare l’aroma del
ciliegio delle poltrone, avvolte dal profumo inebriante di velluto, il
balsamo della propria pelle e il sentore straniero di chi siede accanto.
Assaggiare la sottile polvere trasportata dall’aria, il rigurgito della
propria saliva e la mano che, poggiata sulle labbra, sostiene il capo
impegnato nella riflessione. Toccare perché toccati nell’anima. Abbandonare
la vista, l’udito, l’olfatto, il gusto e il tatto e sentire egoisticamente
che ciò che vede, ascolta, assaggia e tocca e se stesso; sente il
sentimento e ha l’arte".
E poi è arte.
I raggi del sole timidamente bussano alle finestre, che ancora celano il
sonno, e accolgono al giorno; per le strade il tacito rumore dei passi
della prima gente, l’acqua nella fontana si spoglia del velo della notte e
si accende dei colori della luce, illuminando la piazza. Tutto intorno le
botteghe aprono i battenti e si preparano ad accogliere i clienti. Solo i
viaggiatori danno il buongiorno al sole; tre carrozze sputate dall’ombra
della notte, passano le porte del paese. Al lento e affannoso galoppo si
accompagna l’ansioso giro delle grandi ruote forgiate in ferro, che
triturano le piccole pietre e graffiano il viale. La carovana che apre la
strada e trainata da due cavalli possenti dal manto grigio cenere; stremati
dal viaggio, spingono a testa bassa e sentono la terra fin dentro le grandi
cavità nasali, e sanno che qualsiasi piccolo cedimento nell’ormai meccanico
passo, sarebbe loro fatale. Le redini sono curve, nessuno li obbliga, ben
strette tra le mani di un ragazzo. La manica di una camicia bianca, ormai
troppo logorata né compre fin il palmo, e solo le candide dita
s’intravedono. Gli strappi del tempo sulla seta salgono fin sulla spalla;
dove la stoffa conforta il capo del ragazzo, che accanto, condivide la
vista di un lungo cammino e del vicino riposo. Un grande telo schiarito
dall’abbraccio di ogni sole ricopre la carrozza, e teneramente avvolge,
come braccia di balia, coccolando i suoi ospiti; ai lati della carrozza,
biricchini, sfuggono dal gesto affettuoso sette paia di piedi. Con naturale
eleganza protraggono un arco, che s’innalza fiero dal tallone per poi
scivolare sinuoso sulle dita dei piedi, sfiorando il cielo per gioco. Tre
paia di caviglie sul lato sinistro e due paia sul destro; si possono solo
immaginare i proprietari degli arti: sdraiati con i piedi all’insù e il
calore dei corpi stretti fra loro nel condividere un unico sogno. Seguono
due fieri cavalli bianchi dal passo elegante, un rintocco di zoccoli che
non ha nulla da invidiare alla precisione ritmica di un orologio. Leggere
sinuosità sul petto e poi per tutto il corpo fin la coda, sono disegnate da
stringhe in cuoio lucido, che, come abiti, nascondono tratti del corpo
dell’animale dalla bellezza imbarazzante. Le redini sono tese, gelosamente
forzate dall’uomo che ne dirige le sorti. Dal bianco sporco dei suoi
capelli si legge la profondità dell’esperienza, le rughe sul suo volto sono
pagine di un libro sfogliato mille volte e il corpo e marmo scolpito dalla
forza della natura. Natura che ha riservato le sue grazie alla donna che
siede accanto, natura matrigna si manifesta in questa figlia che è sua
immagine, ed è sublime ed è fatale. Ingenuo osservatore, dorme dalla parte
opposta, un piccolo di uomo; dà le spalle alla via, sta sdraiato