Il terremoto qualche tempo dopo
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Anteprima del libro
Il terremoto qualche tempo dopo - Gianna Niccolai e M. Gabriella Pavarotti
Il terremoto
qualche tempo dopo
Ri-scrivere il paesaggio
Laboratorio autobiografico a Cavezzo
febbraio – marzo 2013
a cura di Gianna Niccolai e M. Gabriella Pavarotti
Titolo | Il terremoto, qualche tempo dopo
a cura di Gianna Niccolai e M. Gabriella Pavarotti
ISBN | 978-88-91118-35-6
Prima edizione digitale 2013
© Tutti i diritti riservati all’Autore
Youcanprint Self-Publishing
Via Roma 73 - 73039 Tricase (LE)
info@youcanprint.it
www.youcanprint.it
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Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata costituisce violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla legge 633/1941.
Hanno partecipato
Alessandra Binotti
Angiolina Gozzi
Anna Gulisano
Anna Maria Pacchioni
Cadia Bellini
Carla Maria De Feo
Daniela Bighi
Francesca Bonfatti
Katia Durazzi
Lisa Bruini
Ilaria Scarpa
Manuela Bavieri
Patrizia Venturini
Pia Roncaglia
Roberta De Tomi
Silvia Piovan
Gianna Niccolai (docente)
M. Gabriella Pavarotti (docente)
Ringraziamenti
Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari
Comune di Cavezzo
Associazione La Cà
Casa Protetta di Cavezzo
Marco Lega per la grafica di Copertina
Ada Ascari, per la realizzazione del volume a stampa e la realizzazione dell'eBook
Coloro che con la loro donazione hanno reso possibile la pubblicazione
Momenti di lavoro
durante la realizzazione delle mappe
Coltivare la speranza
Dopo la positiva esperienza del primo laboratorio di scrittura autobiografica, realizzata a partire dall’agosto 2012 presso la casa protetta di Cavezzo, l’associazione La Cà ha raccolto volentieri la disponibilità di Anna Maria Pedretti e delle docenti modenesi della Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari a proporne una nuova edizione nella primavera del 2013.
Con la rinnovata collaborazione del Comune di Cavezzo, della sua casa protetta e della cooperativa sociale Elleuno che la gestisce, è stato possibile in questo spazio accogliente offrire in forma gratuita a sedici persone un’opportunità preziosa di scrittura di sé, in un contesto sociale e individuale ancora pesantemente segnato dal terremoto del 2012 e dalle sue conseguenze.
Le docenti del laboratorio - Maria Gabriella Pavarotti e Gianna Niccolai - hanno proposto alle allieve della nuova edizione (più numerose di quella precedente) un percorso sul tema Ri-scrivere il paesaggio, stimolando ciascuna delle partecipanti a lavorare in modo collettivo e insieme personalissimo sul proprio vissuto e sui propri ricordi, con il formidabile strumento della scrittura autobiografica, così da ottenere i frutti maturi che si potranno gustare leggendo queste pagine.
Ciò che vi trovate tra le mani costituisce la testimonianza di come la scrittura autobiografica, praticata con l’aiuto di guide esperte, possa costituire un aiuto ad affrontare meglio il presente e a coltivare - anche nei momenti di fatica e di scoraggiamento - la speranza che ci apre al futuro.
Alberto Ganzerli
Referente per le attività culturali dell’Associazione La Cà
Scrittura e memoria dei luoghi
Il paesaggio era il cammino su cui egli procedeva, la pista su cui correva, tutti luoghi di gioco e di danza nei quali si svolgeva la vita dei greci; e tutte le palestre e i teatri nei quali i greci trascorrevano la loro giornata; le valli in cui si raccoglieva l’esercito, i porti, dai quali si salpava verso le avventure e nei quali si rientrava invecchiati e pieni di ricordi inauditi; i giorni di festa e le notti fastose che li seguivano, con un suono d’argento, le processioni in onore degli dei e le cerimonie intorno all’altare… questo era il paesaggio in cui si viveva.
Rainer Maria Rilke, Del paesaggio
Ad un primo sguardo ogni diverso paesaggio fonda la sua definizione nei valori storici intrinseci e in quei segni che manifestano la cultura di una società.
Sono le tracce della storia che ci ha preceduto e le sedimentazioni dell’opera millenaria dell’uomo impegnato a modificare l’ambiente di vita per renderlo ospitale (ma spesso anche per dominarlo), che rendono unici i paesaggi che fanno parte della nostra vita.
Oltre l’identificazione di valori storici, sociali, culturali che ogni luogo può esprimere, esiste un racconto continuo che coinvolge il singolo individuo, il suo vissuto e la percezione che costruisce attorno alla sua specifica condizione esistenziale.
La riflessione poetica di Goethe, "…campi, alberi, giardini erano per me uno spazio solamente, finché tu, amore mio, non li hai trasformati in luogo…", centra il tema del passaggio dal concetto di spazio a quello di luogo attraverso un processo di significazione individuale che ci appartiene in quanto attori del palcoscenico costituito dai luoghi; ci induce a prestare attenzione al racconto che scaturisce dal rapporto che si instaura tra noi (individualmente e collettivamente) e i luoghi che incontriamo.
Ma cosa raccontano i luoghi?
In primo luogo raccontano gli avvenimenti che vi si svolgono o vi si sono svolti: sono i fatti minimi o memorabili, storie quotidiane, avvenimenti dimenticabili o gesta di grande rilievo. Un racconto continuo e interminabile degli individui e dei gruppi sociali, del vivere storico in un dato territorio.
Ma i luoghi, il paesaggio raccontano anche la storia della loro formazione che riguarda le sedimentazioni che si sono sovrapposte di generazione in generazione, dall’atto costitutivo, innestandosi sulle eredità del passato, rappresentando un immenso magazzino di storie e di fatti avvenuti e che il tempo fa precipitare per effetto del processo storico.
E come raccontano i luoghi?
La modalità attraverso la quale i luoghi parlano è il silenzio: sono gli individui e le comunità ad attribuire loro i significati sia attraverso la ricostruzione della storia degli accadimenti (soggettiva, legata alla narrazione del cronista, al disegno dell’artista, all’immagine del fotografo…) sia attraverso la lettura dei segni, delle tracce che i fatti imprimono nei luoghi (oggettiva, basata sulla ricognizione del deposito storico delle stratificazioni, delle trasformazioni).
I luoghi, quindi, seppur muti, raccontano una grande molteplicità di storie con linguaggi diversi. Riducendo il racconto alla dimensione storica di una società esso si semplifica anche perché i documenti depositati nel suo archivio storico sono sempre numerosi e facilmente interpretabili.
Quando ci interessiamo al paesaggio nell’ambito del rapporto che lega ai luoghi l’uomo, nella sua soggettività e nella sua dimensione di appartenente ad una comunità, il racconto si inserisce in una relazione dialettica tra ciò che essi narrano rispetto all’esperienza di vita di ciascuna persona e ciò che ognuno deposita, di sé, nei luoghi.
Far emergere il valore memoriale riferibile ai luoghi significa scoprire il paesaggio interiore di ciascun individuo, ri-costruire la mappa
attraverso la quale ci muoviamo nello spazio, ri-attribuire significati propri e condivisi, contribuire alla ri-definizione dell’identità specifica di ogni luogo.
La Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari contempla, tra le sue molteplici finalità, quella di valorizzare e di far emergere, attraverso la scrittura, la memoria dei luoghi e dei loro abitanti.
Mediante lo strumento della scrittura autobiografica è possibile dar voce e forma alle memorie individuali relative ai luoghi ma anche restituire le narrazioni di storie di donne e uomini attraverso le loro biografie scritte.
Accanto alla dimensione soggettiva della scrittura autobiografica si è, quindi, andato progressivamente sviluppando un interesse sempre più ampio per le memorie dei contesti sociali, in particolare di quei luoghi e comunità che hanno espresso nel corso della storia un’identità che intende continuare a vivere anche nel cambiamento.
Quando, poi, la natura, attraverso eventi traumatici, introduce forti cambiamenti nel paesaggio quotidiano, la scrittura contribuisce a definire il senso del luogo in chi lo abita, a rafforzare quella identità seppur vulnerata che lega gli uomini e le donne al proprio ambiente di vita.
Allora, quel "susseguirsi di niente ma pieno di tante cose,
il mio punto fisso o la mia meta, il piantare alberi e siepi intorno a casa
perché l’occhio non sconfini nel vuoto, quel
paesaggio che esiste davvero o quello che
è sempre in movimento e al tempo stesso è fermo" divengono l’espressione di una esigenza soggettiva e collettiva di non dimenticare, di potenziare l’appartenenza, di riumanizzazione e di miglioramento delle forme di convivenza e di qualità della vita.
Il ricordo scritto ha il potere di rianimare le piazze, le strade della vita e delle relazioni che le contraddistinguono prefigurando la costruzione di nuovi legami di affezione verso i luoghi significativi della storia personale.
Scrivere, dare forma, attraverso le parole, alle emozioni che animano il nostro rapporto con il paesaggio, consolida più che mai il sentimento del prendersi cura
dei luoghi che ci rappresentano richiamandoci alla necessità di conservare o ripristinare le loro fisionomie, ormai parte integrante delle nostre esistenze.
Ri-scrivere il paesaggio fisico significa esplorare il proprio paesaggio interiore che ne rappresenta la proiezione nell’intento di costruire un solido ponte tra il passato e un futuro di nuove opportunità.
Un grazie, quindi, a tutti coloro che hanno voluto partecipare a questo progetto arricchendo, con le proprie storie, il giacimento delle memorie dei luoghi.
Stefania Bolletti
Presidente della Libera Università dell’Autobiografia
Ri-scrivere il paesaggio
Il senso di un percorso
"Quello che succede è che: se sono cadute le chiese, i campanili, le torri e i municipi; se sono chiusi i centri storici e le piazze; se la memoria e l’identità che stavano in quei luoghi forse se ne sono andate, allora noi dobbiamo diventare chiese, campanili, torri, municipio, centro storico e piazza; diventare noi l’identità dei nostri luoghi, diventare noi stessi luoghi, e conservare noi la memoria.
E quindi, noi che possiamo, noi che sappiamo farlo, dobbiamo cominciare a raccontarli, questi luoghi".
Andrea Cotti
Quella notte eravamo da sole nelle nostre case, quando un rombo cupo ci ha svegliate all’improvviso. I letti hanno cominciato a tremare e a muoversi. Il pendolo, fermo da anni, ha ripreso la sua corsa, come impazzito. Il cane si è agitato per la stanza, come sentisse la terra mancare sotto le zampe. Lampadari come pendoli di Foucault. Voci concitate di persone nelle strade, pur nella notte fonda. La tv prontamente accesa lanciava le prime notizie. Il terremoto, come un’onda, ci aveva lambito, travolgendo paesi a pochi chilometri da noi, nella nostra terra.
Nelle settimane successive, pur nella consapevolezza dell’urgenza di tanti provvedimenti e di tanti problemi da affrontare, a chi, come noi, si interessa da anni di narrazione autobiografica è venuto spontaneo il pensiero di fare qualcosa che mettesse in essere le potenzialità di cura interiore del nostro approccio metodologico. Crediamo infatti che il raccontarsi, specie nei momenti di difficoltà, possa dare sollievo e aiuto nel rielaborare e nel riannodare i ricordi dando loro un nuovo senso. Su questa convinzione ha avuto inizio il primo laboratorio nell’estate del 2012 e, sempre sulla stessa convinzione, è stato organizzato, a distanza di qualche mese, il nostro laboratorio.
La prima sera che siamo arrivate a Cavezzo, sotto una pioggia battente, abbiamo trovato ad attenderci sedici persone che avevano scelto di intraprendere questo percorso con curiosità e anche con aspettative diverse:
Ho voluto partecipare al corso di scrittura autobiografica, sperando che fosse liberatorio di un qualcosa che si è annidato dentro di me dopo la terribile esperienza del terremoto del maggio scorso
;
Ho scelto di partecipare perché il sisma è stato un evento imprevisto e devastante e dopo averlo dovuto raccontare a chi non l’aveva vissuto, volevo confrontarmi con chi sapeva di cosa parlavo, chi aveva vissuto i diversi stati d’animo di quei giorni e chi si era dovuto confrontare con una paura a noi sconosciuta
;
Ho forzato la mano a partecipare, da anni sono restia a raccontarmi, preferisco saper ascoltare, anche me stessa. (…) Ho forzato ancor più la mano volendo altresì testare la capacità fisica di poter scrivere
;
Ero un po’ reticente nel frequentare questo laboratorio in quanto l’eco del terremoto non si era ancora dileguato e, come per ogni mostro, si tenderebbe a non fare nulla per timore di svegliarlo
.
Il laboratorio ha sostanzialmente ripercorso quello tenuto nell’estate precedente per una scelta ben precisa, cioè l’idea che il nucleo centrale su cui lavorare dovesse essere quello che stava nel cuore e negli occhi di tutti: il paesaggio scosso dal terremoto, la terra che tanto aveva tremato e fatto tremare, i luoghi cari, amati e devastati, che sono stati nel tempo cornice di tutte le esperienze emotive, culturali, relazionali, individuali, collettive che formano la vita delle persone.
Nel titolo del laboratorio sta scritto: Ri-scrivere il paesaggio
; perché ri-scrivere e non scrivere?
Perché luoghi colpiti da tante distruzioni non possono solo essere scritti, ma andranno ri-scritti per il cambiamento che hanno subito, cercando di ri-conciliarsi con loro, ri-visitandoli in modo consapevole per dare oggi ad essi un nuovo significato, per ri-significarli guardando avanti, al futuro, e ri-costruendo, insieme al paesaggio esterno, anche il proprio paesaggio interiore.
Nel paesaggio l’individuo si riconosce. Il paesaggio fornisce in qualche modo un’identità ad una popolazione, attraverso di esso gli individui hanno la possibilità di rispecchiarsi e di riconoscersi, nonché di rivivere il proprio passato. C’è un nesso essenziale, quindi, tra paesaggio da un lato, e cultura ed identità dall’altro perché il paesaggio è insieme natura e storia, frutto dell’incontro tra uomo e territorio. Il paesaggio allora non può essere pensato senza tener conto della dimensione soggettiva e sentimentale al di fuori della quale non potrebbe sussistere.
Ma tra i luoghi che rivestono un significato, c’è per tutti, impresso nella mente, il luogo del cuore, un luogo del passato o del presente, nel quale ci sentiamo sicuri, tranquilli,