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La rivincita del milionario: Harmony Destiny
La rivincita del milionario: Harmony Destiny
La rivincita del milionario: Harmony Destiny
E-book185 pagine5 ore

La rivincita del milionario: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

Nelle sue mani, il milionario e magnate industriale Luc Cavals detiene un vero impero dove ogni cosa risponde a una sola legge: la sua. Eppure ci sono situazioni che neppure l'uomo più potente può prevedere, soprattutto se riguardano il cuore. E l'inaspettato ritorno nella sua vita di Hattie Parker, la ragazza che in passato si era presa gioco dei suoi sentimenti, è una di queste. Ironia della sorte, ora è lei che è disposta a tutto per stargli accanto, e a offrirgli tutta se stessa, se necessario, in cambio di aiuto e protezione. Spinto da un desiderio di rivalsa e accecato da una passione che credeva sopita per sempre, Luc acconsente a perdonarla, a patto che lei sia pronta a soddisfare ogni sua richiesta in camera da letto.
LinguaItaliano
Data di uscita11 feb 2019
ISBN9788858993477
La rivincita del milionario: Harmony Destiny

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    Anteprima del libro

    La rivincita del milionario - Janice Maynard

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Billionaire’s Borrowed Baby

    Harlequin Desire

    © 2011 Janice Maynard

    Traduzione di Giada Fattoretto

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2013 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5899-347-7

    1

    Era una stupenda mattina di primavera, eppure Hattie Parker non poteva fare a meno di sentirsi disperata e in apprensione.

    «Ho bisogno di parlare con il signor Cavals, per favore. Il signor Luc Cavals» si affrettò a specificare. «È urgente.»

    Un’assistente sulla trentina fasciata in un impeccabile completo color ghiaccio abbassò lo sguardo su una costosa agenda rilegata in pelle. «Ha un appuntamento?»

    Hattie digrignò i denti. Senza dubbio quella donna sapeva che stava cercando d’intrufolarsi e altrettanto chiaramente stava tentando di intimidirla.

    Strinse la bambina tra le braccia e abbozzò un sorriso. «Gli dica che sono Hattie Parker. Non ho un appuntamento, ma sono sicura che Luc mi riceverà se lo avvisa che sono qui.»

    In realtà era una bugia bella e buona. Non aveva la più pallida idea se Luc l’avrebbe voluta vedere o meno. Un tempo era stato il suo principe azzurro, sempre disposto ad accontentarla, a darle tutto quello che desiderava.

    Oggi avrebbe potuto benissimo sbatterla fuori, ma sperava che si sarebbe ricordato dei bei tempi trascorsi insieme e che l’avrebbe ascoltata. Non si erano lasciati in buoni rapporti. Ma dato che aveva scartato tutte le opzioni possibili, legali e non, Luc era la sua ultima spiaggia. E non si sarebbe arresa senza combattere.

    La donna non mutò espressione. Trasudava perfezione da ogni poro, a partire dalla crocchia biondo cenere, passando per il viso accuratamente truccato alle unghie laccate. Guardò sprezzante i capelli biondi scompigliati di Hattie, la gonna kaki comperata ai grandi magazzini e la camicetta di cotone rosa che indossava. Anche se avesse ripulito le chiazze di bava sulle spalle non era certo un abbigliamento da gran serata. Era dura apparire presentabili quando la piccola non faceva altro che afferrarle ciocche di capelli per strattonarle.

    Le tremavano le gambe. L’irremovibile custode del palazzo l’aveva costretta a lasciare il passeggino nell’ingresso prima di prendere l’ascensore. Deedee a sette mesi pesava una tonnellata e Hattie, spaventata ed esausta, aveva esaurito la pazienza. Le ultime sei settimane erano state un inferno.

    Prese un bel respiro. «O mi fa vedere il signor Cavals o mi metto a urlare come Rossella O’Hara in Via col vento.» Il mento le tremò leggermente ma si rifiutò di farsi mettere i piedi in testa da quell’arrogante.

    La segretaria-mastino batté le ciglia. Solo una volta, ma fu sufficiente per capire che la bilancia non pendeva più solo da una parte. La donna si alzò, sospirando platealmente. «Attenda qui.» Poi sparì lungo un corridoio.

    Hattie annusò la testolina profumata della bimba piena di ciuffetti biondi. «Non preoccuparti, amore mio. Non permetterò a nessuno di portarti via, te lo giuro.» Deedee sorrise scoprendo i due unici dentini che aveva. Iniziava ad abbozzare le prime parole e Hattie si stava affezionando a lei ogni giorno di più.

    Le sembrò di aspettare in eterno, ma quando alla fine l’assistente ritornò l’orologio appeso al muro indicava chiaramente che erano trascorsi meno di cinque minuti. La donna era visibilmente scocciata. «Il signor Cavals la riceve subito. Ma è un uomo molto impegnato e questa mattina ha delle riunioni importanti.»

    Hattie si trattenne dal farle la linguaccia mentre la seguiva lungo il corridoio. La donna si fermò di fronte alla seconda porta. «Può entrare.» Si capiva benissimo che la marmorea assistente avrebbe preferito mordersi la lingua piuttosto che pronunciare quelle parole.

    Hattie respirò profondamente, cercando di non badare più alla potenziale nemica. Baciò invece la guancia della bambina sperando le portasse bene. «Inizia lo spettacolo, piccola.» Ostentando una sicurezza che non sentiva bussò leggermente, aprì la porta ed entrò.

    Luc era un uomo d’affari molto ricco. Era abituato ad avere a che fare con crisi da risolvere ogni giorno. La prontezza di riflessi era una dote che aveva affinato molto presto, dovendo barcamenarsi nell’America capitalista.

    Quindi non era facile spiazzarlo. Ma quando Hattie Parker apparve nel suo ufficio dopo dieci anni dall’ultima volta che l’aveva vista si sentì il cuore in gola, i muscoli in tensione e per un attimo rimase senza fiato.

    Era bella come quando aveva vent’anni. Pelle di porcellana, occhi marrone scuro dalle striature ambrate. E gambe chilometriche. I capelli biondi le arrivavano appena alle spalle, più corti rispetto a come li ricordava. Luc non si mosse, preferendo frapporre tra loro l’enorme scrivania in mogano. Si sentiva più al sicuro così.

    Mentre cercava di ricomporsi rimase sbalordito nel constatare che la donna che un tempo aveva amato teneva in braccio una bambina. Si sentì rodere dalla gelosia. Maledizione. Hattie era diventata mamma. Il che significava che doveva esserci un uomo nella sua vita.

    Il fastidio che l’idea gli provocava lo colpì. Era andato avanti con la sua vita da tempo ormai. Allora perché si sentiva il petto oppresso e il cuore a mille?

    Rimase in piedi, le mani in tasca. «Ciao, Hattie.» Fu orgoglioso del tono pacato che gli uscì.

    «Ciao, Luc.»

    Hattie era visibilmente nervosa. Le indicò una sedia per farla accomodare. Luc colse una porzione di gambe sensuali mentre si sedeva. La bambina le si aggrappò al collo e Hattie faticò un po’ per ricomporsi.

    Le studiò il viso, lasciando di proposito che un pesante silenzio calasse tra loro. Hattie Parker era la tipica ragazza della porta accanto, di una bellezza naturale e magnetica che non aveva bisogno di essere valorizzata dal trucco. Anche vestita a quel modo sarebbe saltata all’occhio in una stanza piena di belle donne.

    Un tempo era stata tutto il suo mondo.

    E lo irritava che certi ricordi facessero ancora così male. «Perché sei qui, Hattie? Ne è passato di tempo dall’ultima volta che siamo stati a letto insieme. Non vorrai farmi credere che la bambina sia mia.»

    Il suo sarcasmo la fece impallidire. Luc se ne pentì, ma un uomo doveva pur difendersi in qualche modo. Non voleva più essere vulnerabile, mai più.

    Lei si schiarì la gola. «Ho bisogno del tuo aiuto.»

    Luc sollevò un sopracciglio. «Pensavo che sarei stato l’ultimo sulla faccia della terra a cui avresti chiesto una mano.»

    «A dire la verità hai indovinato. Ma è una cosa seria, Luc. Sono nei guai.»

    Si dondolò sui talloni. «Come si chiama?»

    Il brusco cambio d’argomento le fece corrugare la fronte. «Deedee.»

    Luc osservò la bambina. Non assomigliava molto a Hattie. Forse aveva preso dal papà.

    Si sporse e premette il pulsante del vivavoce. «Marilyn... puoi venire un secondo per cortesia?»

    Marilyn entrò e lui le indicò la bambina. «Potresti prendere la piccola per qualche minuto? Si chiama Deedee. Devo parlare a quattr’occhi con la signora Parker e non ho molto tempo a disposizione.»

    Vide che Hattie voleva protestare, ma consegnò ugualmente la bambina all’assistente. «Ecco il biberon. Ha fame. Tenga anche il bavaglino. Non vorrà sporcarsi quel bel vestito.»

    Luc era sicuro che la sua assistente se la sarebbe cavata. Era una donna fredda, ma molto efficiente.

    Quando furono soli, Luc si sedette su una poltrona in pelle fatta fare su misura per lui: era molto alto e slanciato. Si appoggiò allo schienale, portandosi le mani al mento. «Sputa il rospo, Hattie. Come mai sei venuta a cercarmi? Se mi ricordo bene sei tu che mi hai mollato.»

    Lei arrossì e iniziò a muovere nervosamente le mani. «Non credo sia necessario rivangare il passato. È trascorso tanto tempo.»

    Lui si strinse nelle spalle. «Va bene, allora. Ci concentreremo sul presente. Perché sei qui?»

    Quando la vide mordersi il labbro si sentì a disagio, irrequieto. Perché diavolo si ricordava ancora perfettamente com’era baciare quella bocca perfetta, passare le dita tra i capelli setosi e ondulati, toccare la sua pelle morbida e calda? Deglutì.

    Hattie lo guardò negli occhi, titubante. «Ti ricordi di Angela, mia sorella?»

    Lui aggrottò le sopracciglia. «Vagamente. Non andavate d’accordo o mi sbaglio?»

    «Ci siamo avvicinate dopo la morte di mamma e papà.»

    «Non lo sapevo, Hattie. Mi spiace.»

    Sentì le lacrime affiorarle agli occhi ma si sforzò di non piangere. «Grazie. Mio padre è morto pochi anni dopo che mi ero laureata. Cancro ai polmoni. Fumava due pacchetti al giorno. Le sigarette non l’hanno risparmiato.»

    «E tua madre?»

    «Non stava bene senza papà. Era lui a fare tutto, e dopo la sua morte si è sentita persa. Alla fine ha avuto un esaurimento e abbiamo dovuto metterla in un istituto. Sfortunatamente non è più riuscita a tornare a casa. Io e Angela abbiamo venduto la casa in cui siamo nate, tutto quello che mamma e papà avevano... ma non bastava. Per pagarle le cure mi sono ridotta praticamente sul lastrico.»

    «Angela non ti ha aiutata?»

    «Mi diceva che dovevo farmi da parte e lasciare che fosse lo Stato a prendersi cura della mamma... soprattutto dopo che si era rinchiusa in un mondo parallelo e ormai non ci riconosceva neanche più.»

    «Non aveva tutti i torti.»

    «Non avrei mai abbandonato mia madre.»

    «Quand’è che l’hai persa?»

    «L’inverno scorso.»

    Le guardò la mano sinistra, ma non vide alcun anello. Dov’era suo marito in tutto questo? Era forse un idiota che viveva sulle spalle di Hattie invece di aiutarla? E la bambina?

    Improvvisamente ogni cosa gli apparve chiara. Hattie aveva bisogno di un prestito. Era orgogliosa e indipendente, quindi le cose dovevano andarle proprio male se aveva deciso di rivolgersi a lui umiliandosi in quel modo.

    Si sporse in avanti, poggiando i gomiti sulla scrivania. Chi conosceva la loro storia non l’avrebbe biasimato se l’avesse cacciata. Ma anche se aveva dei brutti ricordi non era da lui essere crudele, soprattutto se c’era di mezzo una bambina. E a costo di sembrare meschino non gli dispiaceva l’idea che Hattie gli fosse debitrice in qualche modo... una sorta di giustizia divina. «Hai passato dei brutti momenti» le disse con calma. «Ti presto volentieri dei soldi, senza interessi, e non ti farò nessuna domanda. In nome dei bei tempi passati.»

    Hattie sembrò confusa, e alzò la testa. «Che cosa?»

    «Sei qui per questo no? Per chiedermi un prestito. Mi va bene. Non è un problema. A cosa mi servono tutti quei soldi in banca se non li uso per aiutare un’amica?»

    Hattie si sentì avvampare dalla vergogna. «No, no» rispose alzandosi e iniziando a camminare avanti e indietro. «Non ho bisogno dei tuoi soldi, Luc. Non sono qui per questo.»

    Ora toccava a lui alzarsi. Si mise di fronte a lei, tanto vicino da sentire il suo profumo e accorgersi con una punta di dolore che utilizzava ancora lo stesso. Le mise le mani sulle spalle, le sentì tremare nonostante facesse di tutto per dissimularlo.

    Erano praticamente a pochi centimetri di distanza. «Allora dimmi, Hattie. Cosa vuoi da me?»

    Lei sollevò il mento, e Luc riuscì a scorgere le striature dorate nelle sue iridi color cioccolato. Respirava affannosamente, il cuore le pulsava vistosamente alla base della gola.

    Le diede un lieve scossone. «Avanti. Ti ascolto.»

    Si umettò le labbra e Luc notò il pulsare delle vene sulle sue tempie. Improvvisamente tutto il tempo in cui erano stati separati svanì e miriadi di ricordi piacevoli e non gli affiorarono alla mente.

    Il tenero e fugace bacio che le diede sulla guancia sorprese entrambi. Le era così vicino che poteva sentire il profumo del lucidalabbra alla fragola che si era messa. Certe cose non cambiano mai. «Hattie?»

    Aveva chiuso gli occhi quando si era sporto a baciarla, ma li riaprì e lo sguardo le si fece chiaro, il volto espressivo velato dapprima di stupore, poi d’imbarazzo e infine rassegnazione.

    Dopo una lunga pausa di silenzio arricciò il naso e sospirò. «Dovresti sposarmi.»

    Luc si affrettò a toglierle le mani dalle spalle. Sembrava imperturbabile, ma per una frazione di secondo i suoi occhi lasciarono trasparire forti emozioni, che sparirono velocemente così com’erano venute. La proposta di Hattie avrebbe scioccato molti uomini.

    Ma Luc Cavals non era uguale agli altri.

    Sollevò le spalle, fasciate in un completo d’alta moda. Luc e suo fratello portavano avanti con successo l’azienda di moda fondata dal loro nonno, ad Atlanta. Quel tessuto finemente intrecciato era senza dubbio un prodotto dello stabilimento di famiglia. Luc storse la bocca, con disappunto. «Stai scherzando vero?»

    Hattie si sentiva il viso in fiamme. Fare i conti con il passato si stava rivelando più difficile di quanto avesse creduto, e senza la piccola a farle da scudo si sentiva vulnerabile, a disagio. «Non è uno scherzo. Sono serissima. Ho bisogno che mi sposi per proteggere Deedee.»

    Lui si accigliò. «Santo cielo, Hattie. Il padre ti ha fatto delle minacce? Ti ha picchiata? Dimmelo.»

    L’intensità con cui le rivolse quelle domande le fece venire i brividi.

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