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Appuntamento con te: Harmony Collezione
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E-book160 pagine1 ora

Appuntamento con te: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

A chi altri poteva chiederlo? Chloe Brown non vuole presenziare da sola il matrimonio della sorella, perché poi tutti i parenti e gli amici le faranno domande e frecciatine sulle sue condizioni di single. Così decide di chiedere al suo capo, con cui è in rapporti amichevoli, di fingersi per un giorno la sua ultima conquista, approfittando spudoratamente del fatto che lui sia un po’ in crisi con la fidanzata ufficiale. Quando osa porgli la fatidica domanda, Steven risponde che…
LinguaItaliano
Data di uscita10 ago 2016
ISBN9788858953075
Appuntamento con te: Harmony Collezione
Autore

Kathryn Ross

Americana, viene giustamente considerata uno dei nuovi "talenti" della narrativa rosa targata Harlequin.

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    Anteprima del libro

    Appuntamento con te - Kathryn Ross

    successivo.

    1

    Chloe alzò gli occhi dal computer per guardare il calendario che aveva sulla scrivania. Mancavano solo tre settimane al matrimonio di sua sorella e si sentì invadere da un'ondata di panico. Sarebbe dovuta andare da sola al ricevimento: l'idea non le piaceva, ma non voleva lasciarsi prendere dallo sgomento. Al giorno d'oggi molte donne partecipano alle riunioni mondane da sole senza alcun problema.

    Finì di scrivere l'ultima lettera e lanciò un'occhiata all'orologio che aveva al polso. Erano le quattro, quasi ora di andare a casa. Normalmente il venerdì pomeriggio si sentiva felice di avere davanti tutto un fine settimana libero. Nile di solito la portava fuori a cena oppure in qualche pub a bere un bicchiere di buon vino.

    Cercò di distogliere il pensiero da Nile. Il loro fidanzamento era durato due anni. Ora si trovava ad avere ventinove anni, senza un fidanzato perché lui faceva ormai parte del passato. Due anni persi con quell'uomo, che in un solo pomeriggio da principe azzurro era ritornato a essere un rospo, e per l'ennesima volta si chiese come aveva potuto essere tanto stupida.

    La stampante cominciò a sputare lettere mentre lei dava un'ultima occhiata per vedere che non ci fossero errori, cosa che l'aiutava a non pensare a Nile Flynn. Il problema era che le riusciva difficile anche perché l'aveva lasciata in un mare di guai.

    La porta comunicante con il santuario di Steven Cavendish si aprì.

    «Chloe, hai chiamato Manchester per informarli che sarò là domani?» chiese il suo capo con voce tonante.

    «Sì, Steven, l'ho fatto.»

    «E che mi dici dei problemi sorti per la trattativa del ristorante Waterside

    «Tutto sistemato.» Chloe si alzò, si sistemò meglio la gonna del tailleur nero mentre si preparava mentalmente ad affrontare il suo capo. Aveva bisogno di chiedergli un aumento di stipendio, era tutta la settimana che aspettava il momento buono per parlargliene, ma ultimamente sembrava impossibile abbordarlo.

    Erano mesi che lui cercava di portare avanti delle estenuanti trattative per assicurarsi il controllo di una catena di ristoranti. Aveva però avuto una tale serie di contrattempi, che lo aveva reso di cattivo umore.

    Tuttavia Chloe non intendeva aspettare un minuto di più. Fosse o no il momento giusto, prima di andare a casa sarebbe entrata a chiedergli quel benedetto aumento. Non poteva rimandare oltre.

    Allungò la mano per prendere l'agenda, radunò le lettere da far firmare e con determinazione si avviò verso il regno di Cavendish. Entrando, fu sorpresa nel constatare che lui non era seduto dietro l'enorme scrivania, come al solito, ma era in piedi davanti alla finestra e guardava l'argenteo cielo londinese.

    «I meteorologi prevedono neve per domani, sarà bene che ti prenda un po' più di tempo per andare al nord» consigliò lei.

    «Sì, l'ho sentito, ma non credo che un po' di neve possa intralciare il traffico aereo» rispose lui stringendosi nelle spalle.

    «Sembra che ci sarà una tormenta di neve...»

    «Davvero? Vorrà dire che starò all'erta.»

    Chloe posò le lettere sulla scrivania. «Ci sono dei documenti da firmare... oh, e il signor John Hunt vorrebbe che tu lo richiamassi prima delle sei.»

    Steven era rimasto a contemplare il cielo, lei notò che si era tolto la giacca e non poté fare a meno di ammirare quel corpo atletico e muscoloso.

    Si ricordò di quanto fosse stata colpita la prima volta che era andata da lui per essere assunta. Aveva dei capelli nerissimi, anche gli occhi erano neri e il suo sguardo penetrante allora l'aveva fatta sentire leggermente a disagio. Aveva l'atteggiamento tipico delle persone sicure di se stesse ed era conscio della sua formidabile mascolinità. Aveva anche uno straordinario attaccamento al lavoro e, strano a dirsi, questo aveva contribuito a creare un buon rapporto tra di loro.

    Chloe era stata contenta di cimentarsi con quel nuovo lavoro, forse perché anche lei era una perfezionista. Fortunatamente dopo la prima settimana si era abituata a quel bellissimo uomo, anche perché nella sua vita c'era Nile, e poi non ci sarebbe stato neppure il tempo di pensare ad altro, occupati com'erano a lavorare fino a tardi. Lei non poteva certo permettersi distrazioni con il lavoro di segretaria personale e da tempo aveva smesso di pensare che sarebbero stati una coppia formidabile.

    Distolse lo sguardo dal suo capo e aprì l'agenda. «Renaldo ha telefonato che farà un po' tardi. Sarà qui per le cinque e mezzo.»

    «Bene, un'altra sera tardi!» La voce di Steven era piuttosto irritata.

    «Ho anche ordinato al fiorista il mazzo di rose rosse da consegnare martedì a casa tua» riferì Chloe precisa.

    «Grazie!»

    Chloe si chiese quali fossero i rapporti tra lui ed Helen, la sua bellissima compagna. In due anni aveva ordinato numerosi mazzi di fiori per conto del suo capo, ma mai rose rosse. Stando ai pettegolezzi dell'ufficio, nessun'altra, dopo la morte della moglie, era durata così a lungo come Helen Smyth-Jones.

    Aspettando che il suo capo entrasse in azione, Chloe posò la penna sulla scrivania. Dopo due anni lo conosceva abbastanza da prevedere ogni sua mossa e in quel momento era meglio non sollecitarlo a firmare le lettere, avrebbe ottenuto l'effetto contrario.

    Peggio ancora sarebbe stato avanzare la richiesta di un aumento di stipendio.

    «La prossima settimana cadrà il compleanno di Beth» gli rammentò.

    Normalmente lei gli ricordava tutti gli appuntamenti e tutte le ricorrenze, ma per quello che riguardava sua figlia non ce n'era mai stato bisogno, era la persona che aveva la priorità su tutto, persino sugli affari.

    «Sì, è vero, ti ricordi sempre tutto» ammise Steven fissando i capelli biondi che lei solitamente teneva raccolti dietro la nuca.

    Chloe era abituata a quello sguardo, era come se non la vedesse o cercasse di mettere a fuoco qualcos'altro.

    «Non mi è difficile. È il mio lavoro» replicò.

    Lui accennò un assenso con la testa. «Be', non possiamo stare qui a chiacchierare per tutto il giorno, dove sono le lettere da firmare?»

    Così dicendo, si sedette al grande tavolo, aspettando con la penna in mano di scrivere la sua firma slanciata.

    Chloe sorrise. Come sempre Steven, mentre la guardava, pensava al lavoro. Non era una novità.

    «Hai chiesto a John Hunt la ragione della sua telefonata?» volle sapere lui.

    «Sì, è per un normale problema alla cucina del ristorante Cavendish» rispose lei, «ha detto di riferirle che il cuoco sarà anche un genio di creatività, ma è matto come un cavallo.»

    Contrariato, Steven si appoggiò allo schienale della poltrona. «Dannazione, che direttore è se non sa risolvere neppure un problema tanto stupido! Inviagli una e-mail dicendogli di cavarsela da solo.»

    La voce di Cavendish era ferma, Chloe sapeva bene che lui non tollerava che qualcuno dei suoi dipendenti non sapesse fare il proprio dovere o che non avesse iniziativa. Tutti sapevano che non ci metteva molto a tagliare i rami secchi. Qualche volta, secondo lei, esagerava, ma del resto, come avrebbe fatto a diventare milionario all'età di trentotto anni se non fosse stato più che severo!

    Di nuovo lui alzò lo sguardo sui suoi capelli. «Hai provveduto per la riunione della settimana prossima?»

    «Sì, per il rinfresco ho ordinato tutto a un nostro ristorante, compreso un assortimento di pasticcini.»

    «Come mai, non li cucini direttamente tu?» chiese lui mentre sul suo viso serio appariva un breve sorriso.

    «Starò a casa lunedì e vedrò che cosa riuscirò a fare» rispose subito lei.

    Steven rise. «Touché. Mi scuso, non volevo essere polemico. È solo che non finisci mai di sorprendermi, mai una volta che ti colga in fallo.»

    Ecco il momento buono per chiedergli l'aumento, pensò Chloe. «Mi fa piacere sentire che sei contento del mio lavoro. Volevo giusto chiederti...»

    Steven l'interruppe con un gesto, invitandola a sedersi. «Qual è il problema, Chloe?»

    «Nessun problema» rispose prontamente lei, scacciando il pensiero della pila di richieste di pagamento che aveva a casa.

    «Non sarà facile seguire tutto il lavoro qui con quello che avrai da fare a casa, visto che stai progettando di sposarti.» Mentre parlava, Steven stava frugando in cerca di qualcosa tra i fogli sparsi sul tavolo. «Come te la stai cavando?» chiese con aria distratta. «Ce l'hai fatta a comprare una casa?»

    «Be', abbiamo versato un acconto...» Chloe era a disagio, ma non si era certo aspettata che lui notasse che non aveva più l'anello di fidanzamento! Si chiese se fosse meglio dirgli che era tutto finito e che l'acquisto della nuova casa non sarebbe mai andato in porto. Fino a quel momento non gli aveva mai parlato di problemi personali.

    Ora come faceva a raccontargli che il suo fidanzato l'aveva lasciata - e per di più in un mare di debiti - che il loro matrimonio era andato a monte e che il conto in banca con la doppia firma si era volatilizzato? Sapeva bene che il solo interesse che Steven aveva per lei riguardava il lavoro. Infatti, invece di ascoltarla lui stava frugando tra le carte.

    «Che cosa stai cercando?» gli chiese incuriosita.

    «La relazione dell'incontro della settimana scorsa con Renaldo. Sai dov'è finita?»

    «Nella cartelletta blu, sotto tutti gli altri fogli» fu la pronta risposta di Chloe.

    Lui alzò il viso sorridendole. «Grazie, che cosa stavamo dicendo?»

    «Oh, io...» Cloe fu interrotta dallo squillo del telefono. Lui alzò il ricevitore per rispondere e lei fece un sospiro di rassegnazione. Era sempre così in quell'ufficio, non c'era un momento di pace.

    Era stranamente tesa e si chiese il perché. Il peggio che le potesse capitare era un rifiuto dell'aumento. In quel caso aveva comunque già pronta un'alternativa. La ditta dove aveva lavorato prima l'aveva contattata e le aveva offerto il dieci per cento in più dello stipendio che prendeva alla Cavendish.

    Il guaio era che a lei piaceva lavorare per Steven, e lo stipendio non era poi così male. Se non fosse stato per i debiti che le erano piombati addosso all'improvviso, non avrebbe mai chiesto un aumento.

    Alzò gli occhi per guardare Steven che stava dicendo: «Per poterti rispondere ho bisogno di dare un'occhiata al rapporto, ritelefonami tra cinque minuti».

    «Chi era?» chiese automaticamente Chloe.

    «L'ufficio contabilità. Hanno bisogno di maggiori informazioni sul ristorante di Renaldo a Parigi.»

    «Ci ho lavorato ieri, se c'è bisogno di qualcosa è tutto sulla mia scrivania.»

    Steven diede un'occhiata al suo orologio. «Più tardi, quando arriverà Renaldo.»

    «Sì... Stavo dicendo...» Chloe cercò di riprendere il discorso di prima, ma il telefono suonò di nuovo.

    Sarebbe meglio se gli mandassi una lettera oppure gli parlassi per telefono, solo così forse riuscirei ad avere un po' di attenzione tutta per me, pensò. Quindi rimase ad aspettare pazientemente. Sono sicura che, se fossi alla Brittas, il capo avrebbe più riguardi per me.

    Mentre guardava Steven, notò che all'improvviso era sbiancato in viso. «Gina, si calmi» stava dicendo con voce autoritaria, «non riesco a capire che cosa mi sta dicendo. Beth sta bene?»

    Chloe lo ascoltava preoccupata, doveva essere qualcosa di grave, pensò e dimenticò subito i suoi problemi.

    «Non si preoccupi» disse ancora lui in tono autoritario. Poi guardò l'orologio. «Sarò lì il più

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