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Un seducente imprevisto: Harmony Destiny
Un seducente imprevisto: Harmony Destiny
Un seducente imprevisto: Harmony Destiny
E-book170 pagine2 ore

Un seducente imprevisto: Harmony Destiny

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Info su questo ebook

Cameron Duke non ama le sorprese, ma rientrare nella suite che occupa di solito nel resort di famiglia ed essere accolto da una fantastica sconosciuta che canticchia sotto la doccia è un imprevisto decisamente piacevole. Quel corpo sinuoso, però, non è nuovo agli occhi di Cameron. Appartiene a una donna che ha amato, fugacemente e selvaggiamente, molti mesi prima. E che non ha dimenticato.



Julia Parrish sa che non è stato saggio tornare nella tana del lupo. Nonostante si trovi al resort dei Duke per lavoro e la madre di Cameron le abbia assicurato che lui non c'è, non si sente tranquilla. Dopo la loro bollente relazione ha provato a contattarlo più volte, senza esito. Come reagirebbe ora vedendola? Se poi scoprisse cosa gli nasconde...
LinguaItaliano
Data di uscita11 dic 2017
ISBN9788858975459
Un seducente imprevisto: Harmony Destiny

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    Anteprima del libro

    Un seducente imprevisto - Kate Carlisle

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Sweet Surrender, Baby Surprise

    Silhouette Desire

    © 2010 Kathleen Beaver

    Traduzione di Franca Valente

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2012 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5897-545-9

    1

    Cameron non vedeva l’ora di strapparsi di dosso la cravatta, stappare una birra e buttarsi sul letto, non necessariamente in quell’ordine. Aveva lavorato fin troppo per l’ultimo progetto della Duke Development, non ne poteva più di vivere nella suite di un albergo.

    D’altra parte, pensò mentre inseriva la scheda magnetica nella porta, non c’era motivo di lagnarsi, dopotutto era il proprietario dell’hotel. La suite del proprietario nel resort di Monarch Dunes consisteva in più di mille metri quadrati di lusso, tutte le comodità di una casa con una terrazza enorme, fantastica vista sull’oceano e servizio in camera. Non c’era veramente nulla di cui lamentarsi.

    Entrando nella sua suite, Cameron si augurò di riuscire ad andare a pescare appena fosse terminata la conferenza internazionale sul catering che l’albergo ospitava. Ormai tutto filava liscio, il resort era al completo, ed era il momento giusto per andarsene in vacanza. Forse avrebbe affittato una barca sul lago Shasta o avrebbe fatto rafting sul fiume King. Magari invece sarebbero bastate solo un paio di telefonate... Non voleva apparire troppo rozzo, ma aveva proprio bisogno di portarsi qualcuna a letto.

    Mentre si allentava la cravatta, posò le chiavi sul tavolino dell’entrata, appoggiò la valigetta sul pavimento di marmo poi entrò nel soggiorno, dove le luci erano accese.

    «Che diavolo succede?» borbottò, sicuro di aver spento tutto prima di partire, due giorni prima.

    Non solo erano accese tutte le luci, ma le tende erano chiuse. Le cameriere sapevano che a lui piacevano aperte per potere approfittare dell’incredibile vista sul Pacifico. La stanza era all’ultimo piano dell’albergo, i doppi vetri delle porte erano leggermente oscurati, nessuno poteva vedere dentro.

    Si liberò della giacca, forse era stata assunta qualche nuova cameriera che non conosceva le sue preferenze. Poteva succedere, ma non sarebbe accaduto un’altra volta.

    Notò uno strano libro aperto appoggiato a faccia in giù sul tavolino. Poi il suo sguardo si fermò su un altro oggetto estraneo, appoggiato sul bracciolo del divano. Sollevò l’impalpabile stoffa: rosa, bordata da un pizzo ancora più evanescente, di una sfumatura rosa più chiara. Un indumento intimo, elegante, assurdamente femminile. Tastò con le dita la seta sottile da cui emanò un leggero aroma di fiori d’arancio e spezie. Era un profumo vagamente familiare che gli procurò un’erezione, mentre un inspiegabile bisogno gli afferrò lo stomaco.

    «Che accidenti...?» gettò la camiciola dove l’aveva trovata. Come tutti gli uomini apprezzava la biancheria intima soprattutto se raffinata come quella, ma in quel momento lo interessava di più sapere come era arrivata fin lì.

    «Prima un po’ di birra» decise, attraversando a lunghi passi il soggiorno diretto in cucina. Lì vide le scarpe rosse coi tacchi alti. Molto sexy. Erano buttate sotto il tavolo da pranzo.

    Odiava ripetersi, ma... che diavolo stava succedendo?

    Scarpe rosse coi tacchi alti? Doveva essere uno scherzo. Suo fratello Brandon sicuramente. Se Cameron non fosse stato seccato di vedersi interrompere una serata rilassante, sarebbe riuscito anche a riderne.

    Entrò con cautela in cucina, aspettandosi che Brandon saltasse fuori e lo schernisse. Cameron prese una birra dal frigo, la stappò, bevve un lungo sorso, poi fissò la fila di biberon vuoti allineati vicino al lavandino.

    Biberon?

    «Va bene, basta così» gridò. «Brandon, dove sei?»

    Nessuna risposta.

    «Lo so che sei qui, da qualche parte» disse mentre oltrepassava le doppie porte che conducevano lungo un corridoio alla stanza padronale.

    A quel punto la sentì.

    Si bloccò di colpo. Una voce femminile, leggermente stonata, che cantava una vecchia canzone. Una donna stava canticchiando sotto la doccia, la sua doccia, nel suo bagno.

    Osservò la propria polo blu ordinatamente appoggiata sullo schienale della poltrona; quelle erano le sue scarpe sportive posate sotto la poltrona.

    Bene, si trovava nella camera giusta, il che significava che la donna era decisamente nella camera sbagliata. Era sicuramente opera di Brandon. Sarebbe stato proprio tipico di suo fratello pagargli una donna per fargli una sorpresa. Era l’unica spiegazione, altrimenti la reception non avrebbe mai permesso a un’estranea di entrare nella sua suite senza l’autorizzazione di un membro della famiglia.

    Mentre, ancora immobile, ascoltava il canto, si domandò che cosa avrebbe dovuto fare. Sarebbe stato meglio comportarsi da gentiluomo e aspettare che la sconosciuta finisse la doccia, si asciugasse e si vestisse prima che lui la cacciasse fuori a calci. Lui, però, non si era mai vantato di essere un gentiluomo.

    Inoltre non era stato lui a entrare in casa altrui e a farci la doccia. Si fermò sulla soglia del bagno ad aspettare che il rubinetto dell’acqua venisse chiuso e la porta della doccia aperta. Ne uscì una gamba nuda straordinariamente modellata, mentre un braccio armonioso, coperto di leggere lentiggini, si sporgeva per afferrare una spugna. Cameron ne prese una e gliela porse. «Mi permetta.»

    L’urlo della donna fu talmente acuto che avrebbe potuto infrangere tranquillamente gli specchi del bagno.

    «Se ne vada» intimò lei, poi lasciò cadere la spugna nella fretta di coprirsi.

    «Buffo, era proprio quello che volevo dirle io.»

    Di solito Cameron non si comportava da voyeur. Si sarebbe dovuto subito allontanare dalla porta per concederle un po’di riservatezza. Ma non ci riuscì. Tutto ciò che riuscì a fare fu fissare come un allocco quei seni tentatori. Due globi alti e rotondi con capezzoli rosa che si sarebbero adattati perfettamente alle proprie mani, e alla bocca. La sua immaginazione non si fermò lì. Voleva allungarsi per toccare la soffice pelle del suo stomaco, per poi fare scivolare le dita fino alla deliziosa nuvola bionda in cima alle sue cosce tornite. Il suo sguardo fu attratto da una scintilla di luce verso l’ombelico della donna, dove risplendeva un piccolo diamante. Aveva un piercing proprio lì, la cosa lo fece sorridere.

    «Vuole smetterla di fissarmi e uscire di qui?» gridò mentre cincischiava con la spugna, per coprire finalmente quei seni spettacolari.

    La libido scatenata di Cameron si costrinse a rendersi conto, mestamente, che lo spettacolo era finito. Riportò lo sguardo sul viso della sconosciuta. Accidenti. Avrebbe riconosciuto ovunque quegli occhi blu scuro che lampeggiavano. Appartenevano all’unica donna che non era mai riuscito a scacciare completamente dalla mente.

    «Ciao, Julia» disse lui.

    «Che cosa credi di fare qui, Cameron?»

    Lui si appoggiò allo stipite della porta. «Be’, dato che vivo qui, pensavo che mi sarei infilato un paio di shorts, avrei bevuto una birra e avrei guardato la partita in TV.» Incrociò le braccia sul petto. «Tu, piuttosto?»

    Lei emise un profondo sospiro uscendo completamente dalla doccia, la spugna avvolta intorno al corpo come uno scudo. «Mi era stato riferito che l’alloggio sarebbe rimasto libero per due settimane.»

    «Dubito fortemente che qualcuno del personale ti abbia detto una cosa del genere.»

    «Ma è vero» protestò lei, poi andò in camera per afferrare degli abiti dalla valigia aperta.

    Lui bevve un sorso di birra mentre la guardava. «Forse, una volta che ti sarai vestita, potremo parlare di sconfinamenti.»

    «Oh, chiudi la bocca» rispose lei furiosa, ma la sua mano tremava mentre si scostava i capelli bagnati dal viso. «Perché sei qui, comunque?»

    «Io?» Forse non avrebbe dovuto avere ancora quel sorriso stampato sulle labbra, ma dopo tutto era solo un uomo, e lei era splendida. «L’ultima volta che ho controllato questa camera era mia.»

    «Ma non dovresti essere qui!»

    «Tesoro, si dà il caso che io sia il proprietario.»

    Tenendosi l’asciugamano con una mano, lo oltrepassò per andare nello spogliatoio a vestirsi. Ne uscì poco dopo indossando morbidi calzoncini corti e una maglietta.

    Cameron si lasciò sfuggire un’imprecazione. Il suo desiderio di guardarla non era affatto diminuito ora che si era vestita. La maglietta sottile metteva in risalto i suoi seni, Cameron ne era ancora più attratto di prima.

    «Allora sei pronta a spiegarmi che cosa ci fai qui?» Domandò lui, sentendosi sempre più accaldato.

    Mentre si passava le dita tra i capelli per asciugarli, Julia cominciò a parlare con calma. «Senti, Cameron, Sally mi ha detto che...»

    «Che cosa?» Cameron sentì ogni terminazione nervosa entrare in fibrillazione. «Aspetta un momento.»

    Sentirla nominare sua madre non era un buon segno. Sally Duke, l’incredibile donna che l’aveva adottato quando aveva otto anni, era una forza della natura. Cameron era ben consapevole che la missione di Sally era di vedere i tre figli sposati, sapeva che non si sarebbe fermata finché non ci fosse riuscita. Se Sally aveva qualche cosa a che fare con la presenza di Julia nel suo appartamento, Cameron doveva aspettarsi delle grane.

    «Che cosa c’entra mia madre con te nuda nel mio bagno?»

    Julia lo guardò preoccupata, come a voler misurare la rabbia di lui. «Assolutamente nulla, non mi sono spiegata bene.»

    «Tu non ti sei spiegata bene? Su mia madre? Stai scherzando, vero?»

    «No, non sto scherzando» disse lei irrigidendo la schiena. Il che fece in modo che i suoi seni sporgessero in fuori. I capelli bagnati le avevano inumidito la maglietta in modo da modellare ancora di più la sua figura. Lei, però, non sembrò accorgersene, perché continuò: «Non era previsto che tu fossi qui, e dal momento che la direzione dell’hotel mi ha dato la chiave, mi sembra giusto che sia tu ad andartene».

    «Credimi, non succederà mai.» Cameron si sporse verso di lei, studiandone ogni movimento. «Ora dimmi esattamente che cosa ti ha detto mia madre.»

    Julia spalancò gli occhi mentre arretrava. «Non importa; ripensandoci, credo che farò i bagagli e me ne andrò.»

    «Non ancora» la bloccò lui, afferrandole un braccio. «Voglio sapere che cosa c’entra mia madre con la tua presenza qui.»

    «D’accordo» rispose lei cercando inutilmente di liberarsi dalla sua stretta. «Sally mi ha detto che saresti stato via durante tutta la conferenza e che sarei stata più comoda nella suite piuttosto che in una stanza normale. Ha ordinato al direttore di darmi la chiave.»

    Quelle parole lo gelarono. D’accordo, lui aveva davvero progettato di stare via altre due settimane, ma il giorno prima aveva telefonato a Sally dicendole che sarebbe tornato quella sera.

    Sua madre aveva ordito quel piano. Ma credeva davvero che Cameron sarebbe caduto in ginocchio per chiederle di sposarlo, non appena l’avesse vista? Se era così, la mamma avrebbe subito una cocente delusione.

    Mentre Julia si dibatteva per liberarsi, però, Cameron sentì che la parte bassa del suo corpo si risvegliava alla grande. In quel momento aveva davvero tanta importanza quello che aveva fatto sua madre? Certamente no, si sarebbe occupato di Sally più tardi, molto più tardi.

    Proprio in quel momento lui aveva tra le mani una donna bella e sommariamente vestita. Una donna sexy, che lui aveva conosciuto nel modo più intimo possibile.

    Tenendola vicino, sentì di nuovo quella fragranza conturbante di fiori d’arancio misti a un che di esotico. Non aveva mai dimenticato Julia, né il suo profumo, nonostante si fosse sforzato di riuscirci.

    Si ricordava il loro primo incontro, lussuria a prima vista.

    Era successo dopo che Sally aveva scoperto Cupcake, la pasticceria di Julia, nel vecchio centro di Dunsmuir. La mamma aveva provato i suoi pasticcini, i cupcake, le tortine che davano il nome al negozio, e i diversi tipi di pane. Aveva insistito affinché anche i figli provassero le sue specialità. Erano stati tutti unanimi nell’apprezzare i dolci e ben presto tutti i resort dei Duke si erano serviti dei suoi

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