Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Il prezzo del milionario: Harmony Collezione
Il prezzo del milionario: Harmony Collezione
Il prezzo del milionario: Harmony Collezione
E-book169 pagine3 ore

Il prezzo del milionario: Harmony Collezione

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Harper McDonald non si è mai tirata indietro quando si trattava di venire in aiuto della gemella Leah, ma questa volta è davvero troppo. Fingere di essere la fidanzata dell'affascinante milionario Andrea Romano e seguirlo nella lontana Sicilia? Mai!


Entrambi sanno che si tratta solo di una finzione, ma una notte tra le braccia l'uno dell'altra cambierà per sempre la loro vita.
LinguaItaliano
Data di uscita20 feb 2019
ISBN9788858994139
Il prezzo del milionario: Harmony Collezione
Autore

Andie Brock

Andie Brock ha cominciato a dare sfogo alla sua fervida immaginazione fin da bambina, creando intorno a sé un mondo di magiche creature con le quali vivere emozionanti avventure, e continua a fare la stessa cosa anche oggi, con la sola differenza che fate e folletti hanno lasciato spazio a impetuose eroine e affascinanti eroi. Per fortuna, adesso non ha più soltanto quei divertenti amici immaginari, ma una ricca vita sociale, oltre a uno splendido marito, tre figli e un adorabile gatto.Andie vive a Bristol, e quando non è occupata a scrivere un romanzo con ogni probabilità sta già elaborando una nuova storia d'amore.

Leggi altro di Andie Brock

Autori correlati

Correlato a Il prezzo del milionario

Ebook correlati

Narrativa romantica per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Il prezzo del milionario

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Il prezzo del milionario - Andie Brock

    successivo.

    1

    Harper McDonald osservò la massa di esseri umani che si agitavano sulla pista da ballo. Luci laser verdi e blu lampeggiavano su di loro mentre si muovevano insieme quasi fossero un corpo solo, un'onda che si spostava sinuosa e ipnotica. Da sopra una piattaforma elevata, un DJ proponeva una musica invasiva e ritmata che la sfidava a restare ferma. Non aveva mai visto nulla di simile. Persino l'aria sembrava diversa, pregna di lusso e di piacere, e di ricchezza.

    Quando l'ennesima coppia che trasudava fascino le passò accanto, Harper trattenne il fiato, nel tentativo di ignorare la tensione che le attanagliava lo stomaco. Si sentiva così fuori luogo, che le sembrava di avere una freccia luminosa puntata addosso. Lei non era lì per mescolarsi, o per ballare o pettegolare con quella bella gente. Lei era lì per un solo motivo. Trovare sua sorella.

    Iniziò a scendere le scale, tenendosi al margine della pista, per cercare qualcuno che potesse aiutarla. Doveva pur esserci qualcuno che sapesse cos'era accaduto a Leah. Aveva fatto solo pochi passi quando venne fermata da un paio di braccia che le serrarono le spalle e la sollevarono in aria. Gridò, in preda al terrore.

    «Mi lasci stare! Mi metta giù!» Harper riuscì a girare la testa e vide un paio di uomini enormi, vestiti con abiti neri. I loro visi erano privi di espressione.

    Con uno scatto cercò di divincolarsi dalla presa, ma il buttafuori serrò ancor più le dita intorno alle sue braccia.

    «Insisto che mi metta giù» tentò di nuovo, alzando la voce perché superasse l'incessante pulsare della musica e scalciando con quanta forza aveva nelle gambe. «Mi sta facendo male.»

    «Allora smettila di agitarti.»

    Senza aggiungere altro, i due bestioni ripresero a camminare, con lei in mezzo quasi fosse stata il ripieno tra due fette di pane. La folla si faceva da parte per lasciarli passare con un'assurda indifferenza nei confronti del suo panico evidente. Nessuno sembrava interessato ad aiutarla.

    «Basta!» Si sforzò di tenere a bada l'isterismo che le stava crescendo in gola. Non aveva idea del perché i due energumeni la stessero scortando contro la sua volontà non verso l'uscita bensì nella direzione opposta, sempre più addentro ai corridoi misteriosi che si srotolavano davanti a loro, scuri e pericolosi. Una serie di pensieri terrificanti le lampeggiò nella mente. Rapimento, omicidio, stupro. E poi il peggiore di tutti... era questo che era accaduto a Leah?

    Se quei due speravano di avere la meglio su di lei potevano scordarselo, pensò con un moto di coraggio misto a rabbia. Si sarebbe battuta, per salvare se stessa e sua sorella.

    «Vi avviso» esordì agitando di nuovo le gambe da una parte all'altra, «se non mi mettete giù subito inizierò a gridare così forte che vi distruggerò i timpani.»

    «Non te lo consiglio» le sibilò una voce grave all'orecchio. «Se fossi in te me ne starei tranquilla. Con quello che hai fatto, è il minimo aspettarsi delle conseguenze. Agitarti non servirà a niente.»

    Fatto? Cos'aveva fatto? Di certo non si riferivano al metodo subdolo con cui era riuscita a imbrogliare il buttafuori alla porta. Dopotutto, entrare nel famoso ed esclusivo club non era stato per niente difficile. All'inizio aveva pensato di intenerire la guardia, spiegando perché fosse lì, ma non ce n'era stato bisogno. L'uomo si era fatto da parte per farla entrare e le aveva sussurrato è un piacere rivederti tra noi in tono quasi divertito. Di certo l'aveva scambiata per sua sorella.

    Era passato più di un mese dall'ultima volta che, nel bel mezzo della notte, Harper aveva ricevuto una telefonata della sua gemella. Leah non si era mai fatta molti problemi sulla differenza di fuso orario e quella volta era anche piuttosto brilla e aveva biascicato di aver incontrato un uomo che l'avrebbe resa ricca. Grazie a lui non avrebbero mai più avuto problemi economici.

    Da allora più nulla. A poco a poco Harper aveva iniziato a preoccuparsi fino a quando non aveva provato un vero e proprio panico. Senza pensarci su troppo, aveva comprato un biglietto per New York e ora eccola lì, nel cuore di Manhattan, in una strada di cui non aveva mai nemmeno sentito il nome, nel locale notturno dove sapeva che Leah aveva lavorato durante gli ultimi sei mesi prima della sua scomparsa.

    In quel momento, schiacciata tra i due colossi, Harper fu sommersa da una nuova ondata di panico. Che fosse sul punto di fare la stessa fine di sua sorella?

    All'improvviso si ritrovò a percorrere uno stretto passaggio molto buio e quindi a salire una scala così angusta che le mancò il fiato. Il primo gorilla si fermò davanti a una porta e bussò.

    «Avanti.»

    Harper venne sospinta in un piccolo ufficio, illuminato da un'unica lampada al neon che irradiava una luce fredda e tremolante. Un uomo dai capelli neri era seduto a una scrivania. Teneva gli occhi fissi sul computer davanti a sé, mentre le sue dita correvano veloci sui tasti. Da un'ampia vetrata dietro di lui si vedeva la folla che si muoveva sotto di loro.

    «Grazie, ragazzi» disse lo sconosciuto senza alzare la testa. Harper notò subito i riflessi bluastri dei folti capelli ondulati. «Potete andare.»

    Con un paio di grugniti ossequiosi i gorilla sparirono da dove erano arrivati e richiusero la porta.

    Harper tentò disperatamente di far rallentare il suo cuore mentre studiava l'ambiente che la circondava alla ricerca di una via di fuga. Nonostante le decine e decine di corpi che si contorcevano oltre la vetrata, nella stanza c'era un silenzio assoluto, quasi surreale.

    Fissò l'uomo davanti a sé. Benché fosse seduto e non le prestasse alcuna attenzione, Harper riusciva a percepire l'aura di potere che aleggiava intorno a lui, e anche qualcos'altro, di più inquietante. Un'animosità intensa, quasi palpabile. All'improvviso provò più paura al pensiero di essere da sola con lui di quanta ne avesse sentita schiacciata in mezzo ai due energumeni.

    «A quanto pare» esordì l'uomo sempre senza alzare lo sguardo, «la vagabonda è tornata.»

    «No!» Con enfasi Harper si affrettò a correggere l'errore. «Non capisce... Io...»

    «Risparmiami le scuse.» Chiuse il portatile e si alzò con un movimento fluido e a quel punto lei si rese conto di quanto fosse alto, bello e distaccato. «Non mi interessano.» Nemmeno allora la guardò negli occhi, ma si diresse verso la porta, girò la chiave nella toppa e se la infilò nella tasca dei pantaloni.

    «Che... che sta facendo?»

    «Tu che cosa credi?» Rimase fermo in piedi, accanto alla scrivania. «Voglio fare in modo che non scappi. Di nuovo.»

    «Si sbaglia. Io non so...»

    «Siediti!» le ordinò con voce dura indicandole con la mano la sedia di fronte alla propria.

    Harper ubbidì e si sedette. Si sentiva in trappola. Era impossibile che stesse accadendo davvero.

    Il suo carceriere si sedette davanti a lei e, finalmente, indirizzò il proprio sguardo su di lei per la prima volta.

    E fu allora che la sua sicurezza vacillò.

    Maledizione! Andrea Romano serrò la mandibola. Quella non era la donna giusta! Un'ondata di frustrazione gli attraversò il petto. Serrò i pugni. La persona davanti a lui sembrava Leah McDonald, aveva la voce di Leah McDonald e anche la sua morbida cadenza scozzese. Solo che non era Leah McDonald.

    Si passò una mano tra i capelli mentre continuava a fissare l'impostora. Di certo si somigliavano parecchio e dovevano essere gemelle, però c'erano tra loro alcune differenze molto evidenti. La giovane donna davanti a lui aveva gli occhi più distanziati, le labbra più piene e il naso appena un po' più lungo. Anche i suoi capelli erano diversi, le ricadevano sulle spalle in ciocche morbide e libere, non con la piega più curata che Leah era solita portare. Se pure non ci fossero stati tanti particolari differenti, Andrea sarebbe comunque riuscito a capire che lei non era Leah dai modi della giovane che aveva davanti.

    La sconosciuta era seria e determinata, e non aveva i modi sicuri e provocanti ai quali Leah, ne era più che certo, avrebbe fatto ricorso in quel frangente per tirarsi fuori dai guai. Leah era ben conscia del proprio potenziale ed era capace di usarlo, mentre sua sorella sembrava a disagio sotto il suo sguardo e si stringeva le braccia intorno al petto per nascondere il corpo snello e proporzionato. Al suo posto Leah avrebbe iniziato a sbattere le ciglia in modo seducente, mentre la sorella lo fissava con occhi di fuoco. Ad Andrea ricordava un animale messo all'angolo ma che non si sarebbe arreso senza combattere.

    Come avrebbe fatto anche lui, d'altronde. Si passò una mano sul mento e valutò la nuova situazione. Forse le due ragazze erano in combutta. Non era da escludersi. Forse questa era stata mandata per tastare il terreno perché erano convinte di poterla fare franca. Tuttavia Andrea non ne era affatto convinto. La giovane donna davanti a lui aveva uno sguardo intelligente e aperto e forse, se avesse giocato bene le sue carte, sarebbe riuscito a usarla come esca per arrivare a Leah. Di certo non l'avrebbe lasciata andare via senza prima averla interrogata per bene.

    «Ti chiami?»

    «Harper.» Si agitò sulla sedia. «Harper McDonald. E lei?» osò domandargli, con una luce di sfida negli occhi.

    Lui corrugò la fronte. Non era abituato a sentirsi chiedere chi fosse. «Andrea Romano» le rispose in tono duro. «Sono il proprietario di questo locale.»

    «Oh...» Lui guardò le labbra carnose formare una O di stupore e una luce di comprensione comparirle negli occhi. «Allora voglio formalmente lamentarmi per il modo in cui sono stata trattata. Lei non ha alcun diritto di...»

    «Dov'è sua sorella, signorina McDonald?» Andrea alzò la voce per mettere a tacere la sua protesta.

    Harper si morse un labbro con un gesto delizioso che suo malgrado catturò l'attenzione di Andrea. «Non lo so» gli rispose in tono preoccupato. «È per questo che sono qui. Per trovarla. Non ho sue notizie da più di un mese.»

    Andrea distolse a fatica lo sguardo dalle labbra seducenti poi rise con sarcasmo. «Allora siamo in due.»

    «Quindi non è qui?» Il panico di Harper stava crescendo a vista d'occhio. «Ha lasciato il lavoro?»

    «Se n'è andata, se è quello che vuole sapere. Insieme al direttore del bar, Max Rodriguez.»

    «Andata via?»

    «Sì, è sparita senza lasciare traccia.»

    «Oddio.» Harper si afferrò al bordo della scrivania con le dita che le tremavano. «Dov'è andata?»

    Andrea scrollò le spalle mentre osservava le sue reazioni con attenzione. «Non lo so ancora, però ho intenzione di scoprirlo. E quando l'avrò fatto, per lei saranno guai.»

    «Co... cosa intende dire?» Gli occhi di Harper, un misto di verde e marrone, diventarono enormi per lo stupore.

    «Intendo dire che non mi piace affatto quando i miei dipendenti scompaiono dalla faccia della terra con trentamila dollari che mi appartengono.»

    «Trentamila dollari?» Si portò le mani alla bocca. «Mi sta forse dicendo che mia sorella e questo Max le hanno rubato del denaro?»

    «Io e sua sorella avevamo un accordo di lavoro, o almeno così credevo. Ho commesso lo sbaglio di pagarla in anticipo e lei se n'è andata con i soldi.»

    «No! Oh, mi dispiace tantissimo.»

    L'espressione della ragazza era sinceramente scioccata, e Andrea si convinse che non sapeva nulla di ciò che era accaduto. Lo stupì però il fatto che non tentò nemmeno di mettere in dubbio tutta la storia.

    «Se ne dispiacerà anche lei, mi creda.»

    Si appoggiò allo schienale della poltrona e fissò Harper. In realtà stava pensando a quanto fosse arrabbiato con se stesso per aver creduto alla storia lacrimevole che Leah gli aveva propinato per ottenere il pagamento anticipato. Tutte quelle fesserie sul fatto che la sua famiglia aveva bisogno di soldi, che il padre era sul punto di perdere il lavoro... No, non era per i trentamila dollari che era furioso, ma per esserci cascato come un pivello. Lui, un famoso milionario di fama internazionale, rispettato e riconosciuto per le sue capacità di abile uomo d'affari, era cascato nella rete di una donna. Dopo che aveva giurato a se stesso che non sarebbe più successo.

    Il fatto era che Leah McDonald lo aveva colto in un momento in cui aveva le difese abbassate.

    Quella che era dapprima sembrata una buona idea, anzi, la soluzione ideale, alla fine gli si era ritorta contro.

    Una sera in

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1