Il Work- life Balance
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Anteprima del libro
Il Work- life Balance - Roberto Baciarlini
lavoratori.
CAPITOLO I
DEFINIZIONE, OBIETTIVI E BENEFICI DEL WORK-LIFE BALANCE
1.1 Definizione ed origini del work-life balance
Cominciamo il nostro discorso col fornire una definizione appropriata di work-life balance: possiamo intenderlo come un sistema di azioni ed investimenti attuato dall’azienda al fine di favorire l equilibrio tra le energie (in termini di risorse psico-fisiche e tempo) dedicate alla vita professionale e le energie dedicate alla vita privata.
Nel suo libro Managing Work-Life Balance
, David Clutterbuck¹ definisce letteralmente: the work-life balance as being aware of different demands on time and energy; having the ability to make choices in the allocation of time and energy; knowing what values to apply to choices; making choices².
Ancora: it is achieved when an individual's right to a fulfilled life inside and outside paid work is accepted and respected as the norm, to the mutual benefit of the individual, business and society³ (Clutterbuck, 2003).
Secondo Clutterbuck, cioè, siamo dinanzi a politiche di work-life balance quando le diverse esigenze dei lavoratori sulla gestione del proprio tempo e delle proprie energie sono prese in considerazione e rispettate dalle imprese; quando ci si rende conto dei numerosi vantaggi che derivano da una gestione personalizzata ed individuale
del lavoro e quando si propongono strumenti e soluzioni per soddisfare tali esigenze dei dipendenti. Ancora, c’è una piena realizzazione degli obiettivi del work-life balance quando il diritto di un lavoratore di vivere in modo completo ed equilibrato la sua vita, dentro e fuori l’ambiente lavorativo, è accettato e rispettato da parte delle aziende, come una situazione di normalità
.
Il work-life balance assume le vesti di una vera e propria filosofia aziendale, nella quale tutti i membri dell’organizzazione devono fermamente credere al fine di sfruttare gli innumerevoli vantaggi offerti da tale approccio.
Ed allora ecco che si specchiano
interessi apparentemente contrapposti, da una parte quelli del lavoratore per orari di lavoro meno stressanti, maggiore flessibilità, maggior tempo da dedicare alla sfera privata, dall’altra quelli dei cd. piani alti
, rigorosamente attenti ai pilastri dell’efficacia/efficienza organizzativa.
E’ proprio in questo spazio che cercano di inserirsi le tematiche e gli strumenti del work-life balance, che basano la loro esistenza su di un assioma fondamentale: risorse motivate forniscono performance migliori !
O, in parole povere: un lavoratore contento lavora di più e meglio !
Posto in questi termini, il problema sembra essere elementare, di facile risoluzione, ma in realtà la ricerca di tale equilibrio non è poi così scontata. L’azienda è un’organizzazione composta da persone, prima ancora che da lavoratori, ognuna con il proprio bagaglio
, con i propri valori, con i propri interessi. Allora è fondamentale, prima di tutto, che l’azienda conosca a fondo le proprie risorse, per poterle poi motivare ed attendersi così performance elevate. Ovviamente, anche questa non è altro che una sintesi riduttiva e semplicistica della delicata e complessa realtà che i direttori risorse umane, e le aziende in generale, devono affrontare ogni giorno.
Il work-life balance introduce il concetto di equilibrio, di bilanciamento, di conciliazione tra vita privata e vita professionale.
Ma dov'è questo punto di equilibrio? Non si può ridurre il concetto a un semplice calcolo delle ore di lavoro. L' equilibrio è una condizione nella quale forze diverse si compensano tra loro, quindi una situazione stabile, in grado di durare nel tempo. La stabilità, in questo caso, è il punto chiave: una situazione dove il work-life balance non è ottimale è destinata a non durare e a evolvere verso qualcosa di diverso, dal punto di vista professionale o dal punto di vista personale. In entrambi i casi, come ogni volta che si giunge a un punto di rottura, le conseguenze sarebbero traumatiche per entrambi gli interlocutori del rapporto professionale, l'azienda e il dipendente.
Questo equilibrio viene ormai riconosciuto come obiettivo strategico per le aziende, sia in termini di sviluppo e performance delle proprie risorse, sia in termini di fidelizzazione del lavoratore. È importante per se stessi, e, conseguentemente, per l’azienda in cui si lavora, integrare le diverse sfere della propria vita utilizzando al meglio il proprio potenziale. Il work-life balance garantisce quella serenità indispensabile al raggiungimento dei propri obiettivi e al mantenimento della produttività individuale.
L' approccio al work-life balance cerca, dunque, di studiare, evidenziare e proporre alle organizzazioni soluzioni e strumenti per favorire il benessere degli individui che lavorano al loro interno, riducendo il malessere derivante dall’impossibilità di conciliare il tempo speso per la propria attività lavorativa e quello investito per sé.
Con il termine benessere organizzativo si intende lo stato soggettivo di coloro che lavorano in uno specifico contesto organizzativo, l’insieme dei fattori che determinano o contribuiscono a determinare il benessere di chi lavora. Esso si riferisce alla capacità di un’organizzazione di promuovere e mantenere il più alto grado di benessere fisico, psicologico e sociale dei lavoratori di ogni tipo di occupazione.
In concreto, si tratta di individuare e applicare iniziative e servizi che supportino i propri collaboratori:
La questione dell'equilibrio vita-lavoro
iniziò a diffondersi tra i lavoratori americani alla fine degli anni '60 e almeno per i primi anni si concentrò esclusivamente sui diritti e sui problemi delle lavoratrici madri e sulle loro battaglie per la conquista del tempo necessario per la crescita e l'educazione dei propri figli. Si tratta, quindi, di un approccio che si sviluppò parallelamente all'aumento del numero di donne impiegate in aziende.
Un contributo importante nel riconoscimento dei diritti delle lavoratrici-madri venne durante la metà degli anni '80, grazie al governo americano che emanò due importanti provvedimenti: the Pregnancy Discrimination Act⁴ e
The Quality of Employment Survey⁵.
In quegl'anni, alcune aziende, che saranno definite pioniere
, come la Merck, l'IBM, l'AT&T, la Deloitte & Touche, iniziarono a capire l'importanza delle loro lavoratrici e l'indispensabile contributo che offrivano all'attività aziendale. Iniziarono così a studiare e ad attuare soluzioni organizzative flessibili che prevedevano speciali permessi retribuiti, soluzioni di homeworking, flessibilità nella gestione del monte ore annuale, programmi di assistenza specifici, aiuti per le cure dei bambini, il tutto per migliorare la loro condizione e facilitare il loro compito.
Verso la fine degli anni '80 anche gli uomini iniziarono a reclamare il proprio diritto alla conciliazione e negli anni '90 il work-life balance divenne una questione ed un'esigenza di tutti.
Nascono, così, in quegli anni, le prime società specializzate, che erogano sostanzialmente due tipologie di servizi alle aziende, affinché queste li rendano disponibili per i propri dipendenti sottoforma di benefit:
1. work-life services: servizi per la famiglia e gli anziani;
2. employee assistance program per il supporto consulenziale.
L’esempio statunitense contagia anche il Regno Unito, dove le filiali di società americane cominciano ad attrezzare le proprie sedi con palestre, bar, asili, e favoriscono attività quali il car sharing, l’adozione di bambini, discostandosi quindi dal pragmatismo americano, con un approccio più consapevole della responsabilità sociale d’impresa. Qui si sviluppano società che offrono servizi di work-life balance alle aziende, e strutture che propongono gli stessi servizi direttamente ai privati.
Nonostante molte aziende avessero iniziato a sviluppare nuovi programmi di gestione del personale e nuove politiche family-friendly, tutti gli interventi di quegli anni fallirono.
Agli inizi del nuovo millennio, dati gli scarsi risultati ottenuti sino ad allora, i maggiori esperti nella gestione della risorse umane si riunirono ed iniziarono a rivedere le proprie posizioni e a rivalutare completamente le politiche e i benefici del work-life balance. Analizzando la realtà economica americana, ci si rendeva conto che tutto ciò che il work-life balance si era proposto di combattere (stress, sovraccarico di lavoro, competizione, estraneità alla propria vita personale) era in realtà ancora presente a tutti i livelli gerarchici.
Si decise di non abbandonare completamente l’approccio, ma furono studiate nuove soluzioni, un nuovo linguaggio, una nuova struttura, cercando di individuare ed evitare gli errori commessi nel passato. Il principale errore commesso era stato quello di un' errata interpretazione del fenomeno: si pensava che il work-life balance fosse un problema ed un esigenza delle organizzazioni che si rifletteva sugli individui, senza rendersi conto che in realtà esso era, ed è, un problema degli individui che si riflette sulle organizzazioni. Ci si interrogava su cosa potessero fare le organizzazioni per creare maggiori benefici e un miglior equilibrio in favore dei propri lavoratori, senza concentrarsi mai sul reale problema: cosa potevano fare i lavoratori per migliorare la propria situazione e trovare un equilibrio, migliorando di conseguenza il proprio benessere.
1.2 Il work life conflict
Bilanciare le esigenze e gli impegni lavorativi con le esigenze personali e private costituisce, per ciascun individuo, non solo una necessità, ma anche un obiettivo direttamente correlato alla qualità della vita.
Quest' ultima può essere definita come uno sviluppo umano equilibrato, dove il termine sviluppo umano ha due caratterizzazioni: il dispiegamento di tutte le capacità-potenzialità dell'individuo (in settori quali salute, conoscenza, professionalità) e l'uso delle capacità acquisite (nella produzione, nel tempo libero, in ruoli attivi in campo culturale, sociale, politico)
.⁶
Le definizioni a riguardo mettono in luce aspetti differenti, ma complementari, di uno stesso fenomeno:
Anche secondo gli standard della European Foundation for the improvement of living and working condition⁷ la conciliazione costituisce una delle 4 principali aree che determinano la qualità delle condizioni lavorative:
Fig: La qualità dell’ambiente e delle condizioni di lavoro
(fonte: European Foundation for the improvement of living and working
condition, 2002)
Se è vero che c’è una relazione diretta tra livello di conciliazione e qualità della vita e che il bisogno di conciliazione è un elemento comune a tutti gli individui, è anche vero che vi sono significative differenze nei bisogni individuali di cercare il corretto equilibrio tra lavoro e vita privata. Alcuni studi evidenziano come ci siano alcune variabili chiave che incidono pesantemente sulla capacità delle persone di trovare un livello soddisfacente di conciliazione. Quattro, in particolare, sembrano essere maggiormente importanti:
Anche se tutte le variabili indicate hanno una notevole incidenza nel definire i possibili margini di conciliazione tra lavoro e vita privata degli individui, le differenze di genere costituiscono decisamente la variabile maggiormente studiata nell’ ambito delle ricerche sul work-life balance. Ciò porta spesso a contestualizzare le indagini e gli studi empirici sul work-life balance prevalentemente (ma non esclusivamente) sulla popolazione femminile. Questa affermazione non deve sorprendere, poiché le persone che maggiormente avvertono le difficoltà di conciliazione e i rischi di dover effettuare rinunce alla carriera o a prospettive di crescita professionale sono le donne comprese nella fascia d’età tra i 25 e i 54 anni, ovvero la grande maggioranza delle donne in età lavorativa:
«La maggior parte delle donne manifesta forti difficoltà nel far coincidere armonicamente l’organizzazione della carriera, degli impegni lavorativi, delle responsabilità ‘contrattuali’ verso la gerarchia aziendale con l’organizzazione dei figli, della casa, delle relazioni col partner e delle responsabilità sociali. Emerge con particolare evidenza una rottura tra le aspettative iniziali di carriera ed il loro effettivo realizzarsi».¹¹
Tale difficoltà è accentuata spesso dal fatto che l’organizzazione delle attività e dei tempi lavorativi è spesso costruita secondo un modello maschile
, nei confronti del quale le lavoratrici hanno maggiori difficoltà di adattamento:
«All’interno delle organizzazioni, soprattutto delle aziende private, la nozione del tempo risulta ancora costruita intorno alla norma convenzionale maschile. Il modello normale
e atteso di tempo, sia nel senso di orario di lavoro sia nel senso di tempo nell’arco della vita dell’individuo, è il tempo pieno per tutto il ciclo della vita lavorativa dell’individuo (ossia, ci si aspetta che l’individuo lavori senza interruzioni). Si tratta di un modello di tempo di lavoro cucito addosso al lavoratore di sesso maschile e basato sul modello di famiglia breadwinner».¹²
Va segnalato, anche, come le differenze tra donne e uomini non riguardino solo l’intensità del bisogno di conciliazione, ma anche la tipologia stessa di bisogno. Se per le prime, infatti, la difficoltà di conciliazione si riflette soprattutto nei confronti delle responsabilità familiari, nel caso degli uomini tali difficoltà si riflettono prevalentemente su altre dimensioni della vita personale come ad es. la cura delle relazioni sociali o dei propri interessi extra-professionali:
«Gli uomini, riflettendo sui vincoli che incontrano nell’organizzazione dei tempi di vita, segnalano meno delle colleghe le responsabilità familiari come la causa di una difficile conciliazione tra vita personale e vita professionale. Questo non significa che essi non vivano problemi di conciliazione o che non siano alla ricerca di un maggior benessere personale e familiare.