Muoia Sansone, ma non i dorotei: L’Italia degli irrottamabili
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Anteprima del libro
Muoia Sansone, ma non i dorotei - Giuliano Ramazzina
Tg5
1
Una volta c’era l’Homo Sapiens, chiamato anche essere umano. Aveva un cervello molto strutturato e sviluppato, in proporzione alle dimensioni dell’individuo, e capace di ragionamento astratto, linguaggio e introspezione. Nel 2009 in Italia ai tempi di Berlusconi probabilmente è nato, frutto di vari contorti passaggi di ingegneria genetica misti a ingegneria politica, un esemplare unico e forse insuperabile nell’evoluzione della specie: si tratta di Carmine, un professionista napoletano, che potremmo codificare come Homo Doroteo. Perché Carmine incarna il prototipo perfetto della politica dorotea nata nel 1957 per intuizione fatale democristiana. Lui in effetti è il doroteo dei dorotei. Un dogm: doroteo geneticamente modificato.
Un essere reale, riportato dalle cronache dei mass media, ma in ogni caso straordinariamente sempre in bilico con la fantasia, quella abbinata ovviamente al ‘pane e amore’, intramontabile ricetta cinenazionalpopolare. Sono passati 60 anni, in molti hanno tentato di perfezionare un comportamento che è sopravvissuto scavalcando valori, regole, norme sociali e leggi. Anzi proprio quel comportamento affaristico efficace e redditizio, permeato di individualismo e cinismo, ha attraversato la storia italiana mettendo sulla politica, dai giurassici democristiani, il marchio indelebile del made in Italy sui potenti eterni.
Dove lo trovi infatti nel mondo un homo che riesce ad essere, come Carmine, consigliere regionale in Campania con i voti del centrosinistra e sindaco in un Comune vicino a Napoli con i voti del centrodestra? È l’azzeramento assoluto dell’etica in politica con l’avvento di un eden affaristico dove gli opposti si fondono in nome del denaro e dell’arricchimento, disvalori che si ‘valorizzano’ all’insegna di un’ubiquità futurista. Carmine infatti potrebbe partecipare contemporaneamente ad un consiglio comunale e ad un consiglio regionale superando i confini ‘umani’ di tempo e spazio. Inoltre di fatto ha percepito due compensi pubblici, fino a quando non si è dimesso da sindaco scegliendo poi la busta paga più pesante cioè quella di consigliere regionale. Probabilmente Mariano Rumor in quel convento romano di suore dove fondò con alcuni amici la corrente Dc non avrebbe mai pensato che il doroteismo arrivasse a tanto, ma sicuramente lui ed i suoi seguaci, ci hanno messo la firma nello startup, lanciando il politico che sta sempre in maggioranza.
In fin dei conti cos’è Carmine? Appunto, uno che sta sempre in maggioranza, con il centrosinistra e con il centrodestra. Forse ha superato perfino Silvio Berlusconi nell’applicazione della lezione dorotea, che rimane una pratica per imprenditori della politica o anche per politici dell’imprenditoria che poi è la stessa cosa. Carmine non è in conflitto di interessi. È uno che tiene semplicemente un piede in due scarpe. E si può fare, basta avere il piede giusto.
Lui è un furbo e la furbizia è un’altra componente fondamentale dell’Homo Doroteo. Furbizia cioè capacità di muoversi bene, difendendo ciò che hai conquistato, cioè l’indifendibile per l’Homo Sapiens qualunque. Così è accaduto l’incredibile. Quando la regione Campania si è accorta dell’incompatibilità gli ha notificato la decisione di espellerlo dal Consiglio per il doppio incarico, lui si è reso irreperibile e il messo notificatore non è stato in grado di recapitargli l’atto. La sua ricomparsa strategica è poi avvenuta a notifica ricevuta fuori tempo massimo. La nullità dell’atto gli ha permesso di restare in carica come sindaco e come consigliere regionale. Una furbata vincente ed esemplare per chi ha voglia di fare politica nel ventre molle dell’Italia marcia e trasformista.
Ma il segreto del prototipo Carmine non è solo quello, direi ormai superato, di sapersi riciclare cambiando schieramento. Quella è roba umana. Lui gli schieramenti li combina, li mixa. Destra o sinistra pari sono, basta avere un ritorno economico, posizione sociale e quindi detenere il potere. Soldi e clientele. Da qui il segreto centrale della sua azione da doroteo nel crepuscolo della Seconda Repubblica. La capacità di resistere nell’ubiquità, un piede di qua e uno di là. Una faticaccia boia che ricorda quella di un uomo diviso tra moglie e amante. Lui è riuscito a metterle d’accordo, a farle convivere sotto lo stesso tetto coniugale. Spregiudicato e geniale. Carmine è come quell’attore che sul palcoscenico si tinge la faccia di due colori e girandosi mostra prima quella bianca e poi quella rossa. È sempre lui, ma dà l’effetto di una doppiezza risolta, felice, accettata. Da applausi. Se esce da un consiglio comunale entra direttamente in un film di Totò. Nella realtà si era candidato nel 2005 con la Margherita ed era subentrato in Regione Campania con i voti raccolti sotto quel simbolo, poi nel 2008, grazie al sostegno del centrodestra, era stato eletto sindaco. Sul palcoscenico della politica, se si girava a sinistra mostrava il volto del consigliere regionale, se si girava a destra quello del sindaco.
Carmine nella sua traiettoria da Homo Doroteo evoca il protagonista de Le Neveu de Rameau di Diderot. Stessa consapevolezza di sé, della propria amoralità. Perché l’ubiquità in politica non è immorale bensì amorale e l’amoralità è un’altra caratteristica saliente del comportamento doroteo in politica. Il personaggio di Diderot perde ogni cognizione della morale, cancella il bene ed il male dalla sua mente. I suoi vizi li usa se sono utili al proprio interesse, al proprio ‘particulare’ guicciardiniano. Se non servono, li maschera. La dominante del carattere che si estrinseca nel suo modo di comportarsi ed agire è assolutamente l’utile per sé. Carmine è la rappresentazione reale dell’immaginario di Diderot. È un Homo Doroteo del nostro secolo, un mutante che nasce da una concezione imprenditoriale della politica, un manager al di là del bene e del