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Blu oceano
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E-book289 pagine4 ore

Blu oceano

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Info su questo ebook

Thomas Rhide, un ex Navy Seal, ora agente segreto che combatte contro la criminalità organizzata e il terrorismo internazionale, un uomo deciso e coraggioso, sempre all’altezza della situazione, capace di portare a termine con successo le proprie missioni, incontrerà Stella, una ragazza scappata dal Madagascar, dopo che un incendio ha distrutto la sua vita, strappandole l’uomo che amava. I destini dei due si intrecceranno: Stella diventerà la chiave di volta per risolvere il caso che Thomas sta seguendo da mesi.
In un intrigo fatto di sottintesi e sotterfugi, verità celate e misteri svelati, l’incontro dei due evolverà in un inevitabile turbine di passione.
Stella cercherà in Thomas protezione e conforto e lui il rimedio a un vuoto e una solitudine provati per troppi anni. Dovrà confrontarsi con i suoi demoni personali, scavando a fondo nel suo animo e combattendo la battaglia principale contro se stesso; in un mondo oscuro, dove il confine tra il bene e il male, il dovere e la passione, è labile e scivoloso.
Una storia avvincente che si sviluppa tra il Madagascar e Londra, un oceano che divide ma che allo stesso tempo unisce, un destino che accomuna due anime tormentate. Una trama dal ritmo serrato in cui azione e sentimento sono gli ingredienti principali. Un’opera che tiene col fiato sospeso, con improvvisi ribaltamenti di prospettiva e colpi di scena.
LinguaItaliano
Data di uscita5 dic 2016
ISBN9788868671938
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    Anteprima del libro

    Blu oceano - Alessandra Perugini

    Coelho

    1

    Il sole di mezzogiorno splendeva fisso sulla terra bruciata della selvaggia isola di Madagascar.

    Stella ammirava rapita lo spettacolo della natura che dominava intorno a sé, totalmente assorbita dalla magia dei colori e dalla suggestione dei panorami che generosamente le regalava. Contemplava la lussureggiante foresta, immersa in una pace serafica di silenzio vellutato che sembrava quasi proteggerla dai rumori del mondo. Fiori dai colori brillanti e profumi inebrianti si facevano largo tra alberi dal tronco snello che svettavano alti alla ricerca dei raggi del sole, nei quali trovavano riparo strani uccelli dalle piume variopinte di bizzarre sfumature e dal canto melodioso. L’erba ai suoi piedi si muoveva delicata al soffio leggero del vento. Erba verde, fresca di rugiada, soffice sotto i suoi passi felpati.

    Un vento leggero spirava dal mare portando con sé un dolce odore di salsedine e dalla fitta vegetazione che la attorniava giungeva un delicato profumo che le riempiva i polmoni di malinconia. Quei luoghi appartenevano al suo passato. Stava per lasciare quella terra ospitale per addentrarsi nei sentieri scoscesi di un futuro ricco di incognite e di dubbi. Mai come in quel momento percepì la precarietà della vita oscurare il suo presente e l’incertezza adombrare il suo domani.

    I suoi occhi si velarono di nostalgia confondendosi nel turchese del liquido spumoso che stava fissando. Le cascate. L’acqua sgorgava impetuosa da una spaccatura della roccia e precipitava turbinosamente in un trionfo di spruzzi e goccioline, per poi tuffarsi con mulinelli vorticanti nel laghetto cristallino alla sua base, dove si riflettevano le chiome degli alberi e si specchiavano le nuvole rosate che solcavano il cielo. Infine, chiara e limpida, si posava dolcemente nel quieto ruscello che si riversava nel mare poco distante. Stella si lasciò cullare dal mormorio incessante e vigoroso della cascata che giocava con se stessa, cercando di svuotare la mente dai timori e dalle insicurezze che le gravavano sul cuore.

    Quante volte era stata lì? Quanti tuffi, bagni e nuotate aveva fatto in quell’acqua fresca? Quante corse a perdifiato sui dolci rilievi delle colline circostanti e sulle pianure verdeggianti che adornavano la sua meravigliosa isola? Quello era il suo ambiente, la sua casa, il suo regno. Lì era nata, cresciuta e aveva vissuto gran parte della sua vita, lì c’erano i suoi ricordi più preziosi e lì era diventata la donna forte e coraggiosa che era.

    Ancora per poco. Presto avrebbe lasciato quel paradiso naturale e sarebbe ritornata nella vecchia e fredda Europa. A Londra, dove la sua famiglia la aspettava, a Londra, dove l’incanto dei suoi giorni spensierati sarebbe finito e avrebbe dovuto fare i conti con il suo passato e le sue paure.

    Ma il suo mondo ormai non c’era più, era stato spazzato via in una sola notte intrisa di sangue. All’improvviso tutto era svanito, quelle che per tanti anni erano state le sue certezze si erano dissolte come neve al sole, i pilastri su cui aveva appoggiato la sua fiducia si erano frantumati, le fondamenta sulle quali aveva gettato le sue speranze si erano sbriciolate, onde infrante sulla battigia desolata.

    Nuotava in balìa della tempesta, trasportata da correnti avverse alimentate da venti impetuosi. Senza appigli né punti fermi, l’anima era imprigionata in un senso di vuoto e assoluta tristezza. Solitudine e impotenza avevano invaso il suo cuore provato da tanta sofferenza e la nostalgia del passato le impediva di vivere appieno la vita presente.

    Doveva andarsene, lasciare quei cari, ameni luoghi troppo pieni di ricordi dolorosi per curare le sue ferite, superare le inquietudini e poi, forse, sarebbe potuta tornare e rivivere la magia e l’allegria del passato.

    Nubi minacciose si addensavano all’orizzonte, altre sfide, altri pericoli, altre battaglie l’attendevano e lei era pronta ad affrontarle e sì, forse non sarebbe stato tutto negativo, forse c’era ancora un po’ di felicità da qualche parte in serbo per lei. Non le rimaneva che crederci, sperarci, aggrapparsi a quell’esile possibilità che tutto non fosse ancora perduto... Non per sempre, almeno. Chissà, la sua vita poteva ricominciare nella nuova città, dove nuovi amici, nuovi incontri erano pronti per lei e dove, dopotutto, c’era la sua famiglia ad attenderla, le uniche persone delle quali ora si fidava, le uniche che non l’avrebbero abbandonata, non le avrebbero voltato le spalle e l’avrebbero aiutata a ricucire i fili della sua esistenza spezzata.

    Se voleva riscoprire il senso della vita doveva rinascere e rinascere non significa forse ritrovare se stessi, il proprio io più profondo, imparando a capire chi siamo? Significa afferrare il senso del destino che ci attende e comprendere che la vita non si riduce a un momento di sciagura che si è abbattuto funesto su di noi, opprimendo i ricordi che serbiamo. È qualcosa di più. È un raggio di sole in una notte oscura, è un fiore che sboccia tra i rovi, è la forza che ci spinge a combattere e a non arrenderci, a non soccombere a quel vuoto pesante che ci incatena a sé trascinandoci nel più profondo degli abissi.

    «Stella dove sei?» la voce calda di Aylin, la sua oasi in quel deserto di smarrimento, la riscosse dalla trance in cui era caduta fissando gli zampilli cristallini della cascata «È tardissimo devi prepararti, l’elicottero sta per decollare.»

    Doveva andare, senza più indugiare, raccogliere il suo coraggio e buttarsi tutto alle spalle.

    «Eccomi. Davo un ultimo saluto.» Gli occhi turchesi si bagnarono di lacrime leggere.

    «Tesoro, lo so è dura anche per me lasciarti andare, ma sappiamo entrambe che è la scelta migliore.» Aylin la strinse forte a sé, sapendo quanto quel momento fosse difficile, cercando di trasmetterle il suo affetto incondizionato.

    Stella ricambiò la stretta vigorosa dell’anziana donna che un tempo era stata la sua governante e guardando i dolci occhi color caramello di Aylin ebbe un tuffo al cuore. No, non tutti l’avevano abbandonata, non tutti erano cattivi, c’erano ancora delle persone oneste, delle persone che le volevano bene, c’era ancora speranza in questo mondo troppo spesso crudele.

    «Mi mancherai immensamente.»

    «Anche tu.»

    Aylin si staccò per prima e asciugò col palmo della mano la lacrima che a stento Stella aveva trattenuto e che ora correva ribelle sulla sua guancia. La fissò dritta negli occhi e si compiacque di vedere che lo sguardo di Stella, nonostante tutto, era ancora deciso e che il suo spirito conservava una solida determinatezza che esaltava la delicatezza dei suoi lineamenti, rivelando un carattere forte e sicuro. Sì, ce l’avrebbe fatta, ne era certa, avrebbe superato anche questa prova.

    Rincuorata dalla sua forza di volontà, Aylin prese per mano e condusse Stella verso casa, come faceva spesso quando, da bambina, all’ora della cena, la andava a cercare nascosta chissà dove, mai paga dei suoi giochi infiniti. Negli anni Aylin era diventata un’amica, una confidente, una guida e anche ora, che Stella era adulta, mostrava verso di lei quella tenerezza e quei riguardi che l’avevano accompagnata fin dall’infanzia. Sarebbe stato duro allontanarsi da lei. Ma non c’era altro modo. Stella doveva partire, non poteva restare lì, era troppo rischioso.

    «Come farò a Londra senza di te? Chi si prenderà cura di me?»

    «Sono sicura che te la caverai benissimo, sei una donna ormai, una meravigliosa e coraggiosa donna! Sono io che sto invecchiando e senza di te mi sentirò tremendamente sola.»

    «Ti prometto che ti chiamerò ogni giorno.»

    «E io ti aspetterò ogni giorno. Si è fatto tardi devi andare cara. Henry ti accompagnerà all’elicottero. Io ti saluto qui... Credo che potrei scoppiare in un pianto dirotto se ti vedessi salire su quel macchinino volante.»

    «Ma tu stai già piangendo Aylin! Non starò via per sempre, tornerò presto.»

    «Stella, dobbiamo andare» la voce elettrica di Henry spezzò il tenero abbraccio di addio che le due donne si stavano scambiando, i volti rigati dalle lacrime tra sorrisi e parole di rassicurazioni sul reciproco affetto.

    «Addio Stella, ti porterò sempre nel mio cuore.»

    L’elicottero era pronto per il decollo. Teodor, il pilota, stava ultimando i controlli prima di intraprendere il breve viaggio verso l’aeroporto di Antananarivo. Stella si legò con un gesto meccanico le cinture di sicurezza, poi si abbandonò completamente sullo schienale del sedile, cercando di prepararsi mentalmente ad affrontare le lunghe ore di volo che avrebbero segnato la distanza fra la sua casa in Madagascar e quella di Londra. I viaggi in aereo erano per lei sempre spossanti ed estenuanti e in quell’occasione, dato che la sua partenza era forzata, era ancor più tesa e nervosa. Aveva come unico compagno di viaggio il fedele iPod e sperava che anche stavolta la musica avrebbe avuto il solito potere calmante sulla sua mente stanca.

    Sbrigati i controlli doganali e recuperato il bagaglio, Stella fu libera di andarsene verso l’uscita passeggeri. Trovò in trepida attesa sua madre Elise e sua sorella Kate all’imbocco delle porte automatiche. Fu felice di riabbracciarle dopo più di un anno di lontananza. La loro presenza e i loro sorrisi entusiastici riuscirono a stemperare la stanchezza del lungo viaggio e a dissipare il freddo pungente del grigio autunno londinese, così diverso dal piacevole caldo tropicale al quale il suo corpo era abituato.

    «Stella cara quanto tempo! Come stai tesoro?» Si sciolse nel tenero e confortante abbraccio della madre, finalmente contenta di essere tornata. Non si era resa conto, fino a quel momento, di quanto le fosse mancata la sua famiglia.

    «Mamma che bello rivederti, ora va molto meglio. Ciao Kate» disse lasciando le braccia materne per ritrovarsi in quelle esuberanti e piene d’affetto della sorella minore.

    «Ragazze dobbiamo andare. Papà ci aspetta a casa.»

    Salirono sul taxi già pronto e, lasciato l’aeroporto di Heathrow alle loro spalle, si immisero nel caotico traffico cittadino, verso la loro casa a sud della città.

    «Stella hai con te una sola valigia? Sei riuscita a metterci tutte le tue cose?» chiese curiosa Kate.

    «Eh sì... Ho molti vestiti estivi e non credo che qui possano andar bene, pensavo di approfittare per comprarmi qualcosa di nuovo.»

    «Perfetto. Sai che adoro lo shopping! È di sicuro la mia attività preferita, dopo nuotare, mangiare, ballare e... ovviamente stare con la mia sorellina.»

    Era difficile che due sorelle si potessero somigliare meno.

    Stella era alta e magra, gli occhi turchesi come il cielo estivo illuminavano un viso dall’incarnato chiaro e dalla pelle liscia e setosa come fine porcellana, mentre i diafani capelli biondi scendevano leggeri e fluenti sulle esili spalle. Kate era leggermente più bassa e dalle forme più generose, i capelli rossi le cadevano in morbidi boccoli conferendo un’espressione elegante al bel viso cosparso di lentiggini. Stella era semplice e genuina nell’aspetto, decisa e determinata nel carattere. Kate, al contrario, ricercata ed elegante nel vestire, sempre pronta a mettere tutta se stessa nelle cose in cui credeva; incurante del giudizio delle persone, viveva al di sopra di regole e formalità. Stella era riflessiva e pacata, metodica e pratica. Kate impulsiva e solare, idealista e sognatrice.

    Nonostante le numerose differenze, le due sorelle erano legate da un affetto sincero e profondo. Nelle loro divergenze trovavano una fonte di arricchimento, stare insieme era sempre un piacere stimolante e una scoperta reciproca, il tempo volava spaziando tra mille argomenti e infiniti modi di vedere e vivere la vita.

    Stella assomigliava molto sia nel fisico che nel carattere al padre, Kate al contrario totalmente alla madre e solo nello stile di vita si erano invertite. Stella aveva gli hobby e le passioni della madre, Kate aveva seguito gli studi e la professione paterna; anche lei era medico, fresca di laurea e prossima alla specializzazione in cardiologia.

    Dopo un breve tragitto fra i grattacieli cittadini, il taxi svoltò in una zona residenziale imboccando lunghi e ampi viali alberati che delimitavano graziose villette con giardino privato. L’automobile si arrestò davanti a un grande cancello aperto di colore nero, dove un signore alto, dall’aspetto severo e coperto da un lungo impermeabile, attendeva impaziente.

    «Papà che bello rivederti.»

    «Benvenuta a casa piccola» il dottor William Robinson salutò con trasporto la figlia maggiore, poi l’aiutò a portare dentro il bagaglio.

    Stella trattenne il fiato varcando la cesellata soglia della casa di famiglia. L’abitazione, in perfetto stile vittoriano, nonostante gli anni era molto ben tenuta. Un tempo appartenuta ai nonni materni, era stata ereditata da Elise in seguito alla loro scomparsa. Sebbene in quella casa fosse custodita una parte della storia della sua famiglia, Stella non riusciva a sentirsi a proprio agio in quegli ambienti troppo formali e finemente arredati con mobili d’epoca, vecchi quadri e cimeli d’antiquariato. Le asettiche pareti bianche, la tappezzeria scura e i mobili di pesante legno massello conferivano un’aria opprimente, quasi severa. Ma sua madre vi era molto affezionata e, in memoria dei suoi genitori, non aveva voluto rimodernare minimamente il mobilio, lasciando i vecchi e imponenti arredi.

    Salì nella sua camera, una stanza spaziosa con un elegante letto a baldacchino e un piccolo armadio in legno di mogano, più che sufficiente a contenere i pochi abiti che aveva con sé. Aprì le pesanti tende damascate lasciando entrare un flebile raggio di sole. Bagliori dorati accendevano un cielo grigio carico di pioggia.

    Decise per prima cosa di farsi una doccia e cambiarsi d’abito: una comoda tuta sarebbe sicuramente andata meglio del leggero vestito di cotone che aveva indosso. Una volta ristorata, anche l’austera camera assunse un aspetto più caldo e vivibile.

    Sistemò le sue poche cose nel guardaroba e appoggiò qualche oggetto personale sul comodino e sopra la cassettiera, giusto per sentire quella stanza un po’ più familiare. Poi si buttò sul soffice letto cercando di pensare al suo futuro. Aveva bisogno di riflettere e di tempo.

    Non era facile ricominciare da capo, soprattutto quando il cuore e la mente non volevano collaborare, anzi, cercavano in ogni modo di boicottare ogni suo goffo tentativo, ritenendo ingiusto e inutile proseguire una vita che ormai non aveva più alcun senso. Ma nonostante tutte le premesse negative, Stella cercava comunque di attingere forza ed energia da una parte nascosta di sé, nel suo io più vero e profondo, che non immaginava neanche di possedere ma che le urlava con forza di non arrendersi. La incitava ad affrontare ogni nuovo giorno per non deludere i suoi famigliari che credevano in lei e speravano, con tutto il loro cuore, di vedere presto il sorriso rallegrare il suo giovane volto.

    Non sapeva da che parte iniziare. Sicuramente era importante fare nuove amicizie, preziose relazioni sociali che l’avrebbero aiutata a uscire dal suo isolamento. E poi, naturalmente, doveva trovare un lavoro per essere un minimo indipendente economicamente e non gravare totalmente sui suoi. Come inizio poteva andare bene un semplice hobby, qualcosa di poco impegnativo come lo yoga o la danza. O solo l’abbonamento a teatro, l’importante era distrarsi dal suo trambusto emotivo e scuotersi di dosso la tristezza che la ricopriva come un oscuro manto.

    La voce di Elise che la chiamava per la cena interruppe il flusso dei suoi pensieri. Tutto sommato poteva concedersi una piccola pausa, giorni pigri in cui non avrebbe fatto altro che riposarsi e rilassarsi. Magari avrebbe letto dei buoni libri e ascoltato musica. La musica l’aveva sempre aiutata a vedere il mondo con maggior chiarezza, a mettere ordine nei pensieri e a rasserenare spirito. Poi avrebbe deciso con maggior consapevolezza.

    I giorni di vacanza trascorsero lenti con il loro incedere monotono, trasformandosi presto in vuote settimane. Dopo quasi un mese di riposo la sua vita non era minimamente cambiata. Ai momenti di lettura alternava solitarie passeggiate al parco, ma per la maggior parte del tempo se ne stava in una silenziosa solitudine, lunghe ore di pesante assenza da riempire di nulla. Le sembrava di vivere chiusa in una bolla di sapone, al riparo da tutte le emozioni, senza trovare stimoli che le suscitassero il minimo interesse. Era un pianeta isolato che ruotava da solo in un universo tutto suo.

    La notte, invece, le emozioni caparbiamente represse si scatenavano reclamando il loro sfogo e turbandole sonno. E puntualmente, ogni volta, riviveva lo stesso agghiacciante incubo, che più vivido della sbiadita realtà ossessionava i suoi sogni di terrificanti immagini alle quali non le restava altro da fare che abbandonarsi impotente, incapace di reagire. Spesso si svegliava agitata e sudata e la paura che le rimaneva addosso le impediva di continuare a dormire.

    Visto che non riusciva più ad andare avanti in questo stato di perenne stanchezza e spossatezza, ascoltando i consigli di suo padre si era affidata alle cure esperte e professionali del dottor Sander, famoso e qualificato psicologo. Sperava, tramite il suo aiuto, di fare luce sul buio che oscurava i ricordi di una notte tanto dolorosa quanto spaventosa, che inconsapevolmente aveva rimosso. E poi doveva fare i conti con l’ansia. Spasmodica, incontrollata, improvvisa ansia che da quel giorno non l’aveva più abbandonata e che la stava divorando, annullandole quel poco di vitalità residua che ancora le rimaneva.

    Le settimane trascorrevano alternandosi ai mesi ma in Stella non c’erano miglioramenti, anzi, se possibile il suo stato psicofisico peggiorava gradualmente e inesorabilmente. Mangiava pochissimo, diventando sempre più magra, e il colore dorato che la pelle aveva assunto con la continua esposizione ai caldi raggi del sole d’Africa stava lasciando il posto a un pallore ceruleo che accentuava la tristezza dei suoi lineamenti delicati.

    Non voleva dormire temendo gli incubi notturni e l’ansia era peggiorata culminando in attacchi di panico, tanto che il dottor Sander si era visto costretto a prescriverle degli ansiolitici per calmarla e sonniferi per aiutarla a riposare, grazie ai quali, pur non risolvendo i suoi problemi, riusciva almeno di cadere in un sonno vuoto e profondo.

    I famigliari si preoccupavano molto per la sua salute, non l’avevano mai vista tanto provata, e nonostante il loro sostegno non riuscivano a scorgere la luce in fondo al tunnel. Sembrava che i molteplici sforzi per distrarla fossero vani. L’avevano coinvolta in progetti di volontariato, l’avevano iscritta al club letterario di Elise, Kate le aveva presentato i suoi amici, invitata alle feste, ma tutto era stato inutile. Un gigantesco buco nell’acqua. Un senso di frustrazione e inadeguatezza si era ormai impadronito di loro, mentre la vedevano dissolversi e scomparire pian piano sotto i loro occhi impotenti.

    Venne da Marta, un’amica di Elise, l’aiuto insperato: avrebbe esposto in una sala mostre della sua galleria alcune fotografie che Stella aveva portato con sé dall’isola, consentendole di partecipare a un evento di arte contemporanea. Questa opportunità le riaccese l’entusiasmo, scuotendola dal suo torpore.

    Stella si applicò con tutta se stessa per prepararsi al meglio. Le fotografie scelte raffiguravano momenti di vita quotidiana: alternati ai paesaggi mozzafiato, ritratti della natura nelle sue espressioni più magnifiche, c’erano alcune delle persone che aveva conosciuto sull’isola, volti e sorrisi della gente con cui aveva condiviso una parte del suo cammino regalandole giorni intensi ed esperienze indimenticabili negli anni più belli e significativi della sua vita.

    L’impegno in questo progetto si rivelò terapeutico: non solo avrebbe potuto svelare al mondo una parte del suo passato aprendo il suo cuore da troppo tempo ormai sigillato, ma soprattutto il lavoro di preparazione e selezione delle immagini le permise di tornare in contatto con emozioni sopite. Ottenne un risultato purificatorio medicando un po’ alla volta le sue profonde ferite.

    2

    Ci sono giorni che passano inosservati. Altri, impossibili da dimenticare: era arrivato il gran giorno della mostra. Tuttavia, superare l’ansia e l’immobilità che l’avevano tenuta ferma e sospesa per mesi era più difficile di quanto avesse immaginato e a fatica era riuscita a prepararsi, facendosi una doccia e mettendosi qualcosa di pulito addosso. Anche se una voce dentro di lei continuava a ripeterle di non uscire, che non ce l’avrebbe fatta, che non avrebbe tollerato tutta quella gente intorno a sé, costretta in un piccolo ambiente. Da quando aveva avuto il primo attacco di panico temeva i luoghi chiusi e affollati.

    Se ne era accorta un pomeriggio del mese scorso, mentre faceva shopping con sua sorella girando da un negozio all’altro. Chiusa in camerino si stava provando un vestitino nero molto sexy che le lasciava la schiena scoperta. Guardava sconcertata nello specchio la sua diafana pelle nuda, stentando a riconoscersi nella magra ragazza riflessa. Sembrava l’ombra di se stessa: lontana dai raggi del sole, non era mai stata così bianca come in quel momento ed era talmente esile da sembrare un manichino. Un informe manico di scopa. A un tratto la sua immagine iniziò ad annebbiarsi, offuscarsi. Si guardò confusa le mani sudate e scosse da un lieve tremore, se le portò al volto per coprirsi gli occhi cercando di vincere la nausea che le montava da dentro. Il respiro divenne sempre più affannoso, il sudore le inondò il viso e il cuore iniziò a batterle all’impazzata, sentiva le pulsazioni rimbombarle nella testa come un rullo di tamburo incontrollato. Si rese conto di non riuscire a dominare il proprio corpo, il mondo intorno a lei vorticava precipitosamente, vacillò incapace di reggersi in piedi. L’immagine tremolante allo specchio ora rimandava un volto distorto dal terrore, il respiro si faceva sempre più difficoltoso e aveva chiara la sensazione di soffocare. Credeva di morire.

    I suoni intorno le arrivavano ovattati. Capiva che stava perdendo il contatto con la realtà. Sua sorella la chiamava con voce carica di apprensione, le era vicina, le scuoteva le spalle. Svenne, precipitandole addosso, sorretta dalle sue braccia nel negozio pieno di gente, davanti ai loro occhi curiosi.

    La trasportarono in ospedale in ambulanza e il medico che la visitò le diagnosticò un semplice attacco di panico. Con degli ansiolitici da prendere tutte

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