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Conan e il dio nell'urna: Conan il Cimmero 1
Conan e il dio nell'urna: Conan il Cimmero 1
Conan e il dio nell'urna: Conan il Cimmero 1
E-book57 pagine46 minuti

Conan e il dio nell'urna: Conan il Cimmero 1

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DUE RACCONTI (40 pagine) - FANTASY - I primi due racconti dell'eroe più famoso dell'heroic fantasy, Conan il Cimmero!

Muscoloso come una tigre, di alta statura, la pelle abbronzata come dal sole delle terre desolate, le ampie spalle, il torace massiccio e le braccia poderose. Sotto la chioma di capelli neri lo scintillio di due pericolosi occhi azzurri. Una lunga spada riposava nel fodero di cuoio appeso alla sua cintura. È Conan il Cimmero, il guerriero barbaro protagonista di libri, fumetti, film, che torna in una nuova accurata traduzione nei racconti originali del suo creatore Robert E. Howard.

Robert E. Howard (1906-1936) viene considerato il padre dell'heroic fantasy, ma è stato anche un grande scrittore dell'orrore e del romanzo d'avventura. Il suo personaggio di maggior successo è certamente Conan, sul quale ha scritto una ventina di racconti e un romanzo, ai quali sono seguite centinaia di altre avventure apocrife scritte da numerosi autori, fumetti e tre film per il cinema. Ma Howard ha creato anche i cicli di Kull di Valusia e di Salomon Kane, oltre a numerosi racconti western, fantastici, horror. Fisicamente robusto grazie all'allenamento e al body building ma di carattere fragile e introverso, Howard muore suicida a soli trent'anni.
LinguaItaliano
Data di uscita1 mar 2016
ISBN9788865306147
Conan e il dio nell'urna: Conan il Cimmero 1

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    Anteprima del libro

    Conan e il dio nell'urna - Robert E. Howard

    trent'anni.

    La figlia del gigante dei ghiacci

    Il clangore delle spade si era spento, le grida del massacro quietate; sulla neve macchiata di sangue regnava il silenzio. Il freddo sole pallido che scintillava con abbagliante fulgore sui ghiacciai e sulla pianura coperta di neve traeva riflessi argentei dai corsaletti lacerati e dalle lame spezzate, là dove i morti giacevano scomposti nei luoghi in cui erano caduti. La mano senza vita stringeva ancora l’impugnatura frantumata; le teste coperte dagli elmi, tirate indietro negli spasmi della morte, piegavano trucemente verso l’alto barbe rosse e barbe dorate, come in un'ultima invocazione a Ymir il gigante dei ghiacci, il dio di una razza di guerrieri.

    Tra gli spruzzi rossi e le forme coperte dalle cotte di maglia, due figure si guardavano in cagnesco. In quella completa desolazione, soltanto loro si muovevano. Il cielo gelido incombeva su di loro, la bianca pianura sconfinata li circondava, come gli uomini morti ai loro piedi. Si avvicinarono lentamente attraverso i cadaveri, come spettri che si appressavano a un convegno segreto tra le rovine di un mondo defunto. In quel silenzio minaccioso vennero a trovarsi faccia a faccia.

    Erano entrambi uomini di alta statura, muscolosi come tigri. Avevano perso gli scudi e i corsaletti erano deformati e ammaccati. Il sangue si rapprendeva sulle loro cotte di maglia; le loro spade erano macchiate di rosso. I loro elmi cornuti mostravano i segni di fendenti vigorosi. Uno dei due era sbarbato e aveva la chioma nera. I riccioli e la barba dell’altro erano rossi come il sangue sulla neve illuminata dal sole.

    – Uomo – disse questi – dimmi il tuo nome, così che i miei fratelli nel Vanaheim conoscano chi fu l’ultimo della banda di Wulfhere a cadere sotto la spada di Heimdul.

    – Non nel Vanaheim – ringhiò il guerriero dai capelli neri – ma nel Valhalla, potrai dire ai tuoi fratelli che hai incontrato Conan di Cimmeria.

    Heimdul ruggì e spiccò un balzo, la sua spada tracciò un arco mortale. Conan barcollò e la sua vista si riempì di scintille rosse mentre la lama sibilante si schiantava sul suo elmo, sprigionando uno sfrigolio di fiammelle azzurre. Ma seppur vacillante egli portò un affondo poderoso, spingendo la lama con tutta la forza delle sue ampie spalle. La punta acuminata perforò scaglie di ottone, ossa e cuore, e il guerriero dai capelli rossi esalò l’ultimo respiro ai piedi di Conan.

    Il cimmero riacquistò l’equilibrio trascinandosi dietro la spada, assalito da una stanchezza improvvisa e dolorante. Il barbaglio del sole sulla neve gli pugnalava gli occhi come un coltello, e il cielo sembrava rattrappito e stranamente separato. Voltò le spalle alla distesa calpestata dove i guerrieri dalla barba bionda giacevano intrecciati a massacratori dai capelli rossi, avvinti nell’abbraccio della morte. Mosse qualche passo, e il riverbero dei campi innevati si affievolì bruscamente. Un’ondata insostenibile di cecità lo inghiottì e lui si accasciò sulla neve, sostenendosi con un braccio coperto di maglia di ferro, sforzandosi di scacciare la foschia dagli occhi come un leone potrebbe scrollare la criniera.

    Una risata argentina penetrò il suo capogiro e la sua vista si schiarì lentamente. Alzò lo sguardo: nel panorama c’era una stranezza che non riusciva a situare o definire, una sfumatura non familiare nella terra e nel cielo. Ma non si soffermò a riflettervi a lungo. Davanti a lui, ondeggiando come un alberello nel vento, c’era una donna. Il suo corpo era come avorio per i suoi occhi abbacinati, e a parte un leggero velo di stoffa sottilissima, era nuda come il giorno della sua nascita. I suoi piedi snelli erano più bianchi della neve che calcavano. Lo sbalordimento del guerriero la fece ridere. La sua risata era più dolce dello scroscio di fontane argentine e avvelenata da una derisione crudele.

    – Chi sei? – chiese il cimmero. – Da dove vieni?

    – Cosa importa? –

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