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Le vittorie dei consoli
Le vittorie dei consoli
Le vittorie dei consoli
E-book37 pagine28 minuti

Le vittorie dei consoli

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Info su questo ebook

Una facile scalata al potere, l’annientamento di ogni opposizione e una lunga serie di guerre cosmiche. La brama del feroce tiranno Azatitt non conosce limiti, al punto da voler sfidare Dio in persona…
LinguaItaliano
Data di uscita30 mar 2018
ISBN9788867827848
Le vittorie dei consoli

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    Le vittorie dei consoli - Alessandro Forlani

    ALESSANDRO FORLANI

    LE VITTORIE DEI CONSOLI

    EDITRICE GDS

    Alessandro Forlani

    Le vittorie dei consoli

    Serie Scritture aliene

    Editrice GDS

    Via Pozzo 34

    20069 Vaprio d’Adda-Mi

    www.gdsedizioni.it

    Ogni riferimento descritto in questo romanzo a cose, luoghi o persone

    sono da ritenersi del tutto casuali

    Le vittorie dei Consoli

    Alessandro Forlani

    Ubi dictatorum gloriae,

    ubi consolum victoriae,

    ubi laureae triumphales,

    ubi decus immortale

    romanorum onorium?

    (Vanitas Vanitatum II – Contemptus Mundi)

    1.

    Hauranon guidò alla cima la sua banda di guerrieri, i cento uomini del clan Mafarka si schierarono sul colle. Aste e scuri degli armati scintillarono nel sole pallido; le crine equine degli elmi conici, le piume d'aquila e i capelli rossi scarmigliati da un vento freddo e velenoso di magia nera.

    Ai loro piedi scorreva verde, gonfio e generoso il grande fiume che ingravidava la Madre Terra su di un talamo di fango e zolle nere grasse e fertili: generava il farro e l'orzo, grano e girasoli, uve azzurre e smeraldine che sanguinavano vini eccellenti.

    Nei canneti lungo l'argine le raganelle ammutolirono.

    Il loro fiume, le loro rive e i loro doni degli déi.

    Da un altro colle pietroso e bruno che sovrastava la sponda opposta echeggiarono tamburi, corni e crotali del nemico; crebbe lo strepito dei canti rauchi di guerra e il percuotere di scudi con il bronzo delle spade. Il clan Hevallen salì marciando una sassosa mulattiera, trecento uomini della tribù si radunarono sulla cresta.

    Attorno al labaro spaventoso dello stregone Nikolassossen.

    – È dunque vero quel che si dice – Hauranon strinse i denti, raccapricciato dallo stendardo che gridava al cielo grigio. Era un grappolo di teste mozze decomposte ma ancora vive che bestemmiavano e maledivano e ululavano dolore e odio, appese a un'asta di legno nero ritorto e inciso di rune e croci. Il negromante vi si appoggiava quale orribile bordone; magro, vizzo, macchiettato di vecchiezza con quegli occhi laidi e cupidi che scintillavano dal cappuccio.

    Hauranon guardò i suoi uomini inghiottire e impallidire, mormorarono esorcismi; accarezzarono le sante effigi, gli amuleti e i talismani che legavano alla cintura e ostentavano appesi al collo. La malaria del terrore li imperlò di sudore freddo.

    – Che cos'è, – si stomacarono, – questo olezzo di putredine?

    Si tolse l'elmo, avanzò dai ranghi

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