Filosofia e politica di Antonio Labriola
Di Monia Giazzi
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Filosofia e politica di Antonio Labriola - Monia Giazzi
Monia Giazzi
FILOSOFIA E POLITICA
DI
ANTONIO LABRIOLA
Elison Publishing
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© 2016 Elison Publishing
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Via Milano 44
73051 Novoli (LE)
ISBN 9788869630606
CRONOLOGIA DELLA VITA E DELLE OPERE
1843 – Nasce il 2 luglio a Cassino.
1861 – Termina gli studi inferiori nell’abbazia di Montecassino. Si reca a Napoli, dove completa i suoi studi nella Facoltà di Lettere e filosofia. Incontro con Bertrando Spaventa.
1862 – Primo scritto filosofico: Una risposta alla prolusione di Zeller.
1866 – Termina la redazione della memoria Origine e natura delle passioni secondo l’Etica di Spinoza.
1866 – Sposa Rosalia De Sprenger, direttrice a Napoli della scuola Garibaldi.
1871 – Pubblica la memoria La dottrina di Socrate secondo Senofonte, Platone e Aristotele, premiata dall’Accademia di scienze morali e politiche di Napoli.
1873 – Pubblica Della libertà morale e Morale e religione.
1874 – Viene nominato professore straordinario di filosofia morale e di pedagogia all’Università di Roma.
1876 – Pubblica Dell’insegnamento della storia.
1877 – Assume l’incarico di professore ordinario di filosofia morale e pedagogia. Dirige il Museo di istruzione e di educazione del Ministero della Pubblica Istruzione.
1878 – Pubblica Del concetto della libertà.
1879-80 – Avvicinamento ai gruppi radicali e socialisti.
1886 – Candidato alle elezioni politiche per iniziativa di gruppi progressisti. La candidatura viene poi ritirata.
1887 – Il 28 febbraio, assunto l’incarico dell’insegnamento di filosofia della storia, pronuncia l’importante prolusione su I problemi della filosofia della storia e avvia una serie di lezioni sulla storia del socialismo.
1891-92 – Intensificazione dell’attività politica, con la fondazione (1892) del Partito Socialista.
1895 – Pubblica In memoria del Manifesto dei Comunisti, che è il primo dei Saggi intorno alla concezione materialistica della storia.
1896-97 – Prosegue la pubblicazione degli altri due saggi: Del materialismo storico. Delucidazione preliminare; Discorrendo di socialismo e di filosofia. Sono testi abbastanza complessi, la cui risonanza fu vasta anche fuori l’Italia.
1900-01 – Viene colpito da una grave malattia alla gola che gli impedisce di tenere lezione oralmente.
1904 – Il 2 febbraio, Labriola muore in una clinica romana, dopo un secondo intervento alla gola.
INDICE
INTRODUZIONE
CAPITOLO PRIMO
La vita intellettuale a Napoli agli albori del 1861
CAPITOLO SECONDO
L'influenza dell'hegelismo sulla formazione giovanile del Labriola
CAPITOLO TERZO
Le indagini su Spinoza e su Socrate e l'emergere del problema della libertà morale
CAPITOLO QUARTO
Avviamento alla Filosofia della Storia: l'individuo, la società, lo stato e i problemi della libertà
CAPITOLO QUINTO
L'idea di libertà
CAPITOLO SESTO
La filosofia della storia
CAPITOLO SETTIMO
La concezione materialistica della storia
CAPITOLO OTTAVO
L'eredità di Labriola
CONCLUSIONE
BIBLIOGRAFIA
INTRODUZIONE
La biografia di Antonio Labriola ha inizio dal momento in cui egli abbandona Montecassino{1} per trasferirsi a Napoli (1861) per completare i suoi studi universitari, all’età di diciott’anni. La famiglia Labriola, legata da vincoli di parentela ai Pagano{2}, ha dato il suo contributo alla lotta per la libertà contro il feudalismo borbonico, ed è unita da sincera amicizia agli Imbriani e agli Spaventa sui quali ha potuto contare nei momenti di più grave disagio economico. Inoltre Francesco Saverio Labriola,{3} padre di Antonio, era stato compagno di lotta dei fratelli Spaventa nei duri anni delle battaglie quarantottesche; e aveva pure collaborato con Bertrando, quando quest’ultimo volle ottenere la cattedra di filosofia nel collegio di Montecassino. Quindi Francesco Saverio poteva attendersi gratitudine e aiuto, in un momento di particolare bisogno per sé e per la sua famiglia.
Quando il giovane Labriola raggiunge Napoli ha di fronte a sé il più duro ostacolo: come poter continuare gli studi se il modesto stipendio di insegnante di suo padre non è sufficiente neppure a sopperire ai quotidiani ed elementari bisogni. Alle insistenze del padre e dello stesso Antonio, Silvio Spaventa, anche per intercessione del fratello Bertrando, non può offrire al giovane che un posto di applicato di pubblica sicurezza. Così, il 13 dicembre 1863 Antonio Labriola assume il posto di applicato di seconda classe nella pubblica sicurezza presso la Prefettura di Napoli. Bertrando Spaventa, che stimava il giovane Labriola, interviene ancora presso il fratello per alleggerire in qualche modo il peso del lavoro che il Labriola è costretto ad accettare. E anche questa richiesta fu esaudita, finché il 30 novembre 1865, superati gli esami, ottenne un incarico in materie letterarie al ginnasio. A fatica, quindi Antonio Labriola incominciava la sua carriera di professore. La formazione del pensiero di Antonio Labriola avvenne nell’incontro e nello scontro tra idealismo e positivismo. Lo stesso Labriola ha ripetutamente accennato al proprio processo formativo, riconoscendone il debito verso l’hegelismo e verso l’herbartismo{4} ma già questo doppio accostamento filosofico dovrebbe riuscire illuminante, permettendo di concludere che né Hegel né Herbart isolatamente presi possono aver condizionato in modo determinante il pensiero di Antonio Labriola. In realtà, Antonio Labriola ha ben presto identificato in Herbart un termine di riferimento che gli avrebbe permesso di reagire, in qualche modo, ai limiti dell’hegelismo vero e proprio, nell’atmosfera del quale egli aveva conosciuto i primi incontri con la filosofia, e l’esigenza organico-dialettica che non abbandonò mai del tutto, permettendogli non solo di arricchire la sua interpretazione dell’herbartismo, ma altresì, in seguito, di reagire con sicurezza alle infatuazioni positivistiche del suo tempo. Il processo della formazione del pensiero di Antonio Labriola doveva necessariamente porsi, da un lato, come accoglimento critico dei risultati dell’hegelismo spaventiano, soprattutto nel suo aspetto di affiatamento europeo e nella sua lezione politico-civile, anche sulla base della lunga, affettuosa consuetudine con gli Spaventa che accompagna la sua storia intellettuale e umana; dall’altro lato, doveva dare per scontato l’esaurimento dei motivi spiritualistici che avevano caratterizzato la filosofia italiana nella prima metà del secolo XIX. Quello dei neohegeliani napoletani era un programma di battaglia; speculativamente partiva in lotta contro quel municipalismo e quel borbonismo che, sconfitto dalla vita politica, tentava di resistere ancora, dissimulandosi, sotto specie di neutralità, nei vecchi indirizzi culturali e filosofici. Che l’hegelismo rappresentasse una grande forza rivoluzionaria se ne accorse Antonio Labriola quando, diciannovenne, si accinse a respingere la posizione dello Zeller e di quanti ritenevano Hegel un superato, per le astrazioni alle quali aveva messo capo la dottrina di questo filosofo, e proclamavano perciò un ritorno a Kant come salutare per la vita del pensiero, con l’assurda e orgogliosa pretesa di annullare la filosofia di Fichte, di Schelling e soprattutto di Hegel, il quale aveva rappresentato la coscienza teorica della Rivoluzione francese e, sul piano storico, aveva operato una vera propria rivoluzione in quanto si era fatto afiere, con Fichte, Schelling e anche Kant, dell’unità storico-culturale del popolo tedesco. Un ritorno a Kant, come proponeva lo Zeller, aveva un semplice valore filologico, ma soprattutto veniva a significare una pericolosa dimenticanza dell’hegelismo nei suoi significati storico-filosofici. Perciò la via maestra era quella di sviluppare il pensiero di Hegel nella sua parte più vera, cioè, in quella parte che considera l’unità del reale inteso nel suo svolgersi, lasciando da parte le astrazioni che, attraverso gli elaboratori dell’hegelismo avevano corrotto la dottrina facendole perdere ogni contatto col mondo storico. Antonio Labriola ebbe coscienza di questo importantissimo fatto, tant’è vero che la sua difesa di Hegel fu rivolta a mantenere in vita ciò che dell’hegelismo era vivo – la dialettica – e perciò suscettibile di ulteriore sviluppo in quanto si inseriva nel moto storico, anzi era la storia stessa. L’hegelismo è perciò una posizione importante nella biografia culturale del Labriola, poiché si tratta di una dottrina che lo accompagnerà durante il cammino dall’idealismo al realismo, dottrina che verrà usata in senso polemico contro quanti tenteranno di scindere la sua concezione unitaria dell’uomo, imperniata sul rapporto fra realtà e coscienza. Labriola da Herbart non accettò mai la pluralità e l’assolutezza dei reali, né l’idea del rapporto causale, né quello di inerenza, ma apprese da lui alcuni concetti, come quello intorno al valore della metafisica, e alcuni principi psicologici, etici, pedagogici, che egli poi sviluppò a suo modo. Non va dimenticato il rilievo contenutistico che Labriola ricavò da Herbart, e dall’herbartismo, al quale rimase particolarmente sensibile.
Rilievo contenutistico, che, inoltre, lo richiamò alla cognizione esatta di ciò che la filosofia non doveva essere; e cioè, né sommo e imperiale magistero sull’universo scibile, né semplice anticipazione del pensiero sull’esperienza naturale, storica e sociale. Fu, quindi, l’acquisizione dell’esatta dimensione dei limiti del pensiero che, con l’herbartismo, si venne a chiarire in Labriola, soprattutto per gli elementi antimetafisici che tale acquisizione recava con sé. Gli scritti del periodo giovanile{5} sono dei contributi seri, su problemi a lungo meditati nell’austera coscienza di chi cerca generosamente il vero, con animo scevro da ostentazione e da finalità immediate. Recano tutti l’impronta di un ingegno acuto e di una cultura profonda, di una mente superiormente dotata, elevatasi in armonico sviluppo di facoltà, ma rimangono ancora frammentari e slegati e forse incapaci di far sentire vicino il pensatore di eccezione. Tuttavia, nei rispetti della storia spirituale del Labriola, essi assumono un notevole valore indicativo: dell’accendersi di interessi nuovi, dell’accentuarsi di certe tendenze, del maturare di orientamenti a lungo nascosti e inavvertiti. Da tale ricostruzione è emerso il filo che segna le linee direttive dello sviluppo spirituale del Labriola: il suo ininterrotto interesse per il problema dell’uomo e della sua storia – interesse di immediata derivazione idealistica –; il suo distacco dalle formule astratte dei sistemi filosofici che pretendono tenere in pugno l’intuizione dell’universo, l’essenza e l’immagine delle cose, oppure che riducono la realtà alla pura idea o al puro pensiero, e l’avvicinarsi, sempre progressivamente, all’empirismo, sotto l’influsso della reazione herbartiana – avvicinarsi che non fu però mai un identificarsi –; il suo atteggiamento, sempre più coerente e consapevole e corretto, di fronte ai fatti dell’esperienza che non prese mai a se stanti, come entità fisse, ma che considerò in perpetuo divenire, come termini provvisori e fluidi di processi in atto; la sua concezione della filosofia come critica e correzione delle forme del pensiero, dei concetti fondamentali delle scienze particolari.
L’uomo che il Labriola studia si fa via via più concreto, più completo, più reale. Nel 1871, all’epoca dell’esame di libera docenza, il Labriola era, in fondo, ancora hegeliano in fatto di filosofia della storia e ammetteva il concetto dell’unità della storia, cui annetteva una direzione, un fine.
In seguito il Labriola fissa la sua attenzione sulla psicologia dei popoli del Lazarus e dello Steinthal, per i quali la psicologia deve essere completata e corretta dalla storia e allargata fino a comprendere una teoria del carattere umano nella forma che esso assume presso le diverse tribù e le differenti nazioni. Per Labriola, lo storico non deve limitarsi alla critica delle fonti e alla ricostruzione dei fatti, ma deve estendere la sua ricerca alle forze che li hanno prodotti. Ora si trattava di discendere più in fondo, di arricchire il quadro degli elementi che muovono la vita della società, di individuare le condizioni che determinano i motivi interni dell’attività umana.
Dalla sua esperienza personale emergeva l’esigenza di una interpretazione realistica della storia. L’opera di Marx gli fu di guida luminosa per meglio intendere e chiarire se stesso. L’adesione al marxismo non rappresenta dunque, per il Labriola, una deviazione dalla strada fino allora battuta, ma lo svolgimento conseguente di premesse contenute nel suo sviluppo anteriore, il coronamento felice di tutta una vita di pensiero, di un ininterrotto succedersi di sforzi e di tentativi. Da Socrate a Vico, da