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Il ragazzo che decise la guerra
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E-book309 pagine3 ore

Il ragazzo che decise la guerra

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Info su questo ebook

Un ragazzo semplice, come tanti.

Una crisi mai vista, complessa, alimentata artificialmente per privarci dei nostri diritti elementari.

La situazione che degenera in un paese che immediatamente si spacca.

Una guerra civile che si impadronisce dell’Italia, il paese dell’ex miracolo economico.

Una storia pensata e scritta dieci anni prima che la nostra crisi di oggi arrivasse sulle nostre teste.

L’autore descrive con largo anticipo fatti che oggi purtroppo conosciamo molto bene.

Pessimista del fatto che tendiamo a ripetere continuamente gli errori del passato, pronostica una ribellione.

Da li una guerra civile e infine ad una guerra vera e propria.

Il protagonista, figlio di un aviatore scomparso, si trova a cercarlo e a combattere.
LinguaItaliano
Data di uscita19 nov 2015
ISBN9788892519398
Il ragazzo che decise la guerra

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    Il ragazzo che decise la guerra - Vitaliano Franco Manetti

    I romanzi d’amore e d’avventura di

    Vitaliano Franco Manetti

    quarratino

    IL LIBRO

    Un ragazzo semplice, come tanti.

    Una crisi mai vista, complessa, alimentata artificialmente per privarci dei nostri diritti elementari.

    La situazione che degenera in un paese che immediatamente si spacca.

    Una guerra civile che si impadronisce dell’Italia, il paese dell’ex miracolo economico.

    Una storia pensata e scritta dieci anni prima che la nostra crisi di oggi arrivasse sulle nostre teste.

    L’autore descrive con largo anticipo fatti che oggi purtroppo conosciamo molto bene.

    Pessimista del fatto che tendiamo a ripetere continuamente gli errori del passato, pronostica una ribellione. Da li una guerra civile e infine ad una guerra vera e propria.

    Il protagonista, figlio di un aviatore scomparso, si trova a cercarlo e a combattere.

    L'AUTORE

    Vitaliano Franco Manetti, nasce a Vicenza il 14 Settembre 1941.

    Vive a Quarrata in provincia di Pistoia dalla fine degli anni Settanta.

    Ha lavorato da sempre nel settore bancario portando avanti nel tempo varie passioni, più o meno durature.

    Quella vera e che va avanti da sempre è lo scrivere romanzi e grazie ad un amico si è convinto a pubblicarli.

    Era giusto così ed era ora il momento di farlo.

    Vitaliano Franco Manetti

    IL RAGAZZO CHE

    DECISE LA GUERRA

    Copyright © 2015 Vitaliano Franco Manetti

    Tutti i diritti riservati

    Vitaliano Franco Manetti

    email: vitalianomanetti@gmail.com

    ISBN: 9788892519398

    Impaginazione e grafica: facilebook

    http://www.facilebook.it

    email: info@facilebook.it

    Quest'opera è protetta dalla Legge sul diritto d'autore.

    È vietata ogni duplicazione, anche parziale, non autorizzata.

    IL RAGAZZO CHE

    DECISE LA GUERRA

    Premessa

    Quarrata, Natale 2004.

    Ciò che è descritto in questo libro è pura fantasia… ma l’imbecillità dei potenti potrebbe trasformarlo in una dura realtà.

    Tempo fa, dopo aver assistito ad un dibattito politico televisivo dai toni estremamente accesi, sono andato a dormire ed ho fatto un sogno.

    I personaggi di questo romanzo non facevano parte di quel sogno, perciò qualsiasi riferimento a nomi o cose è puramente casuale,… ma tutto il resto era di un realismo più vivo della realtà stessa.

    Leggendo le prime pagine di questo romanzo potrebbe sembrare di volersi inoltrare in uno scritto di carattere politico o, addirittura, di parte.

    In realtà non è così.

    Ma, se si deve parlare di una ipotetica guerra futura, bisogna pur descrivere quali potrebbero esserne le premesse.

    °°°

    Che si tratti di leggenda o di realtà non è dato sapere. Ma sembra che Omero, dopo aver scritto l’Iliade, abbia affermato di aver voluto lasciare ai posteri la descrizione degli orrori che vengono commessi nel corso di una guerra affinché l’umanità si astenga dal ripetere errori come quello accaduto tra Achei e Troiani.

    La storia ci dice invece che tale intenzione è caduta totalmente nel vuoto. Ben sappiamo quante e quali orrende guerre sono nate da allora e quante ne siano in corso ancora oggi.

    Viene proprio da pensare che, all’uomo, la storia non sia mai riuscita ad insegnare nulla.

    1

    L’inizio di una brutta storia

    Il generale di squadra aerea Aristide Bagli entrò nel suo ufficio del comando della Regione Aerea Appenninica, presso la moderna Base di Borgo Panigale a Bologna derivata da un vecchio aeroporto civile.

    Scrutando attraverso il vetro della porta d’ingresso, si rese conto che il suo nuovo aiutante di campo era già all’interno dell’ufficio e lo stava aspettando, non seduto in poltrona davanti alla scrivania, bensì intento ad osservare una fotografia, incorniciata con semplicità, appesa alla parete.

    La fotografia ritraeva un ufficiale dall’aspetto molto giovane. Sembrava quasi un ragazzo. Tuttavia i fregi applicati alla sua divisa erano quelli di un maggiore e sembrava impossibile che quell’ufficiale, dalla fisionomia così giovanile, potesse aver raggiunto un così elevato livello della scala gerarchica a quell’età.

    Il colonnello sentì aprire la porta, si voltò verso di essa e, visto entrare il suo superiore, si mise sull’attenti battendo i tacchi in modo esagerato.

    «Buon giorno, signor generale. Sono il tenente colonnello Giorgio Aldrighetti. Ho avuto il piacere di essere nominato suo aiutante di campo. Ai suoi ordini, signore.»

    «Stia pure comodo, colonnello, si metta in poltrona.»

    «Grazie, signor generale.» rispose Aldrighetti, e si sedette.

    «Ha fatto buon viaggio?»

    «Un po’ movimentato a causa del brutto tempo… ma ne ho viste di peggio!»

    Bagli continuò per qualche tempo con i convenevoli, tanto per rompere il ghiaccio, e poi cominciò a spiegare al suo aiutante di campo che cosa si aspettava da lui e quali erano i compiti ai quali sarebbe stato attribuito.

    «Diciamo pure che, ad uno sguardo disattento, la base potrebbe sembrare perfettamente organizzata, ma, un esame approfondito potrebbe rivelare la necessità…»

    Mentre Bagli si profondeva in spiegazioni, l’aiutante di campo approvava con dei cenni del capo o rispondendo ogni tanto con un sissignore, ma Bagli gli stava ormai parlando da diversi minuti quando si accorse che Aldrighetti era irresistibilmente attratto dalla fotografia appesa alla parete.

    Interruppe le sue spiegazioni e, con tutta calma, posò la penna sulla scrivania e si girò anch’egli a guardare il ritratto.

    Aldrighetti si rese conto che la sua curiosità era stata notata.

    «Mi scusi, signor generale. Forse le ho dato l’impressione di essere distratto. Le posso assicurare che ho preso buona nota di tutto ciò che mi ha detto.»

    «Oh, ne sono certo, colonnello.… Quella foto la incuriosisce?»

    «Ecco… ciò che mi meraviglia è il grado applicato su quella divisa in rapporto all’età apparente della persona.»

    «E vorrebbe che io gliene parlassi?»

    «Non vorrei rubarle del tempo prezioso, signor generale.»

    «Non si preoccupi. Oggi non abbiamo nulla di particolarmente urgente da fare. Approfittiamone per fare una piccola lezione di storia.»

    Il generale si appoggiò allo schienale e cominciò il suo racconto.

    2

    Una trasmissione interessante

    Gianrico Baleni, ma tutti lo chiamavano semplicemente Rico, era seduto a tavola, in sala da pranzo. Era la sera del 10 Novembre 2020 e lui stesso aveva preparato tutto il necessario per festeggiare, anche se sobriamente, il suo diciannovesimo compleanno. La tavola era discretamente imbandita: tovaglia ricamata, piatti di finissima porcellana, bicchieri di cristallo, ovviamente nelle diverse misure e forme prescritte per il vino e l’acqua. Le posate erano di semplice acciaio, perché lui non sopportava quelle d’argento.

    Le portate, che lui stesso aveva preparato, erano quattro: antipasto toscano con crostini, tortelloni alla ricotta e spinaci, da condire con burro versato e salvia, costata alla fiorentina con contorno di cime di rape. A degna conclusione ci sarebbe stata una bella fetta di panettone, forse non molto in tono con la toscanità del menu, ma a lui il panettone piaceva troppo e lo preferiva a qualsiasi altro tipo di dolce.

    I bicchieri per il vino erano superflui perché sia lui che suo padre non bevevano alcolici.

    Ma suo padre non c’era. Era partito per una missione la sera prima. Sembrava si dovesse trattare di una cosa piuttosto veloce, infatti Rico era convinto che per la sera avrebbe potuto essere di ritorno. Invece suo padre non era ancora tornato.

    Sua madre lo guardava dalla grande fotografia con la cornice d’argento appesa alla parete di fronte. Era morta l’anno prima durante un bombardamento. Rico alzò gli occhi verso l’immagine della madre e la contemplò per qualche minuto. Ne aveva una nostalgia insopportabile e la sua mancanza lo spingeva ad un odio senza confini verso coloro che l’avevano fatta morire.

    «La pagheranno cara!» mormorò rivolto verso il ritratto della madre.

    Guardò la vecchia pendola accostata alla parete che suonava un rintocco. Erano le sette e mezzo di sera. Fuori era ormai buio. Accese la televisione e la sintonizzò sul canale patriottico Federalismo poiché sapeva che stava per trasmettere un repertorio storico degli avvenimenti accaduti negli ultimi decenni.

    Forse, assistendo alla trasmissione, sarebbe riuscito a capire come avesse fatto l’Italia ad entrare in tutto questo casino. Mentre stava ultimando i preparativi della cena sentì lo speaker dare il via alla trasmissione.

    La premessa era la nascita, verso la fine degli anni ‘70, nel nord dell’Italia, di alcune piccole associazioni politiche, la cui vocazione era il federalismo, da contrapporre al centralismo che, dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, aveva creato un mondo politico saturo di corruzioni che erano costate sudore e sangue al popolo italiano.

    Gli embrioni di tali associazioni avevano preso vita da cittadini ormai insofferenti del prolungato malcostume dilagante nella politica ufficiale del sistema centralistico italiano.

    Un successivo passaggio ricordò il fatto che, nel corso dei dieci anni successivi, tutte queste associazioni, una volta sviluppatesi, riunendo un sempre maggior numero di sostenitori, si erano coese formando così un unico partito politico.

    Lo speaker narrò, con abbondanza di particolari, le iniziative che ebbero vita dal nuovo movimento, che, tra l’altro, scatenava l’astio, neppure tanto velato, delle vecchie formazioni politiche, sia di sinistra che di destra. Il nuovo movimento federalista fu protagonista di varie vicende politiche, compresa la partecipazione a più periodi legislativi nei quali ebbe modo di far apprezzare ai cittadini la propria attività in difesa dei loro interessi istituzionali.

    Alla fine degli anni ’90 l’Italia era entrata a far parte della cosiddetta Europa Unita, spinta soprattutto dai politici della sinistra, ma, praticamente, senza l’opposizione di quelli di destra. All’inizio del nuovo millennio l’Europa aveva adottato come unica moneta di scambio l’Euro. I federalisti furono l’unica forza politica a dimostrarsi coscienti della pericolosità economica e finanziaria di tale mossa.

    Dopo pochissimi anni di vita comunitaria ci si era accorti che questa iniziativa stava portando alla rovina tutti i paesi partecipanti. Il motivo era soprattutto uno: l’Europa, regolata da una moneta forte, non riusciva a rendersi conto che le merci prodotte nella comunità erano effettivamente di primissima qualità, ma entravano nei mercati ad un costo altissimo e, quindi, ad un prezzo assolutamente non competitivo.

    Prima di dare corso al nuovo mezzo di scambio L’Europa avrebbe dovuto creare una barriera di misure protezionistiche per impedire che le merci e la manodopera dei paesi extracomunitari, aventi prezzi e costi molto più competitivi, anche se di qualità inferiore, invadessero il mercato europeo, uccidendo le imprese comunitarie, a partire da quelle italiane, cioè da quelle della nazione produttivamente più debole.

    Lo speaker ricordò che, prima di entrare nel sistema europeo e di accettare di entrare nell’ambito della nuova moneta, in tutti i paesi c’erano stati molti dibattiti. In Italia però solo i federalisti avevano messo in guardia i cittadini sul fatto che l’Euro si sarebbe rivelato una moneta troppo forte e che, non solo avrebbe respinto dal nostro paese gli investimenti esteri, ma avrebbe addirittura invogliato fortemente gli imprenditori italiani a portare le proprie attività fuori dai confini nazionali.

    Un paio d’anni prima dell’ingresso nell’Europa Unita, ricordava ancora lo speaker, i federalisti avevano suggerito che, per risollevare le sorti del cosiddetto Mezzogiorno, dovevano essere istituiti due tipi di Lira, la vecchia moneta italiana, una lira pesante ed una lira leggera, cioè svalutata.

    La lira leggera sarebbe stata la moneta del Mezzogiorno. Essendo più debole della lira pesante, avrebbe attirato nell’Italia del Sud capitali freschi, sia italiani che stranieri.

    Le reazioni degli altri partiti politici a questa proposta furono le più infamanti che potessero comparire nei comunicati politici e sui giornali. Accuse di razzismo e di secessionismo piovvero sulla testa dei federalisti, perfino da parte di partiti che in altri momenti si erano addirittura dichiarati loro alleati.

    Lo speaker fece una dichiarazione che doveva imprimersi bene nella mente di Rico: … oggi insigni economisti stranieri sono concordi nell’affermare che i federalisti avevano assolutamente ragione. D’altra parte la proposta era basata su un naturale meccanismo economico-finanziario: una moneta debole attira investimenti stranieri verso il paese che utilizza quella moneta. Una moneta forte, viceversa, li respinge.

    Rico accese la luce della piantana a densità variabile. I tre faretti puntati verso il soffitto della stanza diffusero una tenue luce biancastra.

    Avvolse il piatto ovale dell’antipasto con la pellicola trasparente e lo ripose nel frigorifero. Poi si sistemò più comodamente davanti alla tavola, si mise un tovagliolo sulle ginocchia e tolse il coperchio dalla zuppiera nella quale aveva condito abbondantemente i tre etti di tortellini. Col cucchiaione di porcellana ne tolse circa la metà dalla zuppiera e se li mise nel piatto.

    Lo speaker di Federalismo continuava imperterrito. Parlò dei primi tracolli nel mondo della Comunità dell’Euro.

    "… Pur di fronte all’evidenza, pochissimi vollero ammettere i danni che la nuova moneta stava provocando. La propaganda delle sinistre, che avevano voluto l’Euro a tutti i costi, diffondeva ragionamenti demagogici sulle responsabilità dei governi retti dalla destra. La destra si difendeva respingendo alla sinistra l’insensata cieca volontà di entrare nel sistema dell’Euro a tutti i costi…"

    … Nonostante la diversità di vedute, tuttavia, molti politici cominciarono ad avviare proposte di modifiche al sistema italiano, modifiche che portassero verso il sistema federalista…

    "… Verso il 2015 alcuni paesi europei, un po’ alla volta, pur senza uscire dal sistema dell’Euro, ripristinarono le vecchie valute sganciandone la parità dalla moneta centrale. L’Italia fu tra le ultime. La sinistra, ritornata ormai al governo, cercò con ogni mezzo di convincere le altre nazioni a soprassedere alla loro decisione, a ripensarci, che ora che c’erano loro al governo le cose sarebbero andate ben diversamente…"

    … Ma i dubbi e i timori espressi a suo tempo dai federalisti si rivelarono inevitabilmente giustificati. L’Euro affossò irrimediabilmente l’economia di molte nazioni comunitarie…

    Rico aveva finito il suo piatto di tortellini, ma non aveva voglia di andare avanti con la cena. Comunque attaccò distrattamente la sua costata con le cime di rape e cercò di concentrarsi sul programma.

    … L’Italia uscì dall’epoca europea a pezzi. Dopo il 2017 la miseria cominciò ad imperversare ovunque… Continuò lo speaker. E ricordò i tempi in cui, non c’era più lavoro nemmeno al nord. Molti meridionali se ne ritornarono al sud. Si riaprirono i canali dell’emigrazione verso le Americhe.

    … Anche gli extracomunitari, che nei primi anni del duemila avevano invaso l’Italia grazie alle frontiere spalancate loro dai politici di sinistra, cercarono di andarsene, tra mille difficoltà, nonostante fossero frenati anche dalle maledizioni dei loro capi politici e, soprattutto, religiosi, in particolare i musulmani, che avrebbero voluto far dell’Europa la loro grande conquista…

    … Nonostante tutte le disgrazie piovute sugli italiani, i politici di entrambe le parti non fecero che buttare benzina sul fuoco. Gli animi a quel punto erano più che surriscaldati. Sarebbe bastata una scintilla e le cose avrebbero preso la piega peggiore…

    … E la scintilla scoppiò…

    "… Il 13 settembre del 2018, a Brescia, durante un’assemblea pubblica organizzata dai Federalisti, ci fu un attentato con un numero altissimo di vittime. L’attentato fu rivendicato da una formazione terroristico-religiosa pseudoislamica…"

    "… Incredibilmente, per una serie di circostanze fortuite, i terroristi furono tutti catturati, forse perché avevano rinunciato ad agire con la tecnica dei kamikaze…"

    …La popolazione della città, inorridita dalla bestialità dell’azione terroristica, insorse, si armò e travolse le forze dell’ordine che cercavano di opporsi, prese i ventidue terroristi prigionieri che furono trascinati contro il muro di cinta del carcere. Gli sciagurati furono fucilati senza processo. Il prefetto venne espulso dalla provincia…

    "… Il segretario provinciale dei Federalisti, Giulio Beretta, fu nominato capo del governo provvisorio della nuova Nazione Lombardia Indipendente, che, però, racchiudeva la sola provincia bresciana…"

    … Mentre la popolazione armata, nell’eccitazione di vendicare le vittime dell’attentato, ne combinava di tutti i colori, Beretta era consapevole che ci sarebbe stata una violentissima reazione del governo italiano e la prima cosa che fece fu di istituire un piccolo esercito per la difesa del suo territorio da eventuali rappresaglie. Requisì tutti gli aerei militari e civili che si trovavano in quel momento nei due aeroporti bresciani, per fortuna ben forniti. Le forze dell’ordine ed i militari della provincia furono convinti, con le buone o con le cattive, a far parte del nuovo esercito, che, comunque, raccolse numerosissimi volontari esterni…

    … Le altre città della Lombardia e del Veneto esitarono per qualche giorno. Ma in breve, come per una reazione a catena, seguirono l’esempio di Brescia. Prima Bergamo e Verona, poi Cremona, Vicenza, Milano, Mantova e, via via, tutte le altre. Dopo qualche giorno anche le province piemontesi, liguri ed emiliane aderirono al nuovo vento indipendentista. Al contrario, le singole città di Venezia e Genova decisero di rimanere centraliste e occuparono tutta la costiera adriatico-veneta e tirrenico-ligure per impedire ai federalisti di avere uno sbocco sul mare…

    "… Si formò così un insieme di nazioni che si unirono per formare lo Stato Federale. l’Occidente formato da Piemonte e Valle d’Aosta, la Lombardia, che da sola si costituì nazione, il Veneto nel quale si riunì tutta la gente Veneta, Trentina, Altoatesina e Friulana, l’Appenninia che riunì l’Emilia, le Marche, le province di Pistoia, Lucca e Massa-Carrara…"

    … Il primo atto di guerra effettiva fu la reazione del governo centralista italiano. Il suo esercito non era ancora preparato per un attacco frontale. Tutto ciò che si trovava nelle nazioni indipendentiste, fanteria, aeronautica, carri armati e quant’altro, era rimasto nelle mani dei nuovi governi federalisti. Non rimaneva che un atto di forza brutale, un meritato castigo per chi si era ribellato…

    … In una notte senza luna Pistoia era stata attaccata di sorpresa da un numero altissimo di aerei ed aveva subito una notevole devastazione. Almeno diecimila civili erano morti. Si seppe che gli aerei erano decollati dalle basi di Pisa e di Grosseto. Pistoia era una tranquilla città indifesa che non avrebbe mai pensato di rappresentare un obiettivo da attaccare…

    … La risposta dello stato federalista non si fece attendere. Anche le sue Forze Armate erano ancora tutte da organizzare. Ma con un’azione via terra, tra mille difficoltà logistiche, fu attaccato e conquistato l’importante porto militare di La Spezia. Nel porto erano ormeggiate sei piccole navi da guerra che entrarono a far parte delle forze armate federaliste insieme con i loro equipaggi. L’operazione durò cinque giorni…

    … Le perdite furono altissime da entrambe le parti, si parlò di almeno venticinquemila morti, ma lo Stato Federalista aveva così conquistato quello che doveva essere il suo principale sbocco al mare. Però la carneficina fu tale che da allora le due parti non fecero che scambiarsi attacchi aerei, per così dire, dimostrativi…

    … Era opinione degli studiosi di tattica militare che i centralisti avessero perso La Spezia perché in realtà erano convinti che la reazione all’attacco contro Pistoia sarebbe stato un massiccio contrattacco su Firenze e tutte le difese possibili erano state concentrate nel capoluogo toscano…

    Rico ritenne di aver sentito tutto ciò che gli interessava. Prese il telecomando e cambiò canale per ascoltare il telegiornale sul network nazionale.

    3

    Una brutta notizia e una decisione inevitabile.

    Il notiziario era appena cominciato. La trasmissione iniziò con le ultime novità sulla guerra.

    … La diplomazia estera, che cerca di promuovere la riappacificazione tra lo Stato Federalista e l’Italia Centralista, sembra arrivata ad un punto morto… diceva lo speaker.

    Il signor Beretta, premier dello Stato Federalista, ha ritenuto che le garanzie offerte dall’Italia Centralista fossero semplicemente ridicole ed ha deciso che il conflitto continuerà. I rappresentanti della Repubblica Italiana Centralista hanno dichiarato che la loro pazienza è al limite e che non si faranno più tanti scrupoli. Se lo Stato Federalista vuole continuare il conflitto, questo continuerà fino alla totale disfatta dei Federalisti…

    Il secondo servizio parlava di una incursione di una dozzina di aerei, con lo stemma dei Federalisti, sulla base militare di Avezzano, ma, secondo le fonti italiane, erano stati respinti e dispersi dalla forte contraerea. I danni subiti dalla base erano minimi. Le fonti federaliste dicevano invece che i danni erano ingenti e quindi l’attacco doveva ritenersi soddisfacente, anche se tre MB715 non erano tornati alla base.

    Rico stava concentrandosi su quella notizia, ma in quel momento lo squillo del cellulare lo fece sobbalzare.

    «Pronto?» rispose, attivando la comunicazione e guardando il video.

    «Ciao, Rico! Come stai?»

    «Bene, grazie, comandante Bagli! E lei come sta?»

    «Non c’è male!»

    «Dica, comandante. C’è qualche novità?»

    «Purtroppo sì! So che oggi è il tuo compleanno e preferirei darti notizie

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