Il Discepolo. "Colui che nel tempo tutto può".
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Info su questo ebook
Matteo dopo aver abbandonato la carriera militare decise di legarsi ad una setta segreta chiamata l’Agenzia dell’Immacolata (che ha sede a Castel Sant’Angelo a Roma proprio all’interno della Chiesa Cristiana) con lo scopo di custodire un importante segreto e una scoperta fatta negli anni, relativa ad alcuni portali spazio-temporali. Il tutto è scaturito dal ritrovamento di un antico manufatto, che ha il potere di cambiare il destino di chi ne entra in possesso.
Il racconto è ricco di intrighi, spionaggio, misteri, il tutto è ambientato tra le città di Firenze e Roma, con una piccola variante in Grecia sull’isola di Creta e nel finale nella regione dello Yucàtan in Messico, per poi fare tuffo nel passato nell’era dei Maya, Il Discepolo, è, appunto il custode del segreto ma soprattutto è il guardiano del “passato”che agisce nel “presente”.
Diversi sono gli attori in gioco ma tra tanti chi sarà il prescelto che dovràproteggere e conservare, anche a costo della sua stessa vita, questo segreto? Lo scoprirete leggendo!
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Anteprima del libro
Il Discepolo. "Colui che nel tempo tutto può". - Matteo Marocchi
Marocchi
Il Discepolo
Colui che nel tempo tutto può.
Prefazione
È con sincera ammirazione che mi accingo a scrivere la prefazione di questo interessante scritto. Quando Matteo Marocchi mi ha contattato proponendomi di partecipare, con un contributo in lettere, a questo suo primo racconto, ho accolto la proposta con piacere e con un sorriso, senza nascondere un accenno di timore reverenziale dovuto all’importanza emotiva che può generare un esordio nei riguardi dell’autore che ammiro per la sua costante ricerca di stimoli e per la sua voglia di mettersi in gioco, sempre.
La storia che andrete a leggere è ambientata nel 1977, tratta di intrighi e misteri, fughe e passioni. Verrete avvolti e accarezzati dal fascino di città di indiscutibile bellezza quali Roma e Firenze, per poi sfiorare l'incantevole isola di Creta e quindi sorvolare l’oceano in un viaggio a ritroso nel tempo per giungere nell'enigmatico Yucatán, in Messico.
Il protagonista è Matteo, Matteo Ruspanti, ex militare e confratello dell’Agenzia dell’Immacolata, una misteriosa setta istituita dalla Chiesa cattolica, custode di un oscuro e pericoloso segreto riguardante la scoperta di alcuni portali spazio temporali che rischia di cambiare le sorti dell’ intera umanità. Riuscirà Matteo a proteggere e conservare, anche a costo della sua stessa vita, questo segreto? Sarà davvero lui il prescelto, il discepolo, custode unico del tempo? Lo scoprirete leggendo!
Pierpaolo Tagliaferri
Autore del libro Il mio silenzio
Tutti i fatti occorsi in questa opera, personaggi, situazioni, sono completamente frutto della mia immaginazione, così come alcuni luoghi, ogni riferimento scaturito da questo racconto è puramente casuale.
L’Autore
Matteo Marocchi
"Ognuno di noi ha sogni e fantasie,
ma non è possibile vivere di soli sogni e fantasie,
perché è il tempo colui che ci tradisce."
(Matteo Marocchi)
Roma, 15 gennaio 1977 Piazza di Spagna ore 08:30,
bar Centrale.
«Ehi, Gianni! Buon giorno, ben rivisto!» esclamò Riccardo Ruspanti.
Riccardo era un uomo alto sulla sessantina, nonostante i capelli bianchi il suo viso liscio dimostrava dieci anni di meno. Dopo una vita trascorsa nel Esercito italiano in qualità di Ufficiale era andato finalmente in pensione e da allora tutte le mattine, alla stessa ora si recava al Bar Centrale per la consueta colazione: caffè e cornetto. L’ex ufficiale passava le sue giornate in attesa del figlio Matteo perso di vista da circa dieci anni dopo che la madre Lucilla era morta a causa di un tumore maligno.
Matteo era ormai un uomo di trentatré anni ma non aveva reagito bene alla morte della madre e ne aveva dato la colpa al padre perché non era in grado di aiutarla nel momento del bisogno, in quanto era lontano da casa e il tumore l’aveva debilitata e in parte resa non autosufficiente.
«Buongiorno Capitano, il solito per lei questa mattina vero?»
Gianni il barista, era anch’esso un uomo di statura alta e coetaneo di Riccardo, mostrava sul suo viso i segni della guerra passata da ragazzo, al fronte a combattere in prima linea, i suoi segni erano diverse cicatrici causate da schegge di una granata esplosa nei suoi dintorni mentre cercava di mettere al sicuro un suo commilitone ferito. Il suo bar si trovava nella piazza centrale e ne prendeva appunto il nome; l’attività gli era costata sacrifici e sudore nei tempi del congedo del dopoguerra.
Il bar si trovava al piano terra del palazzone antistante la famosa scalinata; un’ entrata spartana, qualche tavolo con attorno poche sedie, un jukebox che in quel momento suonava Maledetta Primavera
, un bancone in legno pregiato (tirato a lucido) dove venivano servite le varie consumazioni ai clienti, su di esso vi era un distributore a forma di palla di chewingum, sulla parete a destra del bancone un espositore di patatine e accanto un flipper di Superman spento con un cartello con su scritto guasto
, un telefono a gettoni attaccato al muro ed un separé che poteva leggermente custodire la privacy di un utente, le pareti cosparse di molte foto del fronte dove aveva prestato servizio.
«Gianni, stamane la stupisco … non mi sento molto bene, un thè caldo per favore. Ha letto la notizia sul giornale del ritrovamento di un antico oggetto che sembra risalire all'età dei Maya? Questa cosa non mi fa stare molto bene.»
«No Capitano» Gianni nei modi scherzosi e confidenziali spesso chiamava il suo amico con il grado che aveva rivestito quando era in servizio e spesso entrambi si davano addirittura del Lei.
«Ma davvero lei crede che sia una notizia così a farla sentire male? Sarà il freddo, recentemente ho letto che quest’anno lo è più del solito. Ahahah, dai Capitano una notizia non ci fa star male! A meno che non sia una notizia della perdita di un parente, allora sì che si sta male, e comunque no, non ho ancora avuto modo di leggere il giornale … mi dica, cosa rende la notizia così interessante?»
«Si avvicini Gianni, le faccio vedere. Ecco, vede? C’è anche una foto dell'oggetto.»
Nell’immagine raffigurata sul giornale si vedeva un cerchio e delle piramidi ordinate a formare una croce al qui centro era posto un occhio con delle ali. Il giornale era in bianco e nero e, ovviamente, non era molto facile distinguerne i particolari.
«Ah, bene Capitano si tratterà di una moneta, qui nell'articolo parla di un oggetto, ma senza specificare nulla in particolare. Gli unici dati utili sono il luogo del ritrovamento, cioè le campagne di Firenze, e che l'oggetto potrebbe essere di origine Maya visto l’entità delle piramidi.»
«Gianni aspetti che le faccio vedere una cosa.»
Il Capitano mise una mano nella tasca interna della giacca e prese un portafoglio e ne tirò fuori una foto, «Guardi qui, questa foto ce la fecero al fronte in Grecia alla fine della Guerra: quello al centro sono io, alla mia destra il Tenente Nicola Rosdi e alla mia sinistra il Sergente Armando Rigoni.
Guardi anche la statua dietro di noi.»
«Cavolo é la stessa immagine del giornale! Ma come è possibile, cosa significa? Qui eravate in Grecia nel '46, sono passati trent’anni come ci è arrivata a Firenze?»
«Non lo so ma di certo è qualcosa di più di un semplice simbolo. Lei mi conosce quando il mio sesto senso dice che qualcosa non quadra, ahimè difficilmente sbaglia.»
«Capitano conosco quello sguardo, a cosa sta pensando?»
«Ancora non lo so, ma questo ritrovamento ha dell'incredibile.»
«Ecco il suo thè Capitano.»
«Grazie Gianni, senta potrebbe metterlo sul tavolo? Vorrei continuare a