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Perchè muoiono gli eroi?
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E-book102 pagine1 ora

Perchè muoiono gli eroi?

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Info su questo ebook

La tragedia devastante e drammatica è in agguato.

La morte improvvisa del nostro campione sportivo o "eroe" è un dramma che

non vorremmo accettare mai e quando accade si porta via anche una parte di noi,

del nostro io bambino, a cui hanno tolto in modo devastante il suo giocattolo

preferito.

Peggio.

Hanno ucciso il mio eroe, il campione in cui mi individuo, l'atleta che mi fà

sognare e ho imparato a santificare per le emozionanti gesta sportive che ha

saputo regalarmi.
LinguaItaliano
Data di uscita29 dic 2015
ISBN9788892534391
Perchè muoiono gli eroi?

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    Perchè muoiono gli eroi? - Alessandro Troiani

    Note

    PREMESSA

    La tragedia devastante e drammatica è in agguato. La morte improvvisa del nostro campione sportivo o eroe, è un dramma che non vorremmo accettare mai e quando accade si porta via anche una parte di noi, le nostre emozioni, il nostro io bambino, al quale hanno tolto in modo devastante, il nostro giocattolo preferito.

    Anzi, peggio.

    Hanno ucciso il mio eroe, il campione in cui mi individuo, l’atleta che mi fà  sognare e che ho imparato a santificare per le emozionanti gesta sportive che ha  saputo regalarmi.

    Ho visto Villeneuve morire in Tv, ma  non avrei mai pensato di scattare l’ultima foto ad Ayrton Senna, 90 secondi  tragico schianto mortale e di conseguenza vivere il dramma di Imola, lì sul posto.

    INDICE

    1)   

    L’indifferenza di Herrera, la fine di TACCOLA.

    2)   

    L’equivoco di RE CECCONI.

    3)   

    Una bolla nel sangue, addio

    a PETERSON.

    4)   

    In campo con la febbre, RENATO CURI.

    5)   

    Il sogno infranto di PALETTI.

    6)   

    La lama spezzata per SMIRNOV.

    7)   

    L’ultimo volo dell’aviatore VILLENEUVE.

    8)   

    Il rogo di DE ANGELIS.

    9)   

    Lo sparo di DI BARTOLOMEI.

    10)

    Imola maledetta: vola un’ala, vola una vita: RATZENBERGER.

    11)

    Imola maledetta: Lo sterzo non gira, lo schianto di SENNA.

    12)

    La distruzione di PANTANI.

    13)

    La passione infinita di ALBORETO.

    14)

    La tragedia di MOROSINI.

    15)

    Le malattie di SIGNORINI  e BORGONOVO.

    16)

    L’ultima piega del SIC.

    17)

    L’ultima battuta, BOVOLENTA.

    18)

    Un trattore giallo e la fine,

     J. BIANCHI.

    19) Un tradimento e la dannazione di PIRONI.

    ​L’indifferenza di Herrera, la fine di TACCOLA.

    Giuliano Taccola, centrocampista della Roma anni settanta allenata dal mago Helenio Herrera, era un talentuoso calciatore, che con la maglia giallorossa stava diventando un grande giocatore e il suo utilizzo in campo era imprescindibile

    Una domenica durante la trasferta di campionato contro il Cagliari non si sentì bene.

    Era debilitato dalla febbre.

    Da tempo aveva la febbre e gli furono asportate le tonsille per tentare di risolvere la situazione.

    Ma la febbre persisteva, tanto che Taccola era sempre più debole.

    Il medico sociale della Roma, consigliò di tenere il giocatore a riposo per risolvere attentamente il problema, ma il tecnico Herrera da quell’orecchio non sentiva, per lui Taccola stava bene e regolarmente veniva convocato.

    Taccola era indispensabile per quella Roma e sistematicamente gli facevano un’iniezione di un qualcosa (doping?) e lo rimandavano in campo.

    Quella domenica, era il 16 marzo del 1969, dopo la sgambata del mattino e l’allenamento del sabato sotto le intemperie, Taccola si sentì male.

    Fu mandato in tribuna da Herrera e assistette alla partita con la febbre che lo stava devastando.

    Ripeteva a chi gli stava di fianco: Accidenti, stò morendo, ma non mi credono che sto male!.

    Rientrò nello spogliatoio claudicante, Sergio Santarini si tolse dal lettino dei massaggi per far sedere Taccola, ma improvisamente il suo cuore cessò di battere e restò disteso su quel lettino, morto!

    Un tentativo estremo di somministrargli antibiotici, ma ormai non c’era nulla da fare.

    Morì per un attacco cardiaco dovuto a un’infezione.

    Herrera, con inaudito cinismo decise di non dar peso alla cosa e ordinò di rientrare al più presto a Roma e riprendere subito gli allenamenti per preparare le partite successive.

    Saputo del comportamento del Mister, alcuni tra i giocatori più carismatici tra i quali Ciccio Cordova, presero per il bavero Herrera e quasi lo linciarono, restando al capezzale dello sventurato compagno.

    Herrera insisteva nel lasciare lì la salma e ripartire come niente fosse cercando la concetrazione della squadra.

    Saputa la cosa il Presidente Marchini e il vice Dino Viola da Roma ebbero non pochi problemi a far cambiare idea all’allenatore che infastidito sbottò: Così finisse el calcio!.

    Si scoprì successivamente che Herrera usò anche l’arma del ricatto contro Giuliano Taccola, che avendo fatto investimenti importanti, sembrava avesse bisogno di soldi.

    Il Mister sapendo la cosa, convertì i premi partita in base alle presenze sul campo.

    Sicchè a Taccola avrebbe detto: Vedi tu non giochi, e allora niente dinero….

    Tra smentite e affermazioni Taccola quindi fu costretto a giocare anche da malato.

    Tra le ipotesi più inquietanti e mai chiarite, la possibilità che la sua morte sia dovuta ad un’infezione diffusa, causata da un ago infetto.

    ​L’equivoco di RE CECCONI.

    A metà degli anni ’70, in pieno periodo di attentati terroristici, era consueta abitudine che a Roma i calciatori di Roma e Lazio, girassero armati.

    Ma la cronaca dell’uccisione di Luciano Re Cecconi, ha a che fare con un colpo di pistola, sparato non da un calciatore, ma da un gioielliere.

    Era una sera d’inverno, Luciano Re Cecconi, detto l’Angelo biondo, talentuoso centrocampista della Lazio scudettata di Maestrelli, insieme al suo compagno Pietro Ghedin ed a un amico comune, si recano nella gioielleria del signor Tabocchini, nel quartiere Fleming a Roma.

    Quella sera era freddo a Roma, i calciatori avevano appena terminato l’allenamento e Re Cecconi che era fermo, infortunato da alcune settimane, era ormai pronto per tornare in prima squadra.

    Tirava molto vento e i tre tenevano il bavero del cappotto alto per proteggersi dalle sferzate.

    La cronaca, mai confermata riporta che i calciatori volessero fare uno scherzo al gioielliere, specie Re Cecconi, a cui piaceva scherzare sovente: Mani in alto, questa è una rapina! disse qualcuno dei tre.

    Doveva essere uno scherzo, tra amici.

    Fu un equivoco invece, un terribile equivoco.

    Erano tempi difficilissimi per Roma, tra delitti, rapimenti e sparatorie, la tensione, sul finire degli anni ’70 era alle stelle.

    Il gioielliere non capì e non perse tempo.

    Vittima nel recente passato di rapine, con estrema freddezza premette il grilletto, centrando in petto Re Cecconi.

    Lo sfortunato calciatore laziale, stramazzò al suolo dicendo prima di spirare: …era solo uno scherzo!.

    Tabocchini fu

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