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Forse non tutti sanno che la grande Roma…
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E-book510 pagine5 ore

Forse non tutti sanno che la grande Roma…

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Info su questo ebook

Curiosità, storie inedite, aneddoti storici e fatti sconosciuti del mito giallorosso

Un libro intriso di aneddoti e curiosità attraverso i quali il lettore naviga lungo la leggendaria e appassionante storia della squadra giallorossa. Ogni sezione è organizzata cronologicamente, per raccontare i pilastri sui quali la squadra più amata di Roma ha costruito le sue gesta. Gesta che non faranno fatica ad appassionare chi ha già il cuore tifoso, ma anche chi simpatizza per questa squadra incredibile, magari lontano da Roma. Perché questa è una grande storia d’amore per il calcio, una passione che prende forma attraverso novant’anni di partite. Non solo i calciatori, quindi, ma anche gli striscioni, la tifoseria, le coppe sfiorate e gli scudetti vinti, l’immaginario popolare e, soprattutto, la grande Curva Sud, da moltissimi considerata la dodicesima maglia della squadra. La Roma, insomma, non si tifa esclusivamente allo stadio ma si respira nei bar, si percepisce per le strade e, soprattutto, si porta sempre sempre sempre nel cuore.

Mettete alla prova la vostra fede giallorossa con le storie più curiose che abbiate mai sentito sulla magica

Tra i temi trattati:
• Masetti, il numero 1
• La prima di Totti
• Le orecchie di Marco
• “Il tacco di Dio”
• “Bello de nonna”
• Uno come viola
• Campione del mondo
• Mazzone uno di noi
• Addio a Franco Sensi
• La Chiesa al centro del villaggio
• I primi sfottò alla Lazio
• Poesie sul cemento
• Belli e Trilussa in curva sud
Claudio Colaiacomo
è nato a Roma nel 1970. Laureato in Fisica, dirigente d’azienda, coach professionista e counselor. I suoi interessi spaziano dalla storia di Roma antica e moderna, la cultura popolare romana e il dialogo tra scienza, filosofia e religione. È sposato e vive a Roma. Con la Newton Compton ha pubblicato Il giro di Roma in 501 luoghi, Roma perduta e dimenticata, I Love Roma, Keep calm e passeggia per Roma, Il romanzo della grande AS Roma, Il libro dei viaggi nel tempo di Roma e Forse non tutti sanno che la grande Roma… 
LinguaItaliano
Data di uscita23 nov 2018
ISBN9788822726810
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    Anteprima del libro

    Forse non tutti sanno che la grande Roma… - Claudio Colaiacomo

    617

    Prima edizione ebook: dicembre 2018

    © 2018 Newton Compton editori s.r.l., Roma

    ISBN 978-88-227-2681-0

    www.newtoncompton.com

    Realizzazione a cura di Librofficina

    Claudio Colaiacomo

    Forse non tutti sanno che la grande Roma…

    Curiosità, storie inedite, aneddoti storici e fatti sconosciuti del mito giallorosso

    Illustrazioni di Fabio Piacentini

    Indice

    Introduzione

    1. Gli atleti

    Per la prima volta in rete

    Rapetti… Rapetti chi?

    La meteora Landolfi

    Ferraris IV

    Pierino il primo

    Volk

    Fulvio Bernardini, dottore alla Bocconi

    Ferraris azzurro

    Gli argentini che arrivano

    Eugenio Provvidente

    …gli argentini che fuggono

    Masetti, il numero 1

    La pozione magica di Donati

    Il barista con le mani d’oro

    Mario Forlivesi

    Galli come Totti

    Alcide Ghiggia

    L’orchestrina di Core de Roma

    Il calcetto velenoso di Lojacono

    Esordio di De Sisti

    Arriva Fabio Capello

    L’ultima di Losi

    Giuliano Taccola

    Di Bartolomei: un provino felice

    La prima di Conti

    Moggi porta Pruzzo a Roma

    Ancelotti: una scoperta del figlio di Liedholm

    Arriva Falcão

    La prima rete di Falcão

    Cross di tacco

    Conti e Ferraris

    La sfida senza tempo tra Pruzzo e Fasanelli

    Onori al Bomber

    Numero 8

    Manfredonia da paura

    La prima per Totti

    Scendono i principi, sale il re

    Ago

    Il Principe incorona Totti

    Tarzan

    Le orecchie di Marco

    Totti capitano

    Giannini addio

    Il gol più bello

    L’esordio di De Rossi

    La maglia ritirata

    Il tacco di Dio

    Meglio di Ibra

    Cassano testa matta

    Bello de nonna

    2. Presidenti e allenatori

    Tutto ha inizio

    La dinastia straniera

    Renato l’ebreo

    Géza Kertész, l’eroe

    Mister scudetto

    Dino Viola in bicicletta

    Bernardini allenatore e il profugo Aranđelović

    Ben tornati amici giallorossi

    Il presidente laziale

    Il treno di Stock

    Schiaffino quasi romanista

    Anacleto e il Raggio di luna

    Carletto

    Collette al teatro

    I numeri alla rinfusa di mister Oronzo

    La squadra del duce

    Lupetto

    Viola, Zico e Ancelotti

    Una maglia come bandiera

    La pasta giallorossa

    Uno come Viola

    La VAR di Liedholm

    Proprio Eriksson

    Il pallone non suda

    Campione del mondo

    Il ritorno del Barone

    Viola paterno

    Ciao Dino

    Mazzone uno di noi

    Daje! Daje! Daje!

    Amante

    La fuga di Capello

    Eccone n’artro

    Spalletti laureato

    Funghi in spiaggia

    Spalletti e Ancelotti

    Addio a Franco Sensi

    Ranieri il testaccino

    Il mite Luis

    Ki te kaka

    Garcia al telefono

    La chiesa al centro del villaggio

    3. La gente e i tifosi

    Due calci al pallone tra studio e preghiera

    Festanti sui binari fino a Torino

    Il primo sfottò alla Lazio

    Zi’ Checco e la sora Angelica

    La sora Emma

    Lo striscione più amato

    La partita del cuore

    Memmo Montanari

    Il baratro

    I fiori del ritorno

    Su il sipario

    Giorgio Rossi

    Dante Chirichini

    Angelino Cerretti

    Il Roma Club più amato dai romanisti

    La curva dei romanisti

    Commando Ultrà

    Il dottor Roma

    Giuseppe Pucci

    Tifoso senza cuore

    Là nella Curva Sud, dove batte il cuore giallorosso

    Cerezo il nostalgico

    Picconata

    11 anni di B

    Un granata sotto la Sud

    Buonarroti romanista

    Marco Appignani

    Carlo Zampa e Fábio Júnior

    Roma-Fiorentina al Circo Massimo

    Acconciature

    Zolle di terra… santa

    Circo Massimo

    Poesie nel cemento

    Totti contestato

    Sora Luisa

    Carote

    Ripijatela

    Non perde mai

    Più vicini alla curva

    4. I derby e l’eterna rivalità

    La Lazio ci sta dentro per un pelo

    Faccia a faccia con i cugini per la prima volta

    La clausola anti-Lazio

    Derby da impazzire

    Il derby sul fiume

    Salvate gli aquilotti

    Ciccio Cordova alla Lazio?!

    Morazofra

    Ti amo

    In cerca di cugini

    Manfredonia della discordia

    Roma o Lazio?

    Che Dio ve furmini

    Belli e Trilussa in Curva Sud

    Cucù

    Come la passata di pomodori

    La purga

    Scherzi a parte

    Urbis nostra

    Nella vecchia fattoria

    San Nicola romanista

    Rinnego le donne

    Il pareggio che vale una vittoria

    Bagno dorato

    Capitani e bandiere

    Girarrosto

    5. Trofei, grandi sfide e finali

    Il primo trofeo

    Buona la prima

    Il primo Roma-Juve della storia

    Zuffe

    5-0 alla Juve: mitico!

    La coppa scudetto in ritardo

    Tetto d’Europa

    Prima Coppa Italia

    Roma-Chelsea a pomodori

    Martellini ci regala la coppa

    La B che durò quasi un’ora

    Terza Coppa Italia

    Tre gol annullati!

    Chinaglia segna a New York

    Il mitico gol di Turone

    La rivincita in bianconero

    La profezia di Liedholm

    Leoni

    La lupa

    Prigionieri di un sogno

    Dundee

    Liverpool

    La coppa della bandiera

    Che sarà sarà

    Amaro giallorosso

    La coppa di piombo

    La settima Coppa Italia

    UEFA italiana

    Coppa Italia da infarto

    Il freddo d’Europa

    I campioni siamo noi

    Supercoppa

    Matadores

    L’ottava Coppa Italia

    Scudetto all’ultimo minuto

    E sono nove!

    Tornerete in Serie B

    Cade il Bayern

    Lulić 71’

    Meno cinque a Mosca

    6. Curiosità

    C’era una volta

    La mancata fusione con la Lazio

    La Roma prima della Roma

    Il primo stadio della Roma

    La Rondinella

    Terremoto

    Ferraris nazionale

    Altri tempi

    Appesi a un filo

    Il gol numero 100 della Roma

    La prima di Campo Testaccio

    L’ultima partita di Campo Testaccio

    Da Augusto

    Il telegramma d’onore

    Tunnel

    Squalifica a vita

    La cooperativa Roma

    Roma e Lazio insieme

    Tra le nuvole

    La Roma incontra il Grande Torino

    La Roma in B

    La prima allo Stadio Olimpico

    L’arbitro laziale

    La prima sostituzione

    La coppa perduta

    Maradona romanista

    Roma pulita

    Conti alla corte della regina

    Galliani laziale

    Diba avversario

    Bidoni

    Pruzzo segna alla Roma

    Quell’aquilotto di Muzzi

    Allo Stadio Olimpico in treno

    Diritti TV

    Il primo gol di Totti

    Sensi e Campo Testaccio

    Per adesso pochi gol

    Totti tricolore

    Totti rischia di andare via

    Esigenze di spettacolo

    Totti-Enrique

    Tre pallini firmati Francesco Totti

    Orgoglio di noi romani

    Come un’opera d’arte

    Il gol più giovane in maglia azzurra

    Undici in fila

    Troppo romano

    La lupa perde il pelo

    Bandiera scomoda

    Prodigioso capitano

    Sognando lo stadio

    Le sedi ufficiali

    I giallorossi azzurri

    Lo stadio nuovo

    Mascotte e tradizione

    Tra i due litiganti

    La copertura dell’Olimpico

    Inter di fuoco e tavolini

    Lo spettro di Campo Testaccio

    Appendice. Tutte le stagioni romaniste dal 1927 al 2018

    Bibliografia

    Ringraziamenti

    A Giorgio Rossi, che la Roma ce l’ha sempre nel cuore

    Si ringrazia Sara Tropenscovino per la collaborazione.

    Questo scudetto consente ai tifosi romanisti […] di uscire dalla prigionia di un sogno.

    Dino Viola

    Introduzione

    Scrivere un libro sulla squadra che si ama fin da bambini è un privilegio oltre che una gioia. Eppure per lunghe settimane mi sono chiesto se dare un taglio storico imparziale alle mie parole o lasciar trasparire un po’ di quella sfegatata passione romanista, o ancora se non fosse magari più opportuno limitare il testo a una carrellata di aneddoti sulla scia dei numerosi volumi che ho già dedicato alla città di Roma. Ho immaginato il lettore, figurandomelo in tutte quelle sfaccettature che un po’ incarno io stesso e un po’ ho incontrato sugli spalti dell’Olimpico, in trasferta chissà dove, al bar o a tavola con gli amici. Piano piano, parola dopo parola, si è materializzato un testo che si diverte e gioca come un abile palleggiatore tra episodi, personaggi e momenti cruciali della storia romanista dal 1927 a oggi, anzi iniziando dagli albori del calcio romano di fine Ottocento. Queste pagine sono il risultato di mesi con la penna in mano o la tastiera davanti, seduto alla scrivania del mio studio o poggiato ai tavolini degli innumerevoli bar che da anni sono fonte di comunione con la città e la mia gente. Non ho disdegnato i muretti di quartiere e neppure momenti di autoreclusione in vetta al monastero di Camaldoli, in Toscana, tra le monache di clausura della basilica dei Santi Quattro Coronati al Celio, in silenzio, all’alba, ascoltando le lodi del mattino dei frati di Santa Maria sopra Minerva, oppure a gambe incrociate nel gompa del monastero tibetano Lama Tzong Khapa, tra le colline di Pomaia. Dopotutto un libro sulla Roma è un testo frivolo, roba da stadio, storie di atleti milionari che tirano calci a un pallone e di tifosi troppo spesso sopra le righe. Se la pensate così Wikipedia fa al caso vostro, perché nelle pagine che seguono non troverete solo aneddoti ma un pezzetto del mio cuore. Roma e la Roma per me sono due manifestazioni della stessa entità, una che si esprime nella fisicità di luoghi e monumenti, l’altra che affonda profonde radici dentro di noi, nelle tradizioni di una città. In questo volume non troverete descrizioni di eventi: troverete in forma scritta ciò che ci rende – tu che leggi e io che scrivo – romani, ciò che ci fa battere il cuore, che ci emoziona al solo udire il nome di Agostino Di Bartolomei o Francesco Totti, che ci fa venire la pelle d’oca grazie a semplici parole come Campo Testaccio o Curva Sud, che ci fa spuntare sorrisi spontanei, che ci fa scendere le lacrime; insomma, che ci fa sentire vivi. Siamo sicuri che scrivere di calcio sia frivolezza? Per me non è così, e non lo è da quando sono entrato per la prima volta allo stadio da ragazzino, da quando ho realizzato che parlare di Roma era un canale per comunicare con mio padre nonostante le difficoltà che la vita ci pone davanti, da quando mi sono trovato inzuppato di pianto allo Stadio Olimpico nel giorno dell’addio di Totti, abbracciato a chi amo. In questo libro troverete aneddoti, curiosità e tanti tasselli della storia giallorossa, ma anche un po’ di quei sentimenti che, anche se non ci conosciamo, ci legano in quanto romanisti. Scrivere di Giacomino Losi non è solo uno sguardo al passato, ma una meditazione sul presente. Siamo sicuri che Losi, Masetti, Fasanelli, la Roma del 1927 o Campo Testaccio non ci siano più? Lasciate che vi accompagni in via Galvani, ai piedi del monte dei Cocci, e poi mi direte se Campo Testaccio non c’è più. Venite con me in via del Velodromo a Centocelle, a sentire l’eco dei primi gol segnati dalla Roma appena nata. Siete mai stati al cimitero del Verano a portare un fiore giallo e uno rosso a capitan Ferraris

    IV

    o a Franco Sensi? Andiamoci insieme, pagina dopo pagina, e vedremo se è roba del passato. Ho capito che scrivere aneddoti è frutto della combinazione di tanti ingredienti, molti dei quali sono della stessa sostanza dell’anima, dei sentimenti e del cuore. Così, quando vi racconto della Curva Sud, tra quelle parole sono mescolati il vostro e il mio vissuto insieme a quello di migliaia di persone, sconosciuti che non incontreremo mai, che magari abbiamo abbracciato allo stadio nella confusione dopo il gol o che ci hanno fatto la sponda tra le chiacchiere davanti a un fugace caffè al bar.

    Il mio invito è di tuffarvi tra le pagine che seguono in cerca di nulla e senza aspettative, solo con la vostra passione (che, se siete arrivati a leggere fin qui, a questo punto posso dare per scontata). Sentitevi liberi di saltare qua e là, l’ordine cronologico è rispettato solo all’interno dei capitoli e ogni storia vive di vita propria, legata alle altre solo dal filo conduttore che ogni capitolo tesse tra loro. Se può esservi utile ho inserito in appendice la lista di tutti i campionati, gli allenatori, i presidenti e i piazzamenti in classifica, così da fornirvi una sorta di corrimano per quei periodi storici con cui non avete familiarità. Mi auguro di regalarvi un po’ di svago, di farvi sentire il cuore in petto. Mi auguro di donarvi un attimo di felicità, la sensazione di sfiorare con un dito quell’ineffabile entità che è sempre dietro l’angolo ma che si concede solo per brevissimi attimi, fuggevole miraggio della vita di tutti noi.

    1

    Gli atleti

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    Sebastiano Nela.

    Per la prima volta in rete

    La prima Roma a scendere in campo fu quella delle riserve, il 16 luglio 1927 contro la formazione

    B

    degli ungheresi dell’Újpest in una sorta di prova generale per la gara tra gli undici titolari in programma il giorno seguente. Il primo marcatore della storia romanista fu Angelo Bianchi classe 1904, schierato tra le linee difensive. Bianchi segnò su rigore la prima rete giallorossa e anche la sua unica. Quell’incontro terminò sul 2-2 e la seconda marcatura fu di Giulio Scardola.

    Il giorno seguente, il 17 luglio 1927, in una rovente giornata estiva romana, a poche settimane dalla costituzione dell’Associazione Sportiva Roma. La neonata squadra capitolina titolare disputa la prima gara della sua storia: un’amichevole tosta, contro la prestigiosa formazione ungherese dell’Újpest. L’incontro si svolge sul terreno del Motovelodromo Appio, uno stadio improvvisato fuori città. Quasi tutti i giocatori della Roma provengono da tre precedenti formazioni calcistiche, la Fortitudo, il Roman e l’Alba, da poche settimane fuse sotto lo stesso stemma; per gli spettatori – antenati di ogni tifoso da lì a venire – vederli giocare con la stessa maglia è un’esperienza davvero singolare, per molti indimenticabile.

    Nello spogliatoio, atleti per anni rivali sul campo si trovano fianco a fianco, indossando gli stessi colori: maglia rossa con bordini gialli e calzoncini bianchi. Dopo il fischio d’inizio Ging e Piselli, gli allenatori della Roma, osservano con soddisfazione come la squadra si muova all’unisono, in perfetta sintonia, anche se mossa più dall’entusiasmo che da una strategia di gioco studiata a tavolino. I giocatori, tutti ragazzi molto giovani, non hanno avuto modo di allenarsi insieme per molto tempo.

    La rete romanista arriva al 35’ della prima frazione, quando l’ala sinistra Mario Cappa, stella della Fortitudo, ricevuta la palla dal compagno Ziroli, tira e batte il portiere ungherese. 

    Il vantaggio giallorosso, però, dura poco: i magiari segnano il gol del pareggio a pochi secondi dal fischio che manda le due squadre negli spogliatoi. Nella ripresa il destino, qui amico della Lupa, beffa la squadra avversaria: la Roma vince l’incontro grazie al gol del romanista Heger, ungherese di nascita. Prima vittoria giallorossa! 

    • • •

    Rapetti… Rapetti chi?

    I giocatori della rosa giallorossa che nel 1927 partecipò per la prima volta al campionato italiano erano tutti ben conosciuti in città, tranne uno. Si trattava di Giuseppe Rapetti, giovanissimo portiere della Fortitudo, tenuto quasi sempre in panchina nella stagione precedente e che in quella prima ancora – per lui di esordio – si era distinto negativamente per aver incassato ben 34 gol.

    Come arrivò alla Roma non è mai stato chiarito e neppure perché fu messo in rosa – visto che la squadra romana, dopo la prima stagione, non lo fece più scendere in campo –, e questo è un dato che ancora confonde gli appassionati della storia del calcio. Fatto sta che Rapetti, una volta lasciata la Capitale, approdò all’Alessandria, squadra della sua città natale, e vi militò per tre stagioni.

    Quando la Roma debuttò in campionato, divenne il catalizzatore dell’entusiasmo della Città Eterna, che finalmente aveva una squadra con il suo nome, i suoi colori e i suoi simboli. Rapetti si distinse per il coraggio che mostrava tra i pali, anche se quando la Roma scese in campo per la prima gara ufficiale, il 25 settembre 1927 contro il Livorno, quasi non toccò palla: i giallorossi dominarono per novanta minuti e si assicurarono una facile vittoria.

    Tutt’altra storia la domenica successiva, in casa della Dominante, a Genova. Nel match, finito con un pareggio a reti inviolate, Giuseppe Rapetti afferrò saldamente la palla uscendo dalla porta, ma qui, ad azione ormai terminata, si beccò un calcio così violento da parte del centrocampista ligure Gipo Poggi che rimase steso a terra per diversi minuti.

    La sostituzione di un giocatore in campo con una riserva dalla panchina sarebbe stata prevista dal regolamento solo quarant’anni dopo, nel 1965. Rapetti, quindi, dolorante e con una sospetta frattura alla gamba, non ebbe scelta: lasciare la sua squadra senza l’ultimo difensore oppure stringere i denti sino alla fine. Si rialzò, difese la porta, non mollò. Grazie al suo atto di grande coraggio la Roma terminò la partita senza subire reti.

    Rapetti fu a pieno titolo l’eroe di quella seconda di campionato: il gesto emblematico di rimettersi in piedi gli valse la prima pagina del «Calcio», settimanale di cronache sportive dell’epoca, e un posto d’onore nella storia della Roma.

    A quasi trent’anni di distanza, nella primavera del 1956, un episodio altrettanto eroico andò in scena allo Stadio Olimpico, con la Roma impegnata contro la Fiorentina. Sotto una pioggia battente, il campo ridotto a un acquitrino e gli spalti (ancora senza copertura) protetti da un’unica coltre di ombrelli, il portiere Luciano Panetti si fratturò il malleolo sinistro. Nonostante il dolore lancinante decise di non abbandonare i compagni. Ordinò al medico che lo soccorse di portare un secchio colmo di ghiaccio e di posizionarlo accanto al palo. Poi si alzò in piedi aiutato dal compagno Giacomino Losi e tornò zoppicante in porta. Ogni volta che il pallone si allontanava dalla sua area infilava la caviglia nel secchio pieno di ghiaccio. Quando l’azione minacciava il risultato si comportava da abile felino: parò l’inverosimile, deviò diversi palloni e salvò la Roma da sicura sconfitta.

    • • •

    La meteora Landolfi

    La prima volta che la Roma varcò i confini nazionali fu il 10 marzo 1929, quando gli uomini di William Garbutt disputarono la loro prima partita fuori patria. I giallorossi furono ospiti del forte Club Français di Parigi, una delle migliori formazioni d’oltralpe, che giocava a calcio dal 1890. Al vecchio velodromo Buffalo il risultato fu clamoroso: 5-0 per la Roma – che evidentemente non si lasciò intimorire dal blasone e dai numeri dell’avversaria.

    Mattatore dell’incontro, neanche a dirlo, fu Rodolfo Volk, detto Sciabbolone, autore di una splendida tripletta, mentre le altre due reti portano le firme di Landolfi e Chini.

    La militanza di Landolfi nella Roma è avvolta da un alone di mistero. Il calciatore, proveniente da Buenos Aires, era stato notato dai dirigenti giallorossi durante la tournée in Italia della squadra argentina del Barracas Central. Garbutt decise di dargli un’opportunità e lo convocò per la trasferta francese in prestito temporaneo. La prestazione e il gol convinsero il mister, ma l’affare non andò mai in porto. E così Landolfi fece la più fulminea apparizione in giallorosso, lasciando persino una traccia di sé nella lunga lista dei marcatori romanisti di tutti i tempi.

    • • •

    Ferraris IV

    Non è il nome di un papa e neppure di un re. Si tratta di Attilio Ferraris, primo capitano dell’

    AS

    Roma, detto

    IV

    perché aveva tre fratelli, tutti calciatori come lui.

    Piccolo e coriaceo, Ferraris era un romano de Roma, nato a Borgo Pio e cresciuto nella compagine del quartiere, la Fortitudo. Giocava da cinque anni quando, nel 1927, la sua squadra si fuse con l’Alba Audace e il Roman per formare l’

    AS

    Roma, di cui divenne subito capitano per capacità di leadership ed esperienza, doti che gli vennero riconosciute da tutti i giocatori chiamati a formare il primo undici romanista. In poco tempo divenne un punto di riferimento della squadra, una vera e propria bandiera.

    Carattere indomito, amante della bella vita fatta di auto di grossa cilindrata, donne e gioco d’azzardo, Ferraris era un calciatore di alto livello, stimato in tutta la città. Nei sette anni di carriera da centrocampista alla Roma fece registrare 160 presenze e una rete; con Fulvio Bernardini formava una meravigliosa coppia, in grado di infiammare i pomeriggi di Campo Testaccio. Nel 1928 fu il primo giallorosso a essere convocato in Nazionale e vinse la medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Amsterdam.

    Purtroppo a causa della passione per il gioco, il fumo e l’alcol era spesso irascibile e indisciplinato. Non di rado saltava gli allenamenti o arrivava tardi alle partite. Nel 1934 cedette la fascia di capitano all’amico Bernardini e poco più tardi fu messo fuori rosa per via della forma fisica sempre più scadente. Nonostante la sua carriera fosse sul viale del tramonto, lavorò da solo, trovò l’orgoglio e le motivazioni per ottenere la convocazione in Nazionale per i Mondiali di calcio che di lì a poco si sarebbero disputati a Roma. Ferraris giocò ad altissimi livelli, conquistando insieme ai suoi compagni il primo titolo iridato della nostra Nazionale.

    A fine carriera passò ai cugini per appena due stagioni, poi fu ingaggiato dal Bari e dal Catania, compreso un fugace ritorno in giallorosso per finire la carriera con poche apparizioni con la maglia della piccola compagine romana dell’Elettronica.

    Morì giovane, a soli quarantatré anni, nel 1947, durante una partita amichevole tra vecchie glorie. Durante i funerali, seguiti da una commossa folla di tifosi di tutte le fedi, il feretro fu accompagnato dalla maglia dell’amico fraterno Fulvio Bernardini, prima di essere deposto nella tomba, la cui lapide recita, commuovendo:

    ATTILIO FERRARIS – CAMPIONE DEL MONDO

    .

    • • •

    Pierino il primo

    Quando si pensa al nome Pierino in chiave romanista sorge spontaneo il cognome di Prati, l’attaccante che all’inizio degli anni Settanta fece sognare la curva giallorossa con 28 reti in poco più di tre stagioni. L’altro, meno noto ma non meno influente, è invece il mediano Pietro Carlo Benedetto Rovida, detto appunto Pierino, o Sciabboletta per le qualità di duellatore in mezzo al campo. Rovida divenne calciatore agli inizi degli anni Venti, ben prima della nascita della Roma: cominciò la carriera nella compagine della Juventus Roma (che nulla aveva a che vedere con quella di Torino) e proseguì nell’Alba, finché nel 1927, ormai alla soglia dei trent’anni, si trovò a indossare la casacca giallorossa quando la sua squadra confluì nell’

    AS

    Roma. Qui trovò perfetta sintonia con altri due mediani storici, Ferraris e Degni. Pierino rimase in giallorosso solo due stagioni senza mai segnare, ma contribuì a sostenere un centrocampo di ferro che diede filo da torcere ai primissimi avversari.

    • • •

    Volk

    Sciabbolone: è così che i tifosi soprannominarono Rodolfo Volk, per la potenza micidiale del suo destro e per la velocità con cui colpiva la palla – come un tiro di sciabola –, movenze che in qualche modo ricordano quelle di Edin Džeko.

    Volk, il primo grande centravanti nella storia della Roma, nasce a Fiume nel 1906; per il suo aspetto corpulento e i capelli chiari si guadagna anche il nomignolo di Sigghefrido, storpiamento romanesco di Sigfrido, il mitico eroe della saga nordica dei Nibelunghi, che a Roma fa rima con straniero. Nei campionati nazionali, con la maglia giallorossa segna ben 103 gol, un bottino davvero invidiabile. La storia l’ha eletto come l’uomo delle prime volte: è lui a realizzare la prima rete romanista in un campionato a girone unico, nel lontano 1929 contro l’Alessandria. È anche il primo a segnare a Campo Testaccio, contro il Brescia nel 1929, e sempre nello stesso anno realizza l’unica rete del primo derby ufficiale, l’8 dicembre 1929, con cui la Roma sconfigge i cugini per 1-0. Volk vanta anche il primato del maggior numero di reti (29) realizzate da un giocatore della Roma in un solo campionato, quello del 1930-1931: un record sfiorato da campioni del calibro di Guaita, Pruzzo, Da Costa,Totti e solo eguagliato da Edin Džeko nella stagione 2016-2017. La sua storia nella Capitale si conclude nel 1933, quando viene ceduto al Pisa a causa della rivalità con Guaita e Banchero, giocatori con cui non era mai entrato in sintonia. Si tratta di un errore madornale, però, non solo per lo sconforto in cui getta la tifoseria, ma perché anche da ceduto Volk continua a macinare gol!

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    Fulvio Bernardini, dottore alla Bocconi

    Il 16 settembre 1928, la Roma batte il Genoa 5-3 con doppietta di Fulvio Bernardini. La sfida tra la Roma appena nata e il Genoa, con già trent’anni di storia alle spalle, è particolarmente sentita da Bernardini: per lui è una giornata davvero speciale, perché è appena tornato nella Capitale dopo due anni all’Inter, lontano dalla sua città. Fuffo, come lo chiamano affettuosamente gli amici, nasce nel rione Monti nel 1905; papà è impiegato alle poste, mamma fa la casalinga. Cresce in strada, tra i vicoli del primo rione di Roma, tirando calci in mezzo alla polvere, in un campetto di fortuna tra via Leonina e via Panisperna. Debutta nell’Esquilia, una squadra di quartiere, e poi nella Lazio come portiere. In breve, però, eccolo trasformato in un attaccante bravo ed efficace, tanto da giocare persino nella nostra giovane Nazionale a partire dal 1925. È un ragazzo con la testa a posto: quando muore suo padre, rischia di dover interrompere la carriera per far fronte alle difficoltà economiche della sua famiglia. Per lui il calcio è poco più di un hobby, guadagna poco ma si allena sempre, togliendo tempo al lavoro. La svolta giunge dall’Internazionale di Milano, che gli offre un contratto ben pagato. Seppur lontano dalla famiglia e dalla sua città, Fulvio accetta, ma promette alla madre che studierà. E ce la fa! Si laurea in Economia e Commercio alla Bocconi, e il 20 maggio 1928, dopo due stagioni con la maglia nerazzurra, è il presidente della Roma in persona, Italo Foschi, a riportarlo nella Capitale.

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    Ferraris azzurro

    Il capitano romanista è demotivato, si allena poco e male, cede alle vecchie e nocive abitudini: fumo, gioco e alcol lo tengono in ostaggio. A fine campionato 1933 è il più stanco di tutti, non ha più ardore per la competizione né linfa per l’agonismo. L’allenatore Barbesino è costretto a metterlo fuori rosa per via della sua pessima forma fisica: è ingrassato ed è troppo irascibile. Così, Ferraris decide di lasciare la fascia di capitano della Roma all’amico Fulvio Bernardini e a testa bassa si avvia verso il tramonto, con la voce di una probabile cessione che non ci mette molto a diffondersi. Ma…

    A telefonargli, un giorno, è Vittorio Pozzo, il commissario tecnico della Nazionale. Gli chiede se può contare su di lui per i Mondiali. Rassegnatosi alla fine ingloriosa che il destino gli ha riservato, Attilio Ferraris s’aggrappa a quella richiesta con tutte le sue forze: mai un invito così lusinghiero è arrivato in un momento più opportuno. Gli amici non smettono di incoraggiarlo, e Attilio, grazie a uno scatto d’orgoglio, trova le giuste motivazioni per reagire. In fondo è un campione che potrebbe dare ancora molto al calcio nazionale. Si allena senza risparmiarsi, con spirito di abnegazione; abbandonando i vizi e superando forse anche un principio di depressione, torna presto in piena forma. Pur non giocando con la Roma nessun incontro del girone di ritorno, è pronto per la Nazionale, vincitrice quell’estate del suo primo Campionato del Mondo, proprio a Roma, nella sua città, contro la Cecoslovacchia, davanti a quel pubblico che lo aveva tanto acclamato e amato al Flaminio, l’allora Stadio Nazionale del Partito fascista.

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    Gli argentini che arrivano

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