Forse non tutti sanno che la grande Roma…
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Info su questo ebook
Un libro intriso di aneddoti e curiosità attraverso i quali il lettore naviga lungo la leggendaria e appassionante storia della squadra giallorossa. Ogni sezione è organizzata cronologicamente, per raccontare i pilastri sui quali la squadra più amata di Roma ha costruito le sue gesta. Gesta che non faranno fatica ad appassionare chi ha già il cuore tifoso, ma anche chi simpatizza per questa squadra incredibile, magari lontano da Roma. Perché questa è una grande storia d’amore per il calcio, una passione che prende forma attraverso novant’anni di partite. Non solo i calciatori, quindi, ma anche gli striscioni, la tifoseria, le coppe sfiorate e gli scudetti vinti, l’immaginario popolare e, soprattutto, la grande Curva Sud, da moltissimi considerata la dodicesima maglia della squadra. La Roma, insomma, non si tifa esclusivamente allo stadio ma si respira nei bar, si percepisce per le strade e, soprattutto, si porta sempre sempre sempre nel cuore.
Mettete alla prova la vostra fede giallorossa con le storie più curiose che abbiate mai sentito sulla magica
Tra i temi trattati:
• Masetti, il numero 1
• La prima di Totti
• Le orecchie di Marco
• “Il tacco di Dio”
• “Bello de nonna”
• Uno come viola
• Campione del mondo
• Mazzone uno di noi
• Addio a Franco Sensi
• La Chiesa al centro del villaggio
• I primi sfottò alla Lazio
• Poesie sul cemento
• Belli e Trilussa in curva sud
Claudio Colaiacomo
è nato a Roma nel 1970. Laureato in Fisica, dirigente d’azienda, coach professionista e counselor. I suoi interessi spaziano dalla storia di Roma antica e moderna, la cultura popolare romana e il dialogo tra scienza, filosofia e religione. È sposato e vive a Roma. Con la Newton Compton ha pubblicato Il giro di Roma in 501 luoghi, Roma perduta e dimenticata, I Love Roma, Keep calm e passeggia per Roma, Il romanzo della grande AS Roma, Il libro dei viaggi nel tempo di Roma e Forse non tutti sanno che la grande Roma…
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Anteprima del libro
Forse non tutti sanno che la grande Roma… - Claudio Colaiacomo
617
Prima edizione ebook: dicembre 2018
© 2018 Newton Compton editori s.r.l., Roma
ISBN 978-88-227-2681-0
www.newtoncompton.com
Realizzazione a cura di Librofficina
Claudio Colaiacomo
Forse non tutti sanno che la grande Roma…
Curiosità, storie inedite, aneddoti storici e fatti sconosciuti del mito giallorosso
Illustrazioni di Fabio Piacentini
Indice
Introduzione
1. Gli atleti
Per la prima volta in rete
Rapetti… Rapetti chi?
La meteora Landolfi
Ferraris IV
Pierino il primo
Volk
Fulvio Bernardini, dottore alla Bocconi
Ferraris azzurro
Gli argentini che arrivano
Eugenio Provvidente
…gli argentini che fuggono
Masetti, il numero 1
La pozione magica di Donati
Il barista con le mani d’oro
Mario Forlivesi
Galli come Totti
Alcide Ghiggia
L’orchestrina di Core de Roma
Il calcetto velenoso di Lojacono
Esordio di De Sisti
Arriva Fabio Capello
L’ultima di Losi
Giuliano Taccola
Di Bartolomei: un provino felice
La prima di Conti
Moggi porta Pruzzo a Roma
Ancelotti: una scoperta del figlio di Liedholm
Arriva Falcão
La prima rete di Falcão
Cross di tacco
Conti e Ferraris
La sfida senza tempo tra Pruzzo e Fasanelli
Onori al Bomber
Numero 8
Manfredonia da paura
La prima per Totti
Scendono i principi, sale il re
Ago
Il Principe
incorona Totti
Tarzan
Le orecchie di Marco
Totti capitano
Giannini addio
Il gol più bello
L’esordio di De Rossi
La maglia ritirata
Il tacco di Dio
Meglio di Ibra
Cassano testa matta
Bello de nonna
2. Presidenti e allenatori
Tutto ha inizio
La dinastia straniera
Renato l’ebreo
Géza Kertész, l’eroe
Mister scudetto
Dino Viola in bicicletta
Bernardini allenatore e il profugo Aranđelović
Ben tornati amici giallorossi
Il presidente laziale
Il treno di Stock
Schiaffino quasi romanista
Anacleto e il Raggio di luna
Carletto
Collette al teatro
I numeri alla rinfusa di mister Oronzo
La squadra del duce
Lupetto
Viola, Zico e Ancelotti
Una maglia come bandiera
La pasta giallorossa
Uno come Viola
La VAR di Liedholm
Proprio Eriksson
Il pallone non suda
Campione del mondo
Il ritorno del Barone
Viola paterno
Ciao Dino
Mazzone uno di noi
Daje! Daje! Daje!
Amante
La fuga di Capello
Eccone n’artro
Spalletti laureato
Funghi in spiaggia
Spalletti e Ancelotti
Addio a Franco Sensi
Ranieri il testaccino
Il mite Luis
Ki te kaka
Garcia al telefono
La chiesa al centro del villaggio
3. La gente e i tifosi
Due calci al pallone tra studio e preghiera
Festanti sui binari fino a Torino
Il primo sfottò alla Lazio
Zi’ Checco e la sora Angelica
La sora Emma
Lo striscione più amato
La partita del cuore
Memmo
Montanari
Il baratro
I fiori del ritorno
Su il sipario
Giorgio Rossi
Dante Chirichini
Angelino Cerretti
Il Roma Club più amato dai romanisti
La curva dei romanisti
Commando Ultrà
Il dottor Roma
Giuseppe Pucci
Tifoso senza cuore
Là nella Curva Sud, dove batte il cuore giallorosso
Cerezo il nostalgico
Picconata
11 anni di B
Un granata sotto la Sud
Buonarroti romanista
Marco Appignani
Carlo Zampa e Fábio Júnior
Roma-Fiorentina al Circo Massimo
Acconciature
Zolle di terra… santa
Circo Massimo
Poesie nel cemento
Totti contestato
Sora Luisa
Carote
Ripijatela
Non perde mai
Più vicini alla curva
4. I derby e l’eterna rivalità
La Lazio ci sta dentro per un pelo
Faccia a faccia con i cugini per la prima volta
La clausola anti-Lazio
Derby da impazzire
Il derby sul fiume
Salvate gli aquilotti
Ciccio
Cordova alla Lazio?!
Morazofra
Ti amo
In cerca di cugini
Manfredonia della discordia
Roma o Lazio?
Che Dio ve furmini
Belli e Trilussa in Curva Sud
Cucù
Come la passata di pomodori
La purga
Scherzi a parte
Urbis nostra
Nella vecchia fattoria
San Nicola romanista
Rinnego le donne
Il pareggio che vale una vittoria
Bagno dorato
Capitani e bandiere
Girarrosto
5. Trofei, grandi sfide e finali
Il primo trofeo
Buona la prima
Il primo Roma-Juve della storia
Zuffe
5-0 alla Juve: mitico!
La coppa scudetto in ritardo
Tetto d’Europa
Prima Coppa Italia
Roma-Chelsea a pomodori
Martellini ci regala la coppa
La B che durò quasi un’ora
Terza Coppa Italia
Tre gol annullati!
Chinaglia segna a New York
Il mitico gol di Turone
La rivincita in bianconero
La profezia di Liedholm
Leoni
La lupa
Prigionieri di un sogno
Dundee
Liverpool
La coppa della bandiera
Che sarà sarà
Amaro giallorosso
La coppa di piombo
La settima Coppa Italia
UEFA italiana
Coppa Italia da infarto
Il freddo d’Europa
I campioni siamo noi
Supercoppa
Matadores
L’ottava Coppa Italia
Scudetto all’ultimo minuto
E sono nove!
Tornerete in Serie B
Cade il Bayern
Lulić 71’
Meno cinque a Mosca
6. Curiosità
C’era una volta
La mancata fusione con la Lazio
La Roma prima della Roma
Il primo stadio della Roma
La Rondinella
Terremoto
Ferraris nazionale
Altri tempi
Appesi a un filo
Il gol numero 100 della Roma
La prima di Campo Testaccio
L’ultima partita di Campo Testaccio
Da Augusto
Il telegramma d’onore
Tunnel
Squalifica a vita
La cooperativa Roma
Roma e Lazio insieme
Tra le nuvole
La Roma incontra il Grande Torino
La Roma in B
La prima allo Stadio Olimpico
L’arbitro laziale
La prima sostituzione
La coppa perduta
Maradona romanista
Roma pulita
Conti alla corte della regina
Galliani laziale
Diba
avversario
Bidoni
Pruzzo segna alla Roma
Quell’aquilotto di Muzzi
Allo Stadio Olimpico in treno
Diritti TV
Il primo gol di Totti
Sensi e Campo Testaccio
Per adesso pochi gol
Totti tricolore
Totti rischia di andare via
Esigenze di spettacolo
Totti-Enrique
Tre pallini firmati Francesco Totti
Orgoglio di noi romani
Come un’opera d’arte
Il gol più giovane in maglia azzurra
Undici in fila
Troppo romano
La lupa perde il pelo
Bandiera scomoda
Prodigioso capitano
Sognando lo stadio
Le sedi ufficiali
I giallorossi azzurri
Lo stadio nuovo
Mascotte e tradizione
Tra i due litiganti
La copertura dell’Olimpico
Inter di fuoco e tavolini
Lo spettro di Campo Testaccio
Appendice. Tutte le stagioni romaniste dal 1927 al 2018
Bibliografia
Ringraziamenti
A Giorgio Rossi, che la Roma ce l’ha sempre nel cuore
Si ringrazia Sara Tropenscovino per la collaborazione.
Questo scudetto consente ai tifosi romanisti […] di uscire dalla prigionia di un sogno.
Dino Viola
Introduzione
Scrivere un libro sulla squadra che si ama fin da bambini è un privilegio oltre che una gioia. Eppure per lunghe settimane mi sono chiesto se dare un taglio storico imparziale alle mie parole o lasciar trasparire un po’ di quella sfegatata passione romanista, o ancora se non fosse magari più opportuno limitare il testo a una carrellata di aneddoti sulla scia dei numerosi volumi che ho già dedicato alla città di Roma. Ho immaginato il lettore, figurandomelo in tutte quelle sfaccettature che un po’ incarno io stesso e un po’ ho incontrato sugli spalti dell’Olimpico, in trasferta chissà dove, al bar o a tavola con gli amici. Piano piano, parola dopo parola, si è materializzato un testo che si diverte e gioca come un abile palleggiatore tra episodi, personaggi e momenti cruciali della storia romanista dal 1927 a oggi, anzi iniziando dagli albori del calcio romano di fine Ottocento. Queste pagine sono il risultato di mesi con la penna in mano o la tastiera davanti, seduto alla scrivania del mio studio o poggiato ai tavolini degli innumerevoli bar che da anni sono fonte di comunione con la città e la mia gente. Non ho disdegnato i muretti di quartiere e neppure momenti di autoreclusione in vetta al monastero di Camaldoli, in Toscana, tra le monache di clausura della basilica dei Santi Quattro Coronati al Celio, in silenzio, all’alba, ascoltando le lodi del mattino dei frati di Santa Maria sopra Minerva, oppure a gambe incrociate nel gompa del monastero tibetano Lama Tzong Khapa, tra le colline di Pomaia. Dopotutto un libro sulla Roma è un testo frivolo, roba da stadio, storie di atleti milionari che tirano calci a un pallone e di tifosi troppo spesso sopra le righe. Se la pensate così Wikipedia fa al caso vostro, perché nelle pagine che seguono non troverete solo aneddoti ma un pezzetto del mio cuore. Roma e la Roma per me sono due manifestazioni della stessa entità, una che si esprime nella fisicità di luoghi e monumenti, l’altra che affonda profonde radici dentro di noi, nelle tradizioni di una città. In questo volume non troverete descrizioni di eventi: troverete in forma scritta ciò che ci rende – tu che leggi e io che scrivo – romani, ciò che ci fa battere il cuore, che ci emoziona al solo udire il nome di Agostino Di Bartolomei o Francesco Totti, che ci fa venire la pelle d’oca grazie a semplici parole come Campo Testaccio
o Curva Sud
, che ci fa spuntare sorrisi spontanei, che ci fa scendere le lacrime; insomma, che ci fa sentire vivi. Siamo sicuri che scrivere di calcio sia frivolezza? Per me non è così, e non lo è da quando sono entrato per la prima volta allo stadio da ragazzino, da quando ho realizzato che parlare di Roma era un canale per comunicare con mio padre nonostante le difficoltà che la vita ci pone davanti, da quando mi sono trovato inzuppato di pianto allo Stadio Olimpico nel giorno dell’addio di Totti, abbracciato a chi amo. In questo libro troverete aneddoti, curiosità e tanti tasselli della storia giallorossa, ma anche un po’ di quei sentimenti che, anche se non ci conosciamo, ci legano in quanto romanisti. Scrivere di Giacomino Losi non è solo uno sguardo al passato, ma una meditazione sul presente. Siamo sicuri che Losi, Masetti, Fasanelli, la Roma del 1927 o Campo Testaccio non ci siano più? Lasciate che vi accompagni in via Galvani, ai piedi del monte dei Cocci, e poi mi direte se Campo Testaccio non c’è più. Venite con me in via del Velodromo a Centocelle, a sentire l’eco dei primi gol segnati dalla Roma appena nata. Siete mai stati al cimitero del Verano a portare un fiore giallo e uno rosso a capitan Ferraris
IV
o a Franco Sensi? Andiamoci insieme, pagina dopo pagina, e vedremo se è roba del passato. Ho capito che scrivere aneddoti è frutto della combinazione di tanti ingredienti, molti dei quali sono della stessa sostanza dell’anima, dei sentimenti e del cuore. Così, quando vi racconto della Curva Sud, tra quelle parole sono mescolati il vostro e il mio vissuto insieme a quello di migliaia di persone, sconosciuti che non incontreremo mai, che magari abbiamo abbracciato allo stadio nella confusione dopo il gol o che ci hanno fatto la sponda tra le chiacchiere davanti a un fugace caffè al bar.
Il mio invito è di tuffarvi tra le pagine che seguono in cerca di nulla e senza aspettative, solo con la vostra passione (che, se siete arrivati a leggere fin qui, a questo punto posso dare per scontata). Sentitevi liberi di saltare qua e là, l’ordine cronologico è rispettato solo all’interno dei capitoli e ogni storia vive di vita propria, legata alle altre solo dal filo conduttore che ogni capitolo tesse tra loro. Se può esservi utile ho inserito in appendice la lista di tutti i campionati, gli allenatori, i presidenti e i piazzamenti in classifica, così da fornirvi una sorta di corrimano
per quei periodi storici con cui non avete familiarità. Mi auguro di regalarvi un po’ di svago, di farvi sentire il cuore in petto. Mi auguro di donarvi un attimo di felicità, la sensazione di sfiorare con un dito quell’ineffabile entità che è sempre dietro l’angolo ma che si concede solo per brevissimi attimi, fuggevole miraggio della vita di tutti noi.
1
Gli atleti
1001_calcio_ROMA_REA_Nela.tifSebastiano Nela.
Per la prima volta in rete
La prima Roma a scendere in campo fu quella delle riserve, il 16 luglio 1927 contro la formazione
B
degli ungheresi dell’Újpest in una sorta di prova generale per la gara tra gli undici titolari in programma il giorno seguente. Il primo marcatore della storia romanista fu Angelo Bianchi classe 1904, schierato tra le linee difensive. Bianchi segnò su rigore la prima rete giallorossa e anche la sua unica. Quell’incontro terminò sul 2-2 e la seconda marcatura fu di Giulio Scardola.
Il giorno seguente, il 17 luglio 1927, in una rovente giornata estiva romana, a poche settimane dalla costituzione dell’Associazione Sportiva Roma. La neonata squadra capitolina titolare disputa la prima gara della sua storia: un’amichevole tosta
, contro la prestigiosa formazione ungherese dell’Újpest. L’incontro si svolge sul terreno del Motovelodromo Appio, uno stadio improvvisato fuori città. Quasi tutti i giocatori della Roma provengono da tre precedenti formazioni calcistiche, la Fortitudo, il Roman e l’Alba, da poche settimane fuse sotto lo stesso stemma; per gli spettatori – antenati di ogni tifoso da lì a venire – vederli giocare con la stessa maglia è un’esperienza davvero singolare, per molti indimenticabile.
Nello spogliatoio, atleti per anni rivali sul campo si trovano fianco a fianco, indossando gli stessi colori: maglia rossa con bordini gialli e calzoncini bianchi. Dopo il fischio d’inizio Ging e Piselli, gli allenatori della Roma, osservano con soddisfazione come la squadra si muova all’unisono, in perfetta sintonia, anche se mossa più dall’entusiasmo che da una strategia di gioco studiata a tavolino. I giocatori, tutti ragazzi molto giovani, non hanno avuto modo di allenarsi insieme per molto tempo.
La rete romanista arriva al 35’ della prima frazione, quando l’ala sinistra Mario Cappa, stella della Fortitudo, ricevuta la palla dal compagno Ziroli, tira e batte il portiere ungherese.
Il vantaggio giallorosso, però, dura poco: i magiari segnano il gol del pareggio a pochi secondi dal fischio che manda le due squadre negli spogliatoi. Nella ripresa il destino, qui amico della Lupa, beffa la squadra avversaria: la Roma vince l’incontro grazie al gol del romanista Heger, ungherese di nascita. Prima vittoria giallorossa!
• • •
Rapetti… Rapetti chi?
I giocatori della rosa giallorossa che nel 1927 partecipò per la prima volta al campionato italiano erano tutti ben conosciuti in città, tranne uno. Si trattava di Giuseppe Rapetti, giovanissimo portiere della Fortitudo, tenuto quasi sempre in panchina nella stagione precedente e che in quella prima ancora – per lui di esordio – si era distinto negativamente per aver incassato ben 34 gol.
Come arrivò alla Roma non è mai stato chiarito e neppure perché fu messo in rosa – visto che la squadra romana, dopo la prima stagione, non lo fece più scendere in campo –, e questo è un dato che ancora confonde gli appassionati della storia del calcio. Fatto sta che Rapetti, una volta lasciata la Capitale, approdò all’Alessandria, squadra della sua città natale, e vi militò per tre stagioni.
Quando la Roma debuttò in campionato, divenne il catalizzatore dell’entusiasmo della Città Eterna, che finalmente aveva una squadra con il suo nome, i suoi colori e i suoi simboli. Rapetti si distinse per il coraggio che mostrava tra i pali, anche se quando la Roma scese in campo per la prima gara ufficiale, il 25 settembre 1927 contro il Livorno, quasi non toccò palla: i giallorossi dominarono per novanta minuti e si assicurarono una facile vittoria.
Tutt’altra storia la domenica successiva, in casa della Dominante, a Genova. Nel match, finito con un pareggio a reti inviolate, Giuseppe Rapetti afferrò saldamente la palla uscendo dalla porta, ma qui, ad azione ormai terminata, si beccò un calcio così violento da parte del centrocampista ligure Gipo Poggi che rimase steso a terra per diversi minuti.
La sostituzione di un giocatore in campo con una riserva dalla panchina sarebbe stata prevista dal regolamento solo quarant’anni dopo, nel 1965. Rapetti, quindi, dolorante e con una sospetta frattura alla gamba, non ebbe scelta: lasciare la sua squadra senza l’ultimo difensore oppure stringere i denti sino alla fine. Si rialzò, difese la porta, non mollò. Grazie al suo atto di grande coraggio la Roma terminò la partita senza subire reti.
Rapetti fu a pieno titolo l’eroe di quella seconda di campionato: il gesto emblematico di rimettersi in piedi gli valse la prima pagina del «Calcio», settimanale di cronache sportive dell’epoca, e un posto d’onore nella storia della Roma.
A quasi trent’anni di distanza, nella primavera del 1956, un episodio altrettanto eroico andò in scena allo Stadio Olimpico, con la Roma impegnata contro la Fiorentina. Sotto una pioggia battente, il campo ridotto a un acquitrino e gli spalti (ancora senza copertura) protetti da un’unica coltre di ombrelli, il portiere Luciano Panetti si fratturò il malleolo sinistro. Nonostante il dolore lancinante decise di non abbandonare i compagni. Ordinò al medico che lo soccorse di portare un secchio colmo di ghiaccio e di posizionarlo accanto al palo. Poi si alzò in piedi aiutato dal compagno Giacomino Losi e tornò zoppicante in porta. Ogni volta che il pallone si allontanava dalla sua area infilava la caviglia nel secchio pieno di ghiaccio. Quando l’azione minacciava il risultato si comportava da abile felino: parò l’inverosimile, deviò diversi palloni e salvò la Roma da sicura sconfitta.
• • •
La meteora Landolfi
La prima volta che la Roma varcò i confini nazionali fu il 10 marzo 1929, quando gli uomini di William Garbutt disputarono la loro prima partita fuori patria. I giallorossi furono ospiti del forte Club Français di Parigi, una delle migliori formazioni d’oltralpe, che giocava a calcio dal 1890. Al vecchio velodromo Buffalo il risultato fu clamoroso: 5-0 per la Roma – che evidentemente non si lasciò intimorire dal blasone e dai numeri dell’avversaria.
Mattatore dell’incontro, neanche a dirlo, fu Rodolfo Volk, detto Sciabbolone
, autore di una splendida tripletta, mentre le altre due reti portano le firme di Landolfi e Chini.
La militanza di Landolfi nella Roma è avvolta da un alone di mistero. Il calciatore, proveniente da Buenos Aires, era stato notato dai dirigenti giallorossi durante la tournée in Italia della squadra argentina del Barracas Central. Garbutt decise di dargli un’opportunità e lo convocò per la trasferta francese in prestito temporaneo. La prestazione e il gol convinsero il mister, ma l’affare non andò mai in porto. E così Landolfi fece la più fulminea apparizione in giallorosso, lasciando persino una traccia di sé nella lunga lista dei marcatori romanisti di tutti i tempi.
• • •
Ferraris IV
Non è il nome di un papa e neppure di un re. Si tratta di Attilio Ferraris, primo capitano dell’
AS
Roma, detto
IV
perché aveva tre fratelli, tutti calciatori come lui.
Piccolo e coriaceo, Ferraris era un romano de Roma, nato a Borgo Pio e cresciuto nella compagine del quartiere, la Fortitudo. Giocava da cinque anni quando, nel 1927, la sua squadra si fuse con l’Alba Audace e il Roman per formare l’
AS
Roma, di cui divenne subito capitano per capacità di leadership ed esperienza, doti che gli vennero riconosciute da tutti i giocatori chiamati a formare il primo undici romanista. In poco tempo divenne un punto di riferimento della squadra, una vera e propria bandiera.
Carattere indomito, amante della bella vita fatta di auto di grossa cilindrata, donne e gioco d’azzardo, Ferraris era un calciatore di alto livello, stimato in tutta la città. Nei sette anni di carriera da centrocampista alla Roma fece registrare 160 presenze e una rete; con Fulvio Bernardini formava una meravigliosa coppia, in grado di infiammare i pomeriggi di Campo Testaccio. Nel 1928 fu il primo giallorosso a essere convocato in Nazionale e vinse la medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Amsterdam.
Purtroppo a causa della passione per il gioco, il fumo e l’alcol era spesso irascibile e indisciplinato. Non di rado saltava gli allenamenti o arrivava tardi alle partite. Nel 1934 cedette la fascia di capitano all’amico Bernardini e poco più tardi fu messo fuori rosa per via della forma fisica sempre più scadente. Nonostante la sua carriera fosse sul viale del tramonto, lavorò da solo, trovò l’orgoglio e le motivazioni per ottenere la convocazione in Nazionale per i Mondiali di calcio che di lì a poco si sarebbero disputati a Roma. Ferraris giocò ad altissimi livelli, conquistando insieme ai suoi compagni il primo titolo iridato della nostra Nazionale.
A fine carriera passò ai cugini per appena due stagioni, poi fu ingaggiato dal Bari e dal Catania, compreso un fugace ritorno in giallorosso per finire la carriera con poche apparizioni con la maglia della piccola compagine romana dell’Elettronica.
Morì giovane, a soli quarantatré anni, nel 1947, durante una partita amichevole tra vecchie glorie. Durante i funerali, seguiti da una commossa folla di tifosi di tutte le fedi, il feretro fu accompagnato dalla maglia dell’amico fraterno Fulvio Bernardini, prima di essere deposto nella tomba, la cui lapide recita, commuovendo:
ATTILIO FERRARIS – CAMPIONE DEL MONDO
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Pierino il primo
Quando si pensa al nome Pierino in chiave romanista sorge spontaneo il cognome di Prati, l’attaccante che all’inizio degli anni Settanta fece sognare la curva giallorossa con 28 reti in poco più di tre stagioni. L’altro, meno noto ma non meno influente, è invece il mediano Pietro Carlo Benedetto Rovida, detto appunto Pierino
, o Sciabboletta
per le qualità di duellatore in mezzo al campo. Rovida divenne calciatore agli inizi degli anni Venti, ben prima della nascita della Roma: cominciò la carriera nella compagine della Juventus Roma (che nulla aveva a che vedere con quella di Torino) e proseguì nell’Alba, finché nel 1927, ormai alla soglia dei trent’anni, si trovò a indossare la casacca giallorossa quando la sua squadra confluì nell’
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Roma. Qui trovò perfetta sintonia con altri due mediani storici, Ferraris e Degni. Pierino rimase in giallorosso solo due stagioni senza mai segnare, ma contribuì a sostenere un centrocampo di ferro che diede filo da torcere ai primissimi avversari.
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Volk
Sciabbolone
: è così che i tifosi soprannominarono Rodolfo Volk, per la potenza micidiale del suo destro e per la velocità con cui colpiva la palla – come un tiro di sciabola –, movenze che in qualche modo ricordano quelle di Edin Džeko.
Volk, il primo grande centravanti nella storia della Roma, nasce a Fiume nel 1906; per il suo aspetto corpulento e i capelli chiari si guadagna anche il nomignolo di Sigghefrido
, storpiamento romanesco di Sigfrido, il mitico eroe della saga nordica dei Nibelunghi, che a Roma fa rima con straniero. Nei campionati nazionali, con la maglia giallorossa segna ben 103 gol, un bottino davvero invidiabile. La storia l’ha eletto come l’uomo delle prime volte: è lui a realizzare la prima rete romanista in un campionato a girone unico, nel lontano 1929 contro l’Alessandria. È anche il primo a segnare a Campo Testaccio, contro il Brescia nel 1929, e sempre nello stesso anno realizza l’unica rete del primo derby ufficiale, l’8 dicembre 1929, con cui la Roma sconfigge i cugini per 1-0. Volk vanta anche il primato del maggior numero di reti (29) realizzate da un giocatore della Roma in un solo campionato, quello del 1930-1931: un record sfiorato da campioni del calibro di Guaita, Pruzzo, Da Costa,Totti e solo eguagliato da Edin Džeko nella stagione 2016-2017. La sua storia nella Capitale si conclude nel 1933, quando viene ceduto al Pisa a causa della rivalità con Guaita e Banchero, giocatori con cui non era mai entrato in sintonia. Si tratta di un errore madornale, però, non solo per lo sconforto in cui getta la tifoseria, ma perché anche da ceduto Volk continua a macinare gol!
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Fulvio Bernardini, dottore alla Bocconi
Il 16 settembre 1928, la Roma batte il Genoa 5-3 con doppietta di Fulvio Bernardini. La sfida tra la Roma appena nata e il Genoa, con già trent’anni di storia alle spalle, è particolarmente sentita da Bernardini: per lui è una giornata davvero speciale, perché è appena tornato nella Capitale dopo due anni all’Inter, lontano dalla sua città. Fuffo
, come lo chiamano affettuosamente gli amici, nasce nel rione Monti nel 1905; papà è impiegato alle poste, mamma fa la casalinga. Cresce in strada, tra i vicoli del primo rione di Roma, tirando calci in mezzo alla polvere, in un campetto di fortuna tra via Leonina e via Panisperna. Debutta nell’Esquilia, una squadra di quartiere, e poi nella Lazio come portiere. In breve, però, eccolo trasformato in un attaccante bravo ed efficace, tanto da giocare persino nella nostra giovane Nazionale a partire dal 1925. È un ragazzo con la testa a posto: quando muore suo padre, rischia di dover interrompere la carriera per far fronte alle difficoltà economiche della sua famiglia. Per lui il calcio è poco più di un hobby, guadagna poco ma si allena sempre, togliendo tempo al lavoro. La svolta giunge dall’Internazionale di Milano, che gli offre un contratto ben pagato. Seppur lontano dalla famiglia e dalla sua città, Fulvio accetta, ma promette alla madre che studierà. E ce la fa! Si laurea in Economia e Commercio alla Bocconi, e il 20 maggio 1928, dopo due stagioni con la maglia nerazzurra, è il presidente della Roma in persona, Italo Foschi, a riportarlo nella Capitale.
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Ferraris azzurro
Il capitano romanista è demotivato, si allena poco e male, cede alle vecchie e nocive abitudini: fumo, gioco e alcol lo tengono in ostaggio. A fine campionato 1933 è il più stanco di tutti, non ha più ardore per la competizione né linfa per l’agonismo. L’allenatore Barbesino è costretto a metterlo fuori rosa per via della sua pessima forma fisica: è ingrassato ed è troppo irascibile. Così, Ferraris decide di lasciare la fascia di capitano della Roma all’amico Fulvio Bernardini e a testa bassa si avvia verso il tramonto, con la voce di una probabile cessione che non ci mette molto a diffondersi. Ma…
A telefonargli, un giorno, è Vittorio Pozzo, il commissario tecnico della Nazionale. Gli chiede se può contare su di lui per i Mondiali. Rassegnatosi alla fine ingloriosa che il destino gli ha riservato, Attilio Ferraris s’aggrappa a quella richiesta con tutte le sue forze: mai un invito così lusinghiero è arrivato in un momento più opportuno. Gli amici non smettono di incoraggiarlo, e Attilio, grazie a uno scatto d’orgoglio, trova le giuste motivazioni per reagire. In fondo è un campione che potrebbe dare ancora molto al calcio nazionale. Si allena senza risparmiarsi, con spirito di abnegazione; abbandonando i vizi e superando forse anche un principio di depressione, torna presto in piena forma. Pur non giocando con la Roma nessun incontro del girone di ritorno, è pronto per la Nazionale, vincitrice quell’estate del suo primo Campionato del Mondo, proprio a Roma, nella sua città, contro la Cecoslovacchia, davanti a quel pubblico che lo aveva tanto acclamato e amato al Flaminio, l’allora Stadio Nazionale del Partito fascista.