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La triste e bella saga dei brasiliani: dalla "tragedia del Sarrià" alle arene italiane
La triste e bella saga dei brasiliani: dalla "tragedia del Sarrià" alle arene italiane
La triste e bella saga dei brasiliani: dalla "tragedia del Sarrià" alle arene italiane
E-book350 pagine4 ore

La triste e bella saga dei brasiliani: dalla "tragedia del Sarrià" alle arene italiane

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Info su questo ebook

- dalla "tragedia del Sarrià" (Italia 3-2 Brasile, Barcellona, Spagna, 5 luglio 1982. Calcio in Italia 5 luglio 1982 – 15 maggio 1983 - 1982-85 – 2022-25 - 40 anni dalla tragedia del Sarrià, dallo storico scudetto della Roma di Falcao e dalla nascita del calcio-industria in Italia Falcao; Zico; Socrates; Cerezo; Junior; Dirceu; Edinho; Batista; Pedrinho; Juary; Eloi; Luvanor; Maradona, Platini, Rummenigge, Briegel, Muller, Passarella, Diaz, Bertoni, Boniek ed altri stranieri IN DIRETTA DALLA CULLA DEL CALCIO-INDUSTRIA contemporaneo. La narrativa di La Triste e bella saga dei brasiliani è centrata nel periodo compreso tra l'ottobre 1982 e giugno 1985, quello dell'apice del regno di Paulo Roberto Falcao a Roma e del soggiorno in Italia di Zico, Socrates, Junior, Cerezo e altri sette calciatori che formarono la prima leva di brasiliani in Italia dopo la riapertura delle frontiere agli stranieri nel 1980. Ma si basa nella sua vivenza diretta del fenomeno calcistico lungo i sei anni in cui ha vissuto nella penisola. È una ricostituzione di quanto è accaduto tratta dall'osservazione dei fatti e dei fenomeni, dal riassunto di dati e dalla riflessione su di essi e la sua trascrizione in corrispondenze per una decina di mezzi stampa di Brasile, Portogallo e Francia. Egli ha voluto però esplorare nel racconto inanzitutto i suoi ricordi - riprendendoli come in diretta - degli anni in cui l'Italia faceva scalpore nel mondo del calcio come in quegli della moda, architettura e design con le sue grandi e piccole aziende. Gli anni del secondo miracolo economico, tanto più inverossimili quanto poi allo stesso tempo il paese sembrava sull'orlo del colasso politico-sociale per conto di una grave instabilità governativa accanto a successivi scandali per denuncie di frodi e subborno ai più alti livelli, terrorismo nero (le bombe che splodevano in treni e stazioni uccidendo decine di cittadini) e rosso, più i soliti casi di mafia e via dicendo. Parlando di calcio Anhanguera parla molto anche su Roma e sull'Italia a quell'epoca. Qui si trovano tutti quei cari Antognoni, Platini, Wilkins e Rummenigge che giocavano in Italia e fenomeni nati in quegli anni e tutt'ora in voga come Berlusca, Retequattro, Beppe Grillo, il calcio "globalizzato", i protesti contro gli arbitri che favorirebbero la Juve di Agnelli, i vu cumprà, il razzismo contro calciatori neri o bruni o stranieri, l'estate romana...
LinguaItaliano
Data di uscita18 mag 2022
ISBN9791221410600
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    La triste e bella saga dei brasiliani - James Anhanguera

    cyberzine 

    & narrative di james anhanguera

    La triste e bella saga dei brasiliani

    dalla tragedia del Sarrià alle arene italiane

    Non si è mai vista una Roma

    così grande e così bella

    come quella di Falcao

    L'ottavo re di Roma

    (ottobre 82-luglio 84)

    Dribbling, solo in caso di assoluta necessità, senza scherzi, serio, sempre. Bruno Conti, lupo di periferia, più giocoso, è tante volte utile pure nel trattenimento di palla per mantenere lo score. Liedholm imposta la saga del figlio adottivo nel contesto calcistico. Subentra allora l'aspetto umano e paisaggistico e storico e architettonico.

    Aurelia, Cassia e Appia Antica. Le strade romane ornate da pine e cipressi, il cielo blu Todd-Ao punteggiato di nuvole bianche, riportano ai filmoni di Hollywood girati a Roma – Quo VadisBennHurCleopatraSansone e DallilaSpartacus... – e alle commedie italiane degli anni '50. Gli ingorghi del Grande Ingorgo Anulare, i tram e Trastevere – compiendo le sorti di Montmartre romana, ma dove si respira ancora aria della antica vita popolana – alla Roma felliniana, Roma in se stessa e alla dolce vita, Cinecittà, noi 1982, 83... e la nave va.

    Roma, ottobre 1982. Il giovane commesso in un negozio di via dei  Giubbonari brada e sventola le braccia al mattino freddo e pieno di sole:

    - Tu sei della terra di Farcaao??!! Ma che bbbello! Comme si sta li?! Guarda che io son tifoso della Roma!!! Con lui in campo la squadra si proietta in un’altra sfera ... Che bbravo che è!...A te sono obbligato a fa’ un bel sconto ner costo dei pantaloni, va bbbene?

    Negli occhi mandorle di una ragazza di Roma ho visto che Falcao aveva esploso in Italia prima di svelarsi al mondo come un genio dell’arte del palleggio nel Mondiale di Spagna. Ogni quattro anni, se la seleção va bene al Mondiale il mondo riscopre il Brasile, che diventa di moda nei luoghi più inprobabili. La squadra brasiliana ha sbarlodito in Spagna con un calcio di un’altro pianeta o di un’altra galassia. Non è andata bene solo nel pomeriggio della sempre ricordata in Brasile come la  tragedia del Sarrià. L’eliminazione del sorprendente squadrone brasiliano - considerato una delle più forti nazionali gialle di tutti i tempi - dalla non meno sorprendente Italia, in cui nessuno ha scommesso una lira fino a capovolgere tutti i pronostici dalla seconda fase alla finale. Soprattutto quando ha sconfitto i promessi campioni, la Seleção del 1982. Falcao ha fatto una bellissima rete contro la squadra azzurra, quella dello storico secondo pareggio provvisorio nell’indimenticabile partita di qualifica alle semifinale.

    Sono venuto per... niente. Stufo di Lisbonna e senza un altro destino possibile ho inventato Roma, un’inaspettata declinazione verso il Sud dopo una decade di pellegrinaggi nel nord d’Europa. Sono venuto alla ricerca di un’alternativa e, chi potrebbe indovinarlo, anche a vivere la consacrazione di Falcao.

       - Qui uno non bisogna nemmeno di un posto per campare  - dirà in un anno e mezzo la diva della stagione Sonia Braga, che con il successo della sua Giulia nella telenovella Dancin’ Days, esibita sulla tivu italiana all’epoca del Mondiale, è andata sulla scia del successo di Falcao, sulla scia dell’ondata del più grande successo brasiliano di sempre in Italia. Dancin’ Days è il primo sceneggiato made in Brasil  esibito integralmente nella penisola, dove si ripete il fenomeno che ha  eletrizzato il Brasile e Portogallo: tutto il paese fermo e zitto tanto per cambiare all’ora di pranzo per assistere alla novella, che si insegue al successo non meno clamoroso di una condensazione di Schiava Isaura. Il successo di Falcao ha aguzzato l’appetito degli italiani per l’immaginario brasiliano e il made in Brazil. E farà generare un’ondata italiana in Sud America. Punto a favore del reporter, che pensò: presto ce sarà tanto di quel bel chiasso intorno a lui. Ed è venuto a Roma.

    Scese per la prima volta la Riviera Italiana e la Toscana lungo il Tirreno in una domenica di calcio, tutto il treno collegato dalle radioline alla partita Juventus 2-1 Roma, assistita dalla tribuna di onore dal primo ministro Giovanni Spadolini accanto al boss della Juve,Giovanni Agnelli. Falcao ritrova a Torino sei fantasmi del Sarrià - Zoff,  Gentile,  Cabrini,  Scirea,  Tardelli  e  Rossi  - e perde un’altra volta.

    L’incanto dell’imponente museo vivente e del mormorio dell’acqua delle fontane della città eterna è magnaninamente documentato nei vari racconti di pellegrinagi di viaggianti famosi nella culla della cultura occidentale lungo gli ultimi secoli. È giunto a Termini dicendo con Henry James: finalmente vivo!

    campionato italiano 1982-'83

    Nella domenica successiva, come sarebbe d’obbligo per un turista brasiliano per niente accidentale, anche se lì quasi per caso, si propone di fare l’incursione inaugurale nell´Olimpico  e assistere a Roma-Pisa, rabrivvidito per la minaccia di rapina di teppisti in agguato intorno allo stadio o di gruppi di tifosi avversari in vena di scherzare con quelli dei padroni di casa. I pisani sono micidiali. I figli dei diseredati del primo miracolo italiano nelle stressate città industriali del nord della penisola sembrano determinati a vendicarsi di vivere in quartieri-dormitori nella periferia dei musei, lontano dalla bella vita e dal consumo. Ogni domenica spazzano con furia i centri delle piccole e medie città come eserciti di barbari degli anni di piombo o del secondo miracolo economico, scaricando la rabbia su nemici d’occasione, tifosi di altre squadre o cittadini incauti. Centinaia di migliaia d’italiani vanno agli stadi apparentemente senza paura d’atacchi di delinquente, però c‘è chi si preoccupi e ti metta in guardia: essendo te, appena arrivato, non andrei mai lì da solo. Ma gli abonnati della Tribuna Monte Mario hanno diritto pure a posto per la macchina in un parcheggio sbarrato, cosa inpensabile in Brasile prima del ventunesimo secolo.

    Temerario, il reporter prende posto nella Curva Sud Distinti, accanto alla Curva Sud, dove si posta una delle più affascinanti tifoserie del pianeta. Gli ultrà della Curva Sud romanista sono molto più amabili che gli hooligan, giovani lupi feroci per cui la più grande diverzione è gridare e cantare in coro frasi d'incentivo e inni in onore alla sua squadra tratti da celebri pezzi musicali. Giovani lupi innamorati della Roma come dei selvaggi. Le partite più scaldanti sono festivali di canti, parole d'ordine e esaltazione, tuoni di tamburi, ovazioni, fumo, coriandoli, bandiere e striscioni giallorossi e gialloverdi - spettacolo dentro lo spettacolo del calcio-spettacolo. Il titolo mondiale d'Italia fa con che i colori delle belle maglie delle squadre diventino più vividi. Ogni domenica pomeriggio fumogini multicolori danno sfumature di grandiose produzioni operistiche alle sceneggiature intorno alle partite.

    Un striscione steso ai piedi della Curva Nord esprime l'intensità di vibrazione del sentimento romanista:

    C:\Users\Jatiara\Desktop\Era Uma E-BOOK\PAGINA2009D\Lupa.jpg C:\Users\Jatiara\Desktop\Era Uma E-BOOK\PAGINA2009D\Lupa2.jpg

    ROMA ASCOLTA QUESTA VOCE  CHE PARLA.

    È NOSTRO CUORE UN CUOR CHE CON AMORE ASPETTA IL TRICOLORE

    C:\Users\Jatiara\Desktop\Era Uma E-BOOK\PAGINA2009D\Lupa.jpg     C:\Users\Jatiara\Desktop\Era Uma E-BOOK\PAGINA2009D\Lupa2.jpg

    Nei tratti più caldi della partita la Sud intona all’unissono un ritornello che suona come una preghiera oppure una profezia:

    VINCEREMO! VINCEREMO! VINCEREMO IL TRICOLOR!

    Le celebrazioni romaniste del calcio assumono aria di cerimonie mediuniche. Se un calciatore di casa resta per terra la Sud  prega in coro, alzando il braccio destro:

    ALZATI!

    Se è un nemico che cade, al ritmo di tamburi clama un tanto breve quanto macabro cantico di condanna, i polici puntando giù, come coloro dei cesari dalla tribuna delle vestali:

    DEVI MORIRE! (tam, tam - tam - tam, tam)

    Manco per caso l'arbitro designato dal giudice sportivo della Federazione Italiana Giuoco Calcio per una partita Roma-Atalanta si chiama Bergamo. Quando la rissa  è più calda e i romanisti si sentono preggiudicati la Sud si attacca alle sue calcagne come se lui fosse un pleonasmo, cantando le due prime frasi del corale Va’ pensiero dell'opera Nabucco adattate a un grido infiammato contro l'uomo in nero, che starebbe aiutando la squadra ospite:

    Bergamasco gran fil di mignoootta

    pezzo di merda sei tu, sei neroblù!

    Lo stadio riflette le tensioni della città, con battute settantottine: Sei figlio di una cooperativa di puttane!!! - urla un tifoso della Distinti all'arbitro di Roma-Fiorentina un mese dopo la sfida con il Pisa. Nell'intervallo, lo stadio stracolmo, un tifoso accende un’enorme canna di hashish. Spremutto nelle scale un tizio accanto gli chiede senza troppi aggiramenti:

    - Mi fai dare un tiro?

    - Senz'altro. Ecco, prendila. Fumala tutta!

    - Tutta?! Ma... e te?

    - Ah, io non gliela voglio più... sono e-ster-re-fat-to!

    Tutti i pronostici sono favorevoli alla squadra di Falcao e dell’austriaco Herbert Prohaska, appena arrivato dall’Inter e che sembra piuttosto scialbo, nonostante l’onorevole cronista Gianni Brera lo abbia considerato il miglior in campo nel Juve-Roma. La Roma dovrà per forza vincere il Pisa. Allenati dal brasiliano Luis Vinicio i visitanti rientrano in Serie A dopo un’altra stagione in B. Dal suo storico sarebbero condannati a lottare contro una nuova retrocessione ma sorprendono nelle prime giornate della competizione. Sono a solo due punti dai leader, Roma e Verona. Lo stadio non è colmo e la Distinti presenta ampi spazi vuoti. Molto spazio per uno prendersi un po’ di sole nella brillante domenica d’autunno.

    La Roma perde per 1-0 all’inizio di una partita molto tesa, nonostante il suo favoritismo. Guida in duo con i veronesi un plotone compatto, con Juventus e Torino a solo un punto di stacco, in queste prime presentazioni di un lungo campionato a 16 squadre con turni di andata e ritorno. Siamo all’ottava giornata e i romani vengono dalla sconfitta contro la Juventus nell’antica sede del regno dei Saboia, oggi sede della Fiat.

    Nonostante la scossa, la squadra di casa domina la partita e pressiona nel tentativo di darne la svolta quando, quasi alla fine del primo tempo, Falcao spunta isolato nel settore sinistro della piccola area dinanzi al portiere Mannini. Sarebbe vera gloria un gol di Falcao proprio nell’esordio all’Olimpico... lui è bravo, non fallirà quello. I muscoli tesi della gamba destra antecipano per un attimo il calcio con che l’asso dovrà infilare la palla in rete, in un probabile tiro al volo. Ma la palla prende una traiettoria totalmente imprevidibile in diagonale, passando lontano dalla traversa, in una delle rete più clamorosamente perse della storia.

    CARAALHOOO!!! - il reporter si alza di sbalzo e si siede subito dopo, vessato, ma un tifoso in avanti guarda in alto e per il pubblico intorno gridando e puntando: Guaaarda! C’è un brasiliano qua! Uno della terra di Farcao! Con decine di occhi e sorrisi intorno - ecco il popolo mio!... - ride per la platea come se fosse in una commedia di Cinecittà, un film di Totò fra gli antichi romani o una storia di Obelix.Allea jacta est! Avendo chi si ricordi dell’ottavo re i brasiliani saranno sempre benvenuti a Roma. Veni vidi vinci grazie a Farcao...

    La partita s’è svolta sotto il segno di una gustosa tensione crescente, col punteggio fermo sul 0-1 fino al trigesimo minuto del secondo tempo. Poi una Roma insolitamente orgogliosa confeziona tre gol nell’ultimo quarto d’ora e s’invola solitaria primatista, documentò il Guerin Sportivo tre giorni dopo. La Roma ha vinto per 3-1.

    Angelo biondo nella terra dei divi bruni, verso la fine del 1982 il regista e maestro Paolo Rrroberto Farcao comanda la Roma in una campagna che la porterà alla conquista del suo primo titolo italiano dal 1942, quando da quanto si dice Benito Mussolini ha forzato una svolta in retroscena (al tavolino) per che la città eterna conquistasse un scudetto.

    La Roma ostenta i colori della città-culla del grand’imperio, il giallorosso, che nell’anno del secondo scudetto è giallo-oro e rosso-bordò, clericale... Il simbolo dellla squadra è la mitologica lupa che ha allattato Romolo e Remo, i gemelli fondatori della città, simbolo della generosità stessa di Roma, mamma caput mundi - Roma capoccia... Nata nel 1927 dalla fusione di tre collettività dell’urbe millenare, la squadra traspirerebbe l’agonismo degli antichi romani che il Duce vuole associare all’immagine vittoriosa che intende dare del suo regime in estinzione. Roma, città aperta, presuntamente alla salvaguardia di bombardamenti, capitale del turismo e di servizi, oltre a sede della chiesa cattolica - parrochia-maestra di un mare di parrochie -, dipende del nord, allora sotto forti attacchi aerii, in prodotti industriali e della regione del Lazio in beni primari. Vive le vicissitudini della guerra, con code di razionamento e fame generalizzata. La funzione primordiale di ogni cittadino è quella di portare cibo a casa, non importa come e di che specie. Quando le trupe di liberazione alleate entrano trionfalmente in città montate nei Jeep e carri armati, eccolo là, Ciccio Confaloni, nove anni di vigore e grazia, salutando efusivamente e chiedendo delle sigarette agli americani per poi venderle alle puttane e comprare qualcosa da portare a casa, nel quartiere San Giovanni, presso l’anello ferroviario, che è stato appena bombardato.

    Niente di meglio per alzare l’animo della folla che un titolo nazionale di calcio. Pane e circo nell’abortato Imperio Fascista come duemila anni fa. Ciccio ha nutrito lungo la vita un tale amore per la Roma che, verso i 50 anni, ebbe una sincope cardiaca proprio allo Stadio Olimpico, al quale non tornerebbe più, per divieto medico.

    La Roma non ha mai fatto brutta figura, ma poi non ha vinto quasi niente. Solo un scudetto, tre Coppe Italia - una già con Falcao - e una Coppa delle Coppe. Ma è tanto amata lo stesso dalla popolazione più povera della città, con quattro milioni d’abitanti. La sua arcirrivale, la Lazio, molto più antica e - questo va sottolineato - vincitrice dello scudetto nel ’73-’74, è la squadra del cuore della popolazione benestante. Ma ha anche seguaci negli strati popolari, soprattutto nella regione di che porta il nome. Il tifo laziale domina nel Lazio; quello romanista è più grande nei quartieri popolari e nelle borgate della capitale. Il calcio italiano è un fenomeno unico, vissuto ogni domenica con lo stesso ardore tra ricchi e poveri, e il tifo è una vera malattia. La passione di Gianni Agnelli per la Juventus dà del capo della Fiat e dell’Italia l’immagine di uomo comune, che vibra e soffre come ogni altro con le conquiste e le disfatte della sua squadra, che ha per simbolo una zebra. I successi del quinquennio del Milan fra gli anni ’80 e ’90 dovranno catapultare il suo presidente Silvio Berlusconi al posto di primo ministro.

    Falcao è l’ottavo re straniero della storia, più di 25 secoli dopo Tarquinio il Superbo. Sarà intronizzato nello splendoroso pomeriggio del 15 maggio 1983, dopo la partita che sarebbe quella di consacrazione della conquista del tiolo italiano, contro il Torino. Pochi re sono stati tanto amati dai suoi suditi. Strade e piazze fino allora dipinte coi colori della Lazio e chiamate Bruno Giordano - il centravanti che ha guidato la squadra biancazzurra al suo rientro in Serie A -, cambiano nome e passano ad esibire quello di Paulo Roberto Falcão (alcune pure con la tilde).

    Nel calcio moderno la tecnica è stata soppiantata dal gioco in velocità. Missili di lungo raggio sono lanciati da un’area all’altra affinché un attacante gli intercetti e concluda l’azione di un solo colpo. L’evoluzione atletico-tattica impone la supremazia della forza sulla tecnica, ma mica siamo in Inghilterra, Germania o Svezia. Qui, terra adottiva del catenaccio svizzero, quel che più inorridisce è il maledetto gioco difensivistico. La  Juventus  di  Giovanni Trapattoni  è quasi imbatibile. Ha vinto lo scudetto negli ultimi due anni e lo vincerà di nuovo nel 1984 con mezza nazionale tricampione del mondo, più il francese Platini  e il polacco  Boniek. Con i tricampioni  Dino Zoff,  Claudio Gentile,  Totò Cabrini  e  Gaetano Scirea  più  Brio - una torre quasi intrasponibile - nel settore difensivo, la vecchia signora continuerà a giocar tutta arretrata e a mollegiare gli avversari con contropiedi micidiali scatenati dal regista francese, che squilibbrerà le partite. Ma non in questo primo anno di sfide transalpine, nel quale - ad esempio di tutti i più grandi assi stranieri, con l’eccezione di Junior, del tedesco Hans Pieter Briegel, di Zico, Maradona e pochi altri - sarà piuttosto irregolare. Il sistema di gioco della Juve e di quasi tutte le squadre di livello secondario fa arrabbiare, con praticamente dieci calciatori dentro la propria area e uno un po’ più avanti, aspettando l’ora di dare il colpo fatale. Oppure no. Tante volte, quando meno si aspetta, il tizio si ferma e torna indietro per rallentare il ritmo della partita. E questo viene chiamato gioco all’italiana...

    C’è stata una brutta polemica due anni fa intorno ai presunti privilegi che la regina del calcio - con ben 20 titoli nazionali sparpagliati lungo quasi tutta la propria storia - goderebbe per appartenere a  Giovanni Agnelli, il duce-condottiere dell’Italia post-Piano Marshall, l’Italia dell’era dello sviluppo, essendo la Fiat il simbolo massimo del passaggio del paese dal sottosviluppo al Primo Mondo. Figura marcante di un’era di grande affermazione italiana - per il bene e per il male - cui potere, d’accordo con le maledicenze, influisce nel comportamento degli arbitri in favore della Juventus, la squadra con il più gran numero di tifosi nella penisola, ma non a casa sua, dove i torinesi veraci fanno il tifo per il Torino. La Juve è la squadra della Fiat e domina l’Italia come la fabbrica d’automobili - da qualcuno chiamata Mafiat - che la sostenta. Fu grazie ai suoi affari in Polonia, coinvolgendo alti interessi dei due Stati, che la Juventus è riuscita ad importare Boniek tre anni prima che lui compiesse 29 anni, l’età in cui i calciatori sono autorizzati ad emigrare dal suo paese.

    Non si vede quasi mai

    Non si vede quasi mai Falcao fare delle finte ancheggiante o scivolanti passaggi in slalom fra due o tre avversari.  Il suo stile di gioco non dipende di dribbling e lui gliene commette solo quand'è assolutamente necessario. Non gioca mai di tacchi alti, per la platea, come si dice in Brasile, traboccando l'entusiasmo. S’è trasferito dal paese del malandrinaggio - la terra del jeitinho - alla culla del malandrinaggio, dell'arte d’arrangiarsi - la Roma do jeitinho. Ma è fin troppo serio, e l'apparente fredezza dell'asso brasiliano causa ancora più sbalordimento ai calorosi tifosi romanisti. Paziente e calcolatore, finalizza le azioni solo quando si trova ben impostato e passa la palla soltanto quand'è assolutamente sicuro del successo del tocco con che intende svilupparle.

    Quasi non sbaglia passaggi. Tante volte domina la palla e vaga di là in qua e di qua in là per tempi infiniti, esigendo  il massimo della pazienza del tifoso. Fino a quando inventa  un lancio di mezza distanza o passa la palla indietro o di lato, per posizionarsi meglio, tornare a riceverla e provare di mettere in motto un'altra azione.

    È il maestro del complesso. La sua tecnica molto al di sopra della media straluna i campi italiani.

    Il successo di Falcao con la Roma è anche la vittoria della tecnica sul catenaccio juventino e di quasi tutte le squadre italiane. Le ricezioni di petto di palle lanciate pure da lunghissime distanze fanno il pubblico dell'Olimpico scatenare grida di rinnovata ammirazione. Siamo al Colosseo o al Circo Massimo duemila anni fa, il calcio è il circo contemporaneo, e l'arte di Falcao è intemporale. Lanci precisi di 40, 50 o 60 metri in aperture d’azioni per i tricampioni del mondo Conti, sull'ala destra, o  Francesco Ciccio Graziani, sulla sinistra, o vice-versa, fanno i romanisti urlare di sbalordimento: Madooonaaa!!!  

    Conti, lupo di periferia, è più mallandrino. Egregio dribblatore - forse l´unico della sua generazione in Italia -, ama giocare come in scherzi da solista, infernizzando la vita dei marcatori con delle deambulazioni fra due o tre avversari per forzare il fallo o, già in caduta, passare la palla ad un compagno meglio impostato. Sarà determinante nella conquista dello scudetto, anche per aiutare a sostare lo score alle fine partite, quando la squadra vince per la differenza minima, come succede spesso nel campionato italiano, tergiverzzando e cabriolando per le laterali dell´atacco siccome imitazzi Garrincha, che non ha mai visto giocare. Per Pelé lui è stato il miglior calciatore del Mondiale del 1982.

    Forse la Roma sia inferiore alla Juventus del maestrrô Michel Platini in valori individuali e nell´insieme. Ma, con una visione di gioco e carisma da gran regista, fino a che la fiamma di Platini non si accende Falcao, nell´apice della forma, domina la scena e fa la differenza, attuando in tutto il campo. 

    Tremila euforici tifosi sono andati a ricervelo due anni fa all'aeroporto di Fiumicino e, pure se non s’è adattato d’immediato, fu subito chiaro che mai soldi, ad occhio di romanista, furono tanto benedetti e ben spesi, come ha inciso per la cronaca il  Guerin Sportivo. Mimmo Carratelli, dello stesso settimanale di Bologna, sottolinea che Falcao è piacuto subito.

    - Aveva una grazia superiore. La grazia, intesa anche nel senso d'essere stato toccato divinamente nel fare il suo mestiere di calciatore, è il suo stile - ha scritto il cronista, che alza ancora più in alto il vello dello svago:

    - Nessuno sui campi ha le sue movenze. Falcao, tagliando in diagonale, sa essere lieve e forte: una vela che va. La vela che Falcao è va sui campi di calcio e incanta. Ondeggia e incanta. Alto e biondo, non incantava per questo. Incantò per come teneva il campo.

    Carratelli lo ha visto giocare per la prima volta in un disastroso Napoli 4x0 Roma, nel quale egli dette spettacolo a sé, perché la squadra romana non lo aveva ancora assimilato. Quel giorno la Roma era al buio. La luce di Falcao brillò inutilmente.

    Ma non ha brillato sempre. Preda da successivi raffredori e avendo bisogno di tempo per adattarsi meglio a Roma, all´allenatore e alla squadra - e abbusando di timidezza, secondo altri testimogni – ha dovuto soffrire 17 mesi di seguito di calcio, fra gli ultimi ingaggi con l´Internacional e quelli della Roma, ed è stato obbligato a spostare un conttributo più regolare per l´anno dopo, quando si ha distaccato al punto di arrivare in Spagna quasi come un romano di Roma. La cronaca registra che nel primo anno, nel quale la squadra fu vice-campionessa italiana e ha conquistato la Copa Italia grazie ad una rete da lui segnalata tramite un

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