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Il cowboy e l'indiano... 50 di Toro e non solo, un racconto vissuto di un amore infinito
Il cowboy e l'indiano... 50 di Toro e non solo, un racconto vissuto di un amore infinito
Il cowboy e l'indiano... 50 di Toro e non solo, un racconto vissuto di un amore infinito
E-book309 pagine4 ore

Il cowboy e l'indiano... 50 di Toro e non solo, un racconto vissuto di un amore infinito

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Info su questo ebook

L'autore narra episodi della sua vita, relativamente ai fatti accaduti è vissuti nei suoi ricordi di 50 anni, da bambino ad oggi, riguardanti la sua squadra del cuore, con divagazioni sul tema inerenti a proprie esperienze sportive, con menzioni a quelle significative accadute negli anni in cui i fatti vengono raccontati, dando una connotazione romantica al racconto.
LinguaItaliano
Data di uscita2 lug 2015
ISBN9788891196521
Il cowboy e l'indiano... 50 di Toro e non solo, un racconto vissuto di un amore infinito

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    Il cowboy e l'indiano... 50 di Toro e non solo, un racconto vissuto di un amore infinito - Carlo Mia

    sudate…

    La mia prefazione

    Toma’ un uomo della leggenda(da  Ale’ Toro n.6 del giugno 1986)

    Mai avrei immaginato nella mia vita, di poter conoscere un giocatore del Grande Torino, uno di coloro che hanno avuto il  compito di voltare la piu’ gloriosa e nel contempo piu’ amara pagina della nostra societa’ di proseguire il discorso che per molti anni aveva avuto un solo oratore: il Grande Torino.

    Ebbene nella semplicita’ che subito traspare in quest’uomo, che oggi gestisce un’edicola in via Tunisi, ma sempre affezionato al suo Toro, si nota subito scambiando le solite quattro chiacchiere di calcio, la sua saggezza calcistica, di chi questo gioco lo ha vissuto ad alto livello, il massimo che si potesse avere a quell’epoca.

    La gioia che provo a scambiare anche le solite quattro chiacchiere a cui accennavo prima, con questo terzino che sostituiva nientemeno che Maroso, mi arricchisce di un qualcosa che ha il sapore d’altri tempi, quando il calcio era solo calcio , cioe’ vinca il migliore.

    Non riesco neppure ad immaginare, quale emozione potesse provare questo giovane difensore, a giocare al fianco di gente come, Valentino Mazzola, Gabetto, Castigliano, Menti e tutti gli altri, perche’ tutti erano e sono rimasti per chi ama il calcio ed il Toro, dei grandi ed irripetibili campioni.

    Chissa’ se a volte il suo pensiero vola su quell’aereo maledetto, che in un attimo distrusse quel meraviglioso giocattolo e chissa’ quali pensieri e quali sensazioni provera’ nel ricordo di quella tragedia, che oltre ad aver privato il calcio italiano di una squadra che era allora la massima espressione di questo sport e aggiungo, non solo in Italia, dove insieme a Coppi e Bartali era considerata anche l’artefice della rinascita italiana, lo ha privato dell’amicizia fraterna di tutti quegli splendidi ragazzi e si sa come sia difficile, non dico cancellare, perche’ e’ umanamente impossibile, ma superare questi momenti, dove oltre a perdere un ideale della propria vita, si perdono anche degli uomini con i quali si dividevano le proprie giornate, le proprie gioie, le proprie amarezze.

    Questo destino gli ha permesso di non essere su quell’aereo maledetto e di essere cosi ai giorni nostri, uno dei pochi testimoni delle indimenticabile gesta di quel Toro.

    E probabilmente quelle gesta gli verranno in mente ogniqualvolta che, andando allo stadio, vedra’ uscire quelle maglie granata, che sono da sempre e per sempre parte integrante della sua vita, facendogli rivivere episodi che ormai fanno parte della storia del calcio.

    Cosi per ricordare quel funesto 4 maggio 1949, data che per i tifosi del Toro, non puo’ essere dimenticata, ho voluto parlare di quest’uomo che sara’ magari ai piu’ giovani sconosciuto, perche’ il suo nome non aveva ancora la risonanza di altri campioni, visto che il nostro  era un giovane che da poco si stava mettendo alla ribalta del calcio italiano.

    Sauro Toma‘ nasce a La Spezia nel 1925

    Quando le partite si sentivano alla radio

    Quando ho iniziato a seguire il calcio ed a tifare Toro, piccola postilla, io ho un fratello gemello che tifa Juve e nel tempo nessuno di noi ha mai capito come mai sia stata fatta questa scelta, diciamo che io sono nato con il DNA granata e lui con il DNA bianconero e non ho mai pensato che lui avesse scelto meglio di me, all’epoca poteva essere il 1966, quindi all’eta’ di 9 anni,  le uniche maniere per seguire il campionato erano:

    - la radio con la trasmissione Tutto il calcio minuto per minuto

    - un tempo di una partita in tv, in bianco e nero, solitamente la piu’ importante della giornata alle 19 della domenica sera

    - la domenica sportiva

    Ma per chi oggi non ha la mia eta’, ma e’ notevolmente piu’ giovane, cioe’ e’ nato nell’era delle tv commerciali e a pagamento, deve sapere che il campionato veniva giocato esclusivamente alla domenica pomeriggio e l’ora di inizio, era uguale per tutte le partite, non c’erano anticipi e posticipi, partite alle 12,30, ora usata per pranzare e nel tempo per le squadre impegnate nelle coppe, solo quando si accedeva alle semifinali  si poteva al massimo anticipare la partita al sabato pomeriggio, le partite avevano l’orario invernale con inizio alle 14,30 e poi quando veniva cambiata l’ora da solare e legale, l’inizio delle stesse veniva posticipato a seconda della stagione, si iniziava dalle 15 per passare poi in mesi piu’ caldi alle 16 e viceversa quando si passava dall’ora legale a quella solare.

    Le partite le sentivo in compagnia di mio fratello alla radio del nonni, dai quali andavamo ogni domenica e che tenevamo non tanto alta di volume per non disturbare il loro ciacolare, ci siedevamo con una sedia davanti a questo enorme scatolone, era una radio giradischi e non era ancora a transistor, dove con i suoi pomelli cercavamo la stazione, che gracchiando ci faceva sognare i campi dove giocavano il mio Toro e la seconda squadra di Torino, per mio fratello.

    Si aspettavano allora con trepidazione le radiocronache delle partite, che erano affidate a Enrico Ameri sul campo principale e Sandro Ciotti sul secondo campo per la A mentre per la B  l’unica partita era di competenza di Ezio Luzzi.

    Tutti e tre avevano voci e modi particolari per raccontarle, il parte un tiro di Ameri o lo scusa Ameri con la voce roca di Sandro Ciotti per richiamare l’attenzione del primo campo per un rigore o un gol, o il sento un rumore in cuffia per far capire che qualche altro campo doveva intervenire, la ventilazione inapprezzabile sempre di Ciotti o ancora la voce mielosa di Ezio Luzzi, al quale sovente il mitico padrone di casa e ideatore di Tutto il calcio minuto per minuto  Roberto Bortoluzzi intimava di finire il suo intervento, perche’ sovente sforava il tempo a lui concesso.

    Questi tre sono per me  quelli piu’ caratteristici per il loro modo di raccontarci le partite, perche le romanzavano con le loro parole e la loro fantasia di modo che noi con l’orecchio incollato alla radio o con le cuffiette del transistor se eravamo fuori casa, potessimo immaginare dai loro racconti cosa stesse succedendo in campo.

    Si aspettava che iniziassero i secondi tempi, introduzione con la sigla e poi una voce la Stock di Trieste vi invita ad ascoltare Tutto il calcio minuto per minuto, in studio Roberto Bortoluzzi, che iniziava la trasmissione elencando i campi collegati, cioe’ quelli delle partite piu’ importanti della giornata, che solitamente erano quattro per la A ed uno per la B, una volta finito l’elenco partiva la trasmissione con un per i soli primi tempi vai Ameri e iniziava l’ansia quando Ameri diceva esempio a Torino, Torino 1 e si tratteneva il fiato perche’ non si sapeva ancora che risultato avesse la squadra avversaria, Juventus 0.

    Si poteva di nuovo respirare, quei secondi interminabili in apnea erano finiti, il conduttore in studio dava i risultati delle altre di A e B non collegate poi dava il via ai vari commentatori di raccontare che cosa fosse successo sui campi nei primi tempi ed poi iniziava il secondo tempo ed ora bisognava aspettare tutto il giro dei collegamenti dai campi per poter di nuovo sentire in diretta per un paio di minuti la radiocronaca della partita della propria squadra, salvo che ad un tratto Ameri intervenisse dicendo, scusa Ciotti sono Ameri da Torino, ansia…… il tifo nei derby, che prendo casualmente come esempio, non e’ come quando si gioca Torino-Varese , che in caso di interruzione si capiva dal boato del pubblico o dal silenzio dello stesso se a segnare fossimo stati noi o i nostri avversari, nei derby allora lo stadio era praticamente diviso a meta’, chiunque segnasse generava un boato non distinguibile dalla radio e dunque scusa Ciotti sono Ameri da Torino  raddoppio del Toro con gol di Pulici

    E dopo l’urlo un respiro liberatorio, fino ad un’altra interruzione o per il risultato finale.

    Quello sopra appena narrato  e ‘ un episiodio  ovviamente a noi favorevole, ma questi stati di ansia si vivevano sia in casa che in trasferta, quando veniva segnato il gol del vantaggio o il raddoppio o il sospirato pareggio, ma purtoppo anche quando intervenendo o dal Comunale o da qualsiasi altro stadio, la segnalazione era per un gol dei nostri avversari, allora si aspettava che venisse interrotta la radiocronaca di un’altra partita per dirci che avevamo pareggiato o il massimo era sentire un nostro gol in diretta mentre era collegato il nostro campo.

    Che bei tempi, tutte le partite in contemporanea, nel corso di 90 minuti, si vivevano diversi stati d’animo, di felicita’, di impazienza, di sconforto, ma al 90esimo tutti avevamo la classifica e non lo spezzatino di oggi, dove al venerdi sei primo e al lunedi sera sei magari terzo se non quarto.

    Poi in quegl’anni c’era una particolarita’ , negli stadi non c’erano i tabelloni luminosi dove vengono oggi segnalati i gol sugli altri campi, ma addirittura per non influenzare l’esito delle partite che contavano per lo scudetto o la retrocessione, nelle ultime tre partite veniva trasmesso solo il secondo tempo della partita piu’ importante per radio, ma neanche allo stadio si potevano sapere gli altri risultati, non essendoci i telefoni cellulari come oggi non si poteva neanche chiedere con un whats app o un sms il risultato ad un amico che stava sul posto o guardarlo su un’applicazione o su internet, bisognava aspettare e sperare fino alla fine del novanta minuti.

    Oggi con sky, i vari programmi rai e le radio e tv locali, ormai questo problema non esiste piu, anche Tutto il calcio minuto per minuto da anni trasmette delle partite entrambi i tempi e tutto questo mistero, che era un po’ il giallo sportivo della domenica fino al termine delle partite, non c’e’ piu’, anzi oggi ce ne fin troppo di calcio e purtroppo non solo di quello.

    Il ricercare continuamente il gossip nelle varie squadre, soprattutto nelle trasmissioni sportive del dopo partita, oltre a quelle del prepartita e un altro fatto rilevante, allora si parlava un po’ di tutte le squadre anche quelle minori, che comunque concorrono al risultato finale dello spettacolo calcio, oggi e ancor piu’ dopo calciopoli 2006, solo la Juventus monopolizza almeno la meta’ dell’informazione sportiva, poi le milanesi, le romane ed il napoli, le altre quando succede qualcosa di clamoroso, tutto cio’ non mi sembra giusto.

    Allora c’era solo l’inossidabile domenica sportiva, che trasmetteva i vari servizi, ma non solo di calcio, aveva rubriche con tanto di cronista specializzato, ad esempio ricordo Aldo Giordani per il basket che per il commento tecnico era stato in alcune edizioni affiancato da Mabel Bocchi  ex cestista , automobilismo e motociclismo con Poltronieri , ciclismo con il mitico De Zan che quando commentava l’arrivo di una tappa con un nome ne faceva passare sotto lo striscione dell’arrivo almeno altri cinque, pallavolo e di tutti quegli sport minori come pallanuoto o l’ippica dove facevano vedere il servizio della corsa piu’ importante e mi chiedo perche’ allora, oggi la trasmissione la chiamino ancora  domenica sportiva, anziche’ domenica calcistica, ma oggi la fa da padrone il denaro che nel calcio scorre a fiumi e quindi ….

    Questi romanzi che il calcio ci proponeva ogni domenica, senza l’esasperazione e l’esaltazione che c’e’ oggi, con giocatori che esultano in maniera provocante facendo balletti, versi, a volte gestacci poco nobili come l’estensione del dito medio esibito al pubblico avversario ed altre moine perfettamente inutili, con pettinature improponibili fatte di creste da ultimo dei moicani, con la moda che fortunatamente e’ stata in qualche modo limitata del levarsi la maglia dopo aver segnato, che nonostante cio’ e questo dimostra l’ignoranza di alcuni calciatori che, pur sapendo di essere poi ammoniti se la tolgono ugualmente e le societa’ invece di punire i giocatori recidivi non fanno nulla, pur avendone anche loro un possibile danno anzi giustificandoli perche’ sono ragazzi e con il pubblico che ormai da tempo tifa piu’ che per la propria squadra , contro quella avversaria con cori beceri e forme di razzismo assurde.

    Il risultato e’ che gli stadi sono mezzi vuoti, oltre che obsoleti, ma questo e’ un altro discorso, perche’ dal calcio romantico di quando ero bambino si e’ passati al calcio legato ai soldi, le societa’ non hanno piu presidenti innamorati della squadra che dirigevano come padri di famiglia, ma sono tutte delle SPA, con tanto di manager, alcune addirittura quotate in borsa, dove perdere una partita, non partecipare alle coppe o ancor peggio retrocedere e’ diventato un dramma oltre che sportivo puramente economico, pur conoscendo che sta nelle regole dello sport che uno vince e uno perde, ma i soldi fanno la differenza, si pensi anche solo economicamente, cosa voglia dire partecipare alla champions league.

    Inoltre a mio parere cio’ che ha anche rovinato il calcio sono i procuratori, che gestiscono i calciatori in tutto e per tutto, dal contratto, ai diritti di immagine e cosi via, spostandoli da una squadra all’altra come birilli, con il calciomercato che e’ ormai veramente un mercato, che dura tutto l’anno, generando cosi una gran confusione, che nostalgia del mitico Gallia dove per quindici giorni a luglio e solo i primi dieci giorni di novembre si tenevano il calciomercato e quello di riparazione, ora il mercato va dalla fine del campionato al 1 settembre e dal 1 al 31 gennaio, assurdo.

    Quando guardo le cassette che raccontano la storia dei campionati di quel periodo, ad esempio Torino-Ternana degli anni 70 e nello stadio che oltrettutto aveva una capacita’ piu’ che doppia , 70.000 allora contro i quasi 30.000 di oggi, gli spazi vuoti erano veramente pochi, pur essendo meno comodo, perche non c’erano gli sciagurati seggiolini, ma solo i gradoni e la partita si vedeva in piedi, con il sole o con la pioggia, non essendoci  le coperture attuali, magari con un ombrello di quello che ti stava dietro ed essendo su gradino piu’ alto del tuo ti scolava nel collo una goccia di pioggia a ritmo quasi musicale.

    Ricordo a tal proposito due partite vissute sotto la pioggia Toro-Milan e Toro-Pisa dove uscii dallo stadio fradicio ed oltretutto si giocava sempre, quando i terreni di gioco li facevano i contadini e non gli ingegneri a zolle.

    Chi ha la mia eta’ e tifa Toro, non potra’ mai dimenticare un Toro-Inter nel campionato 71/72, dove vincemmo per 2-1 ed il campo era pieno di segatura, perche’ quell’inverno era stato particolarmente piovoso ed il campo drenava, ma si cercava oltre che di forarlo per fa scolare l’acqua,  di asciugarlo un po’, oppure si andava in inverno a San Siro e un quarto del campo quello in ombra era ghiacciato, ma i campi duravano tutto l’anno, al massimo si spelavano un po’ davanti alla porta e nel cerchio di centrocampo, poi in estate venivano riseminati e all’inizio del campionato erano di nuovo perfetti, non come oggi che a gennaio sembrano dei pleid con varie tonalita’ di verde delle zolle che vengono messe in sostituzione di quelle rovinate, ma tutto ormai e’ business, compresi i campi di calcio.

    Ho ben presente nel nuovo Stadio delle Alpi, un Toro-Parma 0-0 con un campo che alla fine della partita sembrava arato con zolle di prato sollevate e ricordo partite sospese perche’ aveva fatto un temporale o addirittura perche era nevicato, anche un derby degli anni 90 venne rinviato per neve, sempre nel nuovo stadio fatto per i mondiali e durato ben 16 anni, soldi gettati via!!!

    Nostalgie di chi ha vissuto ancora un epopea romantica di questo gioco meraviglioso che oggi e’ sporcato con miliardi e miliardi che tendono come sempre ad arricchire chi ha piu’ potere, rovinando il giocattolo preferito dagli italiani.

    La prima allo stadio Juve – Roma 0-1

    I sabato sera i miei genitori usavano consumarli andando a trovare i miei zii, un sabato mentre stavamo parlando del Toro e della Juve con mio zio, che era pure lui juventino, ci disse domani vado allo stadio volete venire anche voi?

    Il sogno diventava realta’, tutto cio che avevo immaginato alla radio o visto in televisione, nelle partite del campionato trasmesse la domenica sera o delle rare partite delle coppe europee, avrei potuto vederlo dal vivo e pazienza se la partita non fosse una partita del Toro, ma della Juve.

    Era domenica 5 novembre 1967, la Juventus scudettata l’anno prima grazie alla papera di Giuliano Sarti portiere dell’Inter a Mantova, giocava contro una Roma di belle speranze,  almeno all’inizio del campionato, salvo poi trasformarsi nella solita Rometta, che infatti al termine del campionato si classifico’  undicesima, per la cronaca noi arrivammo settimi e vincemmo la Coppa Italia, nell’anno della tragica morte di Meroni, avvenuta appena 20 giorni prima di questa partita, ma avremmo modo di parlarne piu’ avanti.

    A dire il vero neanche la Juve non era un gran Juve, era allenata da un paraguaiano Heriberto Herrera, soprannominato HH2, per non confonderlo con Helenio Herrera dell’Inter, per intenderci quello del movimiento, per il quale Sivori avvezzo allo sforzo da allenamento, che solitamente seguiva seduto in panchina vicino all’allenatore , venne ceduto al Napoli, negli anni in cui la Juve aveva ancora le maglie per le quali si era beccata l’appellativo di goba dai tifosi granata, in quanto correndo le maglie si gonfiavano e sembrava che ci fosse una gobba sulla schiena.

    Nella Juve c’erano come giocatori di spicco Anzolin, Salvadore, Leoncini, De Paoli, Cinesinho, Menichelli, mentre nella Roma Ginulfi, il capitano Losi core de Roma, Robotti, bersaglio preferito di Sivori quando giocava nella Fiorentina, che dai racconti di mio zio, sembra che lo scartasse e poi una volta scartato tornava a riscartarlo e magari lo rifaceva un’altra volta e magari mentre lo faceva irridendolo si grattava addirittura la testa, Capello, allora giovanissimo che arrivava da quella fucina di campioni che era la S.P.A.L. del presidentissimo Mazza che doveva negli anni successivi diventare un elemento cardine della squadra bianconera, Taccola, che avrebbe trovato l’anno dopo la morte in circostanze ancor oggi misteriose all’Amsicora di Cagliari, Jair il funambolo della grande Inter (grande con la G maiuscola e’ solo per il Grande Torino) e Peiro’ un talentuoso spagnolo  che venne in Italia a giocare proprio nel Toro, prima di avere fortuna nell’Inter per la quale segno’ un gol memorabile per astuzia  contro il Liverpool in coppa campioni, rubando la palla al portiere mentre la stava palleggiando prima di rinviarla e nella Roma, con la quale vinse una coppa Italia.

    Andammo in curva Maratona, perche’ essendo noi piccoli, 10 anni, mio zio ed un suo collega di lavoro ed amico, tale Vito, la ritenevano piu’ tranquilla e sicura della Filadelfia cuore del tifo bianconero, anche se erano presenti un gruppo di tifosi giallorossi, a me pero’ faceva un piacere enorme essere in Maratona perche’ sapevo che era la nostra curva, il cuore del nostro tifo quando nello stadio ci giocava il Toro.

    Che emozione quando arrivando dagli scaloni che portavano dentro lo stadio vidi il campo di un verde bellissimo, mi sembrava enorme dal momento che lo avevo sempre visto solo a pezzi in televisione, poi la pubblicita’ scandita come le formazioni da un autoparlante da sagra paesana e l’ingresso in campo delle squadre dal tunnel sotto le curve, per il Toro l’uscita era dalla Maratona, per la Juve dalla Filadelfia.

    Be’ guardando bene all’uscita delle squadre un po’ di similgranata c’era, la Roma aveva la maglia rosso scuro e poi loro i bianconeri, che all’epoca non mi erano cosi antipatici, per usare un eufemismo, come lo sono oggi.

    Inizia la partita e una cosa mi salto’ immediatamente agli occhi, anzi alle orecchie, si sentiva il tifo, il rumore dei tamburi, il fischio dell’arbitro, anche le urla in campo di qualche giocatore, ma la radiocronaca chi la faceva? Tutto taceva.

    Ero abituato a sentire o in televisione o per radio, questo la passa a quello che tira e fa gol, li nulla di tutto cio’, allora chiesi a mio zio il motivo di tale silenzio, ma qua non parlano come alla radio o alla televisione?

    Lui mi rispose no qua si guarda la partita e si cerca di capire come giocano e di riconoscere i giocatori che fanno le azioni ed i gol.

    Passato un attimo tra il mio sbigottimento e non lo nego anche un po’ di delusione, mi abituai alla cosa ed iniziai a godermi lo spettacolo anche se l’attore principale non era il mio Toro.

    Comunque tanto per informazione, primo tempo 0-0, poi si va al secondo tempo dove succede quello che probabilmente ne mio fratello, ne mio zio, ne il suo amico si auguravano, era il 76’ gol della Roma, me lo ricordo ancora adesso, contropiede veloce, Capello entra in area e fa secco Anzolin proprio nella porta sotto la curva Filadelfia, la curva dei tifosi bianconeri!!

    Non recuperarono piu’ ed alla fine Juventus-Roma 0-1, venni addidato bonariamente come jettatore in quanto granata e la cosa tutto sommato non mi spiacque, pensai tra me e me, se questo e’ l’inizio…. invece poi nel tempo le cose andarono decisamente meglio a loro, ma io sono comunque contento e orgoglioso di tifare Toro e non rimpiango questa scelta, ad oggi come ho gia accennato, avvolta nel mistero.

    Noi nel frattempo, sempre per informazione, pareggiammo a Bergamo contro l’Atalanta 1-1 con gol di Moschino, domenica positiva tutto sommato, 10 punti su 14 non era un bottino cosi malvagio, anche perche’ i cugini erano fermi a 7, ma alla fine ci finirono davanti, per noi comunque fu un anno difficile tra la morte di Gigi e tanti infortuni, che ci lasciarono pero’ per farci vincere la Coppa Italia.

    Toro-Atletico Madrid 5-2

    Cosi avevo rotto il ghiaccio, anche se il mio sogno era di vedere il mio Toro e l’occasione si presento’ il 25 agosto 1968.

    La mamma di un amico del cortile la signora Masso, chiedendo il permesso ai nostri genitori, ci porto’ con lei e suo marito, nonche’ il nostro amico  il figlio Sergio, che giocava nei pulcini del Toro, a vedere Torino-Atletico Madrid, gara valevole per la coppa Rappan, che era una competizione che nel tempo, cioe’ negli anni novanta, sarebbe stata la progenitrice della coppa Intertoto che dava l’accesso alla coppa UEFA.

    Venne ovviamente anche mio fratello, anche se stavolta sarebbe stato lui dalla parte, diciamo sbagliata, ma comunque in quella ancor calda serata di fine estate andammo allo stadio nel settore tribuna laterale  dalla parte della curva Maratona, da dove si poteva vedere bene il campo e noi eravamo seduti praticamente un po’ piu’ avanti della linea che delimita il fondo campo, ovvero verso la tribuna centrale.

    A differenza della partita vista con mio zio, questa era in notturna, lo spettacolo era completamente diverso, entrare nello stadio, vedere tutta quella luce che illuminava il campo che sembrava ancora piu’ verde era una bella sensazione come vedere la curva Maratona, la piu’ bella curva del mondo, almeno allora, che brulicava di tifo granata, imbandita di striscioni, con le bandiere al vento, tutto un tripudio del colore piu’ bello.

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