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Una vita per amore nell'amara realtà
Una vita per amore nell'amara realtà
Una vita per amore nell'amara realtà
E-book291 pagine3 ore

Una vita per amore nell'amara realtà

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Info su questo ebook

Tre distinti racconti incentrati sui conflitti umani, incluso l’amore. In “Una Vita Solo Per Amore II” Romeo e Giulietta, dopo il superamento dell’illusoria ricchezza e la lotta alla dittatura, trovano l’amore più elevato e partono per la terra promessa.
In “Amara Realtà Terrestre II” Gaetano e Sarah, nonostante le lotte interplanetarie e terrestri, trovano l’amore nella cristianità e tornano nella terra promessa.
In “I Serafini Del Vero Vivere II” Angelo e l’anima di Laura, cessate le lacerazioni umane e spirituali, trovano l’amore immateriale e vanno nella terra promessa.
LinguaItaliano
EditoreAbel Books
Data di uscita18 nov 2011
ISBN9788897513520
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    Anteprima del libro

    Una vita per amore nell'amara realtà - Gabriele Cappelletti

    Gabriele Cappelletti

    Una vita per amore nell’amara realtà

    Abel Books

    Proprietà letteraria riservata

    © 2011 Abel Books

    Tutti i diritti sono riservati. È  vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico.Le richieste per l’utilizzo della presente opera o di parte di essa in un contesto che non sia la lettura privata devono essere inviate a:

    Abel Books 

    via Terme di Traiano, 25 

    00053 Civitavecchia (Roma)

    ISBN 9788897513 50 6 52 0

    Introduzione

    Si tratta di tre distinti racconti, ideali prosecuzioni delle opere già pubblicate: Una vita solo per amore, Amara realtà terrestre e I serafini del vero vivere, in cui tutti i personaggi principali, provenienti da esperienze differenti e collocati in disparate situazioni, alla fine scoprono il senso comune della vita e si ritrovano nel cammino del Vero Vivere Infinito.

    - In Una Vita Solo Per Amore 2 Romeo e Giulietta, dopo il superamento  dell’illusoria ricchezza e la lotta alla dittatura, trovano l’amore più elevato e partono per la terra promessa.

    - In Amara Realtà Terrestre 2 Gaetano e Sarah, nonostante le lotte interplanetarie e terrestri, trovano l’amore nella cristianità e tornano nella terra promessa.

    - In I Serafini Del Vero Vivere 2 Angelo e l’anima di Laura, cessate le lacerazioni umane e spirituali, trovano l’amore immateriale e vanno nella terra promessa.

    Capitolo I-IX (Una vita solo per amore 2)

    Capitolo I-IX (I Serafini del vero vivere 2)

    Capitolo I-IX (Amara realtà terrestre 2)

    Capitolo X (Una vita solo per amore 2+I serafini

    del vero vivere 2+Amara realtà terrestre 2)

    Tutte le notizie di carattere parascientifico sono state fornite da Antonio, mio fratello,  grande uomo di scienza e di cultura, alla cui memoria dedico questo libro. 

    (*): Episodio realmente avvenuto.

    Capitolo I (Una vita solo per amore 2)

    Dura realtà...di un sogno infranto

    Il rumore della porta, chiusa con fragore alle sue spalle, parve scuotere finalmente Romeo.

    Infatti, sino al momento del suo ingresso nella cella, uno strano torpore ne aveva impedito ogni reazione.

    I suoi riflessi erano apparsi come congelati sia durante la breve udienza in tribunale che nel corso del lungo tragitto per raggiungere il carcere.

    Soltanto in quel momento i suoi sensi riacquistarono le loro facoltà, rendendolo edotto della triste situazione.

    Tentata sobillazione politica e attività antinazionale a mezzo stampa.

    Le parole del giudice istruttore gli apparvero molto nitide nella mente.

    Ebbe un moto di istintiva ribellione, alzandosi e dirigendosi verso la porta metallica, ma poi si fermò.

    Tornato a sedersi cominciò a riflettere.

    Di quali colpe mi si può accusare, ho soltanto espresso il mio pensiero e constatato una realtà politica che si trova sotto gli occhi di tutti.

    Trasalì nell'udire un rumore metallico nelle vicinanze.

    Poi, con maggiore calma, comprese che si trattava  di un'altra cella che veniva aperta e richiusa.

    "Forse hanno arrestato pure l'editore, è lui il responsabile legale dei libri pubblicati.

    Mi aveva avvertito della pericolosità di quanto avevo scritto, ma non credevo che si sarebbe giunti a tanto!

    Se non esiste più la libertà di scrivere, siamo davvero alla fine della democrazia nel nostro paese."

    Eppure non mi sembra affatto di aver commesso crimini considerò poi, perché mi sono limitato a descrivere i puri fatti nella loro essenza.

    In effetti Romeo, nella sua più recente opera libraria, non aveva fatto altro che rappresentare le palesi ingiustizie e le discriminazioni sociali e politiche attuate dal nuovo regime alla guida della nazione.

    L'editore per il quale lavorava aveva coraggiosamente pubblicato  il volume, dandogli ampio risalto su  tutti i mezzi di informazione disponibili.

    Evidentemente, la rigorosa aderenza alla scomoda realtà dei mali dell'epoca, e l'esatta indicazione dei suoi responsabili, avevano scatenato le ire dei governanti in lucidi doppiopetto e dalla faccia pulita (solo quella!).

    La loro elezione era avvenuta in pieno caos, dopo il clima di tensione e incertezza che aveva dilaniato lo stato, scuotendolo fin nelle sue fondamenta.

    Ogni precedente sistema politico aveva dimostrato il comune assioma dell'esclusivo interesse personale nella gestione della cosa pubblica.

    Tutti i rappresentanti dei vari partiti avevano utilizzato il potere per i propri fini economici e non certo in favore del popolo che li aveva ingenuamente eletti.

    Le storie di corruzione avevano formato nel tempo una ragnatela infinita, dalle  più incredibili e originali diramazioni, che, probabilmente, non si sarebbe mai riusciti a scoprire e distruggere completamente.

    Nessun settore dell'attività umana era risultato al riparo dalla dilagante corruzione e, praticamente, non vi erano stati leader politici indenni da accuse o sospetti.

    L'ideologia era stata posta in disparte nella prospettiva dei lauti vantaggi economici che avevano spinto ognuno all'affannosa corsa al potere nei precedenti decenni.

    Il nuovo corso, dopo la breve avventura del Vero Vivere, aveva promesso giustizia e libertà, ma gli unici cambiamenti fino a quel momento erano stati quelli relativi a iniziative in favore della classe più abbiente, come le facilitazioni per possidenti e industriali, cercando nel contempo di assicurarsi il controllo dei mezzi di comunicazione di massa per ovvi motivi di facciata.

    Quella dell'immagine, infatti, sembrava il principale obiettivo del governo, mentre il popolo continuava a subire sostanzialmente le stesse angherie dei precedenti regimi.

    L’Italia era ricaduta sotto il tallone desofaco, anzi bidesofaco secondo la nuova nomenclatura, approfittando del volontario esilio di Angelo Luciani, l’ispiratore del Vero Vivere.

    La maggioranza della gente aveva riposto la propria  fiducia in quegli uomini che affermavano di voler fare piazza pulita di ladrocini e ingiustizie, ma tale fiducia, come al solito, la si stava utilizzando per i soliti fini di potere e non per colpire finalmente i detentori delle spropositate ricchezze, vere cause del malessere sociale e della crisi economica che attanagliavano larghi strati della popolazione.

    I nuovi padroni si erano insediati sfruttando il vuoto politico e il malcontento popolare, dopo il criminale attentato ad Angelo ed il suo conseguente abbandono della guida del paese.

    L'incertezza ed il lassismo generale avevano impedito alla maggior parte della gente di rendersi conto dell'errore.

    Ragni, il sostituto di Angelo, uomo d’azione e non abituato alle mistificazioni della politica, era stato presto raggirato ed estromesso dal potere, sfuggendo per un soffio alla cattura e tornando alla macchia per tentare di ricostituire i Serafini, pilastro portante della precedente rivoluzione, sempre in attesa di un vanamente implorato ritorno di Angelo.

    Solo pochi avevano previsto quanto sarebbe accaduto.

    E ancora pochi, fra i quali Romeo, erano stati capaci di denunciare pubblicamente le velleità totalitarie della nuova classe dirigente.

    L'aver osato esprimere verità e dati di fatto, però, non rientrava nella logica del regime.       

    A questo punto lo scrittore fu riafferrato dalla disperazione, ma l'incertezza del futuro durò solo un attimo.

    "Non ho ucciso né rubato.

    In sostanza ho documentato la corruzione dei politici e l'arroganza di un potere che non permette la restituzione o la confisca dei beni degli amministratori pubblici già riconosciuti tangentisti e condannati dalla magistratura.

    In tal modo si vanifica l'opera dei pochi magistrati onesti che non esitano a processare politici e industriali rei dei grandi intrallazzi che ben conosciamo.

    Il danno maggiore lo subisce il popolo lavoratore, al quale vengono imputati i sempre più pesanti oneri per risanare la finanza pubblica depauperata da questi criminali.

    Appare chiaro che politici e industriali godono della piena connivenza di governo e parlamento che, con la loro ingerenza, non rendono possibile la restituzione di quanto rubato e truffato.

    E' sintomatico che i sacrifici, anche una tantum, vengano chiesti sempre al popolo lavoratore e non ai parlamentari ed ai ricchi possidenti, dagli industriali ai banchieri, dai professionisti agli affaristi vari.

    Comunque, al giorno d'oggi, dopo il grande progresso tecnologico che abbiamo vissuto e l'esperienza mondiale dell'uguaglianza umana, pagata con il sangue di troppi conflitti, è davvero impensabile condannare qualcuno per reati d'opinione.

    Appena mi consentiranno di contattare un legale, certamente si potrà dimostrare la mia perfetta buona fede."

    Un altro pensiero gli folgorò la mente.

    Per fortuna non ho famiglia, eccettuato mio figlio che naviga nel Pacifico, così non c'è nessuno che debba preoccuparsi della mia sorte.

    A questo punto, però, la scatola dei ricordi si spalancò automaticamente e l'immagine di Giulietta gli riempì gli occhi del cuore.

    La videoteca delle reminiscenze più intime si mise in funzione e gli apparvero le scene mai dimenticate del suo sofferto passato.

    Contemporaneamente, per mitigare l’intima tensione, da una parte del suo cuore un diverso impulso lo spinse a ricorrere ad un calmante per lui abbastanza recente.

    Infatti Romeo solo da poco tempo si era riavvicinato alla fede e, nei momenti di maggior depressione, aveva preso l’abitudine di pregare, anche se in maniera molto semplice e quasi infantile.

    Pure in quel momento, attraversato all’improvviso dal pensiero che la preghiera è un faro che orienta verso la luce, si soffermò in muta preghiera, rivolto verso quell’entità mai vista né conosciuta ma che sentiva sempre più presente nella sua vita.

    Inoltre,  passò in rassegna una delle sue ultime dissertazioni sociali, aventi per oggetto la situazione dell’ordine pubblico e scritte senza preoccuparsi delle eventuali conseguenze politiche: "A prescindere da qualsiasi disquisizione giuridica, nelle situazioni in cui è lampante chi compie l’atto criminale e chi lo subisce, pare ovvio che un certo buon senso dovrebbe guidare il potere discrezionale di ogni giudice.

    In particolare, andrebbe ricordato che qualsiasi evento si verifichi all’atto di un’aggressione o di una rapina, cioè ogni successivo accadimento, come sottrazione di beni, lesione o uccisione del rapinato, lesione o uccisione del rapinatore, è sempre conseguenza, e quindi colpa, dell’iniziale atto criminoso posto in essere.

    In parole povere, non bisogna mai perdere di vista la distinzione fra il cattivo, che è il rapinatore, e il buono che è chi si difende.

    Qualsiasi valutazione processuale, pertanto, deve partire da questo presupposto e non dalla sola considerazione di quanto messo in atto dal rapinato, quasi che lo stesso avesse cercato senza motivo il contrasto con il suo aggressore e non l’inverso.

    Purtroppo, una parte della magistratura, e del mondo politico, sembra aver perso la cognizione della vera giustizia e voglia favorire in ogni modo la malavita.

    Ciò, naturalmente,  produce anche l’effetto di dare maggior forza alla delinquenza, specialmente proveniente dai paesi stranieri dove la giustizia viene amministrata in forma più decisa, che di conseguenza viene ad agire quasi impunemente nel nostro paese.

    Non è vero che i magistrati si limitano ad applicare le leggi perché, quando vi sono interessi particolari, sfruttando il loro potere discrezionale e la totale impunità, non mancano certo le sentenze palesemente inique, ma contro le quali, in via esclusiva solo da parte di chi ne ha la possibilità economica, si può agire nei vari gradi di appello fino ad ottenere una tardiva giustizia.

    Le argomentazioni dei giudici circa un eccessivo uso della forza o le cosiddette reazioni non proporzionate all’offesa sono meramente cavillose perché chi si trova a contrastare i criminali, e nello spazio di pochissimi secondi, spesso in penombra, non ha certo il tempo e la possibilità di stimare la situazione concreta e, quando reagisce, non ha alcuna intenzione di compiere un omicidio volontario ma semplicemente di far cessare a tutti i costi l’atto criminoso nei propri confronti, della propria famiglia e dei propri beni.

    Se ogni giudice si immedesimasse nello stato d’animo di tali persone, le relative sentenze sarebbero ben diverse e la stessa delinquenza comincerebbe a perdere terreno nei confronti della giustizia.

    Pertanto, in simili condizioni non può sussistere l’accusa di omicidio volontario e andrebbe attentamente valutata quella di eccesso di legittima difesa, mentre non serve a nulla l’esortazione a non reagire ai rapinatori perché tutti sanno che la polizia riesce ad intervenire soltanto a cose fatte, specialmente nel caso di stranieri, fra i quali le forze dell’ordine non hanno possibilità di fare opera di prevenzione o infiltrarsi per ovvi motivi etnici, di lingua e di costume.

    La soddisfazione di riconoscere che in genere la forza pubblica riesce a scovare i responsabili dei maggiori crimini è ben magra per le vittime, e loro familiari, sapendo che poi la magistratura spesso vanifica l’operato degli investigatori, con i buoni al cimitero o all’ospedale, e privi dei beni ottenuti con il proprio lavoro, e invece i cattivi presto liberi di delinquere nuovamente.

    Una considerazione particolare merita il fenomeno delle rapine in villa perché la prima mistificazione riguarda il termine di villa, in quanto le vere ville, quelle dei realmente ricchi, sono difese da allarmi, cani e guardie armate, e pertanto nessuno si azzarda ad attaccarle.

    Invece, quelle oggetto delle note sanguinose rapine in genere sono delle vecchie case singole, ristrutturate al prezzo di una vita di sacrifici, in cui i criminali penetrano rubando e compiendo qualsiasi violenza, uccidendo pure chi non reagisce, come accade quando si tratta di quegli stranieri che non hanno alcun rispetto per la vita umana.

    In tali casi la difesa è quasi d’obbligo per tentare di salvare la propria vita e quella dei propri cari, a costo di subire le conseguenze penali da parte dei giudici votati alla causa del lassismo o del vero e proprio favoreggiamento nei confronti della delinquenza, perché  un cattivo processo è pur sempre preferibile ad un bel funerale.

    Intanto, gli onesti continuano a subire e a morire, colpiti alle spalle pure da quei giudici che li dovrebbero difendere dall’ingiustizia altrui".

    E se le statistiche, trionfalmente sbandierate dal governo, attestavano una considerevole riduzione degli eventi criminosi, ciò era dovuto soltanto alla consapevolezza della gente di quanto fossero inutili, e anche pericolosamente controproducenti, le denunce dei fatti delittuosi che, invece, sconvolgevano l’intero paese.

    Capitolo I (I Serafini del vero vivere 2)

    L’amore nella sofferenza

    Angelo stava facendo le valigie per tornare in Francia quando gli capitò fra le mani la foto digitale di Laura.

    Si soffermò un po’ a guardarla e poi spalancò le porte della memoria sui ricordi vicini e lontani.

    Si rivide, sconosciuto geometra, trasformarsi in capo della resistenza italiana contro la dittatura dei desofaco e ideatore del ‘Vero Vivere’, nuovo sistema di organizzazione statale, incentrata sull’umanismo e non sulla politica, avente lo scopo di realizzare la vera democrazia aperta a tutti, esaltando le qualità umane e limitando quelle materiali di ognuno.

    La lotta di liberazione aveva portato presto alla caduta dei tiranni ed alla sperimentazione del nuovo modus vivendi, provocando però la morte di Laura, sua moglie, e dell’unico figlio che portava in grembo, vittime di criminali attentatori, oltre all’annientamento delle rispettive famiglie.

    Lui, amareggiato, aveva lasciato il paese, affidato a Ragni, suo fidato luogotenente, ed era corso a rifugiarsi in Israele, lottando a fianco di amici ebrei e palestinesi che tentavano di creare uno stato unitario e pacifico.

    Per fortuna le ostilità, almeno in quell’angolo di mondo, erano cessate molto presto, con la sconfitta del sanguinoso estremismo islamico.

    Proprio in quel momento si era verificato l’avvenimento che avrebbe sconvolto prima la sua esistenza e poi quella del mondo.

    Un amico israelita, privo delle gambe perse in battaglia e fra l’altro non cristiano, lo aveva pregato di accompagnarlo in un breve viaggio a Lourdes, per ‘ricaricare le batterie dello spirito’, come diceva il giovane.

    Il quasi anarchico Angelo Luciani si era fatto convincere ed erano partiti insieme ad altri malati e volontari.

    Davanti alla famosa grotta, di fronte all’immagine della Signora apparsa tanto tempo prima ad una misera bambina, l’ex guerrigliero aveva provato all’improvviso una fitta al cuore ed il peso della disperazione che si portava dentro era scomparso come per incanto.

    Al suo ingresso non aveva piegato le ginocchia né si era fatto il segno della croce poiché le sue idee religiose, dopo l’eccidio dei propri familiari, risultavano alquanto scettiche, guardando pure con interesse le teorie circa le presenze extraterrestri scambiate per verità religiose.

    Ma lì, dinanzi alla Madonna di Lourdes, il pensiero di Laura e di tutti i suoi defunti era divenuto di colpo meno angoscioso e nuove certezze avevano cominciato a balenare nella sua mente.

    Nei pochi giorni di permanenza nel santuario, trascorsi quasi sempre in meditazione presso la grotta di Massabielle, ora tanto cara e familiare, Angelo aveva sentito una forza nuova scaturirgli dentro e l’ultima sera non riusciva a staccarsi dall’immagine che gli aveva riempito di serenità e riconoscenza il cuore.

    E proprio quella sera era accaduto l’imprevedibile.

    Angelo si era portato su di una delle rampe laterali per assistere alla conclusione della processione au flambeau, ovvero un oceano umano di torce levate in alto al canto dell’Ave Maria, con l‘esplanade ricolma di fedeli, quando la terra aveva sussultato e parecchie esplosioni si erano verificate fra la consueta straripante folla.

    Caduto a terra, insieme ai pellegrini più vicini, l’ex geometra, illeso e subito rialzatosi, aveva compreso che si era trattato di un criminale attentato.

    L’istinto acquisito in guerra l’aveva indotto a scrutare in basso dove, fra la gente che fuggiva terrorizzata, un uomo invocava il nome di Allah con tutto il fiato che aveva in gola, continuando a frugare sotto il suo barracano bianco.

    L’italiano non era rimasto fermo a pensare un solo istante, ma si era precipitato sullo sconosciuto, cercando di bloccargli le braccia.

    Infatti, aveva compreso che doveva trattarsi di un ennesimo kamikaze, con indosso esplosivo non ancora deflagrato a causa dell’inceppamento del congegno detonante e che, presumibilmente, cercava di azionarne uno di riserva .

    Ma l’altro si divincolava con grande forza ed allora Angelo aveva afferrato una stampella trovata in terra, colpendolo sulla testa finché non era caduto esanime.

    Indicato il terrorista ad uno stralunato guardiano superstite, facendogli notare il pericoloso corpetto che nascondeva, l’italiano si era lanciato sulla spianata disseminata di corpi e membra dilaniate.

    Vincendo il raccapriccio, con la mente tornata per un attimo alla terribile notte in cui Laura era stata uccisa, sventrata da una bomba, l’uomo si era comunque prodigato nel soccorrere i feriti, legando corde e brandelli di stoffa su moncherini sanguinanti, soffocando le fiamme delle torce che avvolgevano tanti sventurati, tamponando feriti orribili a vedersi e prestando conforto a chi appariva in stato di completo shock.

    Poi erano arrivati i soccorsi, ma gran parte del lavoro da svolgere, ormai, consisteva solo nel ricomporre e trasportare una spaventosa quantità di corpi straziati.

    Angelo era stato additato quale salvatore di tanti altri innocenti, avendo impedito una ulteriore strage con il suo coraggioso intervento, ma lui si era schermito, cercando inutilmente di evitare il plauso dei presenti.

    Aveva pianto, invece, quando si era imbattuto nei miseri resti del suo amico, identificato soltanto attraverso una ruota colorata della sua carrozzella.

    Al mattino seguente l’eroe del momento, mentre ancora proseguiva nella sua volontaria opera di assistenza, soprattutto verso i superstiti pellegrini italiani, ed i bambini in cui vedeva il suo che non era mai nato, aveva ricevuto la visita del nuovo presidente francese, un giovane dinamico e leale, pieno di buona volontà in favore degli onesti e inflessibile contro i criminali d’ogni genere.

    Questi lo aveva definito salvatore dell’umanità, ammirando il suo impegno e abnegazione, e i due si erano subito trovati in sintonia su molto temi d’attualità politica e sociale, sforando abbondantemente il tempo previsto dal protocollo, mentre il presidente si era mostrato parecchio interessato al Vero Vivere di Luciani.

    Al ritorno in Israele Angelo aveva pensato sempre più a Lourdes, disinteressandosi alquanto dei venti di guerra che cominciavano a soffiare dappertutto e, che di lì a poco, avrebbero portato alla terza guerra mondiale contro i fanatici dittatori arabi.

    Infatti, se nel XX secolo il mondo libero aveva dovuto lottare duramente contro i pazzi criminali fautori della razza superiore, ora si trattava di combattere ugualmente contro i pazzi criminali fautori della religione superiore.

    Infine, dopo serrati contatti, favoriti anche dalla conoscenza della lingua francese e dalla notorietà acquisita, l’italiano ottenne di poter tornare nella piccola cittadina pirenaica, in qualità di volontario permanente, per assistere quelle persone tanto diverse fra loro ma che avevano in comune la sofferenza e la malattia.

    Ora il suo pensiero dominante era costituito dalla riflessione che ‘amare significa donare’, una frase udita nella chiesa cattolica che aveva cominciato a frequentare, se pur non regolarmente.

    Un’altra espressione cristiana lo

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